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Scuole giuridiche dell’Islam
Il pensiero giuridico islamico è un pensiero di natura giurisprudenziale dottrinale, non è un pensiero
giuridico che si basa sui codici scritti. Questo sta avvenendo solo recentemente.
Un sistema delle fonti è un sistema in base al quale si va a ricostruire una norma giuridica.
Nella cultura della codificazione (eurocontinentale) il sistema delle fonti è un sistema scritto. Nel
caso continentale europeo i giudici prendono una decisione in base ai giudici.
Nel caso della cultura giuridica di origine anglosassone, la parte codificata è piccola: il giurista
va a ripercorrere le decisioni prese dai predecessori su una determinata questione. Il precedente è
importante poiché la struttura dell’essenza giuridica non mutano nel tempo, mutano solo gli aspetti
esterni. C’è l’idea che esista un jus naturalis, un diritto naturale che non dipende dall’evoluzione
della storia e non è soggetto a cambiamento. Esiste un adattamento analogico (es.: corrispondenza
(intesa come lettere) è anche corrispondenza intesa come mail).
L’adattamento e l’interpretazione della norma esiste nell’Islam, bisogna adattare il principio
stabilito nel Corano nelle varie situazioni. Quando le truppe islamiche occupavano un territorio,
andavano a controllare se ci fossero ebrei o cristiani (la gente del libro) ed erano visti come loro
antenati.
Concetto di fonte giuridica: è ciò a cui si deve risalire per capire da dove viene una determinata
norma. Tutti i sistemi giuridici si basano sul sistema delle fonti, che hanno una struttura verticale.
Nel sistema italiano la Costituzione è alla base di tutto e ha un fondamento di carattere laico. Nel
sistema occidentale delle fonti questo percorso “a ritroso” si ferma, secondo il diritto islamico
invece questo sistema ha l’origine nella volontà di Dio il quale ha creato l’uomo e, affinchè l’uomo
abbia una vita ordinata, gli ha dato la legge (la sharia, che significa “la strada che porta al corso
d’acqua” e quindi indica la salute, il cammino).
Secondo la cultura islamica la shari’a è sconosciuta agli uomini nella loro totalità: l’uomo deve
attuare un fiqh (cioè la scienza giurisprudenziale) che serve per lo sforzo concreto di identificare la
legge di Dio. Quindi il giurista (faqyh) cerca di capire come applicare questa norma nella realtà
(sforzo chiamato ijtihad).
La shari’a è il parametro per valutare le norme giuridiche. Non è un corpus definito, ma è un
insieme di interpretazioni e di concetti. Alla base della shari’a c’è (in ordine gerarchico) il Corano,
la Sunna, gli Hadith, la Fatwa (una “sentenza”, un parere del giudice) e la ijtihad.
Un giudice deve sempre pronunciarsi, la Sunna dice che “il giudice che emette una sentenza giusta
viene ricompensato due volte, quello che ne pronuncia una sbagliata soltanto una”, quindi il giudice
non può rimanere in silenzio.
Tra il 6° e 7° secolo ci fu un fiorire di interpretazioni, e ciò mise in discussione il principio di
autorità perché ci fu un caos interpretativo: il rischio era di una dissoluzione (se tutti possono
interpretare la religione a modo proprio, viene a mancare l’elemento unitario). Questo portò ad un
progressivo irrigidimento del sistema delle fonti.
I primi pensatori islamici erano ancora molto vicini alla filosofia greca. L’occidente era diviso:
anima latina (con riferimento al Papa di Roma) e poi l’anima greca (con riferimento a Bisanzio).
Quando i musulmani conquistarono Bisanzio, i greci scapparono in Italia (e cominciò a circolare
anche la cultura greca).
Si formano le grandi scuole di diritto per capire come rapportarsi alla legge.
Cosa è il Corano?
Il Corano è creato? Se il Corano è creato, il Corano è creatura di Dio, ma secondo questa visione il
Corano può subire modifiche. Quindi il Corano è attributo di Dio.
E’ necessario distinguere la fonte del diritto, che è il Corano, e la falda del diritto (cioè, nella
metafora del ruscello, l’origine della fonte) è la volontà di Dio. La porta dell’ijtihad
(interpretazione) divide il Corano dalla volontà di Dio.
Nell’ottavo secolo viene chiusa la porta dell’ijtihad.
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Le scuole non sono “correnti filosofiche alternative”, ma orientamenti di pensiero che possono
essere “integrate” tra loro.
La scuola anafita (p. 42)
La scuola anafita è favorevole alla libertà individuale e garantisce piena libertà alle donne. Inoltre,
nessuno può emettere una fatwa (giudizio, sentenza) se non ha una conoscenza del Corano e senza
l’autorità.
La scuola anafita è stata seguita dall’impero ottomano
La scuola malikita (maggioritaria in Marocco, Algeria, Tunisia, Libia)
Malik (700 d.C.) introduce l’interpretazione analogica e tiene conto del Corano e della Sunna, ma
anche delle opinioni dei compagni di Muhammad. E’ importante che lui introduce *
Il concetto di benessere pubblico, benessere della comunità, può essere una fonte del diritto (se
devo scegliere tra diverse ipotesi, scelgo quella più vicina all’interesse della comunità).
