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La prima stagione di liberalizzazione si apre con la direttiva 88/301 del ’88 con cui vengono aboliti i
diritti speciali ed esclusivi relativi all’importazione e commercializzazione delle apparecchiature di
telecomunicazione.
Si prosegue con le direttive 90/387/388 del ’90 in cui il legislatore fissa la fondamentale separazione
tra gestione delle reti di telecomunicazione ed erogazione dei contenuti; con la distinzione tra servizi
di base (riservati) e servizi a valore aggiunto (liberalizzati).
Sul piano nazionale le leggi del ’96 e ’97, introducono un nuovo regime di libertà di accesso e
concorrenza nelle reti e nei servizi di telecomunicazione attraverso i criteri di obbiettività,
trasparenza, non discriminazione e proporzionalità.
All’inizio del 21esimo sec. i destini giuridici delle telecomunicazioni e della radiotelevisione tornano ad
incrociarsi: da un punto di vista economico questo fenomeno si spiega con l’innovazione della fibra ottica
con una notevole riduzione dei costi della trasmissione a lunga distanza. Nasce così con il d. lgs. n.
259/2003 il “Codice delle comunicazioni elettroniche”, attraverso la convergenza tra i settori della
telecomunicazione, radiotelevisione ed informatica.
In questo contesto si inserisce la Communications Review ’99, con l’intenzione di stabilire un nuovo
quadro normativo del settore; con obiettivi politici quali: promuovere e mantenere un mercato europeo
aperto e competitivo dei servizi di comunicazione e consolidare il mercato europeo. Alla base di questo
progetto si pone la “neutralità tecnologica”: non si deve imporre, ne favorire l’uso di un particolare tipo
di tecnologia, ma garantire che uno stesso servizio sia soggetto a norme equivalenti. Questo progetto è
costituito da 5 direttive comunitarie:
- Direttiva quadro (n. 21/2002): è rivolta a creare un quadro normativo comune per le reti e i servizi di
comunicazione elettronica. Le principali caratteristiche sono: “Snellimento regolazione pubblicistica ex
ante” (Definizione di nuovi mercati e procedure per l’analisi e Notificazione degli operatori con notevole
forza di mercato), “Separazione delle funzioni di regolamentazione dalle funzioni operative” (viene
imposto agli Stati membri di garantire l’indipendenza dalle autorità nazionali), “Regole per la gestione
delle risorse scarse” (gestione delle radiofrequenze e numerazioni).
- Direttiva accesso (n. 19/2002): disciplina l’accesso alle risorse, ai servizi e alle reti di altre imprese a
determinate condizioni, al fine di fornire servizi di comunicazione elettronica. La finalità di questa
normativa è quindi, quella di fissare un quadro normativo che stimoli la concorrenza tra i soggetti che
operano nel settore.
- Direttiva autorizzazioni (n. 20/2002): intende realizzare una regolazione dei titoli e delle procedure
che consentono l’accesso al mercato delle comunicazioni elettroniche (diritti d’uso di frequenze e di
numeri e contributi per i diritti d’uso).
- Direttiva servizio universale (n. 22/2002): individua una lista di servizi che gli stati devono mettere a
disposizione di tutti i loro cittadini ad un prezzo abbordabile (accesso alla rete telefonica pubblica da
postazione fissa, elenco per gli abbonati e misure per utenti disabili).
- Direttiva trattamento dati personali (n. 58/2002): bisogna fornire pari livello di tutela dei dati
personali e della vita privata degli utenti dei servizi di comunicazione elettronica, indipendentemente
dalle tecnologie impiegate.
La disciplina di Internet (IX cap.)
L’innovazione fondamentale che ha dato il via alla rivoluzione tecnologica, è rappresentata dalla
cosiddetta telematica, ossia l’applicazione dell’informatica alle telecomunicazioni. Ci troviamo quindi di
fronte ad un fenomeno che ha una dimensione transnazionale e delocalizzato, che presenta contenuti
perennemente in evoluzione, un fenomeno fortemente pluralista, aperto e libero nell’accesso.
Internet rompe tutte le convenzioni che consentono una sua regolamentazione, costringe i giuristi a
mettere da parte le categorie tradizionali e a costruire una disciplina specifica opportunamente
ritagliata alle sue esigenze multiformi.
Una protezione indiretta di Internet deriva sia dall’art. 21 (“ogni altro mezzo di comunicazione”) e sia
dall’art. 10 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà
fondamentali. In linea generale possiamo affermare che ricadranno all’interno della protezione dell’art.
21 tutte le forme di espressione (compresa la navigazione) caratterizzate dalla volontà dell’autore di
comunicare apertamente il proprio pensiero ad un numero indeterminato di destinatari.
Accanto a queste questioni fondamentali, vanno ricordate le numerose forme di comunicazione
utilizzate in rete dai non giornalisti (news group e blog). In questi casi si prevede la presenza di
“moderatori” che analizza i messaggi in arrivo e cancella quelli non coerenti per forma o contenuto;
l’accesso ai news group è reso possibile dal news server (un computer collocato al centro della rete che
mette a disposizione degli utenti internet, uno spazio di discussione).
