Genetica per biologia
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durante un processo di crossing over, è probabile che non avvenga nessuna
mutazione a livello genico perché parti di esoni non contengono mutazioni che
potrebbero esistere nelle zone non codificanti.
Traduzione
Prima di affrontare il processo di traduzione è bene fare una parentesi sulle proteine.
Le proteine sono molecole biologiche costituite da più amminoacidi legati insieme a un
legame peptidico. Cos’è il legame peptidico, vediamo un esempio generico tra due
amminoacidi?
Si genera nel momento in cui tramite un processo di condensazione (perdita di una
molecola di H2O), il gruppo carbossilico di un amminoacido (-COOH) si va a legare
con il gruppo amminico dell’altro (-NH2). Dunque una molecola di H+ del gruppo
amminico, si lega con un gruppo idrossilico (OH-) del gruppo carbossilico, generando
una molecola di acqua. Ecco l’esempio:
Le proteine possono assumere tre
strutture:
La struttura primaria è formata dalla sequenza specifica degli amminoacidi, dalla
catena peptidica e dal numero stesso delle catene, determina da sola il ripiegamento
della proteina.
La struttura secondaria consiste nella conformazione spaziale delle catene; ad
esempio la conformazione a spirale (o ad alfa elica), mantenuta e consentita
dai legami a idrogeno, quella planare (o a foglietto beta).
La struttura terziaria (dal punto di vista della termodinamica è la forma con la più
bassa energia libera) è rappresentata dalla configurazione tridimensionale completa
che la catena polipeptidica assume nell'ambiente in cui si trova.
La struttura quaternaria è quella che deriva dall'associazione di due o più unità
polipeptidiche, unite tra loro da legami deboli (e a volte ponti disolfuro) in un modo
molto specifico.
Detto questo, possiamo affrontare il processo di traduzione. È un processo che avvine nel
citoplasma e vede la compartecipazione di tutti e tre i tipi di RNA (rRNA, mRNA, tRNA).
L’mRNA, viene attaccato dal ribosoma grazie al riconoscimento di una sequenza ricca
di purine detta Shine-Dalgarno. Ha inizio nel codone iniziale (AUG) che codifica per
l’aminoacido metionina.
Il ribosoma è una struttura che presenta 3 sezioni, acceptor, peptide e exit.
All’interno si viene a posiziona il tRNA che ha una struttura costituita da 3 forcelle, in
una parte troveremo l’anticodone, funzionalizzato a riconosce il codone dell’mRNA,
così che in 3’ possa avvenire l’attacco con l’aminoacido corrispondente grazie
all’enzima aminoacil trna sintesasi.
Ma analizziamo il processo di allungamento. Il ribosoma una volta che si è attaccato
all’mRNA, permette l’ingresso del tRNA nella zona acceptor, nel quale verrà codificato
il primo amminoacido corrispondente alla metionina. Dopo di che il tRNA passerà nella
zona peptide, lasciando spazio a un altro tRNA che entrerà nella zona acceptor. A
questo punto il tRNA che ha appena tradotto l’amminoacido della metionina passerà
nella zona exit passando il suo amminoacido, al tRNA che era appena
entrato il quale a sua volta passerà nella zona peptide.
Così che passo dopo passo venga a formarsi una
catena costituita da una lunga serie di peptidi. Il
processo avrà termine una volta raggiunta
la tripletta stop, che non è codificante per nessun
amminoacido.
Le Mutazioni
Test di fluttuazione
Introduciamo le mutazioni affrontando l’esperimento di Luria-Delbrück denominato
anche test di fluttuazione.
Gli scienziati avevano lo scopo di capire se le mutazioni geniche erano pre-adattative
(secondo la teoria di Darwin) o post-adattative (secondo la teoria di Lamarck).
Per fare ciò utilizzarono una coltura di E.coli sensibili al fago T1, che ne causava la morte.
