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IL CONTROLLO POSTURALE

La postura è una posizione o un assetto del corpo che si mantiene per un tempo prolungato.

Il baricentro di un corpo è il punto di applicazione della forza peso, ovvero la risultante delle forze

peso dei singoli segmenti corporei.

Una leva è una macchina semplice che consente di svolgere un lavoro applicando una forza minore,

sfruttando la presenza di un braccio. Una leva è vantaggiosa quando il braccio della potenza è

maggiore rispetto a quello della resistenza. Un sistema è in equilibrio quando il prodotto tra forza

della potenza e il suo braccio è equivalente al prodotto tra forza e braccio della resistenza: Fp·Bp =

Fr·Br.

Esistono tre tipi di leve:

- leva di primo genere: il fulcro è posto tra potenza e resistenza (può essere vantaggiosa o

svantaggiosa);

- leva di secondo genere: la resistenza è posta tra fulcro e potenza (è sempre vantaggiosa);

- leva di terzo genere: la potenza è posta tra fulcro e resistenza (è sempre svantaggiosa).

Il corpo umano ha forma irregolare e massa distribuita in modo asimmetrico, quindi il baricentro è

di difficile individuazione. Convenzionalmente è posto a livello del nucleo polposo tra D9 e D10 e

sinfisi pubica. Si definiscono linee gravitarie le risultanti delle diverse forze che operano per

mantenere il corpo in equilibrio.

Nell’uomo la struttura scheletrica non permette il mantenimento di una postura poiché la forza peso

del corpo flette le articolazioni: una postura è possibile grazie alla continua contrazione tonica della

muscolatura antigravitaria (estensori degli arti inferiori, del rachide e del collo).

La stazione eretta è mantenuta grazie alle correzioni delle oscillazioni antero-posteriori e latero-

laterali, facendo cadere la proiezione del baricentro all’interno del poligono di appoggio, secondo il

modello del pendolo inverso. In questo modello l’essere umano è paragonato ad un pendolo il cui

fulcro è posto a terra.

Il controllo posturale si realizza attraverso meccanismi di feedback e feedforward (anticipatori).

I meccanismi di feedback permettono attività posturali riflesse che agiscono maggiormente

attraverso meccanismi sottocorticali, ma che possono essere apprese ed adattabili. Lo scopo è il

mantenimento di uno status quo basato su informazioni sensoriali (propriocettive, vestibolari,

visive) riguardanti la posizione delle varie parti del corpo le une rispetto alle altre (coordinate

egocentriche), rispetto alla direzione della forza di gravità (coordinate geocentriche) e rispetto

all’ambiente circostante (coordinate exocentriche).

I meccanismi di feedforward si instaurano a livello corticale e cerebellare e agiscono sui riflessi

posturali, producendo risposte di tipo anticipatorio adattabili alle diverse condizioni ambientali e

basate su meccanismi di apprendimento e memoria. Questi meccanismi non implicano la necessità

di un controllo consapevole, ma inducono movimenti automatici. Gli aggiustamenti anticipatori

precedono il movimento. Il cervelletto è in grado di monitorizzare l’esecuzione di un gesto motorio

comparando il comando con i suoi effetti e generando eventualmente segnali d’errore.

Esistono tre livelli di controllo automatico fondati sul rilevamento e sulle correzioni delle

deviazioni dall’assetto voluto:

1) controllo spinale;

2) controllo vestibolare;

3) controllo visivo.

Per parlare di risposta spinale è necessario introdurre il concetto di fuso neuromuscolare.

I fusi neuromuscolari sono recettori di stiramento, disposti in parallelo rispetto alle fibre muscolari

(dette extrafusali). Il fuso è formato da una capsula connettivale che contiene delle fibre muscolari

striate intrinseche, dette intrafusali. Esistono due tipi di fibre intrafusali: a catena nucleare e a borsa

nucleare. Le fibre a catena presentano nuclei disposti in un'unica fila, mentre in quelle a borsa i

nuclei sono localizzati nella regione equatoriale. Generalmente nei mammiferi ogni fuso

neuromuscolare è costituito da due fibre a borsa e un numero variabile (in genere cinque) di fibre a

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catena. La loro scarica è di natura fasica: la frequenza è elevata al momento in cui inizia lo

stiramento ed è proporzionale alla velocità con cui lo stiramento viene effettuato.

Il fuso presenta una doppia innervazione: una componente sensitiva (o afferente) e una componente

motoria (efferente). La componente afferente è rappresentata da due gruppi di fibre: Iα e II.

La componente motoria è invece rappresentata dai motoneuroni γ e dai loro prolungamenti, che

innervano la parte contrattile delle fibre intrafusali, presente all’estremità del fuso. Le fibre γ si

possono distinguere in statiche e dinamiche. Quando, durante l’esecuzione di un atto motorio, la

lunghezza del muscolo cambia lentamente ed in modo prevedibile, si attivano i motoneuroni γ

statici; al contrario, se durante il movimento il muscolo cambia lunghezza in modo rapido e non

prevedibile si attivano i motoneuroni γ dinamici.

