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GIULIA PIRAZZIN
GENETICA ONCOLOGICA
Genetica oncologica: predisposizione genetica ai tumori
Il cancro o neoplasia è per definizione una massa di cellule che prolifera in maniera incontrollata e distrugge l’equilibrio
dei tessuti.
Le cellule tumorali perdono le caratteristiche sociali delle cellule normali e hanno quindi caratteristiche che le rendono
immortali.
Esse, durante il loro sviluppo, acquisiscono:
• Immortalità;
• Evasione dell’apoptosi;
• Proliferazione incontrollata;
• Cambiamento del metabolismo cellulare;
• Capacità di scappare dal sistema immunitario;
• →
Sopravvivono separatamente dalle altre cellule capacità metastatiche. Le cellule normali sono strette le une
con le altre per scambiarsi nutrienti ed informazioni: quando una cellula normale si stacca dal tessuto si
innesca un meccanismo definito anoikis, ovvero la morte programmata per distacco cellulare. Le cellule
tumorali quindi evadono anche l’anoikis.
Il cancro è una malattia genetica e l’origine è esclusivamente genetica perché alla base ci sono una serie di mutazioni,
all’interno di una cellula, che man mano che avvengono la portano ad acquisire sempre più le caratteristiche delle
cellule tumorali. Prima mutazione: all’interno di un tessuto una cellula subisce
una mutazione che causa una proliferazione di essa
incontrollata. La massa che si crea non è vascolarizzata e
raggiunge dimensioni importanti, incontrando una serie di
problemi, ovvero la mancanza di ossigeno e nutrienti. Perciò
le cellule mutate pian piano muoiono.
Seconda mutazione: mentre la massa si sta riducendo, una
tra le tante cellule mutate (con la 1° mutazione) sviluppa una
seconda mutazione che la porta ad acquisire la capacità di
richiamare i vasi sanguigni e quindi di nutrirsi, esercitando la
neoangeogenesi (formazione di nuovi vasi sanguigni). Con i
vasi però arriva anche il sistema immunitario che riconosce
le cellule tumorali e inizia ad eliminarle. La massa perciò
muore.
Terza mutazione: mentre la massa sta morendo, tra tutte le cellule tumorali una sviluppa una terza mutazione,
acquisendo la capacità di nascondersi dal sistema immunitario. La massa ricresce, più forte delle altre, ma incontra il
problema dello spazio. Questa perciò comincia a regredire nuovamente.
Quarta e ultima mutazione: mentre la massa si sta riducendo, una cellula tumorale tra tutte sviluppa una quarta
mutazione, acquisendo la capacità metastatica, ovvero la capacità di viaggiare all’interno dell’organismo sopravvivendo
al distacco dalla massa. Ciò porta all’insediazione delle cellule tumorali in varie parti dell’organismo, che creano quindi
ulteriori colonie, ovvero la metastasi. Questo è l’ultimo stadio e il più pericoloso, poiché le cellule tumorali dirottano su
di se la maggior parte dei nutrienti destinati all’organismo: ciò porta l’individuo a morire di fame. I lcancro consuma gli
amminoacidi e perciò l’individuo si deperisce, i muscoli si consumano, vi è cachessia. Quando l’ospite muore però,
muore anche il cancro.
La PET serve a verificare la presenza di metastasi: si somministra un marcatore zuccherino che viene assorbito dalle
cellule tumorali, illuminando così la massa tumorale ed eventuali metastasi.
Nell’arco della giornata un gruppo delle nostre cellule acquisisce una mutazione (fumo, crosta bruciata) però non si
sviluppa il tumore per meccanismi di salvaguardia: meccanismi di riparo del DNA (le cellule che non vengono riparate
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vengono mandate in apoptosi) e meccanismi di senescenza (ad esempio le cellule che hanno subito una mutazione da
UV sono mandate in senescenza, ovvero i nei). La senescenza è un processo reversibile per cui la cellula è silente ma per
qualche altra mutazione potrebbe risvegliarsi e dar luogo ad una seconda mutazione.