1. Decisero di far crescere il gruppo di batteri in una beuta senza sottoporli al fago.
2. Dopo di che inocularono un gruppo in una provetta singola a parte e dall’altra parte
inserirono i batteri in più provette distinte, lasciando che si replicassero (ancora non
sottoponendo nessuno al fago).
3. Nella fase successiva decisero di attuare un piastramento della provetta singola,
dove nella piastra era contenuto il fago T1. E un piastramento singolo, cioè una
piastra (contenente il fago T1) per ogni provetta che dall’altra parte conteneva gli
altri E.coli.
Le condizioni erano due: se le mutazioni fossero state post-adattative, tutti i batteri si
sarebbero dovuti adattare al fago dunque avremmo dovuto avere lo stesso numero di
E.coli, sia per il piastramento multiplo che per quello singolo.
Mentre se le mutazioni fossero state pre-adattative, dovremmo aver avuto un numero
variabile di E.coli nelle piastre, in quanto ogni gruppo replicato nelle diverte provette
aveva trasmesso alla sua provetta di appartenenza la mutazione o meno, che le
rendeva resistenti al batterio. Quello che si notò infatti fu:
Nel piastramento multimo, in cui vi erano E.coli provenienti dalla stessa provetta,
avevamo un numero di batteri simile. Nel pistramento singolo, cioè una pistra per
provetta il numero di batteri variava o addirittura era inesistente. Il che significava che
alcune provette, nella replicazione degli E.coli, aveva trasmesso una caratteristica che
li rendeva resistente al fago, altre invece no, dunque le colonie non potevano
sopravvivere e replicarsi. Fu confermata la teoria pre-adattativa di Drawin.
Parliamo ora delle mutazioni. Esse possono essere classificate:
a seconda della cellula interessata: somatica o germinale
a seconda dell’entità: puntiforme (uno o pochi nucleotidi), genica (uno o pochi
geni), cromosomica (uno o pochi cromosomi), genomica (riguarda l’intero
cromosoma).
A seconda della loro origine: spontanee o indotte
A seconda dell’effetto
Nel caso delle mutazioni geniche, spesso può succedere che venga perduto un intero
gene. Nel caso delle mutazioni puntiformi si possono a loro volta classificare in:
Delezione: perdita di una o più basi
Inserzione: aggiunta di una o più basi
Sostituzione: sostituzione di una o più basi
Quando una purina (A-G) viene sostituita da un’altra purina oppure una pirimidina (T-C)
viene sostituita da un’altra pirimidina, si parla di transizioni.
Se invece una purina (A-G) è sostituita da una pirimidina, e viceversa si parla di
trasversione.
Abbiamo diversi tipi di conseguenze nelle mutazioni per sostituzione, nei codoni:
Mutazioni silenti: in seguito una mutazione di una base, questa genererà un
codone che codificherà per lo stesso amminoacido, dunque non vi saranno
variazioni.
Mutazioni neutrali: verrà codificato un aminoacido simile, dunque la funzione non
varierà
Mutazione no senso: la mutazione a livello delle basi, creerà un codone stop non
codificante.
Mutazione missenso: verrà cambiato totalmente il codone che codificherà per un
diverso aminoacido.
Se invece ci troviamo di fronte a una mutazione per delezione o inserzione, ne consegue
una mutazione frame-shift, in che significa che ci sarà la delezione o l’inserzione di un
numero di basi diverso da 3 e suoi multipli, generando uno spostamento della lettura dei
codoni.
Dimeri di timina
Si tratta di un tipo di mutazione interno al DNA, dove due residui di timina, si uniscono
attraverso un legame covalente tra il C5 e il C6. Questo tipo di mutazioni è generalmente
causata da una forte radiazione di raggi UV.
Alla riparazione del danno entra il gioco il Sistema SOS del DNA.
Sono inoltre presente in molti organismi (ma non nei mammiferi
placentanti), enzimi chiamati fotoliasi, che utilizzano la luce solare per
riparare al danno.
Il sistema SOS.
