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IL DNA
Il DNA (acido desossiribonucleico) è una molecola costituita da nucleotidi formati da:
Molecola di desossiribosio
Gruppo fosfato
Base azotata
Il desossiribosio è uno zucchero pentoso a cinque atomi di
carbonio. Si differenzia da ribosio in quanto il carbonio 2 invece di
fare un legame con gruppo idrossilico, si lega
esclusivamente a un atomo di idrogeno. Il carbonio 5 e il carbonio
3 invece sono implicati nel legame con il gruppo fosfato. La direzione
opposta del carbonio 5 e carbonio 3 tra le due eliche le rende
antiparallele. Le basi azotate si dividono in:
Pirimidine: in cui troviamo timina, uracile
(nell’RNA) e citosina, che sono a singolo anello
eterociclico esagonale.
Purine: in cui troviamo adenina e guanina, che sono
molecole a doppio anello eterociclico esagonale e pentagonale.
Il legame tra le rispettive basi segue regole precise: timina e
adenina si legano tra di loro attraverso un doppio
legame idrogeno; mentre citosina e guanina si legano tra di
loro attraverso un triplo legame idrogeno.
Gli studi di Meselson e Stahl, sul DNA permisero di
aggiungere un’altra proprietà alla molecola: il fatto che fosse
semiconservativa. Ossia un filamento parentale è
utilizzato come stampo per il nuovo filamento. Ma
come arrivarono a questa conclusione?
Fecero crescere dei batteri di E.coli (il batterio
maggiormente usato perché più conosciuto) in un
terreno di coltura contenete l’isotopo pesante
15
dell’azoto , in quanto sappiamo che l’azoto è un
N
atomo presente nelle basi azotate e inoltre il DNA può
essere messo in evidenza in seguito
all'introduzione di particolari sostanze che si
legano ad esso e divengono visibili se illuminate
da luce ultravioletta. Gli E.coli furono centrifugati
e inseriti in una provetta contenente Cloruro di Cesio
(CsCl) e ci si accorse che si veniva a formare un banda in basso alla provetta, in quanto
l’azoto 15 essendo un isotopo pesante tendeva a scendere. In seguito si eseguì la stessa
procedura ma questa volta all’azoto 15 fu inserito un isotopo più leggero . Quello che
14
N
ne derivò fu un ibrido contenente sia azoto 15 che 14, i quale si andava a posizionare più
in alto rispetto alla banda contenente esclusivamente azoto 15, in quanto quest’ultima
molecola era più leggera. Ci fu infine una replicazione di ibridi che diede come risultante
bande sempre più leggere contenete ibridi di azoto 15/14 che si conservavano e molecole
contenente l’isotopo leggero.
Esperimento di Hershey e Chase del 1952
Un altro esperimento rilevante fu quello di Hershey e Chase i quali cercarono di capire
quale fosse la molecola che trametteva l’informazione genetica. Per questo esperimento
utilizzarono dei batteri di E.coli e fagi T2. L’ipotesi era che una volta che i fagi avessero
infettato il batterio, attraverso un ciclo litico all’interno della cellula si sarebbero replicati
utilizzando tutto il materiale circostante disponibile. Questa volta i marcatori utilizzati
35 32
furono l’isotopo* dello zolfo e l’isotopo del fosforo .
S P
Allora decisero di piastrare un gruppo di E. coli in una piastra contenente l’isotopo dello
zolfo e poi sottoporli al fago T2 e piastrare un altro gruppo in una piastra contenente
fosforo e poi sottoporli al fago.
Ne derivò che i fagi replicati nella piastra contenente lo zolfo, avevano acquisito questo
isotopo nel capside. Mentre quelli contenenti il fosforo invece avevano acquisito il
marcatore all’interno dell’acido nucleico.
Ci fu una seconda replicazione ma questa volta le piastre non contenevano alcun tipo di
marcatore e ne risultò che: i fagi contenente l’isotopo dello zolfo sul capside non avevano
trasmesso il marcatore, mentre i fagi contenente l’isotopo dello fosforo del DNA avevano
trasmesso il marcatore alle generazioni successive. In conclusione si arrivò a capire che
era necessariamente il DNA a essere la molecola di trasmissione dell’informazione genica.
*Un isotopo è un atomo di uno stesso elemento chimico, avente perciò lo stesso numero atomico Z, che ha
differente numero di massa A, e quindi differente massa atomica M. La differenza dei numeri di massa è dovuta ad un
diverso numero di neutroni presenti nel nucleo dell'atomo, a parità di numero atomico.
La replicazione del DNA
Ha inizio nei punti di origine della replicazione detti ORI, sono luoghi ricchi di adenina e
timina in quanto rompere due legami idrogeno è molto più semplice che romperne tre
come tra citosina e guanina. L’enzima elicasi ha il compito appunto di rompere questi
legami in modo tale da aprire le bolle di replicazione, che nelle cellule
eucariote sono circa 20-80 aperture, in quanto il
DNA è più vasto e necessita di essere
replicato in breve tempo, mentre le cellule
procariote essendo più semplici e avendo filamenti più
brevi hanno una sola bolla di replicazione.
Una volta che le basi azotate sono state separate, queste devono essere tenute
distanziate in quanto tendenti a riaccoppiarci, ecco che entra in gioco la proteina SSB
(single strand binding protein), che ha il compito di mantenere la bolla di replicazione
aperta.
