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FISIOPATOLOGIA EPATICA
La lezione tratterà parte della fisiologia epatica (non si parlerà di epatiti) ed in particolare della
cirrosi epatica, patologia grave in aumento soprattutto a causa del consumo spropositato di alcol
anche in età giovanile (12-13 anni).
Il fegato è situato NELL’IPOCONDRIO DESTRO. Il professore si stupisce del fatto che
recentemente in televisione sia passata la notizia di una donna con fegato in emiaddome sinistro: si
tratta della condizione del “situs viscerum inversus”, tipica di alcune patologie genetiche sebbene
piuttosto rara. Questa condizione va tenuta in considerazione nella sintomatologia addominale, per
esempio perché si potrebbero presentare pazienti che soffrono di appendicite nell’emiaddome
sinistro piuttosto che destro. Il fegato presenta due lobi principali, il destro e il sinistro.
In autopsia, il fegato mostra una tipica colorazione rosso scuro. Da un punto di vista istologico e
strutturale, ricorda un “cristallo di ghiaccio”, costituito da unità esagonali (negli altri animali può
avere forme diverse, per esempio nei suini è pentagonale) con al vertice la triade portale,
contenente un’arteriola, una venula e un capillare biliare, e al centro dell’esagono la vena
centrolobulare.
Da un punto di vista funzionale possiamo dividere il lobulo in base alla vicinanza all’irrorazione
arteriosa in:
1. zona 1 è la più vicina ed irrorata,
2. zona 2, intermedia
3. la zona 3 la più lontana e meno irrorata.
Questa suddivisione è importante nei casi di insufficiente apporto ematico o anche nei problemi
compressivi (come la cirrosi epatica): se c’è un minor apporto di sangue e quindi di ossigeno, la
zona inizialmente più colpita dal danno ipossico sarà la 3; il danno potrà poi espandersi alla zona 2
e infine alla zona 1.
Le principali cause di patologie del fegato sono:
Tossine: alcol e farmaci epatotossici
Infezioni: virus e batteri. Tra i virus rientrano l’epatite A, B e C. L’epatite C fino a qualche
anno fa veniva chiamata “epatite non A non B”, per le sue caratteristiche miste. Questo tipo
di epatite è frequente nei soggetti trasfusi con sangue infetto oppure soggetti riceventi organi
da soggetti infetti.
Infestioni da parassiti: frequenti soprattutto nei paesi del terzo mondo
Vascolarizzazione e formazione della bile: si può avere colestasi, ossia stasi della bile che
non riesce ad uscire dal fegato
Neoplasie primitive o secondarie (metastatiche): le primitive più frequenti sono
l’epatocarcinoma e il colangiocarcinoma, sebbene a volte possa esserci l’insorgenza di un
sarcoma del fegato, che origina dalle cellule connettivali. Tra le metastatiche la più
frequente in assoluto è il carcinoma del colon che, imboccando la vena porta e quindi
passando per il fegato, rilascia le cellule tumorali che possono metastatizzare.
EPATITE ACUTA
È un fenomeno che si riscontra raramente, al contrario della forma cronica. Si può osservare in
patologie che causano necrosi degli epatociti e conseguente risposta infiammatoria.
L’epatite cronica è invece una condizione che non si risolve rapidamente, persiste nel tempo e
determina un processo che può portare prima alla fibrosi epatica e poi alla cirrosi epatica.
Il danno alle vie biliari epatiche ed extraepatiche può determinare colestasi (ultima immagine in
basso a destra).
Nell’immagine sono rappresentate le varie fasi del
processo infiammatorio acuto e cronico fino ad arrivare
al processo cirrotico.
Si può notare un processo fibrotico evidenziato dalla
colorazione tricromica di Masson: la zona in blu è
costituita da tessuto fibroso che comincia ad attanagliare
le strutture interne (vasi). La differenza tra fibrosi e
cirrosi è la presenza di noduli di epatociti rigeneranti
osservabile nella cirrosi epatica. I noduli possono
trasformarsi in lesioni neoplastiche come il carcinoma
epatocellulare, frequente nei pazienti cirrotici.
Un altro fenomeno tipico delle patologie del fegato è l’attivazione delle cellule stellate, le quali
hanno caratteristiche simili ai miofibroblasti e possono contrarsi; l’attivazione può causare un danno
al parenchima epatico fino a determinare cirrosi epatica.
Le cellule stellate, che possono essere attivate da vari stimoli, come infezioni virali, possono agire
sia contro il virus stesso sia contro le cellule epatiche, scatenando una risposta infiammatoria, con
chemiotassi delle cellule infiammatorie, fibrosi e proliferazione degli epatociti rimanenti che
cercano di sostituire gli epatociti morti. Il fegato cirrotico presenta una superficie irregolare, per la
precisione “bozzoluta”, con micro/macronoduli apprezzabili sulla superficie dell’organo. I noduli
istologicamente si distinguono facilmente, si nota tessuto fibrotico che circonda noduli epatici
rigeneranti.
[Il fegato è l’unico organo dell’organismo in grado di riprodursi, ciò rende possibile la donazione
di organi da vivente. Sia nel paziente ricevente sia nel donatore, il fegato ritorna alle dimensioni
originali.]