Il sistema da riparazione del DNA detto SOS corregge gli errori dovuti alla
trascrizione, infatti agisce bloccando la divisione cellulare e la replica
del DNA. Questo meccanismo non è presente nei procarioti. Vi sono
appunto un gruppo di geni SOS implicati in questo meccanismo che
codificano per gli enzimi di riparazione (uvrA, uvrB, uvrC, uvrB). Il
problema è che questi geni in presenza di una mutazione possono
non essere trascritti un quanto è presente un repressore sul loro
operone, che ne impedisce la repressione. Il repressore non
funzionante (nel senso non utile) in questione è LexA. La proteina
RecA (che abbiamo già incontrato nel processo di crossing over), questa volta agirà da
proteasi, in modo da legarsi al repressore LexA e di indurre la sua distruzione. A questo
punto i geni SOS potranno essere tradotti e svolgere la loro funzione:
2uvrA+1uvrB riconoscono la distorsione del DNA e il dimero di timina
Il 2uvrA lascia spazio a un uvrB+uvrC andranno a formare un eterodimero la cui
funzione è quella di rompere il legame fosfodiesterico
Entra in gioco uvrD la cui funzione è quella di rompere il legame covalente
A questo punto la mutazione viene tolta e una DNAp trascriverà la parte di filamento senza
la mutazione.
Operone
Per operone si intende un insieme di geni, vicini gli uni agli altri, in modo tale da essere
letti in modo coordinato e veloce, implicati in un metabolismo necessario alla
sopravvivenza di una cellula procariotica. Un operone è formato da un promotore,
ossia una sequenza di DNA che permette l’attacco dell’RNAp così da avviare la
trascrizione. un operatore, un frammento di DNA, che può essere situato a monte, a
valle o anche lontano dal promotore, che regola l'espressione dei geni strutturali.
L'operatore svolge questa funzione interagendo con una specifica proteina chiamata
proteina repressore o proteina attivatore, a seconda che, appunto, impedisca o stimoli
l'espressione. La regolazione genica può essere di due tipi:
Positiva: ossia grazie a una proteina attivatore che si lega al DNA abbiamo la
trascrizione dei geni.
Negativa: ossia grazie a un repressore che si lega all’operatore la trascrizione
dei geni strutturali a valle viene bloccata.
E’ possibile avere in un operone una mutazione polare. Una mutazione polare è una
mutazione no senso, il che significa che erroneamente viene codificato un codone STOP.
Se ci troviamo di fronte a un operone e un codone di un gene viene trascritto come un
codone stop, implicandone la fine della trascrizione, tutti i geni a valle non verrebbero
trascritti. Ma attenzione, perché la trascrizione si arresti dobbiamo trovarci di fronte a una
terminazione Rho-indipendente, ossia l’RNAp incontra un codone STOP (mutato), seguito
da una forcina a sua volta seguita da una serie di uracili, oppure in una situazione Rho-
dipendende, ossia l’RNAp incontra il codone STOP (mutato), che consegue il distacco del
ribosoma, in modo tale da lasciare l’RNAp libero di essere attaccato dal fattore Rho che ne
permette il distacco e la fine della terminazione.
Ricorda inoltre che, le mutazioni no senso, non sono necessariamente mutazioni polari,
mentre le mutazioni polari sono esclusivamente mutazioni no senso. Dunque in una
semplice mutazione no senso, l’RNAp incontrerà un codone STOP, non codificante, senza
la terminazione della trascrizione, ma non trascriverà esclusivamente quel codone.
Operone Lac
L’operone lac, fu uno tra i primi operoni studiati da Jacob e Monot, sul batterio di E.coli.
I batteri utilizzano il glucosio come fonte di carbonio e energia, ma in carenza di
quest’ultimo è possibile utilizzare il lattoso. Il lattosio infatti è un disaccaride costituito da
una molecola di glucosio e una di galattosio uniti insieme attraverso un legame β-
galattosidico.
