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CASO ROCCO PRINCI
Rocco Princi, panettiere. Serve come esempio per spiegare la teoria della gerarchia
dei bisogni di Abram Maslow.
Princi nasce in Calabria da una famiglia contadina, ha meno di 50 anni. Povertà del
sud di fine anni 60, sale a Milano a 17 anni in cerca di fortuna. Fa parte di una delle
ultime ondate migratorie e si accontenta di fare l'unica cosa che bene o male sapeva
fare e va a lavorare in nero in una panetteria a Milano. Qui impara, si rafforza
economicamente, fa salire quella che diventerà sua moglie, si indebitano tutta la
famiglia e aprono un primo negozio in una zona poco bella di Milano (viale Zara).al
secondo anno gli aprono davanti al negozio il supermercato che gli ruba la clientela
dato che il supermercato aveva un forno industriale e produceva pane fresco. Crollate
le vendite, data la disperazione, aprono un negozio dove mai aprirebbero un
supermercato, ovvero in centro, vicino ad una discoteca (Hollywood). Iniziano a
vendere anche di notte, e iniziano a vendere anche la colazione (caffè, cappuccino,
ecc). Creano così anche un negozio che non sembra per niente una panetteria ma ad
uno showroom per quella Milano che vive di moda e di eventi. Non si ferma al primo
negozio di successo ed apre altri tre punti vendita, sempre in centro e rivolti alla Milano
da bere. Apre anche a Londra avendo grande successo.
• Teoria E.R.C. di C. Alderfer, psicologo (circa 1970)
E = bisogni esistenziali
R = bisogni relazionali
C = bisogni di crescita
Parte da Maslow ed enuclea tre bisogni:
ɣ i bisogni esistenziali sono quelli fisiologici e di sicurezza;
ɣ i bisogni relazionali sono quelli di appartenenza;
ɣ i bisogni di crescita sono quelli di stima e auto realizzazione.
Alderfer come Maslow riconosce l'esistenza di un meccanismo del tipo "progressione
lungo la scala-soddisfazione di bisogni sempre crescenti".
Viene riconosciuta anche la possibilità di un percorso inverso: a volte, soddisfare un
bisogno di ordine superiore porta alla frustrazione, data dalla consapevolezza di non
riuscire mai a raggiungere il soddisfacimento di quella mancanza. In questo caso si ha
una regressione verso un bisogno di ordine inferiore, dal quale si può ottenere
comunque soddisfazione attraverso la rivalutazione dei bisogni di ordine inferiore.
• Teoria dei fattori duali di F. Herzberg psicologo (1959)
Fece una ricerca a Pittsburgh in 9 aziende siderurgiche coinvolgendo 203 persone
intervistate, tra contabili e ingegneri. Ricerca sul campo che si svolgeva attraverso
interviste con domande aperte, centrate su due domande: "in quale situazione di lavoro
ti sei trovato particolarmente soddisfatto?" e "in quale situazione di lavoro ti sei sentito
profondamente insoddisfatto, al limite della rabbia e scontentezza profonda?".
Saltarono fuori due categorie di fattori:
fattori igienici (o elementi insoddisfattori, ovvero rappresentano condizione
necessaria ma non sufficiente per motivare le persone; condizioni legate al contesto
di lavoro la cui assenza porta a gravi livelli di insoddisfazione e
scontentezza/lamentela. Se presenti non aumentano la motivazione in quanto
considerati come dovuti, un diritto acquisito.)
Esempi di fattori igienici: regole politiche e procedure, ambiente fisico di lavoro,
condizioni fisiche e sicurezza personale, retribuzione (perché nella nostra società è
un diritto acquisito) nella sua parte fissa, relazione con i colleghi e con i
capi/supervisori [estrinseci]
fattori motivanti (o elementi soddisfattori; elementi legati al contenuto de lavoro la
cui presenza determina alti livelli di motivazione e soddisfazione individuale. Se
assenti non generano insoddisfazione).
Esempi di fattori motivanti: retribuzione variabile, contenuto del lavoro,
carriera/sviluppo professionale e livello di responsabilità, riconoscimento dei risultati
raggiunti, raggiungimento risultati significativi
Teoria basata sulle ricerche di Mayo (scuola delle relazioni umane).
Implicazioni manageriali del modello: quello che non deve accadere è che un capo
confonda i fattori igienici con i fattori motivanti; se succede rischia di avere un team allo
sbando.
• Teoria dei bisogni appresi di David McClelland (1917/1998), psicologo americano poi
professore che si occupava di studi di imprenditorialità.
Principi:
. bisogni che muovono una persona non sono innati ma derivano da un percorso di
apprendimento e socializzazione
. ogni persona presenta un bisogno o un tratto dominante che lo guida nelle sue scelte
I tratti dominanti influenzano molto il comportamento delle persone, e sono:
ɣ need for achievement (bisogno di eccellere, fare qualcosa di importanti per se
stessi, raggiungere un obiettivo a cui si dà molta importanza): caratterizza persone
che si sentono bene quando possono definire i propri obiettivi di vita e di lavoro.