Quindi, le cellule stellate attivate perpetuano il danno istologico: passano dallo stato quiescente
allo stato attivato grazie a fattori prodotti da altre cellule, sia del fegato sia infiammatorie del
sangue, determinando la formazione di tessuto fibrotico. Dunque per avere una diagnosi di fibrosi
epatica basta una maggiore quantità di fibre collagene e fibroblasti; per fare una diagnosi di cirrosi
oltre al processo fibrotico è necessaria la presenza di tali noduli di epatociti rigeneranti che cercano
di sopperire agli epatociti morti (a causa dell’alcool per esempio) costituiscono un sito di possibile
sviluppo di neoplasie maligne. Si verifica una distorsione dell’architettura epatica con aumento
della pressione dei vasi sanguigni del distretto portale: si instaura la cosiddetta IPERTENSIONE
PORTALE.
Perché si ha ipertensione portale? Ogni volta che il sangue refluo dall’intestino raggiunge la vena
porta non incontra un tessuto sano, che permetterebbe il passaggio del sangue, ma un tessuto che
oppone resistenza, intorno ai vasi c’è infatti presenza di tessuto fibrotico. Il sangue ha difficoltà a
passare e ristagna nella vena porta. L’ipertensione portale ha conseguenze piuttosto rilevanti.
In presenza di cirrosi epatica, il fegato non è palpabile al di sotto dell’arcata costale perché
diminuisce in dimensioni. Il contrario avviene nella steatosi epatica (accumulo abnorme di grasso
negli epatociti), che si può verificare a causa di malnutrizione oppure abuso di alcol. L’abuso di
alcol determina prima steatosi e poi cirrosi. Nella steatosi epatica quindi il fegato è palpabile in
quanto è aumentato di volume; il grasso accumulato negli epatociti disloca il nucleo nella periferia
della cellula, rendendoli simili agli adipociti.
Un’ulteriore differenza riguarda il fatto che il fegato con sola steatosi presenta un margine regolare,
liscio mentre è irregolare nel fegato cirrotico.
C’è un unico caso in cui un fegato cirrotico può essere palpato, nella fase iniziale quando la cirrosi
è associata alla steatosi. In questo caso all’aspetto macroscopico il fegato appare translucido, con
piccoli noduli; se lo guardiamo al microscopio ottico in sezioni colorate con ematossilina possiamo
notare le formazioni nodulari di epatociti rigeneranti ed epatociti pieni di lipoproteine o grassi.
Nelle sezioni istologiche dal momento che i grassi vengono lavati via dagli alcool (xilolo) usati
nelle comuni tecniche istologiche, si osservano numerosi spazi vuoti. Se voglio avere la colorazione
istologica dei grassi bisogna trattare il tessuto in modo diverso e colorarlo con alcuni coloranti quale
il sudan 3 o 4 che viene utilizzato anche da macellai disonesti per spennellare la carne scaduta
ravvivando così il cibo.
Le principali conseguenze cliniche della cirrosi epatica e dell’ipertensione portale sono dovute
ai globuli rossi, i quali rimangono bloccati e la pressione aumenta. Il sangue verrà quindi
convogliato in vasi alternativi alla vena porta. Le conseguenze sono:
1. Splenomegalia
Una delle prime conseguenze è l’aumento del volume della milza determinato
dall’indirizzamento del sangue, attraverso la vena splenica, verso di essa.
2. Emorroidi
Il sangue viene convogliato nel plesso emorroidario con insorgenza di emorroidi.
3. Varici esofagee
Il sangue ristagna nelle vene esofagee determinando, come avviene nel plesso emorroidario,
varici esofagee. Queste vene hanno una parete molto sottile perciò quando la pressione
sanguigna aumenta esageratamente, la parete cede e si formano le varici, evidenti soprattutto
nella parte inferiore dell’esofago. Rappresentano la prima causa di morte nel paziente affetto
da cirrosi. Si tratta di una morte drammatica per dissanguamento: il paziente perde sangue
dalla bocca e poco può essere fatto per bloccare l’emorragia. Uno dei pochi trattamenti
attuabili è l’inserimento di un sondino nell’esofago. Bisogna tenere in considerazione che il
paziente cirrotico ha deficit di produzione di proteine della coagulazione, quindi non
possono essere somministrati farmaci procoagulanti. Il sondino presenta al termine un
palloncino gonfiabile che arriva fino alle varici rotte, il palloncino si gonfia e la pressione
determina l’occlusione delle varici. Ammesso che si riesca a salvare il paziente, il fenomeno
è recidivante e, prima o poi, sarà fatale.
4. Spider naevi
Sono piccoli fenomeni emorragici a forma di ragno riscontrabili sulla superficie del
paziente.
5. Ascite
Raccolta abnorme di liquido nella cavità peritoneale. Si ha riempimento per due motivi: la
modificazione della pressione colloido-osmotica (dovuta ad ipoalbuminemia, la parte liquida
del sangue tende a fuoriuscire e creare ascite) e un motivo pressorio, se abbiamo
ipertensione parte del sangue trasuda dalle pareti dei vasi. Quando si ha ascite siamo in una
fase avanzata della malattia. Il liquido può essere aspirato mediante paracentesi, ma dopo
poco si riformerà.
6. Edema perimalleolare
Prima dell’ascite si ha accumulo di liquido a livello delle caviglie, per gravità. Il ristagno si
dimostra con il segno della fovea: esercitando una digitopressione, rimane impressa
l’impronta del dito sulla cute perché il tessuto è imbimbito di liquido. L’edema
perimalleolare non è necessariamente segno di cirrosi epatica, ci sono altre cause che
determinano la raccolta di liquido nelle estremità inferiori: l’insufficienza renale, che
determina edemi declivi; il morbo di Parkinson, con ipotensione ortostatica; gravi
insufficienze card