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Papageorge: insieme percorrono le strade di New York estraendone la linfa vitale, impiegando
anche un sapiente uso del flash. Ne vengono fuori delle immagini piene di vita, decentrate
dall'immancabile presenza di un soggetto laterale. È John Szarkowski ad accorgersi per primo del
loro valore e ne sceglie una per l'esposizione collettiva nel 1964 al MoMA.
-Meyerowitz compie una serie di escursioni oltre i confini della città, affronta con la moglie in
viaggio in autostop nel sud del paese, attraversa il West su un furgone e fra il 1966 e il 1967
trascorre un intero anno in giro per l'Europa: visita la Francia, l'Inghilterra, la Germania, l'Italia, la
Spagna, la Turchia e molte altre nazioni con immagini in bianco e nero e a colori, alcune delle quali
riprese in corsa dal finestrino della sua automobile frutto di casualità. Sono queste ultime a essere
esposte nella personale che il MoMA dedica nel 1968 ai suoi pellegrinaggi nel vecchio continente.
-Nel 1972 decide di dedicarsi esclusivamente al colore ma la lentezza della pellicola influisce in
modo determinante sul suo atteggiamento durante la ripresa: è tenuto a utilizzare tempi di posa
relativamente lunghi e a frenare il proprio impeto fisico e creativo, facendo dei marciapiedi
metropolitani il loro unico soggetto. Tutto quello che si trova all'interno dell'inquadratura
acquisisce la medesima importanza.
-Nel 1983 riunisce in Wild Flowers una sorprendente sequenza in cui non fa mancare mai la
presenza di un fiore e grazie a questo stratagemma tiene unite più di 60 fotografie a colori scattate
nel corso di quasi vent'anni.
-Nel 1976 compra la sua prima macchina di grande formato e questo apparecchio gli consente di
conferire alle immagini a colori un attributo che in precedenza era esclusivo del bianco e il nero,
ovvero la consistenza di un foglio di carta. Meyerowitz trascorre l'estate seguente a Cape Cod,
dove in precedenza vi si sono radunati un gran uno di artisti. L'atmosfera distesa di Cape Code è
perfetta per le caratteristiche del banco ottico, che impone un indispensabile rallentamento nella
preparazione dell'inquadratura e assoluta immobilità durante la posa, tramutando l'impulsività in
impazienza. Nel 1978 pubblica nel volume Cape Light il risultato di due estati trascorse a poche
decine di metri dall'oceano. Seppure per oltre un decennio sia stato un perfetto esempio di street
photographer, si procura un'estesa notorietà per merito di un lavoro per molti versi opposto al
precedente. Inserisce due miniserie ciascuna composta da cinque immagini di uno stesso luogo
riprese in giornate e situazioni differenti: la prima, Provincetown Porch è realizzata dall'interno di
una veranda affacciata sul mare; la seconda, Bay/Sky mostra il rapporto fra sabbia, acqua e cielo
sulla Provinetown Harbor Beach. L'opera si chiude con una coppia di fotografie di un ambiente
simile a uno Skyspace di James Turrell: una camera oscura, la cui stretta apertura assume
alternativamente la funzione di un occhio per vedere all'esterno, e quella di un foro stenopeico
per consentire a ciò che è fuori di penetrare nella stanza.
-Il 1985 è l'anno di A Summer’s Day, una selezione degli scatti di sette estati rischiarato
dall'intenso bagliore di Cape Cod, dove lo scorrere del tempo si concretizza nel succedersi delle
pagine. Nel 1993 pubblica Bay/Sky interamente riservato all'ininterrotta serie di vedute accennata
dall'interno di Cape Light. Nel 1996 esce At the Water’s Edge, ultimo capitolo della tetralogia
dedicata a Cape Cod, con immagini di paesaggi che nella loro compostezza e semplicità
trasmettono una sensazione di pace.
-Nelle estati trascorse a Cape Cod realizza una serie di ritratti che non soltanto mostrano la sua
illimitata affezione nei confronti della figura umana, ma evidenziano la possibilità di un punto di
vista contrario a quello di noi che osserviamo. Per riuscire a penetrarlo si deve attraversare la
profondità di uno sguardo nel quale ci sono un fotografo e la sua macchina. Meyerowitz prende
coscienza di un inestinguibile attrazione per il modo in cui i raggi del sole trasformano una
particolare categoria di persone: quelle con i capelli rossi, che riflettendosi nelle acconciature
accentuano l'immagine. Non vuole rinunciare alla luce naturale, non sono realizzati in uno studio e
non intende violare l'intimità dei propri soggetti estirpandoli dal luogo in cui li ha conosciuti, ciò
che desidera è semplicemente stabilire un contatto con loro. Nel 1991 oltre 50 suoi ritratti
vengono inseriti in Redheads: sono per la maggior parte ambientati sulla spiaggia, contesto nel
quale si maschera e si confonde l'identità sociale che molto spesso i vestiti portano con sé.
-La città è l'unico soggetto che sin dall'inizio della sua carriera sino a oggi ha ininterrottamente
continuato a fotografare. Arriva a St. Louis ma la scarsa luminosità delle lenti lo conduce a
privilegiare le forme immobili del territorio urbano, consentendogli solo raramente di includere la
figura dell'uomo. Nel 1977 James Wood, direttore del St. Louis Art Museum, propone all'artista di
sviluppare un progetto fotografico sulla città. Un'attrazione deriva dal modo in cui la luce percorre
i suoi lunghi viali, posandosi dolcemente su ogni edificio; ma anche dall'organizzazione degli spazi,
dall'impeccabile distribuzione dei pieni e dei vuoti; è una questione di apertura, di estensione della
visione. Fotografa il Mississipi, il Gateway Arch: la sua levigata superficie d'acciaio reagisce
prontamente a ogni minima variazione dell'inclinazione dei raggi solari, riflettendo con estrema
esattezza le più tenui sfumature del cielo, fulcro intorno al quale organizza la sua investigazione
della città, culminata nel 1980 con la pubblicazione di St. Louis & the Arch.
