Anteprima
Vedrai una selezione di 9 pagine su 40
Fisiologia: terza parte Pag. 1 Fisiologia: terza parte Pag. 2
Anteprima di 9 pagg. su 40.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Fisiologia: terza parte Pag. 6
Anteprima di 9 pagg. su 40.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Fisiologia: terza parte Pag. 11
Anteprima di 9 pagg. su 40.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Fisiologia: terza parte Pag. 16
Anteprima di 9 pagg. su 40.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Fisiologia: terza parte Pag. 21
Anteprima di 9 pagg. su 40.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Fisiologia: terza parte Pag. 26
Anteprima di 9 pagg. su 40.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Fisiologia: terza parte Pag. 31
Anteprima di 9 pagg. su 40.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Fisiologia: terza parte Pag. 36
1 su 40
D/illustrazione/soddisfatti o rimborsati
Disdici quando
vuoi
Acquista con carta
o PayPal
Scarica i documenti
tutte le volte che vuoi
Estratto del documento

MOVIMENTI SACCADICI e MESSA A FUOCO

I movimenti saccadici sono movimenti del bulbo oculare che ci consentono in modo automatico di

centrare il punto di attenzione nella fovea. Il bulbo oculare deve i suoi movimenti rotatori in senso

orizzontale, verticale e obliquo a 3 gruppi di muscoli:

RETTO MEDIALE E LATERALE, gestiscono i movimenti orizzontali

• RETTO SUPERIORE E INFERIORE, gestiscono quelli verticali

• OBLIQUO SUPERIORE E INFERIORE, gestiscono i movimenti obliqui

Appena osserviamo un punto preciso nello spazio, questi gruppi di muscoli innescano movimenti

rapidissimi, con una latenza bassissima, per indirizzare la fovea su quel punto.

Gli occhi possono girarsi fino ad una angolazione estrema prima di girare la testa verso un punto

che attira la nostra attenzione; se si supera un angolo di 20°, si gira il capo.

Questi movimenti sono automatici e dopo il movimento del capo, i movimenti saccadici focalizzano

di nuovo il punto di attenzione nella fovea. Successivamente, i movimenti saccadici non terminano,

ma diventano più fini per mantenere il punto nella fovea.

La messa a fuoco è gestita dal cristallino: lente trasparente e biconvessa che cambia la sua

curvatura in base alla distanza dell’oggetto interessato. Più la sorgente luminosa è lontana e più il

cristallino si appiattisce per metterla a fuoco nella fovea, più sorgente luminosa è vicina, meno deve

appiattirsi il cristallino per far convergere i raggi nella fovea.

La curvatura del cristallino è gestita dai muscoli che mantengono il cristallino in posizione dietro la

pupilla e contraendosi lo appiattiscono, mentre rilassandosi ne aumentano la curvatura.

Questi muscoli vengono chiamati MUSCOLI CILIARI.

Il meccanismo che consente di regolare la curvatura del cristallino e la messa a fuoco è chiamato

ACCOMODAZIONE, e peggiora con l’avanzare dell’età: più la sorgente è vicina agli occhi, meno

è nitida perché la curvatura assunta dal cristallino non basta a mettere a fuoco l’immagine. Questo

problema è detto PRESBIOPIA.

Il cristallino è la componente più arcaica del nostro organismo, ossia è quella che non cambia nel

corso del tempo a differenze delle altre cellule o strutture che invece si modificano rispetto alla

nascita.

Il cristallino non è innervato e non riceve vasi. Agli scambi provvedono l’umor acqueo (camera

anteriore) e l’umor vitreo.

Il cristallino è costituito da un sacco epiteliale al cui interno vi è una capsula contenente fibre

trasparentiche diventano trasparenti e non cambiano invecchiando, però, il sacco epiteliale si

opacizza e forma la CATARATTA.

Sotto l’epitelio trasparente del cristallino troviamo una capsula, al cui interno ci sono fibre che sono

il risultato della morte delle cellule possedute alla nascita. La cataratta può essere risolta sostituendo

il cristallino con uno artificiale, che però non è molto elastico, infatti ha la capacità di

accomodazione, ma predilige le lunghe distanze quindi sono necessari gli ochiali per la presbiopia.

