AZIONI PROCESSO AMMINISTRATIVO
Quando si parla di azioni si deve partire da due condizioni:
a) legittimazione a ricorrere
b) interesse a ricorrere
La loro importanza nel processo amministrativo è ancore più marcata del processo
civile: il giudice amministrativo le vaglia con grande attenzione.
La legittimazione a ricorrere è semplicemente la sussistenza in capo al ricorrente di
un interesse qualificato. È molto importante perché il giudice amministrativo
verificherà se il ricorrente è o meno titolare di una posizione giuridica soggettiva
qualificata. Se titolare di un interesse legittimo e solo allora il ricorso sarà
ammissibile. La rilevanze della condizione dell’azione riguardante la legittimazione
a ricorrere è il fatto che il riparto giurisdizionale si fonda sul criterio del petitum
sostanziale.
Questo spiega anche la sua importanza in relazione alla differenza tra la tesi della
prospettazione e del petitum sostanziale. Il giudice al netto di quanto ho prospettato
vaglierà se effettivamente sono titolare di quella posizione soggettiva.
Una dottrina ha ritenuto che vagliare la natura della posizione giuridica dedotta in
giudizio ha a che fare con il merito della controversia. Sarebbe più opportuno che si
pronunciasse sentenza di merito, non di rito.
Interesse a ricorrere: mentre nel processo civile è ricondotto a una sorta di idoneità
astratta del processo civile a conseguire un’utilità di colui che agisce. Il giudice
amministrativo pretende che il soggetto sia portatore di un interesse concretamente
volto a conseguire un’utilità attraverso il processo amministrativo.
Nel processo amministrativo è rilevante perché il giudice amministrativo pretende
che il soggetto non sia portatore di un potenziale conseguimento di un risultato
utile, ma che lo possa conseguire concretamente.
Es → affidamento contratti pubblici. Ipotizzando che ci sia stata una gara indetta
dall’università per comprare delle sedie. Partecipano tre imprese. L’impresa che
arriva terza scopre che la sua valutazione era erronea. Ha interesse a ricorrere? Il
giudice pretende che quell’impresa superi la cd. prova di resistenza. De ve
dimostrare che se l’amministrazione l’avesse valutata adeguatamente,
quell’impresa sarebbe risultata al primo posto.
Se per ipotesi non la supera, ma rimarrebbe terza o seconda difetterebbe il
requisito dell’interesse a ricorrere. Serve il risultato utile. Ha una ricaduta sulla
risarcibilità del danno (se non c’è interesse non si risarcisce).
il ricorrente sia portatore di un interesse concreto all’utilità perseguibile
Occorre che
nel processo amministrativo, non basta l’idoneità astratta. Il vaglio è molto più
puntuale.
Il giudice utilizza tre indici:
Personalità → il risultato utile deve riguardare
1. specificatamente il ricorrente.
Attualità → deve essere attuale. Cioè deve sussistere all’inizio e deve
2. permanere fino alla fine.
Concretezza → dall’attività amministrativa, deve derivare un pregiudizio
3. realmente verificatosi nella sfera soggettiva del ricorrente.
Questo aiuta a risolvere il problema della tipologia degli atti impugnabili. Il
provvedimento che si impugna deve essere direttamente lesivo. L’atto impugnabile
si individua nella base della sua lesività. Per esempio di alcuni atti espressione
dell’attività consultiva dell’amministrazione (pareri) e anche quelli meramente
confermativi. Rispetto a questi atti, il ricorrente non ha interesse a ricorrere, perché
questi atti in quanto tali non hanno un’autonoma portata lesiva. Non sono quelli gli
che ledono il destinatario. Sarà ad esempio l’atto che percepisce il parere a
atti
ledere il destinatario.
Atto confermativo → presento una domanda all’amministrazione, che rigetta la mia
domanda. Decorrono 60 giorni canonici e non ho impugnato il provvedimento.
Passano 6 mesi e il provvedimento non è impugnabile. Qualcuno rinnova la
domanda, facendo una domanda di verifica e l’amministrazione rigetta. Come? Non
rinnova l’istruttoria, ma adotta un atto meramente confermativo. Qualcuno lo
dice che c’è difetto di interesse a ricorrere. Si doveva
impugna, ma il giudice
impugnare il primo diniego.
Se mancasse questo principio verrebbe scardinata la regola del termine
decadenziale. Si andrebbe a risindacare il primo provvedimento.
Deve perdurare fino al termine del giudizio. Si deve avere interesse attuale.
All’inizio, durante e alla fine. Se viene meno il giudice dichiara il ricorso
IMPROCEDIBILE per mancanza sopravvenuta di interesse.
Questa ipotesi era molto diffusa fino alla fine degli anni 90, poi è diventata
residuale. Il giudice non si pronuncia solo sull’annullabilità, ma anche sulla
risarcibilità dei danni. È chiaro che l’interesse anche se non riconducibile
all’annullamento, può far permanere interesse per la risarcibilità del danno.
Es → mi demoliscono casa perché non mi era stata accettata l’istanza cautelare.
Ma se poi si scopre il provvedimento illegittimo io posso chiedere il risarcimento del
danno.
