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I N.I.C. - Paesi di recente industrializzazione

I N.I.C. (Newly Industrialized Countries) sono quei Paesi che sono diventati, a partire dagli anni Sessanta, importanti poliproduttivi e che appartengono per lo più all'area dell'America latina (Messico, Brasile) e del Sud-Est asiatico (Hong Kong, Taiwan, Singapore, Corea del Sud). Questi paesi erano orientati principalmente all'esportazione del prodotto.

Intanto, nei Paesi di radicata industrializzazione, la produzione è mutata. Partendo dal Giappone con la Toyota, a causa:

  • dell'appiattimento degli standard produttivi;
  • del livellamento delle conoscenze;
  • della delocalizzazione fiscale e la segmentazione produttiva e funzionale (un tempo limitata alle funzioni più semplici, ora anche di quelle complesse come ingegneria, software, progettazione);
  • just in time;
  • esternalizzazione.

Dal punto di vista strategico, si sono affermati due processi:

  1. il just in time (pronta consegna), in cui le
forniture sono ordinate secondo la necessità, senza bisogno di grandi scorte; 2. l'esternalizzazione (outsourcing) trasferisce un'attività che prima veniva realizzata internamente ad un'azienda, ad un'altra azienda. Molte attività come la contabilità, operazioni amministrative e legali vengono spesso esternalizzate. Industrie tradizionali, mature, ad alta tecnologia Oggi il comparto industriale ha una triplice ripartizione: 1. tradizionali e/o a bassa tecnologia 2. maturi 3. alta tecnologia I primi sono quelli più antiquati e comprendono a loro volta 3 tipologie: 1) Gli opifici ad alto impiego di manodopera, con utilizzo di tecnologie poco avanzate e produzione di beni di basso valore commerciale (tessile, abbigliamento, calzaturiero, metallurgico, arredamento, lavorazione del legno) 2) Le produzioni inquinanti e pericolose; 3) Le industrie di base tradizionali sono quelle siderurgiche, suddivise in loro volta in produttrici di ghisa e

La petrolchimica (benzine, materie plastiche, concimi) è un settore industriale che, nonostante nasca spesso in paesi sviluppati, tende a trasferirsi in quelli più arretrati per sfruttare la disponibilità di forza lavoro a basso costo, esenzioni fiscali e scarsi controlli.

La seconda classe comprende 4 settori industriali maturi:

  1. Industria chimica (vernici, saponi, farmaci, cosmetici, detersivi, esplosivi) con tecnologie avanzate e manodopera specializzata
  2. Industria alimentare, in forte evoluzione grazie alla produzione di congelati, surgelati e cibi pronti, diffusa soprattutto nell'emisfero settentrionale.
  3. Industria automobilistica, caratterizzata da grande tecnologia e ricerca di nuovi modelli (Europa, Cina, Giappone, Corea del Sud, India e Stati Uniti)
  4. Cantieristica navale, nelle mani principalmente di Giappone e Corea del Sud.

Alla terza classe afferiscono i settori ad alta tecnologia, propri di grandi potenze mondiali:

  1. Aerospaziale
  2. Elettronica
  3. Informatica
  4. Telecomunicazioni
di produzione sono la Francia e USA; l'Italia risulta sesta nel mondo e terza in Europa) 2) Informatica = calcolatori, software; (USA, Cina, Giappone e Corea; l'Europa ha una buona posizione nella produzione di telefonini e smartphone); 3) Elettronica e telecomunicazioni. I principali centri produttori sono in Giappone e USA, Sud Corea. La delocalizzazione A partire dagli anni '80-'90 del secolo scorso si è verificato il fenomeno della delocalizzazione ovvero lo spostamento in altri Paesi di processi produttivi o fasi di lavorazione al fine di guadagnare competitività. Questo fenomeno ha riguardato dapprima la produzione di merci a bassa tecnologia e scarso valore aggiunto (scarpe, abiti, giocattoli) e poi si è estesa anche alle attività a tecnologia avanzata (elettronica e informatica). Alcuni paesi, come Taiwan e Singapore, dispongono ormai delle attrezzature industriali più avanzate. Di recente, la delocalizzazione ha interessato non solo le grandi aziende ma anche le piccole e medie imprese.solo i grandi gruppi multinazionali, ma anche molte piccole e medie aziende. Altro fenomeno recente è la produzione internazionale integrata: ovvero prodotti con parti fabbricate in paesi diversi e poi assemblate in un unico stabilimento, generalmente posizionato presso i grandi centri urbani. Allo stato attuale, le regioni con la maggiore concentrazione di industrie sono quella nordorientale degli USA che condividono il vertice della classifica con il Giappone; seguono la costa orientale della Cina e l'Europa centro-occidentale, poi Taiwan, Corea del Sud e Singapore, chiudono le aree urbane dell'India e l'Indocina. L'asse geopolitico globale si è progressivamente spostato da Ovest verso Est e da Nord verso Sud. Situazione Italiana L'Italia è al settimo posto nella classifica dei paesi più industrializzati del mondo, in Europa è seconda alla Germania. In Italia, dal 2010 ad oggi, l'export è aumentato del 3,2% medio.

annuo, un ritmo appena inferiore a quello tedesco (cresciuto del 3,3%). Ma non è tutto roseo: la produzione italiana è caratterizzata prevalentemente da aziende medio-piccole a conduzione familiare, e ciò evidenzia carenza di industrie di medie dimensioni, mentre non mancano i grandi gruppi della meccanica (auto, moto), della difesa (elicotteri, armi leggere), della moda ed del lusso; della chimica (petrolio, gomma, farmaceutica); del tessile e della lavorazione del pellame ecc.