Strutturalmente l’operone lac è formato da un lacI, che è un gene che codifica per un
repressore, cioè quando non c’è necessità di sintetizzare i geni che sintetizzano gli enzimi
del lattosio, questo repressore si va attaccare all’operatore il quale è preceduto da un
operone che è il sito di attacco per l’RNA polimerasi. Dopo di che abbiamo una serie di
geni strutturali, elencati in ordine:
lacZ: che codifica per una β-galattosidasi, ossia un enzima che ha il ruolo di
rompere il legame β-galattosidico, in modo da avere una molecola di glucosio, che
entrerà nella via glicolitica e una di galattosio che può essere convertita
ulteriormente dando una molecola di glucosio che può entrare nella via glicolitica o
in processi anabolici.
lacY: che è il gene che codifica per una permeasi, il cui ruolo è quello di far entrare
il lattosio all’interno del batterio. Per questo motivo anche se non è presente il
lattosio nella cellula, questi geni vengono in parte trascritti, in modo tale da avere gli
enzimi che permettano l’ingresso del lattosio nella cellula.
LacA: che codifica per una transacetilasi il cui ruolo non è ancora stato ben
chiarito.
Questi geni sono contenuti in un mRNA policistronico ossia che codifica per più di
una proteina.
Il lattosio quindi agisce da induttore del sistema per questo si parla di lac come un
operone inducibile, di cui il lattosio è l’induttore. È bene chiarire che non è proprio il
lattosio di per se a permettere la trascrizione, ma un suo derivato chiamato
allolattosio, prodotto dall’azione della β-galattosidasi.
Regolazione negativa operone lac
Nella regolazione negativa si va a bloccare la trascrizione dei geni e dunque a
reprimere l’inizio della trascrizione.
In assenza di lattosio il repressore, codificato dalla lacI, si lega all’operatore, che si
trova tra il promotore e i geni strutturali. Dunque creerà un ostacolo che impedirà
all’RNAp di poter trascrivere i geni strutturali.
Regolazione positiva operone lac
Il lattosio viene utilizzato solo quando questo zucchero è l’unica fonte di carbonio e di
energia presente. Il batterio preferiva utilizzare il glucosio, più vantaggioso dal punto di
vista del bilancio energetico, e solo dopo averlo esaurito iniziava a utilizzare il lattosio.
In qualche modo il glucosio inibiva l’utilizzo del lattosio. Si scoprì che questo
meccanismo di inibizione da glucosio si esplicava non solo a livello dell’operone
lattosio, ma anche con altri zuccheri alternativi. Questo sistema di regolazione viene
chiamato repressione da catabolita e assicura che venga utilizzato preferenzialmente
il glucosio, quando presente, al posto di altri zuccheri energicamente meno favorevoli.
Una proteina di E. coli, codificata dal gene crp, è responsabile di questa regolazione:
la proteina è chiamata CRP, e viene attivata dalla molecola effettrice AMP ciclico
(cAMP). Il complesso cAMP-CRP funziona da attivatore della trascrizione dell’operone
lac, legandosi alla regione del promotore lacP e aumentandone l’affinità di legame alla
RNA polimerasi batterica. Di conseguenza, la trascrizione del’operone lac aumenta in
presenza di questo complesso attivatore, che agisce come sistema di controllo
positivo. La proteina CRP, in assenza di cAMP, non si lega al promotore, quindi il
cAMP è necessario per questa regolazione. Quando il batterio cresce utilizzando il
glucosio, la concentrazione di cAMP è mantenuta bassa. A conferma di questo sistema
di regolazione, l’espressione della β-galattosidasi è correlata con concentrazioni
elevate di cAMP.
I mutanti dell’operone lac, i lac-
Jacob e Monot decisero di studiare i mutanti del lattosio lac-, ossia mutanti che non
erano capaci di avviare il metabolismo del lattosio.
