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Scilla e i vortici di Cariddi e Messina

Scilla per evitarli, e di incappare così nel vortice di Cariddi. I marinai chiamano Calofaro sia questo vortice, sia quello di Messina; quest'ultimo viene chiamato anche La Rema (14). Il nome Calofaro è senza dubbio di origine greca, contratto dalla parola greca Kalòs "bello" e pharos "faro". In effetti entrambi i vortici imperversano sotto i fari, uno presso Messina, l'altro presso Capo di Faro.

Prima di lasciare Scilla fummo invitati da un signore della città, al quale avevamo recato una lettera da Napoli, a vedere sulla spiaggia un Pesce di Spada (15) finito in una suarete durante la notte. Alle volte questo pesce è più grande di un uomo. Il labbro inferiore sporge duro ed appuntito, come una larga lama affilata. Il duro labbro superiore, lungo più di cinque gomiti, sembra una larga spada puntuta e tagliente da entrambi i lati. Questo pesce sfida ad una lotta sanguinosa quella specie che si chiama Cane di

Mare.
L'anno passato il mare ha sbattuto sulla spiaggia un pesce spada e subito dopo un cane di mare. Il primo aveva completamente infilzato il secondo; ma il vincitore non era riuscito a liberarsi del vinto, quindi non potendo nuotare liberamente, dovette morire con lui. Il pesce spada viene molto apprezzato poiché pare abbia una carne piuttosto succulenta. In questo periodo dell'anno i Calabresi gli danno la caccia: è un momento di grande gioia.
Alcuni uomini in piccole barche aspettano nell'acqua. Un uomo su di uno scoglio, o su una torretta, o su di un palo, ha il compito di avvistare i pesci spada. Appena ne scorge uno, fa un segno con un fazzoletto. I pescatori in attesa, avvistato il pesce, remano verso di esso, armati di arpioni. Se riescono a colpirlo, srotolano tutta la saggola a cui è legato l'arpione, in modo che il pesce possa nuotare lontano dissanguandosi; stremato, quando ha terminato la sua ultima nuotata, il pesce viene issato.bordo (16).Mentre eravamo lì, potemmo vedere un uomo di vedetta su di un palo, con i pescatori pieni di speranza che aspettavano intorno a lui.I principi di Scilla costringono i loro sudditi a consegnare le parti migliori di ogni pesce spada catturato e la decima parte di tutta la pesca. Per questo abuso da molti anni pende una querela contro di loro. Una volta venne nominata una commissione che avrebbe dovuto esaminare le ragioni di diritto riguardanti questa imposizione così iniqua, ma venne sciolta rapidamente. L’attuale principe fa valere le sue pretese sui poveri pescatori, nonostante vari soprusi di questo genere siano stati aboliti dal re.Il pesce spada è un pesce “di passaggio”. Infatti visita le coste calabresi nei mesi di maggio, giugno ed una parte di luglio; poi si dirige verso la Sicilia, dove subisce la stessa caccia.Per raggiungere al più presto Reggio, partimmo da Scilla in barca alle prime luci dell’alba. Pensammo così

Di visitare anche il promontorio siciliano, al quale eravamo tanto vicini. In questa maniera guadagnammo anche del tempo, considerando che una simile gita, affrontata da Messina, ci sarebbe costata una intera giornata. Il promontorio di Faro non è molto alto, come invece dovrebbe risultare dal suo nome greco Peloros, "immenso". Peloris o Pelorias si chiama tutta la catena di monti, molto alti, a cui esso è adiacente.

Ritengo che non sia attendibile la leggenda che attribuisce la paternità del nome di questo monte ad Annibale; secondo il racconto, Peloros era il nome del timoniere che Annibale avrebbe ucciso, in un momento di rabbia, e seppellito sul monte. Tentando di non considerare le insulsaggini su cui si fonda questa leggenda, e cioè che Annibale, il quale era vissuto per lungo tempo con il suo esercito nel Bruttium (Calabria del sud), non conoscesse la riva siciliana, e che, ingannato dalle apparenze, avrebbe incolpato il suo timoniere di volerlo

ricondurre in Italia, io chiedo solamente: come si chiamava precedentemente quel promontorio? Che i greci, che vi abitavano da millenni, lo abbiano lasciato senza nome, visto che proprio grazie ai suoi tre promontori l'isola era già chiamata Trinakria? Ma proprio i greci, presso i quali nessuna collina rimaneva senza nome, e nessuna denominazione rimaneva ignorata, avrebbe dimenticato di dare un nome ad una intera catena montuosa (Pelorias) e ad un promontorio così importante della Sicilia, per aspettare l'arrivo di un capitano cartaginese che finalmente gli mettesse un nome? (17). Sul promontorio trovammo due piccoli laghi di acqua salata che nutrono telline, e che quindi devono essere collegati al mare per qualche condotto sotterraneo. Il più piccolo dei due laghi è più salato e fornisce del buon sale da cucina. Cluverio trovò anche un terzo lago salato nei paraggi, che è menzionato anche da altri scrittori. Penso che sisiaprosciugato nel frattempo, poiché quando ne domandai, non ottenni risposte soddisfacenti. Volevamo arrivare a Reggio via mare, ma purtroppo spirava un vento contrario alla nostra direzione di marcia. I marinai della nostra barca remarono verso una penisoletta della Calabria chiamata Pezzo (18); là fecero issare l'imbarcazione sulla terraferma con l'aiuto di alcuni buoi. Ci spingemmo nell'entroterra. Potemmo così fare visita a un possidente che, con l'appoggio del governo, vuole insegnare ai Calabresi come trattare la seta e i bachi da seta secondo il metodo piemontese, la coltivazione della vite ed il trattamento del vino secondo il metodo francese. Non conoscendo io la coltivazione e la lavorazione della seta, per ora posso solo giudicare i suoi meriti in relazione alla dedizione, che è stata incredibile. Per quanto riguarda il vino, è migliore di quello comune calabrese, sebbene le viti siano state piantate da soli sei anni; quando

queste viti invecchieranno i raccolti daranno del vino ancor più nobile. Questo vino ha qualche somiglianza di gusto con un vino rosso di Borgogna, che i Francesi chiamano Petit Bourgogne (19).

