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4.COMUNICAZIONE TEATRALE, TRA REGIA E SPERIMENTAZIONE.
Analizza i principali modelli di fruizione e comunicazioni nel teatro odierno. Il teatro nei
secoli si è sempre rivolto a un pubblico vasto e diversificato sotto il profilo socio-culturale,
rivendicando le funzioni di un grande mezzo di comunicazione. Diversificate e opposte
sono le funzioni sociali svolte nei secoli dallo spettatore teatrale. Con lo sviluppo del
cinema il teatro si vede costretto a ripensare il suo statuto (il cinema è più capillare e più
economico). Lʼevento più importante per la storia del teatro del XX secolo è stato,
paradossalmente, la nascita del cinema (1895) e in particolare del film sonoro fra gli anni
Venti e lʼinizio degli anni Trenta del Novecento. Il cinema è un rivale dalle capacità
tecniche insuperabili. Il teatro tende alla semplificazione, alla minimalizzazione, alla
riduzione fondamentale a uno scambio diretto fra attore e spettatore. I nuovi mass media
tendono invece a divenire più complessi e sofisticati grazie al progresso tecnologico.
Moltiplicano senza problemi il numero degli spettatori. A teatro invece la messinscena
deve rivolgersi a un numero limitato di spettatori e risolversi in un giro abbastanza ridotto
di rappresentazioni, dal momento che il teatro, se replicato troppo, scade. Lʼavvento del
cinema e televisione accelera il processo degenerativo del teatro nella sua accezione
classica e tradizionale, che trova nelle proprie sale sempre meno spettatori. Regia e
sperimentazione conducono il teatro, dagli ultimi anni dellʼOttocento, a cambiare pelle,
riproponendosi come un progetto dʼarte e di cultura tendenzialmente “alte”, riservato a
unʼelite. Il teatro si è via via diversificato in modo da rispondere a numerose nuove funzioni
estetiche e sociali. La regia si pone come mediatore indispensabile fra attore e pubblico. 5
Parallelamente allʼascesa della nuova figura del regista, si assiste alla fondazione di sale e
enti culturali (liberi o indipendenti) con piena autonomia nelle scelte del repertorio,
favorendo la diffusione di testi difficili.
Alla fine degli anni Trenta si afferma il concetto di teatro come vita vera e non più come
finzione (Artaud). Egli codifica inoltre il teatro della crudeltà, un teatro che colpisca
attraverso una serie di impulsi irrazionali sia il pubblico (la vittima), sia coloro che lo
rappresentano ( gli aguzzini). Il teatro crudele non solo vuole sollevare lʼanimo nel
purificarlo, ma vuole porre a confronto lo spettatore con energie cupe e dolorose. Brecht
vuole rompere la consueta passività dello spettatore con il suo spettacolo. Con lui il
teatro diviene strumento di riflessione e di incitamento allʼazione trasformatrice della
società. Perchè ciò sia possibile occorre presentare in modo esplicito la natura fittizia dello
spettacolo. Nessun aspetto della rappresentazione deve consentire allo spettatore di
abbandonarsi, attraverso lʼimmedesimazione, alla “suggestione di emozioni teatrali”, di per
sé inconcludenti. Lʼantidoto principale allʼimmedesimazione è lo straniamento: consiste
nel mostrare ciò che è noto e quotidiano in una forma che lo renda inedito e impreveduto,
generando sorpresa, stimolando il pubblico a porsi interrogativi. Si contempla lʼevento in
lontananza, come se fosse a lui estraneo. La distanza è ciò che permette la razionalità di
fronte allʼevento e la conseguente possibilità di lucida ed effettiva risposta. Tuttavia il teatro
di Brecht non si priva di emozioni e divertimento. Si propone di riconciliare lʼutile al dulce.
“Il teatro rimane teatro, anche se insegna; e, nella misura in cui è buon teatro, è
divertente.”
Dalla seconda metà del Novecento il teatro di sperimentazioni apporta una serie di
interessanti novità. Lo spettatore è fisicamente coinvolto nella scena. Gli è richiesto di
rinunciare alla staticità, per muoversi nello spazio e scegliere un suo personale percorso
di fruizione dello spettacolo (come in Orlando Furioso di Ronconi, 1969). Lo spettatore si
costruisce un suo percorso di fruizione, oppure è invitato ad avere un ruolo drammaturgico
( come negli happening). Il fine non è più la rappresentazione, ma “relazione interumana”
e presentazione di sé. Proprio dalla modalità ricettive sperimentate dal nuovo teatro deriva
lʼattenzione odierna per la performance intesa come evento del qui e ora, irripetibile tra
attori e pubblico.
Fin dalla metà degli anni Sessanta, Peter Brook incomincia a percepire i limiti e lʼinutilità
del teatro così detto ufficiale, sempre più lontano dai bisogni reali dellʼuomo moderno. Il
“teatro mortale” non è più in grado di emozionare o di interessare il pubblico. Si propone di
rendere lo spettacolo un momento di incontro e comunicazione universale. Dopo quelli
che Brook chiama il “teatro sacro” (Artaud e Grotowski), che è fondamentalmente
visionari, e il “teatro rozzo” (Brecht), che rinnova il teatro con un ritorno alle fonti della vita,
si perviene il “teatro immediato”, un modello di teatro capace di unire spettacolo e
spettatori con la mescolanza di messaggi diversi.
La base è lo spazio vuoto della scena, il rapporto con il pubblico è centrale e assoluto.