Il compito di replicare i filamenti di DNA è svolto dalla DNA polimerasi, il quale riconosce
un filamento di RNA primer, non codificante sintetizzato dall’enzima primasi.
Vi sono tre DNA polimerasi (anche 5 ma noi guardiamo solo quelle di nostro interesse):
DNA polimerasi I: la quale svolge un’attività esonucleasica cioè di correzione
degli errori della DNA polimerasi (considerando che legge 500 bp al secondo) e
inoltre ha il compito di sostituire gli inneschi (primer) del lagging strand, che ora
analizzeremo.
DNA polimerasi II: riempie le zone di DNA non complete.
DNA polimerasi III: direttamente implicata nella replicazione del DNA e svolge
anche un’attività di proof reading cioè di autocorrezione degli errori.
La DNA polimerasi nella replicazione va in direzione 5’3’ in riferimento al nuovo
filamento replicato. Considerando che però abbiamo due filamenti di DNA da replicare essi
verranno appunto letti in due modi diversi. Abbiamo un leading strand ossia un
filamento in cui troviamo un primer e la DNA polimerasi legge senza interruzione in
direzione 5’3’. Nel versante opposto avremo un lagging strand, letto in
modo frammentato (direzione 3’5’, del nuovo filamento), dove per ogni
piccola parte, chiamati frammenti di okazaki, troveremo un
primer diverso, che poi in seguito verrà sostituito dalla
DNA polimerasi II.
Al termine della replicazione l’enzima ligasi avrà il compito di rilegare i due
filamenti che erano stati separati.
I telomeri
Alla fine di ogni doppio filamento di DNA troviamo dei primer di innesco non codificanti che
non possono essere sostituiti da nessuno DNA polimerasi. Dunque ogni volta un filamento
neosintetizzato sarà più corto, la parte finale viene chiamata telomero. Possiamo trovarci
difronte a due casi: se trattiamo con cellule somatiche questi parti finali non vengono
sostituite, dunque ne deriverà una morte della cellula (motivo per cui vi è ad esempio
l’invecchiamento della pelle); in alternativa se trattiamo con cellule germinali o cellule
somatiche queste parti di RNA finale vengono sostituite grazie all’enzima telomerasi che
inseriscono sequenze ripetitive non codificanti, TTAAGGG, in modo da tale da evitare la
perdita di informazioni.
Il gene
Partiamo intanto affermando che il codice genetico è l’insieme di regole che fa passare
da un linguaggio a 4 lettere (DNA) a uno a 20 lettere (amminoacidi). Mentre il genoma è il
contenuto di una cellula o un organismo. Il gene è l’unità ereditaria. Ogni gene è presente
in un determinato locus che sono i cromosomi, ne esistono di più varianti detti alleli.
Il genoma ovviamente varia a seconda degli organismi che andiamo a trattare.
Nei procarioti i genomi sono più piccoli, sono molto compatti, spesso contengono
plasmidi, ossia piccoli filamenti di DNA a doppia elica circolare super avvolto, sono
parti codificanti aggiuntive che garantiscono al batterio caratteristiche in più come
per esempio la resistenza agli antibiotici. I batteri non possiedono un nucleo
delimitato e le attività metaboliche avvengono nel citoplasma. Un operone regola
l’espressione genica nei batteri e comprende: uno o più geni strutturali, un tratto di
DNA promotore, un operatore a cui si lega il repressore. Un operone è
generalmente implicato in una via metabolica e presenta i geni strutturali molto
vicini li uni agli altri, in modo tale che essi vengano tradotti molto velocemente.
Negli eucarioti il codice genetico è molto più complesso. Abbiamo una parte
regolatrice in cui troviamo un promotore e un regolatore, una ORF (opening
reading frame), esoni (brevi regioni codificanti) e introni(regioni non codificanti
molto più vaste), una tripletta di chiusura e un punto di PoliA in 3’. Sono presenti
inoltre i trasposoni, sequenze mobili che si spostano nel genoma.
Fondamentali sono anche gli enhancer che sono sequenze di DNA che svolgono il
loro ruolo pro-trascrizione attraverso l'associazione con diverse proteine, tra cui diversi
fattori coinvolti nell'avvio della trascrizione stessa. Gli enhancers sono sequenze
nucleotidiche cis-agenti che esplicano la loro funzione aumentando notevolmente (fino
a 1000 volte) la frequenza di trascrizione del gene che controllano.
I silenziatori sono una sequenza di DNA capace di legare fattori di regolazione della
trascrizione, chiamati repressori. Il DNA contiene i geni e fornisce lo stampo per
produrre l'RNA messaggero (mRNA), utilizzato per la sintesi di proteine che attivano o
inattivano l'espressione genica nella cellula. Quando un repressore si lega alla regione
del DNA relativa al silenziatore, inibisce il legame del promotore con l'RNA polimerasi -
enzima che è coinvolto nella trascrizione del DNA in RNA - e perciò blocca la sintesi.
La funzione dei silenziatori, quindi, è di impedire l'espressione genica.
Trascrizione
La trascrizione e il processo mediante il quale le informazioni contenute nel DNA
vengono trascritte enzimaticamente in una molecola complementare di RNA. C’è
quindi il trasferimento dell'informazione genetica dal DNA all'RNA. Nel caso in cui il
DNA codifichi per una proteina, la trascrizione e l'inizio del processo che porta,
attraverso la produzione intermedia di un mRNA, alla sintesi di peptidi o proteine
funzionali.
Nei procarioti
Nei procarioti quando parliamo di trascrizione possiam