Le regioni settentrionali costituiscono il nucleo portante delle attività produttive italiane, mentre nel sud hanno sede molte industrie agroalimentari. Ma il nostro sistema industriale ha ormai seri e agguerriti concorrenti nelle economie emergenti del mondo asiatico, soprattutto a causa del più basso costo della manodopera ma anche l'alta tassazione e il pesante sistema burocratico.

Altra caratteristica italiana è il ruolo dello Stato, che ancora detiene società

Partecipate afferentiai suoi Ministeri, in particolare:

  • Economia e Finanze
  • Difesa
  • Sviluppo economico
  • Politiche agricole
  • Beni culturali

La situazione societaria è importante, perché le società partecipate quotate in Borsa (ENEL ENI, Finmeccanica) partecipano al mercato regolamentato ed emettono azioni che vengono vendute ad un pubblico più o meno determinato. Le società partecipate non quotate (ANAI, Alitalia, ANAS, CDP, ENAV, EUR, EXPO, Coni, FS, RAI, RAM e ancora altre 13) non si rivolgono ai mercati regolamentati, ma possono reperire il capitale presso il pubblico senza necessariamente tentare la via della borsa.

Le società chiuse sono formate da un numero ristretto di soci: non ricorrono al pubblico risparmio e/o ai rischi del mercato.

I fattori negativi del nostro sistema industriale:

  • l'alto livello di tassazione;
  • il frazionamento delle attività produttive;
  • la dimensione estremamente ridotta di molti opifici;
il pesante sistema burocratico; l'accentuata specializzazione nei settori tradizionali; e famiglie e/o coalizioni organizzate in gruppi piramidali. Il nostro sistema produttivo soffre anche per la concorrenza delle economie emergenti nel mondo asiatico, soprattutto a causa del più basso costo della manodopera. Solo poche eccellenze in campi di alta specializzazione dove occorrono un capitale umano qualificato e cospicui investimenti in ricerca e sviluppo ancora mantengono il passo. Inoltre la sofferenza è accentuata dal clima di incertezza politico e dal ruolo non sempre positivo dell'UE. Per aumentare il valore aggiunto si dovrebbe puntare sull'hi-tech, che richiede investimenti cospicui nella formazione del capitale umano. Ma l'emigrazione giovanile per la mancanza di occupazione nazionale genera un serpente che si morde la coda, cioè un'evoluzione che mangia se stessa. Il problema più preoccupante, allo stato attuale, è

L'acquisto dei grandi marchi italiani da parte di imprese internazionali. Da Bulgari a Ferretti, da Gucci a Pomellato, dell'alimentare (da Motta a Parmalat), del grande commercio (La Rinascente), dell'hi-tech (Pirelli, ora Bekaert), dei marchi della meccanica (FIAT) e della trasformazione dell'acciaio (ILVA). In molti casi, dopo aver acquistato il marchio, l'industria multinazionale sposta il massimo della produzione nelle sedi estere, soprattutto dell'Est Europa, riducendo al minimo la lavorazione in Italia o chiudendo del tutto gli stabilimenti. I numeri sono impressionanti: si parla di oltre 800 aziende che la proprietà italiana negli ultimi dieci anni ha ceduto. Molto spesso, tra l'altro, i nostri migliori operai e tecnici sono inviati per un periodo più o meno lungo nei paesi del NIC per addestrare operai locali, preparando il trasferimento dell'azienda e indirettamente aiutando a creare un vuoto che rende la

La situazione dell'industria in Italia è molto più precaria di quanto appare. San Leucio Il sito reale di San Leucio, frazione di Caserta, insieme alla Reggia di Caserta è riconosciuto come Patrimonio dell'Umanità. La sua storia ha inizio il 28 agosto del 1750, quando Carlo di Borbone acquistò il territorio pianeggiante ai piedi dei Monti Tifatini per la realizzazione di un progetto che da tempo il sorano accarezzava: la "riorganizzazione militare e amministrativa del regno" e, insieme, una reggia che competesse per splendore con quella di Versailles. La realizzazione del progetto fu affidata ad un architetto napoletano, di origine olandese, Luigi Vanvitelli. La costruzione della Reggia e del suo interno richiese molti interventi innovativi e difficili, ma l'opera più importante e significativa fu la realizzazione dell'Acquedotto Carolino per trasportare le acque delle sorgenti del Monte Taburno fino alla piana e alla costruenda Reggia.Ma nel bel mezzo dei lavori, nel 1759, Carlo lasciò Napoli per trasferirsi a Madrid come sovrano di Spagna. Subentrato al padre ancora bambino, Ferdinando IV detto re Nasone, ma anche Re Sognatore, amò la reggia di Caserta. Nel 1879 re Ferdinando IV fondò a Caserta una colonia modello, che traeva la propria sussistenza economica da una seteria e una fabbrica di tessuti. La colonia fu battezzata dal re col proprio nome, Ferdinandopoli, nome che nessuno usò mai, preferendo San Leucio, il santo patrono. Mentre in Francia ribolliva la rivoluzione, a San Leucio si propugnavano tre principi: educazione, buona fede, merito. Era vietato il lusso, tutti dovevano essere uguali, la scuola era obbligatoria come la vaccinazione contro il vaiolo. I giovani potevano sposarsi anche contro il volere dei genitori, lo Stato (il Re) provvedeva a tutto quello che poteva servire. Con la crisi della monarchia borbonica l'impianto proto-industriale decadde progressivamente, fino aquando nel 1862 i Savoia ne d
Dettagli
Publisher
A.A. 2020-2021
59 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-GGR/01 Geografia

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher floraesp98 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Geografia umana e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi L'Orientale di Napoli o del prof Cundari Gabriella.