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Il folding proteico

Per problem folding si intende il processo che spiega come la struttura primaria di una proteina determina la sua struttura terziaria. Il folding, cioè l'insieme dei meccanismi con cui la proteina si ripiega e assume la sua struttura tridimensionale.

La struttura che la proteina assume è funzionale alla sua attività e dipende da interazioni deboli che nell'insieme concorrono a formare una struttura stabile e biologicamente funzionante. Tutte le informazioni per il folding sono già contenute all'interno della sequenza amminoacidica.

L'ambiente di una cellula è abbastanza affollato per via delle macromolecole, ma, comunque, le interazioni che si instaurano tra gli aa della proteina e che permettono di arrivare alla corretta struttura 3D della proteina sono estremamente precise e non sono disturbate dalle altre macromolecole che si trovano nella cellula.

Lo studio del processo di folding inizia con Anfinsen negli anni...

’50 il quale si concentrò su una ribonucleasi (enzima di cui risulta semplice misurare l’attività enzimatica in vitro). Anfisen denaturò la proteina, azione che inattiva l’enzima, con urea; successivamente, sottopose la proteina a dialisi (per eliminare l’urea) e vide che la proteina riprendeva la sua funzione. Questo voleva dire che la proteina era in grado di rinaturarsi spontaneamente senza l’aiuto di componenti cellulari in quanto il processo di rinaturazione osservato in questo esperimento avveniva in vitro. Tuttavia, la ribonucleasi analizzata da Anfinsen era stata estratta da una cellula e sorse il dubbio che la proteina estratta potesse contenere alcune componenti cellulari che si era portata dietro con il processo di estrazione. Quindi, successivamente, Bruce Merrifield sintetizzò chimicamente un peptide corrispondente alla sequenza della ribonucleasi (che quindi non poteva contenere alcune componenti cellulari) edimostra che essa era in grado di riavvolgersi spontaneamente in una struttura con caratteristiche biofisiche ed enzimatiche indistinguibili dalla proteina nativa. Da qui, la dimostrazione definitiva che una proteina possiede nella sua sequenza tutte le informazioni necessarie per il folding corretto che ne definisce la funzione. Dinamica di denaturazione delle proteine La denaturazione di una proteina, cioè la perdita della struttura nativa causata dalla rottura delle interazioni deboli, può essere indotta in vari modi (calore, urea, detergenti, ...) ed essere monitorata attraverso metodi calorimetrici e spettroscopici. Dall'analisi del processo di denaturazione si ottiene una curva che mostra un inizio più lento ma poi una fase esponenziale (perché il meccanismo si velocizza e autoalimenta) fino ad arrivare ad un plateau (tutto denaturato). L'unfolding (o denaturazione) di una proteina è un processo rapido e altamente cooperativo che

può in certi casi essere reversibile: tra questi due stadi esistono stadi intermedi o si passa direttamente da una forma all'altra?

Possibili processi che inducono il folding

Si è visto che le strutture delle proteine contengono un certo numero di molecole d'acqua sia sulla superficie che all'interno e che sono parte integrante della struttura proteica fungendo da ponte tra un aa e l'altro. Siccome, quindi, le proteine interagiscono con le molecole d'acqua, si è pensato che una driving force del folding fosse la desolvatazione. Quando la proteina è denaturata, le molecole d'acqua che interagiscono con la proteina anche a livello della catena principale, oltre che a livello delle catene laterali degli aa; durante il folding, queste interazioni con le molecole d'acqua vengono sostituite dalle interazioni tra aa e soprattutto dalle interazioni ad idrogeno che caratterizzano la struttura secondaria. Si mantiene il 40-60% di