Dopo la prima mutazione, le cellule non sono considerate cellule tumorali ma predisposte nel diventarlo ovvero una
prima mutazione può favorirne una seconda che darà luogo ad un tumore.
Nonostante il cancro sia una malattia genetica è bene ricordare che questo non significa che sia ereditario: ciò che si
eredità è la predisposizione a svilupparlo (ovvero la 1° mutazione) ma ciò non significa che un domani l’individuo lo
debba sviluppare per forza.
Inoltre il cancro è una malattia multifattoriale, cioè dipende sia dai fattori genetici (predisposizione) e da fattori
ambientali (come i raggi UV ad esempio). Se questi due fattori non si combinano, il cancro non si sviluppa.
Si distinguono tre tipi di carcinogenesi:
• Cancro sporadico: una mutazione in una cellula somatica (germinale) con una successione di mutazioni in
quelle determinate cellule, determinando un cancro conclamato. Non è prevedibile e la probabilità di contrarlo
è di una persona su tre.
• Cancro a predisposizione ereditaria: la prima mutazione è avvenuta in linea germinale, cioè è possibile averla
ereditata. Avendo ereditato la prima mutazione questa è presente in tutte le cellule e quindi la probabilità di
contrare una qualsiasi forma di cancro è più elevata.
Per causare il cancro le mutazioni devono avvenire per forza in tre classi di geni:
• Proto-oncogeni: sono geni che hanno come funzione cellulare quella di favorire la proliferazione. Quando
sviluppano una mutazione diventano oncogeni, con l’acquisizione di una mutazione per guadagno di funzione.
Il numero di mutazioni attivanti che devono avvenire, affinché la cellula proliferi in modo incontrollato, è una,
quindi una sola mutazione in uno solo dei due alleli predispone alla carcinogenesi. Queste mutazioni
avvengono nelle cellule somatiche (cancro
sporadico). Gli oncogeni implicati nei tumori
ereditari: RET (tumori endocrini) e MET
(cancro al rene).
• Onco-soppressori: sono geni che inibiscono e
sfavoriscono la replicazione cellulare. La
proteina P53 è una proteina oncosoppressore
più studiata e più mutata (ferma il ciclo
cellulare in caso di danni). Quando un
oncosoppressore acquisisce una mutazione è
per perdita di funzione e ne sono necessarie
due (su entrambi gli alleli). Sono più frequenti
nei cancri ereditari. Ad esempio, una
mutazione sulla proteina P53 causa tumori di
ogni tipo in ogni organo acquisendo la
sindrome di Li Fraumeni.
• Geni di risposta al danno/geni del riparo: sono geni che riparano il danno al DNA e sono una sottoclasse di
oncosoppressori (devono avere due mutazioni inattivanti, ovvero per perdita di funzione). Se il riparo non
funzione si è predisposti ad accumulare molte più mutazione, portando la cellula allo stadio metastatico.
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L’ipotesi dei due colpi dei geni oncosoppressori
Un oncosoppressore per generare cancro deve mutare nel secondo allele dopo aver mutato nel primo (il primo colpo è
sul primo allele che non predispone al cancro, mentre il secondo colpo sul secondo allele si).
Nel caso dei tumori ereditari, il 1° colpo viene ereditato come mutazione germinale e il 2° colpo si verifica in una cellula
somatica.
Il primo colpo può anche comportare l’intera perdita del gene o del cromosoma non mutato (molto più frequente),
lasciando così soltanto un allele mutato.
Tumori ereditari
Trasmissione autosomica dominante
È la modalità di trasmissione più frequente negli
oncosoppressori.
Ogni figlio ha una probabilità del 50% di ereditare la
mutazione; la predisposizione viene ugualmente
trasmesso da maschi e femmine e la penetranza
spesso incompleta.
Negli alberi genealogici di una neoplasia a
trasmissione autosomica dominante si riscontra
verticalità.