Per distinguerli dal lac+, fecero un esperimento:
Utilizzarono batteri E.coli e li inserirono in delle piastre contenente lattosio e un
peptone. Come marcatore utilizzarono l’eosina e il blu metilene, che variavano a
seconda del pH acido. Successe che i lac+ metabolizzarono il lattosio che
degradandolo in acidi organici, ne causò una variazione del colore delle cellule in un
rosso vinoso, mentre i lac- non poterono fare altro che utilizzare il peptone, ma non ne
conseguì nessuna variazione del colore. Dunque una volta individuati i lac- questi
furono mappati.
Poteva esserci una mutazione nel promotore lacP- che impediva la trascrizione della
β-galattosidasi, della permeasi e della transacetilati.
Successivamente erano stati notati dei mutanti, chiamati , cioè un allele non
s
l a c I
inducibile, in cui la mutazione andava a creare un super repressore che anche in
presenza di lattosio impediva la trascrizione dei geni a valle. Vi era poi l’allele
costitutivo lacI- che non codifica un repressore attivo il che significava che i geni,
anche in assenza di lattosio erano sempre trascritti.
Poi avevamo mutazioni sul sito , che alterano questa sequenza, sostituendo o
c
l a cO
eliminando coppie di basi di importanza critica per il riconoscimento del repressore,
dunque era impossibilitato l’attacco. Dunque in assenza di lattosio i geni strutturali
venivano trascritti.
Inoltre la presenza di mutazioni polari poteva impedire la trascrizione dei geni
strutturali, ad esempio se avevamo una mutazione il lacZ, la β-galattosidasi non veniva
trascritta, ma invece si aveva la permeasi e la transacetilasi, altre magari si trovavano
su lacY, dunque potevamo avere la β-galattosidasi, ma non la permeasi e la
transacetilasi.
Operone triptofano
L’operone triptofano comprende cinque geni strutturali (trpE,tprD,tprC,tprB,tprA) che
codificano nell’ordine gli enzimi necessari alla sintesi del triptofano. Il gene che
controlla questo operone è il tprR, localizzato lontano dall’operone. TprR codifica per
un aporepressore, cioè una proteina che da sola non è capace di legarsi al sito
operatore, ma necessita di essere attivata dal legame con un cofattore, che in questo
caso è il triptofano stesso. Quando la cellula cresce in terreno minimo, ha bisogno di
esprimere i geni per la sintesi del tpr, dunque l’operone viene trascritto. Mentre se i
batteri crescono in un terreno che contiene tpr, non è necessario e energeticamente
svantaggioso, che l’operone sia espresso.
Si notò che alcuni batteri avviavano un sistema di regolazione detto di attenuazione,
che consiste nell’interruzione prematura della trascrizione, prima che i geni strutturali
dell’operone siano trascritti. La scoperta di questo sistema di regolazione è stata
determinata dall’osservazione che mutanti nel gene tprR, privi di repressore, in
presenza di triptofano esprimevano i primi geni dell’operone a livello ridotto, infatti i
primi 140 nucleotidi vengono trascritti fino poi ad arrivare a una prematura
terminazione.
Fu identificata una sequenza leader, che si trovava dopo l’operatore, era una vera e
propria sequenza codificante, con la presenza di un messaggero per un polipeptide di
14 amminoacidi, con un codone di inizio e un codone di fine trascrizione e anche una
sequenza di Shine-Dalgarno (purine), per l’attacco del ribosoma. Furono identificate
quattro zone, (1,2,3,4), che se accoppiate in ordine 1-2 e 3-4 creavano una forcina di
terminazione seguita da una serie di uracili che permettevano una terminazione Rho-
indipendente, mentre se l’accoppiamento avveniva in senso 1-3 e 2-4, si creava una
struttura anti-terminazione e dunque la terminazione non avveniva.
Trasferimento genico orizzontale
Siamo banalmente portati a pensare che i batteri nella loro replicazione non abbiano
alcuna variazione genica, ma i meccanismi orizzontali “sfatano il mito” e sono tre
coniugazione, trasformazione e trasduzione.