Internet, non è uno spazio sottoposto alla sovranità territoriale di uno Stato in particolare; ciò richiede
criteri condivisi e accettati dagli ordinamenti:
- Diritto nazionale applicabile: il caso Yahoo (aste di materiale nazista in Francia) testimonia
efficacemente la difficoltà di individuare il diritto nazionale applicabile e la necessità di avviare
accordi e patti tra Stati.
- Il giudice competente: individuazione di un giudice territorialmente competente verso quei reati
commessi mediante Internet.
- Il giudice interno competente in tema di diffamazione
I soggetti sui quali tradizionalmente viene fatta ricadere la responsabilità sono:
- “Access providers”: (fornitori di accesso alla rete, coloro che mettono a disposizione l’accesso ad una
rete)
- “Service providers”: (fornitori di servizi, coloro che procurano al pubblico servizi di comunicazione)
- “Content providers”: (fornitori di contenuto, coloro che garantiscono al pubblico informazioni che
attraversano la rete).
La giurisprudenza europea parte da una posizione equilibrata in tema di responsabilità soggettiva, che
tende a preservare la figura dell’Internet service provider ISP, escludendone la responsabilità sulla
base dell’impossibilità di controllare i materiali in circolazione in rete. Nel corso degli anni, tuttavia la
giurisprudenza manifesta un atteggiamento più vigoroso nei confronti del provider nel caso non
intervenga per prevenire o evitare l’illecito. La direttiva europea sul commercio elettronico ritiene
infatti che la responsabilità dei prestatori di servizi nelle società d’informazione, dovrebbe essere
limitata, allo scopo di evitare che costoro diventino il punto di convergenza di innumerevoli richieste di
risarcimento.
Riservatezza e privacy (X cap.)
Nella nostra Carta costituzionale, non esistono riferimenti espliciti verso questo diritto, ma è possibile
trarre alcune indicazioni dalla lettura in particolare degli artt. 14 (protezione del domicilio), 15
(segretezza della corrispondenza) e 13 (libertà personale). La riservatezza ha la caratteristica di
essere uno tra i diritti più difficili da definire: appare da un lato come diritto del singolo al controllo
sulle informazioni che lo riguardano, dall’altro come diritto di auto-escludersi dagli altri e da ogni sorta
di informazione.
I concetti di riservatezza e privacy non sono sovrapponibili: per privacy si intende la possibilità di
decidere se portare o meno alla conoscenza degli altri i pensieri e le opinioni personali.
Questo tema è infatti stato affrontato in più occasioni, specialmente a partire dagli anni ’50; i primi
casi giudiziari di violazione della privacy riguardano persone note (il film di Enrico Caruso, il grande
amore tra il Duce e Claretta Petacci). Solo nel 1975 anche la Corte di cassazione ammette l’esistenza
nel nostro ordinamento di un diritto alla riservatezza: la tutela di quelle situazioni e vicende
strettamente personali le quali non hanno per i terzi un interesse socialmente apprezzabile.
A livello europeo il nostro paese è stato il penultimo a dotarsi di una normativa sulla riservatezza. Gli
ultimi anni hanno visto individui, beni e servizi circolare rapidamente diviene quindi cruciale la
protezione dei dati che viaggiano insieme ad essi. L’UE si occupa dell’argomento con la direttiva 95/46
riguardante il trattamento dei dati personali e la libera circolazione degli stessi.
In Italia occorre aspettare il 1996 per vedere codificati i principi relativi alla riservatezza attraverso
la legge n. 675/1996, intitolata “Tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamenti dei dati
personali”. La legge italiana 675/1996 è una tra quelle modellate sul paradigma della direttiva europea:
la peculiarità del caso italiano risiede proprio nell’essere passato da uno stato di completa assenza di
norme del settore ad una tutela praticamente onnicomprensiva. Questa legge permette al cittadino di
sapere quali sono le informazioni che lo riguardano e in quali banche dati sono custodite; alcune
modifiche sono state apportate contenute nella legge 676/1996. Queste modifiche sono state recepite
nel Testo unico entrato in vigore nel 2004.
Il Testo Unico, denominato “Codice per la protezione dei dati personali”, rappresenta la prima
esperienza di codificazione e coordinamento delle innumerevoli disposizioni riguardanti la privacy. Il
Codice è articolato in tre parti: -disposizioni generali, -specifici settori e –tutela amministrativa e
giurisdizionale. Il Codice garantisce che il trattamento dei dati personali si svolge nel rispetto dei
diritti e delle libertà fondamentali, con particolare riferimento alla riservatezza, all’identità personale
e al diritto di protezione dei dati personali.
L’art. 4 del d. lgs n. 196/2003 specifica ciò che rappresenta l’oggetto del trattamento (dove per
“trattamento” si intende qualunque operazione, effettuati anche senza l'ausilio di strumenti elettronici,
concernenti la raccolta, la registrazione, l'organizzazione, la conservazione e la distruzione di dati) :
- “dato personale": qualunque informazione relativa a persona fisica, ente od associazione, identificati o
identificabili anche indirettamente
- “dati identificativi”: si fa riferimento ai dati personali che permettono l’identificazione diretta
dell’interessato
- “dati sensibili”: i dati idonei a rivelare l'origine razziale ed etnica, le convinzioni religiose, filosofiche
o di altro genere, le opinion