Il luogo dove vive quest'uomo si chiama Villa San Giovanni, di fronte a Messina.

All'iniziativa intrapresa hanno preso parte anche i suoi fratelli; si chiamano Caracciolo.

Essi scelgono le piante migliori, e durante la vendemmia fanno separare i chicchi dai grappi (20). Gli acini immaturi e marci vengono buttati via. Se i fratelli Caracciolo riusciranno ad introdurre in Calabria delle coltivazioni migliori di vite o di seta, significherà aprire ricche sorgenti di prosperità in un paese così favorito dalla natura.

Grazie ad una temperatura mite ed un meraviglioso terreno appropriato, alcuni vini di questa provincia sono eccellenti, nonostante la loro vinificazione non sia sempre molto curata.

Una strana particolarità collega alcuni ottimi vini, tra cui quello

di Gerace (l'antica Locri)e di altri luoghi: le loro piantagioni di vite sono coltivate in posti dove il terremoto ha sconvolto il terreno. Un vino del genere è stato chiamato appositamente Vino del Terramuoto (21).

Quel vino che in Germania, ma anche in Italia ed addirittura in Sicilia, viene chiamato "rosso calabro", in realtà viene prodotto presso Siracusa. È un vino così nobile che in Germania ho visto gente che lo ha bevuto scambiandolo per vino del Capo (22) rosso, ed alcuni lo hanno scambiato addirittura per il più nobile di essi, che si chiama Costanzia.

La vista su Faro (lo stretto tra la Sicilia e la Calabria) (23) è una delle più belle visioni di questo mondo. Navigammo tra le ampie spiagge della Sicilia e della Calabria, rinfrescati da un venticello che spirava nella nostra direzione. Sopra tre file di montagne poste in sequenza sull'isola, vedemmo l'Etna spuntare enorme nell'orizzonte azzurro chiaro,

conil suo braccio destro dolcemente inclinato per cinque miglia tedesche in direzione diCatania.Gli antichi ritenevano che il tratto di mare presso Faro fosse pericoloso. Una volta imessinesi inviarono 25 giovani danzatori di ridda (24), un capo-ridda ed un flautista aduna festa pubblica di Reggio; perirono tutti in mare. Pausania (25), colui che raccontaquesta storia dice: "E' più tempestoso questo stretto che tutto il mare. Le tempeste cheprovengono da entrambe le parti, lo rendono ribollente. Anche quando non soffia unvento forte, le onde fluttuanti sono incredibilmente alte". Dalla sola descrizione sipotrebbe riconoscere subito l'esagerazione del giudizio, se Pausania nonaggiungesse: "C'è una tale quantità di mostri marini, che l'aria è impregnata del loroodore, cosicché per il povero naufrago non vi è scampo in nessun caso".La nostra attenzione era talmente concentrata nell'osservare le

due coste ed il mare, che l'arrivo a Reggio ci colse quasi alla sprovvista. L'antico nome greco di questa città, Reghion, secondo la testimonianza di Diodoro, deriverebbe dal greco "io rompo, io spezzo", poiché, secondo un'antica leggenda, la Sicilia sarebbe stata strappata all'Italia all'altezza di Reggio (26). Alcuni ritenevano che il mare avesse distrutto l'istmo che le collegava; altri affermavano che un terremoto causò la separazione.

Il fatto che questa zona sia tutt'oggi esposta a violenti sconvolgimenti naturali, collegato alla visione delle scoscese rive dentellate, alla formazione di Vulcanello, la nuova isola lipare che sputa fuoco, sembra favorire questa vecchia opinione del terremoto.

Reggio è una città molto antica. Se non si vuole credere al racconto, secondo il quale il fondatore sarebbe stato Giocasto (27), figlio di Eolo, il Signore di Lipari che ospitò Odisseo per un mese (28),

allora bisogna credere alla storia secondo cui l'origine dellacittà deriva da Calcidesi di Eubea (29). La repubblica dei Reggini era rispettata e potente. Capitò loro anche la sfortuna di essere governati da tiranni. Anassilao (30), che morì nel primo anno della 76.aolimpiade, nel 475 a.C., aveva regnato sulla città e su Messina. Al tempo delle guerre del Peloponneso, i Reggini dovettero soffrire alquanto, a causa dei loro vicini, gli abitanti di Locri Epizefiria, che li coinvolsero in disordini interni. Ciò nonostante, al tempo di Dionisio il Vecchio (31), erano ridivenuti così potenti da spingere questo tiranno di Siracusa a chiedere una donna di Reggio in moglie, onde ottenere l'appoggio. In una riunione pubblica del popolo, i Reggini decisero coraggiosamente di respingere questa unione. Nel periodo in cui Pirro combatteva contro i Romani, questi ultimi inviarono una legione a Reggio, con il compito di difenderla. La legione, contrariamente aQuanto gli era stato impartito, uccise alcuni cittadini e si impossessò della città. Co
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Publisher
A.A. 2012-2013
33 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-LIN/13 Letteratura tedesca

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher valeria0186 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Letteratura tedesca e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università Cattolica del "Sacro Cuore" o del prof Frola Maria Franca.