Coniugazione
É un fenomeno di scambio di materiale genetico unidirezionale da un batterio donatore
a un ricevente. Dunque un batterio forniva solo materiale genetico, mentre l’altro, lo
riceveva. È poi stato chiarito che la capacità di coniugare era conferita al batterio dalla
presenza del plasmide F o fattore F. In particolare questi geni comprendono funzioni
richieste per il trasferimento del materiale genetico da un batterio a un altro, quali la
capacità di sintetizzare specifici pili sulla superficie cellulare, utili per prendere contatto
con l’altro batterio e formare un ponte coniugativo attraverso il quale piò passare la
molecola di DNA e funzioni richiese per la duplicazione e il trasferimento del DNA. Un
batterio nel quale sia presente un plasmide F è indicato con F+ mentre il ricevente è
indicato con F-. Una volta che il materiale passa dall’F+ alle F-, quest’ultimo diverrà F+.
Man mano che la replicazione procede, il DNA si srotola e viene trasferita al batterio
ricevente. La molecola di DNA nel batterio ricevente, la singola elica viene duplicata.
Questo tipo di replicazione, che da una molecola circolare produce un DNA lineare,
viene chiamato, replicazione a cerchio rotante.
La molecola di DNA di F può ricombinare (mediante un evento di crossing over) con il
cromosoma batterico in specifiche regioni di omologia, presenti in diversi punti del
cromosoma batterico dando origine a ceppi chiamati Hfr (alta frequenza di
ricombinazione). Attraverso questo è possibile che un plasmide possa inserire
all’interno del DNA una resistenza alla tetralcina (per esempio), che attraverso un
processo di coniugazione verrà traferito ad altri batteri.
Trasformazione
La trasformazione batterica naturale avviene solo in alcuni batteri e consiste
nell’assunzione di una molecola di DNA dall’ambiente esterno, in genere proveniente
da un batterio morto. Fu chiarito però che le cellule devono trovarsi in un particolare
stato, detto di competenza, per poter assumere il DNA; in pratica devono essere
dotate di una superficie di un apparato per catturare e traslocare il DNA all’interno del
citoplasma.
Trasduzione
Esistono due tipi di trasduzione quella generalizzata e quella specializzata, che
differiscono tra loro per il tipo di errore che viene compiuto dal fago: nel caso della
trasduzione generalizzata si tratta di un errore di incapsidamento, nel caso della
trasduzione specializzata si tratta di un errore di escissione del fago.
Trasduzione generalizzata: si va a trattare il processo di replicazione litico.
Quando un fago si riproduce liticamente non tiene conto del tipo di genoma che
inserisce nel proprio capside, in quanto l’unico limite potrebbe essere la
dimensione, il che significa che nel capside potrebbe inserirsi sia DNA virale che
DNA batterico, dunque in una successiva replicazione litica il DNA batterico
assimilato, poi venga trasmesso ad un altro.
Trasduzione specializzata: qui invece trattiamo un processo lisogenico. Il DNA
virale va a inserirsi nel DNA batterico. Il DNA batterico viene poi tagliato in loci
precisi, per farsi si che il DNA possa tornare ai virus durante il processo
replicativo. Più accadere però che il DNA batterico subisca un’escissione
anomala, dunque durante l’incapsidamento, i virus contengano sia DNA virale
che batterico. Dunque quando si andranno a replicare nuovamente potrebbero
trasmettere il DNA batterico acquisito ad altri batteri.
Il fago λ
Jacob e Monot studiarono il ciclo vitale del fago λ, che si alternava i cicli
replicativi litici e lisogeni. Il DNA virale contenuto nel capside del fago si
presentava lineare, una volta entrato nel batterio questo si circolarizzava per
mezzo dell’estremità cos fino a super avvolgersi.
Strutturalmente interni al fago troviamo geni very early implicati ad analizzare
le condizioni fisiologiche; poi troviamo i geni early che permettono di
intraprendere o il ciclo litico o il ciclo lisogeno; in ultimo invece vi sono i geni late
implicati nella formazione del capside e guaine.
