IL COMA
Il coma può essere definito come un deficit grave, più o meno protratto nel tempo, con alterazioni
di funzioni motorie, sensoriali e disturbi del sistema nervoso autonomo. Non è necessario
affrontare in maniera successiva tutti i gradi di coma ma, a seconda della causa scatenante, si può
anche entrare direttamente in un coma di IV grado.
Nel coma di grado I si dice che c’è “coscienza obnubilata”: il paziente non è completamente
spento ma non è neanche del tutto presente. Si può risvegliare tramite stimoli sensoriali come un
forte rumore, una luce intensa o uno stimolo nocicettivo, che possono provocare risposte come
l’apertura degli occhi o simili. Rimane il riflesso della deglutizione, perciò è possibile una normale
nutrizione per via orale. Rimane allo stesso modo il controllo degli sfinteri, quindi non vi è né
perdita di urine né di feci, cosa invece riscontrabile nei gradi di coma più gravi. Sono ancora
conservati i riflessi dei nervi cranici. C’è assenza di disordini sia per il sistema nervoso autonomo
che per il tono muscolare.
Nel coma di grado II si registra una scarsa reattività agli stimoli (gli stessi del grado I); solo gli
stimoli più intensi possono provocare delle reazioni. L’indebolimento o la scomparsa del riflesso
della deglutizione comporta l’impossibilità della nutrizione per bocca. Si ha perdita del controllo
degli sfinteri con conseguente mancato controllo della minzione e della evacuazione.
Il coma di grado III è anche definito come “coma profondo”.
Generalmente dal grado I e II si può tornare indietro senza grandi
problemi ma la ripresa dal grado III è difficoltosa e lascia
solitamente delle conseguenze importanti. Scompaiono tutte le
reattività cliniche. I nervi cranici non danno riflessi di alcun tipo.
C’è ipertonia da decerebrazione (come se il paziente non avesse più
il cervello). Nel coma di grado III compaiono anche dei disordini
della respirazione. È possibile, infatti, fare diagnosi di coma di
grado III soltanto grazie ad un attento ascolto della respirazione del
paziente: caratteristico è il respiro di Cheyne-Stokes, in cui lunghi
periodi di apnea (anche 20 secondi) vengono interrotti da respiri
frequenti gradualmente sempre più profondi che, raggiunto il picco
massimo, si fanno gradualmente più superficiali fino ad un nuovo
periodo di apnea. Questa modalità di respirazione porta alla
formazione di secrezioni nei bronchi, alla cianosi e a problematiche di termoregolazione e
vasomotorie. Ci può essere anche ipotensione arteriosa e disordini di tipo cardiaco che costringono
il più delle volte a trattare farmacologicamente questi pazienti. Se il respiro di Cheyne-Stokes
cambia può evolvere nella respirazione di Kussmaul, in cui ci sono continue inspirazioni ed
espirazioni profonde. Questa tipologia di respiro è segno che il paziente sta peggiorando. In questa
fase la respirazione è ancora spontanea ma è bene assisterlo con le macchine.
Il coma di IV grado, detto in francese “coma dépassé”, è una condizione irreversibile e la
sopravvivenza è legata solo all’utilizzo di attrezzature adeguate come quella per la respirazione.
Quindi c’è assenza della respirazione spontanea, un ritmo cardiaco fortemente alterato, i riflessi
sono completamente assenti mentre si riscontra ipotonia muscolare. Caratteristica è la midriasi,
ovvero la dilatazione delle pupille che in questo caso è irreversibile. La termoregolazione è
severamente compromessa e generalmente c’è ipotermia.
Per fare diagnosi precisa nei pazienti che
sono in uno stato di alterazione della
coscienza è possibile fare ricorso all’uso
della Glasgow Coma Scale (GCS). I
parametri da valutare sono l’apertura degli
occhi, la risposta verbale e la risposta
motoria, in questo ordine.
Se il paziente apre e chiude gli occhi
spontaneamente si assegnano 4 punti, se li
apre quando vi parliamo 3 punti, se li apre
solo quando provochiamo dolore 2 punti
mentre se non li apre in seguito a nessuna
delle stimolazioni precedenti si assegna 1 solo punto.
La risposta verbale viene valutata con domande semplici del tipo “come si chiama?” a cui possono
seguire diverse risposte: orientata (5 punti), confusa (la persona dice tre o quattro nomi diversi – 4
punti), inappropriata, ovvero risponde ma con qualcosa di non adeguato (“oggi c’è il sole” – 3
punti), incomprensibile perché il paziente emette solo suoni (2 punti) mentre se non risponde 1
punto.
La valutazione della risposta motoria viene effettuata prima con dei comandi semplici come “alzi il
braccio destro”. Se il paziente muove il braccio destro si assegnano 6 punti, se non lo muove si
passa a stimolazioni di altro tipo, generalmente dolorosa. Si danno 5 punti se il paziente localizza il
dolore e si muove per allontanarlo; 4 punti se si allontana dallo stimolo (non per forza tramite
flessione); 3 punti se effettua una flessione dell’arto in cui è provocato dolore; 2 punti se estende
l’arto in cui è provocato dolore; 1 punto se non reagisce allo stimolo doloroso.
Assegniamo punteggi diversi alla flessione e all’estensione perché se si verifica l’estensione il
danno è più grave in quanto il movimento che si compie è più primitivo.
