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DENTIFICAZIONE DI GENI O DI C USANDO SONDE AD OLIGONUCLEOTIDI
Gli oligonucleotidi sono frammenti abbastanza piccoli di DNA. Possono essere usati, se marcati
radioattivamente, come sonde per trovare nelle banche specifici geni o cDNA. 99
Per farlo, è necessario conoscere almeno una piccola parte della sequenza del gene (o del cDNA) in
questione. Esistono per questo delle banche dati di sequenze, fornite da studiosi di tutto il mondo.
Si costruisce quindi artificialmente un oligonucleotide che sia formato dalla sequenza di basi nota.
Se questo frammento marcato e denaturato si associa con un gene della banca genica, allora
abbiamo trovato quello che cerchiamo.
A NALISI DI GENI E TRASCRITTI GENICI
Le sequenze di DNA clonate sono alla base di numerosi esperimenti. Il DNA clonato può infatti:
Essere mappato rispetto al numero e posizione degli enzimi di restrizione (mappa di
restrizione). Usando sia le banche di cDNA che le banche geniche è possibile costruire la
mappa di restrizione di un DNA.
Essere usato per analizzare i meccanismi di trascrizione del gene corrispondente.
Essere usato per determinare la sua sequenza completa, per scoprirne i sistemi di
regolazione o la percentuale di somiglianza con altri geni.
C DNA
OSTRUZIONE DI MAPPE DI RRSTRIZIONE MEDIANTE ANALISI DI SEQUENZE DI CLONATE
Le sequenze di DNA clonate vengono in genere usate per costruire le mappe di restrizione.
Conoscere la posizione esatta dei siti di restrizione è utile per confrontare geni omologhi di specie
diverse, analizzare l’organizzazione degli introni o clonare specifiche parti di un gene.
Gli enzimi di restrizione tagliano dei frammenti che sono già piccoli di per sé, quindi adattissimi
all’analisi mediante elettroforesi su gel di agarosio (pag. 467). Il gel forma uno strato poroso
rettangolare, sul quale le molecole viaggiano perché mosse da un campo elettrico (un lato lungo ha
carica positiva e l’altro negativa). Il gel viene scaldato, trattato e poi raffreddato, quindi diviso in
colonne mediante un pettine.
Consideriamo di voler costruire la mappa di restrizione di un DNA lungo 5,0 kb. Il filamento da
tagliare viene clonato e molti dei cloni vengono trattati con enzimi di restrizione: una parte con
EcoRI, una con BamHI ed una sia con uno che con l’altro.
Nel quadro dell’elettroforesi su gel le prime due colonne sono di controllo, e contengono la prima
frammenti di DNA di dimensioni note e la seconda un frammento non tagliato. Queste colonne
servono per poter valutare per confronto la dimensione dei frammenti tagliati.
Il DNA è carico negativamente e dunque si muoverà verso il polo positivo. I frammenti più piccoli
si muovono più velocemente. Quando i frammenti hanno smesso di muoversi il DNA viene colorato
con bromuro di etidio che ne permette la visione con raggi ultravioletti.
Costruendo una curva di migrazione che abbia in x la distanza di migrazione sul gel ed in y il
log(kb), si ottengono le lunghezze in kb dei vari frammenti.
Nel nostro esempio, si ottiene che il DNA tagliato con EcoRI si divide in due frammenti, segno che
il sito di restrizione dell’enzima è unico. Stesso discorso per BamHI. Per conoscere la posizione
reciproca e la distanza fra i due siti, si utilizza il frammento tagliato con entrambi gli enzimi e si
costruiscono dei modelli teorici. Quello che rispecchia i valori delle dimensioni dei frammenti
ottenuti per il taglio attraverso uno solo dei due enzimi, è esatto.
C DNA
OSTRUZIONE DI MAPPE DI RESTRIZIONE MEDIANTE C O GENI SIMILI
Un altro sistema alternativo al precedente per conoscere la disposizione dei siti di restrizione si basa
sull’uso di sonde di cDNA o di geni strettamente correlati a quello da analizzare (pag. 468).
1. Il DNA intero viene tagliato con enzimi di restrizione e quindi diviso in frammenti di
diversa lunghezza. 100
2. I frammenti ottenuti sono divisi mediante elettroforesi su gel di agarosio e colorati con
bromuro di etidio. Il risultato è una colonna fluorescente continua, visto che è stato
frammentato tutto il DNA e si hanno frammenti di tutte le dimensioni.
3. I frammenti sono trasferiti su un filtro di nitrocellulosa mediante la tecnica del Southern
blot (dal nome dello scienziato che l’ha ideata). Il gel di agarosio viene immerso in una
soluzione che denatura il DNA, quindi è posto sopra ad un foglio di carta assorbente. Le
estremità di questa vanno a pescare in una vasca in cui si trova un tampone. Sopra il gel
viene posto il filtro di nitrocellulosa e sopra a questo vari fogli di carta assorbente ed un
peso.
La soluzione tampone passa dalla vasca alla carta, al gel, al filtro, fino ai fogli soprastanti il
tutto. Passando dal gel al filtro, il tampone si porta dietro i frammenti di DNA posti
esattamente nella posizione risultante dall’elettroforesi.
4. I frammenti vengono fissati sul filtro per irraggiamento con raggi UV.
5. Dopo aver riempito un altro tampone con frammenti marcati di cDNA a singola elica, si
pone il filtro sul tampone e i DNA complementari si vanno ad ibridare.
6. Il filtro viene lavato in modo che i frammenti non ibridati siano cancellati. Attraverso il
confronto con i campioni di DNA presenti nella prima colonna del gel (e dunque tagliati con
enzimi di restrizione) è possibile determinare la dimensione dei frammenti del DNA
analizzato e quindi la posizione degli enzimi di restrizione.