Persone che normalmente sanno tarare bene questi obiettivi e scelgono obiettivi
moderatamente difficili. Persone che amano avere immediato riscontro circa il
raggiungimento dell'obiettivo che si sono dati. Non amano che siano gli altri a dare
loro un traguardo. (Esempio: imprenditori / project manager);
ɣ need for power (bisogno di potere): persone che sono motivate dal fatto di poter
influenzare gli altri, avere seguaci, ambiscono e sono motivate dal prestigio
pubblico (status). Persone che hanno capacità negoziali molto spiccate (ottenere
accordi anche in situazioni impossibili o mettere d'accordo le persone per i propri
interessi). Non riescono a dire sempre quello che pensano; cambiano opinione di
frequente in modo opportunistico;
ɣ need for affiliation (bisogno di appartenenza, socialità e piacere agli altri, essere
popolare): persone che hanno un bisogno enorme di essere accettate, di piacere a
tanta gente. Persone che vivono di relazioni sociali. (Esempio: mondo dello
spettacolo).
Come si ricavano questi tratti: test di personalità che si chiama "di appercezione tematica"
(acronimo TAT). È un test proiettivo che da importanza alle percezioni individuali rispetto a
un certo stimolo.
Implicazione pratica: serve ai processi di selezione del personale, di inserimento in
azienda, valutazione, orientamento ma anche a conoscere sé stessi per evitare di finire
nel posto di lavoro sbagliato.
2) TEORIE DEL PROCESSO: spiegano COME motivare le persone, quali sono le buone
prassi da seguire per motivare.
• Teoria del rinforzo: anni 70, Skinner. Teoria che si sviluppa attraverso esperimenti sul
comportamento degli animali domestici e cavie da laboratorio, passando poi agli
esperimenti sui bambini. Si è scoperto che i comportamenti delle persone o degli
animali possono essere rinforzati o indeboliti dalle conseguenze che essi generano.
∙ Il comportamento che genera conseguenze positive tende ad essere ripetuto.
∙ Il comportamento che genera conseguenze negative tende ad essere interrotto .
È possibile dunque influenzare il comportamento delle persone attraverso un corretto
schema di incentivazione o di disincentivazione utilizzando quattro strumenti chiamati:
rinforzo positivo, rinforzo negativo, sanzione, estinzione.
Azione Conseguenza Effetto
Intervento brillante Rinforzo positivo (premio) Aumenta la probabilità che il comportamento sia
[deve essere immediato] ripetuto
Intervento geniale Rinforzo negativo (assenza di Ripetizione del comportamento desiderato
punizione)
Intervento becero Sanzione Riduzione della probabilità che l’azione venga ripetuta
Intervento becero Estinzione (assenza di premio) Riduzione della probabilità che l’azione venga ripetuta
Il rinforzo funziona quando il capo osserva il lavoro del collaboratore, quindi viene
attuato nell’immedidato: non funziona con effetto retroattivo. Richiede vicinanza tra
capo e collaboratore e che il capo conosca bene il lavoro che il collaboratore sta
svolgendo. Vale per compiti piuttosto operativi con una chiara gerarchia di potere.
• Teoria del goal setting: Locke, 1968. Teoria che parte dal presupposto che le persone
sono motivate se viene loro trasmesso in modo chiaro un traguardo da raggiungere.
1) L'obiettivo per essere motivante deve essere chiaro, specifico, difficile da
raggiungere (difficoltà crescente; difficile ma non irraggiungibile altrimenti
abbandono), misurabile, definito dall'alto e condiviso, temporalmente definito.
Il rischio, se si lascia scegliere l'obiettivo di lavoro al collaboratore, è che venga
scelto un obiettivo troppo facile e quindi opportunismo. Un altro rischio
(underconfidence) per i collaboratori insicuri è che mettano un obiettivo troppo
basso perché pensano di non poterlo raggiungere.
2) Per far raggiungere l'obiettivo bisogna trasferire risorse, informazioni, mezzi
adeguati.
3) Bisogna poi controllare i risultati raggiunti rispetto agli obiettivi e, nel caso
venga raggiunto il risultato, riconoscerlo in forma di premio, incentivo, retribuzione
variabile.
4) Feedback: riflessione sugli scostamenti (il controllo è educativo, fa crescere,
aumenta la motivazione).
La traduzione pratica del goal setting nelle aziende viene chiamata "processo di
delega" (rapporto particolare tra capo e collaboratore che implica far decidere qualcosa
a qualcun altro, ma si tratta di una libertà di scelta vigilata). Accorgimenti: obiettivo
chiaro e su misura del delegato, correttezza nel controllo dei risultati rispetto agli
obiettivi;
delega è assegnazione di responsabilità gestionale.
Un’altra traduzione pratica è il comando: far fare prescrivendo come fare, il
collaboratore diventa quindi esecutore; non bisogna lasciar fare (obiettivo auto definito,
non c'è controllo).
• Teoria dell'aspettativa/valenza: Vroom, 1954, psicologo americano.
La motivazione è funzione matematica di due concetti: l'aspettativa e la valenza.
Motivazione = F (aspettativa x valenza)
L'aspettativa è una probabilità percepita, soggettiva, che un certo sforzo si traduca in
una determinata prestazione, e questa prestazione si traduca poi in un determinato
risultato. Ha un valore che va da 0 a 1.
La valenza è il valore soggettivo atteso assegnato al risultato.
Limiti del modello:
1) si suppone che le persone siano dotate di una razionalità illimitata e che
prima di decidere se impegnarsi o no si mettono a fare calcoli numerici;
2) il modello funziona in contesti culturali dove prevale un locus of control
interno, perché le persone sono fortemente convinte di poter essere artefici del
proprio destino.
• Teoria dell'equità: le persone sono più o meno motivate a seconda della percezione di
giustizia o ingiustizia nell’ambiente di lavoro.
A) giustizia distributiva
Le persone nelle organizzazioni non riescono a lavorare in modo isolato, si confrontano
le une con le alt