Il massimo punteggio possibile è 15 mentre il minimo è 3, al di sotto di 3 non è compatibile con la
vita.
Tra due soggetti in coma si possono notare differenze nell’attività metabolica, la quale può essere
anche del tutto assente.
Passando agli stati vegetativi, si distinguono in:
- Persistenti;
- Permanenti, quando il coma è superiore a tre mesi se la causa non è traumatica – esempio
se il paziente ha avuto un ictus emorragico per rottura di aneurisma e il coma dura da più di
tre mesi
- Irreversibili.
Il coma “protratto” post-traumatico o post-chirurgico avviene a causa di un arresto respiratorio
in quanto si arresta il flusso sanguigno al cervello.
Esistono condizioni particolari definite come stupore ipertonico, mutismo acinetico e sindrome
apallica molto simili tra di loro. Nel primo caso il paziente ha faccia stupita e ipertonia muscolare;
nel mutismo acinetico il paziente non parla e non si muove; nell’ultima sindrome il paziente è nelle
condizioni di decorticazione (palium vuol dire “mantello” è la corteccia cerebrale).
La sindrome locked-in è caratterizzata da quadriplegia e anartria o disartia, il paziente non riesce a
parlare perché i muscoli della fonazione non funzionano ed è completamente paralizzato (è
cosciente ed è in grado di muovere solo gli occhi). Infine, l’ultimo stadio di diagnosi è la morte
cerebrale.
Le cause di danno cerebrale possono essere vascolari o traumatiche; quelle vascolari sono
generalmente:
- L’ictus emorragico più frequente è dovuto alla rottura di un aneurisma (cedimento della
parete arteriosa). Gli aneurismi cerebrali sono frequenti, spesso si trovano come riscontro
autoptico e non danno problemi per tutta la vita del paziente. Si possono rompere a causa di
processi arteriosclerotici, che indeboliscono ulteriormente la parete dei vasi, oppure a causa
di crisi ipertensive (per esempio dovute all’uso di cocaina o ecstasy).
- Nell’ictus ischemico, per embolia o trombosi delle arterie cerebrali, il danno può essere
anche traumatico. Esistono due tipi importanti di danni: uno sopra-tentoriale, situato al di
sopra del tentorio del cervelletto. Il tentorio del cervelletto è quella struttura che divide la
fossa cranica posteriore da quella anteriore in cui è contenuto il cervelletto. Questo danno è
meno grave di quello sotto-tentoriale perché è un danno indiretto alla sostanza reticolare
ascendente attivatoria, al contrario del danno sotto-tentoriale che è invece diretto.
Si parla di morte cerebrale in presenza di varie condizioni:
- Danno al tronco cerebrale;
- Assenza dei riflessi dei nervi cranici;
- Impossibilità di respirare in maniera autonoma;
- Fase di coma persistente
La differenza tra il coma di IV grado e la morte cerebrale è data dalla possibilità di mantenere in
vita il paziente attraverso le macchine. Anche in caso di morte cerebrale è necessario staccare la
spina per determinare la morte completa del paziente. Le due condizioni sono molto simili. Nella
morte cerebrale ci sono condizioni peggiorative rispetto al coma di quanto grado.
Un altro fenomeno importante che ci fa comprendere quanto il danno cerebrale non sia avanzato
come si pensi è quando un emisfero risponde ancora a stimoli sonori mentre l’altro è
completamente non responsivo a questi stimoli: il paziente è in coma profondo però ancora sente
qualcosa ma non può comunicarcelo e lo possiamo vedere soltanto attraverso l’esame
neuroradiografico.
L’attività metabolica in un paziente normale e quella di un paziente in locked-in sono
sovrapponibili; in un paziente con uno stato di coscienza minima l’attività metabolica è molto
ridotta, fino ad essere completamente inerte in un paziente allo stato vegetativo. Uno stato ancora
più avanzato si riscontra nel paziente con morte cerebrale, in cui non c’è più attività metabolica.
Gli eventi che possono portare alla morte cerebrale possono:
- Esterni: un trauma cranico che come conseguenza minima può determinare uno stato di
edema cerebrale in cui del liquido fuoriesce dai vasi. Questa lesione è detta concussione. È
la fase meno grave di un trauma cerebrale che può determinare anche perdita di coscienza.
- Interni: rottura di aneurisma (cedimento della parete arteriosa per eccesso di
interconnessione). L’effetto del trauma può essere emorragia, edema, arresto del flusso
sanguigno e necrosi.
Per poter eseguire la diagnosi di morte cerebrale è necessaria la presenza di un collegio medico
costituito da un anestesista, un medico legale e un neurofisiopatologo (tre medici con specialità
diverse). Si valuta sia la parte clinica, sia la parte strumentale come l’elettroencefalogramma. Per la
diagnosi ci deve essere:
- Assenza di tutte le funzioni cerebrali, il paziente non deve rispondere agli stimoli;
- Assenza dei riflessi oculomotore, corneale, oculocefalico, oculovestibolare e glossofaringeo,
- Assenza di respirazione autonoma se il paziente viene scollegato dalle macchine (test
dell’apnea);
- Elettroencefalogramma piatto per 6 ore continuative
- Un altro esame importante necessario per la diagnosi