Tutto dipende dalla competizione tra le due proteine CI (ci uno) e Cro:
Se riesce a prevalere CI, l’espressione dei geni litici viene repressa; dunque
abbiamo un ciclo lisogeno.
Se prevale Cro, al contrario, l’espressione dei geni litici è attiva e il fago si
riproduce liticamente.
Troviamo 3 promotori Pr,PL, Prm. I primi due promotori Pr e PL, legano molto
bene l’RNAp permettendo la trascrizione senza l’ausilio di un attivatore, mentre
Prm è molto debole e necessita di un attivatore perché l’RNAp possa trascrivere
i suoi geni.
La scelta tra ciclo litico e lisogeno è effettuata a livello regolativo in una sorta
di competizione tra due molecole repressore, CI e Cro i quali si contendono i
siti operatori per l’attacco del repressore Ol e Or. O O O O
I due siti operatori sono a loro volta costituiti da tre sotto regioni: , ,
L 1 , L2 L 3 R 1
O O
,
R 2 R 3 .
Il meccanismo è molto semplice: O O
Il repressore CI, si lega preferenzialmente all’operone , facendo così
L 1 , R 1
blocca la trascrizione di tutti i geni a valle che servono per il ciclo litico,
permettendo in questo modo il ciclo lisogeno e permettendo l’attacco della
RNAp al promotore Prm. O
Il repressore Cro si lega preferenzialmente In questo modo blocca tutti i
R 3 .
geni a valle di questo operone (dunque quelli di cI), impedendo la trascrizione
dei geni implicati nel ciclo lisogeno, ma avviando un ciclo litico, utilizzando il
promotore Pr.
Il gene cI che codifica per il suo repressore, crea appunto un repressore di
forma dimerica, che singolarmente non sarebbe funzionale ma solo in struttura
dimerica è capace di agire nello svolgimento delle sue attività. Nel dimero
troviamo un gruppo carbossilico e un gruppo amminico. Mentre il repressore di
cro è composta a da un unico dominio globulare, che singolarmente non
sarebbe funzionante ma in coppia invece si.
Ad ogni modo all’interno del fago, troviamo altri geni (tralasciando i late):
N: il
gene N (antiterminatore) permette il passaggio alla fase successiva. Modifica
l’RNA polimerasi dell’ospite in modo che non possa più riconoscere i terminatori della
trascrizione e quindi procedere oltre. I trascritti terminerebbero tra 100 e 1000 basi più
a valle se la proteina N non permettesse alla RNA polimerasi di scorrere oltre i
terminatori.
Sono presenti anche le proteine CII e CIII, necessari per attivare i promotori dei geni
essenziali per il ciclo lisogneo. La proteina CII ha una vita media molto breve essendo
soggetta a degradazione da parte di proteasi batteriche. La proteina CIII ha il ruolo di
proteggere la CII dalla degradazione: possiamo considerarla una proteina “altruista”
che si immola, facendosi degradare al posto di CII e tenendo impegnate le proteasi per
dare il tempo a CII di agire. Il fago λ è quindi in grado di valutare la situazione
ambientale, intesa come livello di proteasi. Un alto livello di proteasi è indice di buona
crescita del batterio (quindi buone condizioni per il fago λ), pertanto la scelta sarà
effettuare il ciclo litico; basse concentrazioni di proteasi indicano una sofferenza del
batterio, che farà propendere il fago λ al ciclo lisogeno.
Ingegneria genetica
Per poter clonare un segmento di DNA è necessario disporre di un vettore, cioè
una molecola di DNA che sia disposta ad accettarlo (generalmente i plasmidi),
all’interno del quale viene inserito il segmento steso, dando origine a una nuova
molecola di DNA, che vine detta plasmide ricombinante. Questo segmento di
DNA “trasportato” dal vettore veniva, in passato, definito DNA passeggero. La
costruzione di una molecola di DNA ricombinante necessita di:
Vettori molecolari: plasmidi
DNA clonato: qualsiasi segmento di DNA potenzialmente clonabile
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