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FONTI DEL DIRITTO: NOZIONI GENERALI
Fonti di produzione:
Nel linguaggio giuridico la parola fonte indica gli strumenti di produzione del
diritto. La definizione tradizionale è: “l’atto o il fatto abilitato dall’ordinamento
giuridico a produrre norme giuridiche, cioè a innovare l’ordinamento giuridico
stesso”. È una definizione ricorsiva, ovvero circolare: è l’ordinamento giuridico
a indicare i modi in cui si forma e si rinnova l’ordinamento giuridico.
Norme di riconoscimento:
Gli ordinamenti moderni si istituiscono attraverso un processo costituente. Ciò
significa che è la stessa costituzione a indicare gli atti che possono produrre il
diritto, cioè le fonti. Non tutte, perché in un ordinamento a struttura gerarchica,
basta che la Cost indichi le fonti ad essa immediatamente inferiori, ossia le
FONTI PRIMARIE, perché saranno queste a loro volta a regolare le fonti ancora
inferiori (FONTI SECONDARIE). Le norme di un ordinamento giuridico che
indicano le fonti abilitate a innovare l’ordinamento stesso si chiamano
usualmente NORME DI RICONOSCIMENTO o FONTI SULLA PRODUZIONE delle
norme.
Fonti di cognizione: pubblicazione e ricerca:
Le FONTI DI COGNIZIONE del diritto non sono altro che gli strumenti attraverso
cui si viene a conoscere le fonti di produzione. In Italia vi sono fonti di
cognizione ufficiali (GAZZETTA UFFICIALE G.U.) oppure private. Altre fonti
ufficiali sono i Bollettini ufficiali delle Regioni (B.U.R.) e la Gazzetta ufficiale
della Comunità europea (GUCE). Anche a livello comunale e provinciale ci sono
strumenti di info ufficiale.
Pubblicazione ufficiale e entrata in vigore:
Il testo che viene pubblicato sulle fonti ufficiali ha molta importanza, perché
quel testo ENTRA IN VIGORE, cioè diventa obbligatorio per tutti. Infatti tutti gli
atti normativi devono essere pubblicati su una fonte ufficiale perché i cittadini e
gli organi preposti all’applicazione del diritto lo possano conoscere. Trascorsi 15
giorni dalla data di pubblicazione (questo periodo viene detto VACATIO LEGIS)
in cui gli effetti della legge sono sospesi, l’atto diviene pienamente obbligatorio
e vige la presunzione di conoscenza della legge (“IGNORANTIA LEGIS NON
EXCUSAT”) e l’obbligo del giudice di applicarla senza bisogno che siano le parti
a provarne l’esistenza (“IURA NOVIT CURIA”).
Fonti-atto e fonti-fatto:
Le fonti di produzione si distinguono in due categorie: le FONTI-ATTO (o ATTI
NORMATIVI) o le FONTI- FATTO (o FATTI NORMATIVI). Le fonti-atto sono parte
degli ATTI GIURIDICI, = comportamenti consapevoli e volontari che danno luogo
a effetti giuridici. Gli atti normativi, rispetto all’insieme più ampio degli atti
giuridici, hanno due caratteristiche specifiche: a) quanto agli effetti giuridici, gli
atti normativi hanno la capacità di porre norme vincolanti per tutti sono perciò
“fonti del diritto”; b) quanto ai comportamenti, questi devono essere imputabili
a soggetti cui lo stesso ordinamento riconosce il potere di porre in essere tali
atti. Quindi le fonti-atto implicano non solo un agire volontario, ma l’agire
involontario di un organo a ciò abilitato dall’ordinamento giuridico secondo la
norma di riconoscimento (che attribuisce ad un determinato organo il potere di
emanare un determinato atto normativo). Quindi la definizione tradizionale può
essere letta anche così: la fonte-atto (atto normativo) è l’espressione di volontà
normativa di un soggetto cui l’ordinamento attribuisce l’idoneità di porre in
essere norme giuridiche. Le fonti-fatto sono invece una categoria residuale e
sono tutte le altre fonti che l’ordinamento riconosce perché esistenti e di cui
ordina o consente l’applicazione. Appartengono alla categoria dei FATTI
GIURIDICI che producono conseguenze per l’ordinamento. Quindi dagli atti
normativi discendono norme vincolanti per tutti, dai fatti giuridici non
necessariamente, poiché le fonti-fatto creano conseguenze giuridiche solo per
il soggetto del fatto, ovvero per l’evento determinatosi.
Tipicità degli atti normativi:
Perché la volontà normativa sia vincolante deve essere riconoscibile. Ogni tipo
di fonte ha una sua forma essenziale, che i singoli atti devono rispettare per
essere riconoscibili come appartenenti a quella fonte. La tipica forma dell’atto è
data da una serie di elementi quali l’intestazione dell’autorità emanante (ex.
Decreto ministeriale), il nome proprio dell’atto (nomen juris, ex. Decreto-legge)
e il procedimento per la formazione dello stesso, ovvero la sequenza ordinata
di atti preordinata al risultato finale. Dal punto di vista redazionale l’atto è
suddiviso in ARTICOLI, e questi a loro volta in COMMI. Gli articoli, spesso
corredati da una RUBRICA che ne indica l’argomento, possono essere
raggruppati in CAPI, e questi a loro volta in TITOLI e PARTI.
