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Si può parlare di una drammaturgia dello spettatore, riferendosi alle varie azioni ricettive che egli

compie a teatro: percezione, interpretazione, apprezzamento estetico.

Naturalmente, l’autonomia creativa dello spettatore è relativa, non è frutto di un’autonomia totale

e senza vincoli.

Il ruolo dell’orizzonte di attesa dell’opera corrisponde all’insieme delle aspettative del pubblico.

Esso risulta legato a:

-la situazione concreta in cui gli spettatori si trovano

-al posto che lo spettacolo teatrale occupa nella tradizione scenica

-dal gusto dell’epoca

-dalla natura delle domande cui lo spettacolo costituisce la risposta

Ogni spettacolo presuppone l’esistenza di un certo orizzonte d’attesa nel proprio pubblico ideale.

E’ centrale il concetto di “competenza teatrale”, ossia quell’insieme di presupposti che mettono lo

spettatore in grado di eseguire le operazioni necessarie per l’attualizzazione semantica e

comunicativa dello spettacolo.

Si può sintetizzare il processo di costruzione di senso dello spettatore in sei fasi:

1) Avviene la percezione di una serie di segni presenti nella rappresentazione che si avvale di

diversi codici.

2) Poi si avvia la fase di interpretazione, dove si compiono selezioni dei messaggi percepiti. Questa

fase è lunga tanto è più lungo e complesso lo spettacolo.

3) Inizia ora la reazione emotiva, che è pur sempre controllata perché influenzata dal processo di

delegazione.

4) La fase successiva è quella di valutazione o apprezzamento estetico.

Barbara Somma ! 3

Riassunto

5) Si innesta poi il processo di attualizzazione in base al quale lo spettatore ricorre ad un preciso

codice ideologico e di valori per leggere l’opera del passato e riportarla alla propria realtà

sociale.

6) L’ultima fase è quella della memorizzazione di una sequenza dello spettacolo assolutamente

unica e personale.

!

4. La comunicazione teatrale, tra regia e sperimentazione.

!

Il teatro nei secoli, si è sempre rivolto ad un pubblico vasto e diversificato sotto il profilo socio-

culturale, rivendicando per sé le funzioni di grande mezzo di comunicazione. Tutto ciò è valso

fino al 1895, data in cui nasce il cinema e poi ancor di più il cinema sonoro (inizio anni Trenta), un

mezzo di comunicazione più economico e fruibile da un pubblico molto più vasto: il teatro non

può competere.

L’avvento delle trasmissioni televisive sottrae al teatro un’ulteriore gran fetta del terreno su cui si

fondava; i nuovi mass media, si fondano su un’infrastruttura tecnologica di cui il teatro ha per

molto tempo fatto del tutto a meno.

Come reazione al processo degenerativo del teatro nella sua accessione classica e tradizionale (da

metà Novecento), si iniziano varie sperimentazioni e nascono: il teatro di regia a fine Ottocento, e

il teatro sperimentale. Entrambi si ripropongono come un prodotto d’arte e di cultura

tendenzialmente “alte”, riservato o dedicato ad un’élite, capace di apprezzarne gli esiti nei loro

non sempre agevolmente decriptabili impasti polisemici.

Nel secondo Novecento, il teatro si è diversificato così tanto da non poter rispondere a modelli

univoci di spettacolo teatrale: il teatro risponde a numerose nuove funzioni estetiche e sociali.

Possiamo intendere schematicamente per “teatro di regia”, l’insieme di esperienze sceniche al cui

centro c’è il centro drammaturgico, a volte pienamente rispettato, a volte ridotto e rielaborato in

modo anche radicale.

Il regista si pone come mediatore indispensabile tra attore e pubblico, per comporre uno

spettacolo inteso come opera d’arte unitaria.

Parallelamente, si assiste alla fondazione di sale e enti teatrali (detti ‘liberi’ o ‘indipendenti’), che

si impegnano con piena autonomia nelle scelte artistiche di repertorio, favorendo in tal modo la

diffusione di testi ‘difficili’ e sollecitando la produzione drammaturgica di nuovi autori.

Alla metà degli anni Trenta si afferma il concetto di teatro propugnato da Antonin Artaud, per cui

il teatro non è finzione ma vita vera:

egli contrappone all’idea occidentale di un teatro adulterato dalla tradizione accademica, il

• concetto orientale di teatro-rito, uno spettacolo che è espressione autentica della vita di un

popolo e in grado di intervenire efficacemente sull’animo umano

e vuole comunicare allo spettatore tutto ciò che è latente in lui, per far emergere in modo

• purgato, i sentimenti di norma violenti

ovvero codifica il teatro della crudeltà, un teatro che colpisce il pubblico attraverso impulsi

• irrazionali, ma che colpisce anche gli attori

questo teatro della crudeltà, non solo purifica e solleva l’animo, ma pone anche a confronto lo

• spettatore con le sue energie cupe e dannose

Anche Bertolt Brecht riformula la comunicazione teatrale, in una maniera ben diversa da Artaud.