acqua con cui una proteina può potenzialmente interagire. Un altro meccanismo del folding è il collasso idrofobico: in una struttura denaturata anche gli aa idrofobici sono esposti al solvente creando una repulsione che porta gli aa idrofobici a formare un nocciolo (molten globul) al centro della struttura (in caso di proteine idrosolubili). Questi due meccanismi, comunque, non spiegano completamente il meccanismo di folding in quanto sono meccanismi generici ma non spiegano come proteine con diverse sequenze diano strutture diverse. È, però, evidente che il folding è un processo termodinamicamente favorito nel senso che la struttura nativa di una proteina è più stabile rispetto alla molecola denaturata. Quindi, sicuramente, la formazione di questa rete di interazioni deboli (che caratterizza la proteina correttamente foldata) fa sì che la struttura finale sia più stabile della molecola denaturata. Simile a quello che accade nelDNA ma non esiste una driving force dovuta alla complementarietà delle proteine. Tuttavia, il processo di folding non è regolato solo da fattori termodinamici che portano alla conformazione con energia minima. Questo concetto, infatti, è ben esposto dal paradosso di Levinthal. Se parto, ad esempio, da una proteina di 100 aa dove ogni aa può assumere in media 10 conformazioni diverse, considerando la totalità delle conformazioni che può assumere questa proteina, ottengono 10 conformazioni diverse possibili (quello che accadrebbe se fossero solo i meccanismi termodinamici a determinare la struttura della proteina). Da altri studi, si è visto che il tempo impiegato da un aa a cambiare conformazione è di 10 s e, dunque, la proteina per provare tutte le conformazioni (fino a raggiungere quella a minima energia) impiegherebbe 10^10 s e, dunque, un periodo lunghissimo. Ma in realtà il tempo di folding è di

appena 10 -10 s.

Da questo si deduce che il processo di folding non avviene attraverso una ricerca casuale di tutte le conformazioni possibili, ma bisogna considerare anche fattori cinetici: la proteina assume la conformazione a minore energia raggiungibile nel minor tempo possibile, attraverso degli step intermedi meta-stabili.

Modello del folding funnel

È un modello che spiega il ripiegamento a step della proteina. Il meccanismo è descrivibile come una sorta di imbuto perché dallo stato di unfolding (molto dinamico, con conformazioni ad alta energia molto instabili), mediante step successivi, si formano un certo numero di interazioni che portano la proteina a intermedi di folding che rappresentano dei minimi energetici intermedi; questi forniscono la driving force per raggiungere lo stato nativo. Quindi, la proteina non prova tutte le conformazioni possibili, ma solo quelle necessarie a trovare il pathway: uno stato intermedio promuove il passaggio agli stati successivi.

Nel

< p > Nel grafico sono mostrate anche delle interazioni tra diverse molecole della proteina (interazioni intermolecolari) che formano aggregati a bassa energia ma che non rappresentano la forma funzionale della proteina; sono invece caratteristiche di diverse patologie dovute a fibrille proteiche non funzionali (come l'Alzheimer). La cellula evita gli aggregati grazie alle chaperonine che assistono la proteina nel folding prevenendo questa situazione. < p > Nel caso la proteina sia piccola o a singolo dominio, probabilmente, a partire dalla proteina denaturata si vanno a formare tutta una serie di strutture secondarie promuovendo poi la formazione di strutture di livello successivo mediante un singolo pathway. < p > Nel caso delle proteine multidominio si hanno, invece, diversi scenari e non è detto che molecole diverse della stessa proteina seguano lo stesso pathway. In alcuni casi, infatti, potrà formarsi prima un dominio per poi promuovere la formazione del secondo, mentre in altri casi...