-Nel 1988 la IBM gli commissiona un'indagine fotografica della città di Atlanta in occasione
dell'inaugurazione di una nuova sede dell'azienda, ed ancora una volta il punto di riferimento delle
sue escursioni è un imponente costruzione: il più alto grattacielo del sud degli Stati Uniti. L'obbligo
civile è di dare testimonianza di uno scempio inaccettabile, dove scopre un panorama di brutale e
immotivata devastazione, frutto dell'avidità e dell'arroganza degli imprenditori locali che non si
fanno alcun scrupolo a seppellire una delle più fertili e rigogliose regioni dell'intero paese sotto
un'interminabile gettata di cemento, dove la torre dell'IBM ne diviene l'epicentro.
-Nel 1988 l'artista è chiamato da Condé Nast Traveler a fotografare le notti bianche di San
Pietroburgo. Nelle vedute di Meyerowitz ogni cosa parla di una gloriosa civiltà illuminata da un
tramonto insieme reale e metafisico: le facciate degli eleganti palazzi affacciati sulle strade piene
di neve, i larghi viali, le decorazioni zoomorfe degli oltre 600 ponti e gli infiniti navigli del fiume che
attraversa la città.
-Nel 1978 la AT&T assegna a lui e ad altri 19 fra i più importanti fotografi americani contemporanei
il compito di portare a termine un significativo progetto editoriale ed espositivo che racconti alcuni
degli aspetti degli odierni Stati Uniti. L'artista utilizzando il banco ottico opta per l’Empire State
Building. È distinguibile da molto lontano e ciò che lo rende unico e la sua prodigiosa capacità di
riflettere la luce. La sua ricorrente sagoma serve non soltanto per cogliere con il grande formato la
grandezza di New York, ma anche come punto di partenza per osservarla con più attenzione: essa
rivela la propria storia attraverso la stratificazione degli stili architettonici che prendono parte alla
composizione della sua skyline. Dal 1981 inizia fotografare le torri gemelle e trasferito il suo studio
in un lucernario per anni riprende da qui lo spettacolare incontro fra la città e il cielo. Le fotografa
per l'ultima volta il 7 settembre del 2001, poi si mette in viaggio per Provincetown e raggiunto
dalla notizia del crollo delle torri è l'unico ad ottenere il privilegio come fotografo autorizzato ad
avere accesso illimitato a Ground Zero per immortalare tutto ciò in cui si imbatte prima che venga
modificato o rimosso.
-Innamoratosi della Toscana stabilisce la sua base a Buonconvento, dove crescono alcuni fra i più
nobili vitigni del mondo, ulivi secolari e alberi da frutto d'ogni varietà e dimensione. Nel 2003
raccoglie 80 immagini italiane nel volume Tuscany: Inside the Light dove il soggetto sottinteso è
l'uomo che si trova immerso nella luce. L'opera è suddivisa in quattro sezioni, ciascuna
corrispondente a una singola stagione: è un modo per evidenziare come lo scorrere del tempo
concorra nel determinare un'esperienza sempre nuova e sempre emozionante di questo
paesaggio della campagna toscana. Vuole rappresentare l'incontro fra il paesaggio e la durata della
posa, fra lo spazio e un momento fuori dall'ordinario. La storia che gli interessa è quella degli
uomini che vivono in questi luoghi, ma solo nella parte dedicata alla stagione autunnale, la figura
dell'uomo si fa spazio con maggiore convinzione al centro della scena, spesso ritratta nell'atto di
lavorare.
-Produce un film: Pop, tratta la profonda meditazione dell'importanza della memoria all'interno di
una storia in cui se ne prevede la perdita definitiva, è l'amorevole tributo di un figlio a un padre
pieno di attenzioni. Fa rivivere il passato direttamente attraverso alcuni brevi filmati d'epoca che
mostrano il giovane Hy, padre di Joel, al fianco della moglie, che nonostante il tormento della
malattia (Alzheimer) emerga con assoluta chiarezza per tutta la durata della pellicola, Meyerowitz
lascia trasparire un inaspettato ottimismo.
3) Richard Misrach
-I principali motivi della fotografia di Richard Misrach sono bellezza e devastazione, natura e
artificio umano, ironia e disperazione. Il suo operare si struttura di una componente politica e il
suo sentire è molto simile a quello di Robert Adams. Nel suo lavoro si alternano e si affiancano
elementi incongrui e spesso in conflitto fra loro. È intimamente legato al territorio che abita: il
West e sceglie il deserto come soggetto prediletto della propria esplorazione.
-Nato nel 1949 a Los Angeles vive nei dintorni della città californiana fino al 1967, anno in cui si
trasferisce a Berkeley per frequentare l'università. Il suo decisivo incontro con la fotografia avviene
nel 1968 quando scopre l'ASUC Studio diretto da David Bohn come laboratorio per studenti. Nello
stesso anno riprende con una macchina di piccolo formato il paesaggio dell'Ovest, affascinato dalle
opere di Ansel Adams e Edward Weston, cercando un linguaggio emozionalmente men