Azioni: quali sono quelle ammissibili?
a) In relazione al processo di cognizione
b) In relazione al processo di esecuzione (ottemperanza)
→ azioni del processo di cognizione. Capo secondo codice amministrativo. Si
trovano 4 azioni:
1. Di annullamento (art. 29)
2. Di condanna (art. 30)
3. Avverso il silenzio (art. 31)
4. Declaratoria di nullità del provvedimento (art. 31)
In realtà il discorso è più articolato. Nel civile ci sono le azioni di accertamento,
costitutive e di condanna. Nel processo amministrativo c’è annullamento,
condanna, silenzio e nullità.
In realtà la legge delega immaginava una modellistica delle azioni costruite sulla
falsariga del modello processual-civilistico.
Il giudice amministrativo ha resistito molto a questa traslazione. Quindi il panorama
è un po’ asimmetrico rispetto a quello civile.
Esiste un’azione di accertamento?
Nel processo amministrativo le azioni sono di più di quelle inserite nel capo
secondo. c’è un’azione di annullamento, una di condanna, ma poi esistono ulteriori
azioni previste per i riti speciali. In particolare il rito riguardante l’accesso agli atti e
quello speciale in materia di appalti pubblici.
Non esauriscono il novero delle azioni ammissibili nel processo amministrativo.
Rispetto a questo elenco ci si è chiesti se il codice non annovera l’azione di
accertamento. Un’azione generale di accertamento non sembra comparire. È nata
una querelle tra i sostenitori di chi ritenessero che non dovesse essere ammessa e
di chi ritenevano potesse essere esperita.
Qui la questione si fa ancora più complessa perché si continua a ragionare
immaginando il processo amministrativo come impugnatorio e fondato
sull’annullamento di un atto.
Ma il giudice amministrativo conosce anche degli interessi soggettivi. Si rischia di
togliere protezione piena ed effettiva soprattutto dei diritti soggettivi attratti nella
sfera del giudice amministrativo.
Sarebbe una contraddizione. La tesi prevalente è che l’azione di accertamento è
ammissibile, anche perché prima del codice nessuno ne dubitava.
Poi in realtà, ciò che si deve cogliere è che il processo amministrativo si
caratterizza per una sostanziale atipicità delle azioni: vige il principio di atipicità
delle azioni. Si dice che davanti al giudice amministrativo si possono esperire tutte
le azioni più appropriate ed utili per consentire il risultato che si prefigura, anche se
non espressamente previste dal codice.
Gli unici due paletti sono quelli indicati all’art. 34 comma 2 del codice.
- In nessun caso il giudice può pronunciare con riferimento a poteri amministrativi
non ancora esercitati.
Occorre che il potere sia stato esercitato. Ipotizzando che ho chiesto qualcosa
all’amministrazione e mi rendo conto che l’amministrazione mi dirà di no, vado dal
giudice amministrativo e chiedo che si pronunci accertando la legittimità della mia
richiesta. È una forma di accertamento preventivo. Non è ammissibile il potere deve
essere stato esercitato.
Come si colloca poi questa norma rispetto al silenzio dell’amministrazione? Silenzio
inadempimento. Scadono i termini e vado dal giudice. In realtà si sa che il silenzio
la violazione da parte dell’amministrazione di
inadempimento il presupposto è
provvedere. In questo caso non c’è un esempio di potere non esercitato.
Salvo quanto previsto dal comma 3 e dall’articolo 30, comma 3, il giudice non può
-
conoscere della legittimità degli atti che il ricorrente avrebbe dovuto impugnare con
l’azione di annullamento di cui all’articolo 29.
E’ vero che il giudice amministrativo ha giurisdizione rispetto all’interesse legittimo,
ma l’azione principale rimane sempre quella di annullamento. Perché possa
dell’illegittimità di un provvedimento occorre che sia chiesto
conoscere
l’annullamento. Se non lo si fa si decade dal richiedere l’annullamento. Questa
previsione esclude la possibilità che io possa utilizzare l’azione di accertamento per
ad accertare l’illegittimità. Conosce dell’illegittimità
portare il giudice amministrativo
se il ricorso mira all’annullamento.
3/5/2017
Azione di annullamento: è quella principale e la più importante. Il processo
amministrativo tutto sommato è un rito impugnatorio.
È un’azione costitutiva volta a conseguire un preciso risultato utile costituito
dall’annullamento del provvedimento, e quindi dalla rimozione del provvedimento
illegittimo adottato dall’amministrazione con effetti ex tunc.
Solo nel caso delle giurisdizioni di merito il giudice oltre ad annullare può riformare.
29. Azione di annullamento
1. L’azione di annullamento per violazione di legge, incompetenza ed eccesso di
potere si propone nel termine di decadenza di sessanta giorni.
valere l’azione sono quelli del 21-octies
1) I vizi rispetto ai quali si può far della
241/1990.
2) Termine decadenziale: 60 giorni. Ci si riferisce al modello generale di azione
di annullamento. Nei riti abbreviati e in alcuni speciali il rito è fortemente
ridotto.
→ si è discusso se questo risponda ad esigenze di giustizia. Il termine
decadenziale è molto breve. Risponde però a un bilanciamento delle
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