Brecht infatti finalizza la comunicazione teatrale all’azione politica: con lui il teatro diviene

strumenti di riflessione e di incitamento all’azione trasformatrice della società. Perché ciò sia

possibile, occorre:

presentare in modo esplicito allo spettatore tutti i livelli dello spettacolo, indicandone

• chiaramente la natura fittizia

che nessun aspetto della rappresentazione consenta allo spettatore di abbandonarsi, attraverso

• l’immedesimazione, alla suggestione di emozioni teatrale

utilizzare l’effetto di straniamento: mostrare ciò che è noto e quotidiano in una forma che lo

• renda inedito e impreveduto, generando sorpresa e stimolando il pubblico a porsi interrogativi

Barbara Somma ! 4

Riassunto

Lo spettatore brechtiano, osserva lo spettacolo con grande attenzione e profondo interesse di

ordine sociale, polito ed economico: rimane distante dalla rappresentazione. Ed è proprio la

distanza che garantisce razionalità di fronte all’evento rappresentato e la conseguente possibilità

di lucida ed effettiva risposta.

Brecht tuttavia, non voleva privare lo spettatore di emozioni e divertimento; con il suo teatro

epico, egli unisce l’utile al dulce, due finalità che nel teatro tradizionale si sono sempre più

separate e distinte.

Infine, secondo Brecht, si ha una vera e propria comunicazione tra scena e sala soltanto quando il

lavoro teatrale è in grado di mostrarsi quale effetto artistico mirante al disvelamento di un effetto

ideologico: quando, è evidente la natura manipolatoria del fatto teatrale.

Nella seconda metà del Novecento (’60-’70), il teatro di sperimentazione apporta una serie di

novità, basandosi sul concetto che il punto a favore del teatro sia il rapporto attore-spettatore, e

dunque coinvolgono anche fisicamente lo spettatore, rompendo tutte le convenzioni teatrali.

In questo nuovo teatro, lo spettatore sceglie il percorso da seguire costruendosi un personale

modello di fruizione; il fine non è più la rappresentazione fine a sé stessa, ma la relazione

interumana e la presentazione di sé. Allo spettatore è richiesto l’impegno di confrontarsi con

suoni di lingue immaginarie o linguaggi fondati sul corpo, la performance è intesa come evento

del qui e ora, irripetibile tra attori e pubblico.

L’unico maestro della regia del secondo Novecento, è Peter Brook , che elabora un inedito

approccio alla comunicazione teatrale. Sin dalla metà degli anni ’60, Brook incomincia a

percepire i limiti e l’inutilità del teatro cosiddetto ufficiale (chiamato da lui “teatro mortale”),

sempre più lontano dai bisogni reali dell’uomo moderno, imboccando la strada che lo indurrà a

scegliere un percorso di sperimentazione.

Brook persegue un contatto vivificante fra attori e pubblico e si propone di rendere lo spettacolo

un momento di incontro e comunicazione universale, capace di superare le differenze culturali e

nazionali.

Nel 1964 avvia con un laboratorio, l’indagine sui codici teatrali , e scandaglia soprattutto le

modalità non verbali di comunicazione, più strettamente legate alla fisicità. Egli avvia anche il

“teatro immediato”, un modello di teatro capace di unire spettacolo e spettatori con la

mescolanza di messaggi diversi.

Principio basilare del teatro immediato è the empty space, ovvero lo spazio vuoto della scena, che

consente di concentrarsi sugli elementi costitutivi del teatro e in primo luogo sul rapporto tra

evento e pubblico.

Nel 1970 apre a Parigi il “Centre International de la Création Théatrale”, dove Brook concentra la

propria attività di ricerca sulle forme di comunicazione teatrale extraverbali, in grado di parlare

direttamente a spettatori totalmente diversi tra loro per bagaglio culturale. Brook approda alla

convinzione che esistano forme elementari e primarie di comunicazione, veri “universi

antropologici”, legati al nostro comune fondamento biologico e svincolati da determinismi

culturali o sociali.

Nel complesso, gli spettacoli di Brook sono semplici, poveri, esenti da ogni superflua raffinatezza

e dal gusto per la trovata.

!

5. Il “metodo” Strehler

!

Giorgio Strehler ha svolto un ruolo determinante per l’affermazione della prassi registica in

Italia.

A Milano frequenta l’Accademia dei Filodrammatici presso la quale si diploma brillantemente

come attore nel 1940. Egli entra a contatto con un ambiente legato alla tradizione del “teatro

all’italiana”, ma se ne stufa subito. Già nel 1941 infatti, si accosta al Gruppo Palcoscenico, primo

ensemble sperimentale italiano, diretto da Paolo Grassi, che mira a proporre un nuovo genere di

repertorio.

Barbara Somma ! 5

Riassunto

Nel 1947, insieme a Paolo Grassi, fonda Il Piccolo Teatro di Milano , primo teatro stabile a

gestione pubblica d’Italia, destinato a inaugurare anche in Italia la prassi del teatro pubblico. In

realtà a Strehler non interessava l’idea del teatro stabile pubblico, che è da attribuire a Grassi, ma

piuttosto l’idea di dare vita ad un teatro di sperimentazione.

Il Piccolo sceglie l’impegno, il superamento del dualismo tra cultura alta e bassa, la fusione delle

istanze radicali dell’uomo con le istanze sociali, e l’indipendenza sia dalle ragioni dei partiti, sia

dal ricatto del mercato.

Il nuovo teatro si prefigge di rifiutare condizionamenti caratteristici del tradizionale spettacolo di

intrattenimento, sempre necessariamente disposto a piegare le scelte di programmazione alle

esigenze del botteghino, per aspirare a un teatro moderno di grande qualità, nato da scelte

consapevoli di po

Dettagli
Publisher
A.A. 2013-2014
8 pagine
10 download
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ART/05 Discipline dello spettacolo

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Mariabros di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Fondamenti di teatro moderno e contemporaneo e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Libera Università di Lingue e Comunicazione (IULM) o del prof Garavaglia Valentina.