30

FOTOTRASDUZIONE – STRUTTURA DELLA RETINA E FOTORECETTORI

La retina è formata da diversi tipi di cellule.

Nella parte più profonda della retina si trovano i fotorecettori, in comunicazione con l’ultima cellula

del sistema di comunicazione, che è il neurone gangliare.

I fotorecettori comunicano con il neurone gangliare mediante due sistemi:

VIA ORIZZONTALE, ne esistono due ma quella

più usata è formata dallo strato plessiforme

esterno contenente cellule orizzontali che mettono

in comunicazione i fotorecettori con la via centrale.

L’altra via orizzontale è costituita dallo strato

plessiforme interno contenente cellule amacrine,

la cui funzione è però sconosciuta.

VIA VERTICALE, è caratterizzata dalla

presenza di uno strato intermedio chiamato strato

nucleare interno che contiene cellule bipolari.

Questa è la via più diretta di comunicazione,

perché i fotorecettori scaricano il glutammato sulla

cellula bipolare, che si depolarizza e a sua volta

scarica il neurotrasmettitore sulla cellula gangliare.

La luce proveniente dalla pupilla attraversa tutte le cellule della retina, giunge ai fotorecettori i quali

comunicano con le cellule gangliari. Tutti gli assoni delle cellule gangliari si uniscono per formare il

nervo ottico.

Nella fovea, però, la luce arriva diretta ai fotorecettori perché le altre strutture sono poste

lateralmente e per questo la fovea è il punto di massima acuità visiva.

Forzando invece la formazione dell’immagine sul punto cieco dove

non ci sono fotorecettori, non si crea l’informazione visiva.

Le retina dell’Uomo contiene due tipi di fotorecettori: i bastoncelli

ed i coni. I coni sono respondabili della visione diurna mentre i

bastoncelli assicurano la visione notturna. I bastoncelli sono molto

sensibili alla luce, per cui funzionano bene nelle condizioni di luce

attenuata, quando la maggior parte degli stimoli luminosi è troppo

debole per eccitare il sistema dei coni.

I fotorecettori, dal ciglio in giù, hanno la stessa struttura; ciò che li

distingue sono le specializzazioni apicali. Durante la formazione

della cellula, la membrana si invagina verso l’interno nella zona

apicale, formando le varie pieghe che somigliano ai microvilli.

Le pieghe apicali servono ad aumentare la superficie.

Nel bastoncello le estremità dalle pieghe sono fuse tra di loro e

formano delle cisterne definite Dischi, che galleggiano nel citosol. 31

Anche le estroflessioni vicine al ciglio del bastoncello che non sono fuse , si

fondono con la crescita della cellula che procede dal ciglio e serve a

rinnovare continuamente le strutture come le cisterne.

Nel cono, invece, le estroflessioni non sono fuse tra di loro all’estremità, ma

hanno la stessa funzione di aumentare la superficie.

Le membrane che circondano i dischi, sia quella fusa dei bastoncelli che

quella esterna dei coni, sono utili per fungere da supporto alla molecola che

cattura la luce, la RODOSPINA.

Quest’ultima è una proteina transamembrana a 7 passi, ossia un recettore

metabotropico in grado di trasdurre l’energia di un segnale luminoso in energia

bioelettrica.

Ciò che consente alla rodospina di catturare la luce e trasdurla è un

CROMOFORO, che rappresenta il gruppo prostetico della rodospina ed è la

forma aldeidica della VITAMINA A, ossia il RETINALE.

Nel recettore rodospina è presente il Retinale 11-Cis e quando riceve energia

luminosa, questa molecola ruota intorno ad un singolo legame covalente tra due

carboni e passa all’isomero Retinale tutto-trans.

Più luce arriva alla retina e maggiore è il numero di molecole di retinale 11-cis che

si trasforma in retinale tutto-trans.

Una volta passato alla forma trans, il retinale va incontro ad un’idrolisi spontanea e

diffonde dal cono o bastoncello per raggiunge l’epitelio pigmentato, dove viene

riconvertita nell’isomero 11-cis.