Un’analisi di questo tipo è utile anche per determinare quanto i geni di due specie diverse siano
affini: se infatti i DNA si ibridano (grazie ad un ambiente che limita la rigorosità dell’ibridazione,
altrimenti impossibile), allora i geni sono omologhi.
A NALISI DI TRASCRITTI GENICI
La stessa identica tecnica usata per analizzare il DNA, viene usata per analizzare l’RNA.
Ovviamente si utilizzano frammenti di RNA e la tecnica viene chiamata, per contrasto, northern
blot.
Un particolare utilizzo della tecnica di northern blot è il northern blot dello sviluppo: dopo aver
trasferito su carta alcuni mRNA prelevati in un particolare momento cellulare, la carta è incubata in
una soluzione che contiene frammenti radioattivi di DNA di un particolare gene. Se questo gene è
presente nello stesso momento dello sviluppo in cui è stato fatto il prelievo di mRNA, avviene
l’ibridazione.
Prelievi fatti nello stesso punto della cellula in stadi differenti mostrano grazie a questa tecnica
l’ordine di attivazione dei geni nella cellula.
A DNA
NALISI DELLA SEQUENZA DEL
Il procedimento più semplice per poter sequenziare il DNA (cioè identificare la sequenza dei
nucleotidi) viene detto sequenziamento didesossi, ideato da Sanger alla fine degli anni ’70. Il
processo di sequenziamento venne utilizzato inizialmente per ottenere numerose copie di DNA
senza dover passare attraverso il sistema dispendioso dei plasmidi.
Innanzitutto è necessario costruire degli oligonucleotidi primer a sequenza nota. Il tipo di primer
costruito dipende dalla sequenza di DNA posta a monte del frammento da analizzare. Questo infatti
è in parte noto ed in parte sconosciuto. Il primer si associa alla parte nota in modo che la sua
estremità 3’ termini proprio in corrispondenza dell’inizio della sequenza ignota.
In una provetta si inseriscono il DNA denaturato, il primer radioattivo, i normali precursori del
DNA (dATP, dGTP, …) ed uno fra quattro differenti didesossinucleosidi trifosfati: didesossi-A
(ddATP), didesossi-G (ddGTP), didesossi-T, didesossi-C. 101
I normali nucleotidi sono dei desossinucleotidi, cioè mancano di un ossigeno in posizione 2’, ma
hanno un –OH in posizione 3’: grazie alla presenza di questo atomo di ossigeno, è possibile
attaccare nuove catene all’estremità 3’. I didesossinucleotidi invece mancano anche di
quell’ossigeno e quindi, dopo aver legato i nucleotidi all’estremità 5’, non permettono alla catena di
allungarsi dalla parte 3’.
Quando la DNApolimerasi comincia a sintetizzare i vari nucleotidi a partire dal primer, può
accadere che (nell’esempio in cui serva un’adenina) nella provetta che contiene ddATP venga
attaccato questo al posto del dATP: la catena non può più allungarsi. In questo modo si creano nelle
varie provette pezzetti di DNA che terminano ognuno in un punto differente della catena.
Attraverso un’analisi elettroforetica di ogni provetta, si viene ad evidenziare la diversa lunghezza
dei segmenti e la loro velocità di sedimentazione: mettendo i dati in ordine si ottiene una sequenza
delle basi nucleotidiche.
Una banca dati che contenga le sequenze nucleotidiche di un DNA è molto utile per determinare la
posizione di siti di restrizione, oppure un computer può andare in cerca di una sequenza di inizio ed
una di stop per vedere se un certo frammento codifica per una proteina.
Ancora, il computer può tradurre una sequenza codificante, letta nella giusta fase di lettura (allora la
sequenza è detta ORF), in amminoacidi, in modo che i ricercatori possano predire le proprietà della
proteina corrispondente senza doverla produrre.
R (PCR)
EAZIONE A CATENA DELLA POLIMERASI
Attraverso la tecnica PCR (reazione a catena della polimerasi) è possibile ottenere milioni di copie
di DNA specifici in un arco di tempo brevissimo e senza utilizzare organismi viventi come mezzo
moltiplicativo (lo si fa in provetta).
Il doppio filamento di DNA da amplificare viene denaturato ad alta temperatura (pag. 474), quindi
vengono aggiunti alla provetta due primer sintetici di RNA: ognuno si ibrida su un differente
filamento di DNA, quello ad esso complementare.
La DNApolimerasi sintetizza la catena complementare a partire dal primer. Il primer non si appaia
al DNA sulla sua estremità ed i filamenti risultanti saranno più corti, quindi il DNA da amplificare
posto nella provetta deve essere un po’ più lungo del necessario.
Un successivo evento di denaturazione rende di nuovo disponibili i filamenti originali (su cui
ricomincia il processo di amplificazione), mentre quelli nuovi più continuano il trattamento.
Il processo infatti termina quando si è creata una doppia elica della lunghezza esatta, mentre questi
due filamenti ancora non si appaiano correttamente e sono più lunghi del normale. Due cicli
successivi di attacco del primer, azione della DNApolimerasi e denaturazione (l’ultimo ciclo però
non fa la denaturazione finale), portano ad ottenere un clone a doppio filamento di DNA prescelto.
Quindi, un ciclo completo di PCR produce due molecole di DNA a doppio filamento, due cicli
quattro molecole e così via.
Amplificare un DNA è utilissimo perché permette di analizzare sequenze che altrimenti sarebbe
impossibile usare, perché presenti in singola copia: DNA di virus come l’HIV, ad esempio, o il
DNA dei