Questa visione è stata utile al potere politico, poiché una legge può essere buona e giusta ma può
mettere in crisi uno Stato: quella non sarà approvata.
Il principio del benessere pubblico è stato importato in Marocco, poichè lì si è affermato il principio
del primato del benessere pubblico. La dinastia marocchina dei califfi ha avuto grande potere ed il
re è diventato una fonte del diritto, un’autorità giuridica islamica. Il re è più importante dei diversi
capi religiosi ed ha permesso al Marocco di fare importanti riforme, perché l’interesse dello Stato
viene prima della religione in nome della religione stessa.
La scuola shafita
La scuola riconosce l’importanza del Corano, della Sunna e dei detti dei compagni, ma rifiuta la
norma dell’adattamento, ovvero adattare una norma giuridica alla specifica situazione.
Es.: i musulmani non possono toccare la carne di maiale, ma i giovani che lavorano all’estero sono
autorizzati a maneggiare la carne di maiale perché non c’è possibilità di applicare la shari’a. Per uno
shafita non poteva accadere, ma per un malikita si.
La scuola ambalita
E’ la scuola più integralista e conservatrice ed è una delle più diffuse perché è la scuola ufficiale del
movimento “ua abita” al quale aderì l’emiro Muhammad Abdì Saud, cioè dell’Arabia Saudita
(dove ci sono le due città principali), e hanno fondato (grazie alla grande quantità di denaro) diverse
moschee in tutto il mondo imponendo la propria scuola.
Il Corano va preso alla lettera e non si può interpretare.
Sunniti e sciiti
Sunniti (80%), sciiti (15%), atiziti e altro (5%)
Sono in conflitto tra loro ma si sentono parte della medesima comunità, la ummah. La differenza è
soprattutto di carattere politico. La divisone nasce quando muore il profeta Muhammad e si pone il
problema della successione: chi sarà il califfo (significa successore).
Da una parte c’erano gli uomini che avevano collaborato con il profeta sin dall’inizio, e nel
frattempo si forma anche un’altra linea, che fa capo alla sua famiglia. Il successore deve essere
scelto su base ereditaria o è la comunità a dover decidere? Vince la linea comunitaria ma si
comincia a formare una frattura dentro a questa successione, viene fuori un partito che non è tanto
favorevole alla scelta. L’espressione scia significa “partito”. Questa divisione arriva ad uno scontro
militare che si risolve in un accordo tra le due parti.
I sunniti sono la maggioranza e affermano la legittimità dei primi califfi e delle dinastie (in
particolare abasside e califfato ottomano). Secondo i sunniti, il califfo rappresenta l’unità politica:
non è come il Papa e non ha ruolo di carattere religioso, ma deve guidare la ummah. Il califfato è
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un contratto tra il califfo e la popolazione. Il gruppo dirigente dei sunniti si raduna e sceglie il
califfo. Si può verificare anche una successione o un’occupazione del potere. I Sunniti si
riconoscono nella guida della successione di Abu Bakr. Nel mondo sunnita quello che guida la
preghiera è l’imam che è anche il leader politico. L’imam sta davanti ai fedeli. Per i sunniti la
moschea non è un luogo sacro, è un luogo di incontro e preghiera. I testi sacri dei sunniti sono il
corano e gli hadith(la sunna), e lo stato deve essere secondo il principio din wa dawla.
Fino all’1800/1900, si fonda un nuovo orientamento: quello salafita (salafia significa tradizione), la
cui caratteristica è la difesa a oltranza della comunità islamica. Questo fu dovuto ai colonizzatori
che stavano imponendo le loro usanze e i loro tribunali. Si radicalizza la propria identità islamica.
(es. gli italiani in America hanno accentuato la propria identità).
I sunniti celebrano due feste: la fine del mese di Ramadan e la festa del sacrificio (alla fine del
pellegrinaggio a la Mecca). E’ vietata la carne di maiale e il consumo di alcolici.
Gli sciiti (da scia Ali che vuol dire “partito di Ali”) pensavano che il legittimo successore fosse Ali.
Per quanto riguarda la figura di Muhammad non ci sono differenze tra sciiti e sunniti, l’unica è che,
per loro, Muhammad ha scelto Ali. E’ diffuso soprattutto in Iran. Gli sciiti hanno un credo
organizzato: esiste una scuola di imam. C’è un elemento di clericalità che non c’è nel sunnismo.
Gli sciiti spesso sono in conflitto anche tra di loro: in Iraq c’è una maggioranza sciita religiosa ma
non politica. L’imam è chi guida la ummah in assenza del profeta ed è infallibile. Secondo la
corrente maggioritaria dello sciismo, gli imam sono dodici, il dodicesimo però è “nascosto” e verrà
fuori ad un certo punto. I testi sacri sono gli stessi, ma gli sciiti ne hanno altri: hanno anche i testi
dei Santi musulmani (che nella Sunna è proibita):q uesto significa che negli sciiti c’è una pluralità
di feste, memorie e ricorrenze. Gli sciiti sono, per tradizione, a favore di controllo dello stato da
parte del clero. Il giurista sciita è meno dogmatico e stimola più il proprio raziocinio. I divieti sono
gli stessi.
Rivoluzione del 1980 in Iran
C’era una monarchia più o meno costituzionale di ispirazione vagamente islamica guidata dal