Le consuetudini:
Una volta si poteva dire che la fonte-fatto per eccellenza fosse la
CONSUETUDINE. La consuetudine nasce, soprattutto in ordinamenti primitivi,
da un comportamento sociale ripetuto nel tempo (è l‘elemento oggettivo della
consuetudine, detto diuturnitas) sino al punto che, dimenticata la sua origine,
esso viene sentito come obbligatorio, giuridicamente vincolante (è l’elemento
soggettivo: c.d. opinio juris seu necessitatis). Oggi la consuetudine è quasi
scomparsa, in ordinamenti che si ispirano alla codificazione. Vi sono ancora
alcuni richiami, per esempio nel codice civile relativamente agli usi contrattuali,
ma comunque di scarsa rilevanza data la difficoltà oggettiva di determinare
l’esistenza degli usi. Le c.d. CONSUETUDINI INTERPRETATIVE invece sono altra
cosa rispetto alla consuetudine. Infatti non sono comportamenti sociali ma la
costante interpretazione delle disposizioni di legge da parte degli interpreti.
Non sono pertanto fonti di diritto, ma di interpretazione del diritto. Nel diritto
costituzionale molti autori accennano alle consuetudini, ma anche qui si rischia
di fare una grande confusione. Perlopiù si tratterebbe di CONSUETUDINI
“FACOLTIZZANTI”: sono quelle che consentono comportamenti che le
disposizioni scritte non vietano esplicitamente. La Costituzione all’art. 10.1
(dove stabilisce che “l’ordinamento italiano si conforma alle norme del diritto
internazionale generalmente riconosciute”) fa riferimento alle CONSUETUDINI
INTERNAZIONALI, cioè a delle norme che non hanno origine nei trattati, ma in
regole non scritte né poste da alcun soggetto determinato, e tuttavia
considerate obbligatorie dalla generalità degli Stati. L’adeguamento
dell’ordinamento italiano è automatico, come se si trattassero di norme
“interne”-> rinvio mobile Fonti-fatto, oltre alla consuetudine, sono per il nostro
ordinamento tutte quelle che producono norme richiamate dal nostro
ordinamento stesso ma non prodotte dai nostri organi. Le norme prodotte
dall’UE sono da considerarsi, per esempio, fonti-fatto per il nostro ordinamento,
in quanto prodotte da organi che non appartengono al nostro ordinamento,
mentre sono fonti-atto per l’ordinamento europeo. Considerazioni similari
valgono per le NORME DI DIRITTO INTERNAZIONALE PRIVATO, norme che
regolano l’applicazione della legge quando i soggetti o i beni coinvolti nel caso
sottoposto al giudice sono collegati ad ordinamenti giuridici diversi.
Tecniche di rinvio ad altri ordinamenti:
Il PRINCIPIO DI ESCLUSIVITA’, che è espressione della sovranità dello Stato,
attribuisce a questo il potere esclusivo di riconoscere le proprie fonti, e quindi
di indicare i fatti e gli atti che producono l’ordinamento. Le norme di
ordinamenti di Stati diversi, possono valere all’interno dell’ordinamento dello
Stato soltanto se le disposizioni di questo lo consentono. Per consentire alle
norme prodotte da fonti di altri ordinamenti si opera attraverso la tecnica del
RINVIO, che è quindi lo strumento con cui l’ordinamento di uno stato rende
applicabili al proprio interno norme di altri ordinamenti. Si distinguono due
tecniche di rinvio, “fisso” e “mobile”.
Il rinvio “fisso”:
Il RINVIO FISSO (detto anche RINVIO MATERIALE o RECETTIZIO) è il meccanismo
con cui una disposizione dell’ordinamento statale richiama un determinato atto
in vigore in altro ordinamento, atto che di solito viene allegato. È detto fisso
perché recepisce uno specifico e singolo atto. Pertanto, eventuali variazioni
all’atto cui si rinvia non produrranno effetti nell’ordinamento senza un altro
apposito atto di recepimento.
Il rinvio “mobile”:
Il RINVIO MOBILE (detto anche RINVIO FORMALE o NON-RECETTIZIO) è il
meccanismo con cui una disposizione dell’ordinamento statale richiama non
uno specifico atto di un altro ordinamento ma una fonte di esso. Per questo
motivo, con il rinvio mobile l’ordinamento statale si adegua automaticamente a
tutte le modifiche che nell’altro ordinamento si producono nella normativa
posta dalla fonte richiamata. Es. diritto internazionale privato e richiamo a
norme consuetudinarie internazionali
La funzione dell’interpretazione:
L’atto normativo è un documento scritto, dotato di determinate caratteristiche
formali, attraverso il quale il legislatore esprime la sua volontà di disciplinare
una determinata materia. Come tutti i testi scritti, l’atto normativo è articolato
in ENUNCIATI, che rappresentano l’unità linguistica minima portatrice di un
significato completo. Tramite gli enunciati si esprime la volontà normativa del
legislatore. Per la loro caratteristica imperativa, gli enunciati degli atti normativi
si chiamano DISPOSIZIONI. All’interprete è affidato il compito di riportare a
coerenza e univocità il sistema delle disposizioni, eterogeneo dal momento che
la volontà del legislatore nasce da premesse politiche, compromessi ed
obiettivi che variano nel tempo. Due cose distinte sono l’INTERPRETAZIONE e
l’APPLICAZIONE del diritto. Si dice usualmente che l’applicazione del diritto
consiste nell’applicazione di una norma generale e astratta a un caso
particolare e concreto secondo lo schema del SILLOGISMO, che in questo caso
si dice GIUDIZIALE: premessa maggiore (la norma); premessa minore il fatto)
-> conclusione (applicazione della norma al fatto). Ma nella realtà non esistono
né norme né fatti. La NORMA è il frutto dell’interpretazione delle disposizioni, il
loro significato, quello che esse ci possono dire in relazione al caso specifico; e
anche il fatto è