Una volta ripristinata la forma cis, il retinale viene ridato ai fotorecettori.

La rodospina è chiamata così perché è formata da una proteina a7 passi, l’Opsina unita al Retinale.

Come può l’isomerizzazione di una molecola modificare il potenziale di membrana dei

fotorecettori?

Per qualunque neurone il potenziale di membrana a riposo è circa 70mV e con la depolarizzazione,

cresce verso valori positivi quando la cellula viene eccitata e si aprono i canali ionici.

Per i fotorecettori il meccanismo è contrario: al buio le cellule hanno un potenziale di -40mV e

possono iperpolarizzare passando a -70mV con la LUCE.

Questo passaggio, però, avviene in maniera graduale e dipende dalla quantità di luce: più luce arriva

ai recettori della vista più si iperpolarizzano verso il valore di -70mV e non oltre—> Perché?

Nel segmento esterno, dove ci sono i dischi dei fotorecettori, ci sono particolari canali permeabili

al sodio. Al buio tutti questi canali per il sodio sono aperti e consentono l’entrata di sodio nella

cellula per il gradiente elettrochimico, mantenendo la cellula sempre depolarizzata. Il valore del

potenziale non raggiunge quello del pot. Di equilibrio del sodio, che è circa +50mV, come invece

succede in un neurone permeabile al sodio. Quindi deve esistere un meccanismo che contrasti il

raggiungimento di valori positivi così alti del potenziale e mantenga questo al valore di -40mV.

Il segmento esterno dei fotorecettori è collegato al segmento interno mediante una strozzatura

chiamata CIGLIO. Questa strozzatura consente ai recettori di avere una composizione di canali

ionici nel segmento esterno diversa da quella del segmento interno.

Nel segmento esterno sono contenuti i canali ionici permeabili al sodio che sono del tutto aperti al

buio (in teoria la cellula dovrebbe depolarizzarsi fino a raggiungere il potenziale di equilibrio del

sodio, ma questo non avviene). Il flusso di sodio che entra mediante i canali raggiunge il segmento

interno attraverso il ciglio e depolarizza anche questo tratto della cellula; depolarizzando il

segmento interno si crea una fuga di potassio, perché a questo livello sono presenti canali ionici

permeabili al potassio. Quindi appena il potenziale di membrana al buio si sposta da - 70 a -40mV

a causa del flusso di ione sodio vero l’interno del segmento esterno, a livello del segmento interno il

potassio (non più in equilibrio) inizia ad uscire dalla cellula. 32

Questi movimenti ionici hanno il compito di mantenere al buio il potenziale di membrana a -40mV.

Se il flusso di ioni sodio continua, ad un certo punto il citosol sarà molto ricco di sodio rispetto

all’esterno e quindi lo ione smette di entrare nella cellula. La stessa cosa vale per il potassio, il quale

si concentra all’esterno. Quando c’è un inversione dei gradienti del sodio e del potassio entra in

azione la pompa sodio potassio che ristabilisce i normali gradienti e consente ai flussi ionici di non

bloccarsi, affinché mantengono il potenziale a -40mV al buio.

Questo è quello che succede ai fotorecettori al buio.

Abbiamo visto che il potenziale può passare da -40mV fino a -70mV.

Il meccanismo è dovuto ancora una volta ai canali del sodio: dato che questi canali sono

responsabili della depolarizzazione della cellula fino a -40mV, affinchè avvenga

l’iperpolarizzazione fino al valore di -70mV, i canali del sodio devono chiudersi.

I canali del sodio sono aperti al buio perché sono canali a controllo chimico, ma la luce e il buio non

sono segnali chimici! Il responsabile dell’apertura dei canali del sodio è il GMPc.

I canali del sodio sono canali

Dettagli
Publisher
A.A. 2016-2017
40 pagine
SSD Scienze biologiche BIO/09 Fisiologia

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher evelinxd di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Fisiologia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi "Carlo Bo" di Urbino o del prof Sartini Stefano.