Brook ricerca le forme di comunicazioni teatrale extraverbali, in grado di parlare
direttamente a spettatori totalmente diversi (con gli attori del Centre compie un viaggio
stimolante in Africa). Nel complesso i suoi sono spettacoli semplici, poveri, esenti da ogni
superflua raffinatezza. Il regista riduce il teatro al suo stato materiale, un mezzo in cui
attori e spettatori si sentano per un momento più vivi. Alla progettualità di una lettura critica
del testo si sostituisce un modello di spettacolo più aperto.
Sostituire il regista con la collettività, abolire la costante subordinazione al testo
drammaturgico, trasformare il gruppo in microcomunità, stabilire una partecipazione
effettiva degli spettatori alla rappresentazione, infrangendo ogni diaframma tra
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palcoscenico e platea e liberandosi dei condizionamenti economici e politici che si
esercitino allʼinterno delle istituzioni teatrali, appaiono condizioni indispensabili per la
rigenerazione dellʼarte teatrale. Lʼobiettivo costante è quello di restituire al teatro la sua
natura di evento vivente.
Animazione teatrale : si propone di mettere in scena con attori non professionisti e al di
fuori dei contenitori teatrali tradizionali, storie locali e sotterranee, rimosse dalla cultura
borghese. Richiamano a una concezione del teatro come evento sacro. Fine ultimo è la
creazione di occasioni ricreative e espressive. Barba vede il teatro come uno strumento di
ricerca antropologica.
5. METODO STREHLER.
Un ruolo determinante nellʼaffermazione della prassi registica in Italia va riconosciuto a
Giorgio Strehler, fondatore con Paolo Grassi, del primo Teatro Stabile italiano a
finanziamento pubblico, il Piccolo Teatro di Milano.
Si diploma come attore allʼAccademia dei Filodrammatici nel 1940. Infastidito dalla routine
del teatro professionistico, già nel 1941 si accosta al Gruppo Palcoscenico, primo
ensemble sperimentale italiano. Il Gruppo diretto da Paolo Grassi mira a proporre un
nuovo genere di repertorio. In questo contesta firma le sue prime opere di Pirandello.
Internato nel campo di prigionia di Muller, perchè antifascista e militante socialista, coltiva
la sua passione teatrale fino a quando rientra a Milano dopo la liberazione nel 1945, firma
per la prima volta come professionista Il lutto si addice a Elettra. Carica di rischio perchè
ha solo 15 giorni di prove. Con lo scenografo Gianni Retto sfronda lo spettacolo delle sue
sovrastrutture classicistiche, dando valore agli elementi espressionistici e psicanalitici. Lo
spettacolo ha un gran successo. Il 1947 rappresenta una grand svolta nella carriera di
Strehler e nella storia del teatro italiano, si congeda dal teatro privato per fondare insieme
a Paolo Grassi, il Piccolo teatro di Milano. Il primo teatro stabile a gestione pubblica del
nostro paese. La sua intenzione era quella di dare vita a un teatro laboratorio e di
sperimentazione, più che un teatro stabile (idea di Grassi). Sede è una sala
cinematografica, di circa 400 posti. Palcoscenico poco spazioso e poco attrezzato.
Strehler si inventa modalità di scrittura scenica capaci di trascendere i limiti dello spazio
disponibile. Sconfina spesso in sala, il proscenio, i corridoi della platea per stabilire un
legame Teatro e Mondo. In seguito ottengono il locale annesso al Palazzo del Broletto.
Valori: “teatro dʼarte per tutti”, di contro ad un teatro come rito mondano o come omaggio
alla cultura, contro anche ad un teatro di svago. Il Piccolo sceglie il superamento del
dualismo fra cultura alta e cultura popolare. Indipendenza dalle ragioni dei partiti e dal
ricatto di mercato. Si prefigge di rifiutare i condizionamenti caratteristici del tradizionale
spettacolo di intrattenimento per aspirare ad un teatro moderno di grande qualità. Eʼ
progettato per essere popolare, al grande pubblico e soprattutto agli esclusi. Idea di teatro
influenzata da Copeau. Cerca sempre di porsi in rapporto con la collettività. Il teatro per
Strehler è un impegno assoluto, come dono di sé agli altri. Come Copeau rispetta il testo
drammatico, analizzato con la consapevolezza di qualcosa di vitale che è impossibile
fissare per sempre in unʼoggettiva interpretazione. Necessità di trovare sempre una unità
tra scrittura e rappresentazione scenica. Copeau suggerisce a Strehler lʼutopia di una
collettività teatrale impegnata a operare allʼinterno della società per riformarla, poichè la
società viene prima del teatro. Mutua è lʼidea di un teatro quale luogo di dibattito civile.
Eventi che non si esauriscano nelle finalità ludiche. Influenzato dalla conoscenza di Louis
Jouvet, che pare avergli trasmesso lʼamore per il mestiere. Critica non solo come studio
filologico critico, ma anche come comprensione sensibile del testo. “Solo i poeti hanno una
vocazione! Solo i poeti restano!” disse Jouvet e si pone alla base della ricerca di elementi
poetici nel testo che costituisce uno dei capisaldi del metodo. 7
Secondo Strehler: seppure il teatro abbia una forza limitata, lʼartista deve avere il coraggio
di essere se stesso e difendere le proprie idee e al tempo stesso metterle in discussione.
“Ciò che conta è non essere mai soddisfatti, non fermarsi mai”.
Paolo Grassi si occupa dellʼamministrazione del teatro, organizzazione delle stagioni e
repertorio. E Strehler si occupa unicamente della regia.
Il 14 maggio 1947 inaugurano con Lʼalbero dei poveri, testo caro a Stanislavskij sulla
volontà di inserirsi