Potrà verificarsi l'opposto. Quattro modelli che seguono le proteine per assumere la loro struttura 3D:

  • Framework model: si formano prima le varie strutture secondarie lungo la catena polipeptidica ed è l'interazione tra queste strutture a determinare la struttura nativa
  • Hidrofobic collapse model: la formazione del nocciolo centrale determina il ripiegamento della struttura iniziale che poi promuove la formazione della struttura secondaria
  • Nucleation model: si forma un nocciolo centrale con una struttura secondaria molto stabile difficile da denaturare per via della composizione in aa o per via della lunghezza stessa della struttura secondaria che rappresenta il centro di nucleazione per la formazione delle altre strutture secondarie
  • Nucleation-condensation model: anche una struttura secondaria non così stabile potrebbe rappresentare un centro di nucleazione, permettendo il ripiegamento del resto della catena

Per alcune proteine è stato possibile

Osservare questi intermedi e capire quale meccanismo ciascuna proteina, in base alla sua composizione in aa, segue. Per altre proteine, invece, ancora non è stato possibile isolare intermedi di folding e quindi questo processo è ancora fase di studio.

Chaperonine

La cellula però è un ambiente affollato con concentrazione (nei batteri) di 3 mM per quanto riguarda le proteine. Essendo alcune proteine molto grosse e complesse ed essendoci il rischio che, quando nascono dal ribosoma, interagiscano con altre molecole all'interno della cellula, devono essere assistite nel ripiegamento che comunque è determinato solo dalla sequenza della proteina stessa. In questo contesto intervengono le chaperonine (o proteine chaperon), ossia proteine ATP-dipendenti che interagiscono con una proteina allo stato non nativo, stabilizzandola ed aiutandola ad acquisire la sua conformazione nativa. Si stima che siano necessarie per il ripiegamento di almeno il 10% delle proteine.

proteina nativa funzionale. I chaperon sono proteine specializzate che aiutano nella corretta ripiegatura delle proteine e nella prevenzione della formazione di aggregati non funzionali. Essi agiscono come "assistente" durante il processo di folding, fornendo un ambiente adeguato e proteggendo la proteina da interazioni indesiderate. I chaperon possono essere divisi in due categorie principali: i chaperon molecolari e i chaperon di assemblaggio. I chaperon molecolari, come le heat shock proteins (Hsp), sono responsabili di assistere le proteine durante il processo di folding e di riparare eventuali danni causati da stress termico o altre condizioni avverse. I chaperon di assemblaggio, invece, sono coinvolti nella corretta formazione di complessi proteici multi-subunità. Le heat shock proteins sono state inizialmente scoperte nei batteri, ma sono presenti in tutti gli organismi viventi. Esse sono chiamate così perché sono state osservate per la prima volta come proteine prodotte in grande quantità in risposta a stress termico. Le Hsp sono coinvolte in molteplici processi cellulari, come la protezione delle proteine durante il folding, il trasporto di proteine attraverso le membrane cellulari e la degradazione delle proteine non funzionali. In conclusione, le heat shock proteins sono proteine importanti per la sopravvivenza delle cellule in condizioni di stress, come il calore. Esse agiscono come chaperon, assistendo le proteine durante il processo di folding e prevenendo la formazione di aggregati non funzionali.a è la DnaK, una proteina chaperonina presente nei batteri. La DnaK svolge un ruolo fondamentale nella corretta piegatura delle proteine, aiutandole a raggiungere la loro struttura tridimensionale più stabile. Questa proteina è composta da due subunità, una grande e una piccola, che lavorano insieme per svolgere la loro funzione di chaperonina. La DnaK si lega alle proteine non correttamente piegate e le protegge dall'aggregazione e dalla degradazione, consentendo loro di raggiungere la loro conformazione nativa. Inoltre, la DnaK è coinvolta anche nel ripiegamento delle proteine appena sintetizzate, facilitando il processo di piegatura e prevenendo la formazione di aggregati non funzionali. La DnaK è un esempio di come le chaperonine siano fondamentali per la corretta funzione delle proteine e per la loro stabilità strutturale.
Dettagli
Publisher
A.A. 2020-2021
16 pagine
SSD Scienze biologiche BIO/11 Biologia molecolare

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Sara2596 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Metodi per l'ingegneria proteica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Pavia o del prof Binda Claudia.