Lo stimolo adeguato per il fuso neuromuscolare è l’allontanamento delle anulospire, che può essere

causato da due eventi: l’allungamento delle fibre extrafusali e la contrazione della parte contrattile

delle fibre intrafusali. L’allungamento delle fibre extrafusali può essere causato dall’allungamento

del muscolo o da una forza esterna applicata al tendine: le anulospire si allontanano provocando una

scarica a frequenza proporzionale all’allungamento subito. La serie di potenziali d’azione raggiunge

le corna posteriori del midollo spinale, attivando il motoneurone α il cui prolungamento raggiunge

le fibre extrafusali del muscolo, determinandone la contrazione. La contrazione del muscolo

determina l’avvicinamento delle anulospire, interrompendo il circuito. Questo meccanismo prende

il nome di riflesso miotatico (o riflesso da stiramento).

L’altra causa di allontanamento delle anulospire è la scarica dei motoneuroni γ, che provoca la

contrazione della parte contrattile del fuso neuromuscolare e l’allontanamento delle anulospire

Il tono muscolare è il grado di contrazione minimo del muscolo a riposo. La scarica γ non nasce a

livello periferico, ma a livello centrale. È la risultante di EPSP e IPSP che derivano da strutture

facilitatorie ed inibitorie.

A monte dei motoneuroni è presente un meccanismo di inibizione: una fibra afferente eccita non

solo il motoneurone α, ma anche un interneurone inibitore tramite una via collaterale.

L’interneurone inibitore inibisce a sua volta un motoneurone il cui prolungamento innerva un

gruppo di fibre muscolari antagoniste.

Esiste anche un meccanismo di inibizione a valle del motoneurone che prende il nome di inibizione

ricorrente. Il neurone inibitore (cellula di Renshaw) trasmette impulsi inibitori al motoneurone

eccitatorio attraverso un meccanismo di feedback negativo e ai motoneuroni limitrofi. Di

conseguenza la scarica del primo motoneurone viene limitata e quella degli altri motoneuroni

depressa o abolita. Questo è uno dei motivi per cui un muscolo isolato è in grado di generare una

forza massima maggiore di un muscolo innervato (meccanismo intensivo di graduazione della forza

muscolare). Il motoneurone α è la via ultima comune, cioè il livello in cui avviene la sommatoria

algebrica di tutti gli EPSP e IPSP.

I centri nervosi deputati al controllo posturale sono localizzati nel tronco cerebrale. Se viene

considerato un preparato spinale si ha flaccidità, poiché il midollo spinale da solo non è in grado di

fornire informazioni sufficienti. Se la sezione avviene sopra il midollo allungato (preparato

decerebrato) si ha ipertono poiché il bulbo ha azione facilitante. Togliendo anche il cervelletto

(preparato decerebrato e decerebellato) si ha ipertono massimo. Il cervelletto ha quindi azione

inibente. Gli esperimenti si effettuano sui quadrupedi poiché i bipedi non si reggerebbero in piedi.

La contrazione muscolare è specchio della frequenza di scarica dei motoneuroni α che sono la via

finale comune. Se questi scaricano in modo eccessivo (ipertono del muscolo) significa che qualche

struttura inibente è alterata; più raramente la causa è addebitata ad un’eccessiva attività di strutture

facilitatorie. Se il motoneurone α scarica poco (flaccidità del muscolo) qualche struttura facilitante

non funziona a dovere.

Il riflesso da stiramento costituisce il primo grado di stabilizzazione in quanto risponde a

perturbazioni che producono stiramento generando una risposta correttiva che si autolimita. Infatti

dopo la correzione i segmenti risultano in asse e non sussiste la scarica dei fusi. 2

L’efficacia del riflesso dipende da quanto è in grado di incrementare l’elasticità dei muscoli. La

risposta riflessa viene amplificata a fini posturali, ma deve essere depressa quando si cerca la

mobilità articolare (durante l’esecuzione di un movimento volontario conviene ridurre al minimo la

resistenza alla rotazione articolare).

Il sistema vestibolare rileva le variazioni dell’orientamento del capo nello spazio, ai fini

dell’equilibrio e della postura. Lo stimolo adeguato per i recettori del sistema vestibolare è

l’accelerazione, cioè la variazione di velocità angolare della testa.

I segnali originati dall’apparato vestibolare inducono movimenti della testa e degli occhi atti a

fornire alla retina immagini visive stabili e contribuiscono al controllo fine della postura per il

mantenimento della stazione eretta.

Il sistema vestibolare è formato da tre canali semicircolari membranosi (posti all’interno di tre

canali semicircolari ossei), sacculo e utricolo. È contenuto all’interno del labirinto membranoso

(localizzato all’interno del labirinto osseo), insieme al canale cocleare membranoso, che accoglie

l’organo dell’udito.

I tre canali semicircolari ossei descrivono ciascuno circa due terzi di una circonferenza e presentano

ad una estremità una dilatazione chiamata ampolla. I tre canali sono orientati su tre piani ortogonali

tra loro, con un’angolazione di 45°. Nello spazio tra i canali ossei e quelli membranosi è presente la

perilinfa, mentre all’interno dei canali membranosi si trova l’endolinfa.

A livello della dilatazione ampollare del canale osseo la parete di ogni canale membranoso presenta

una piega che sporge internamente formando la cresta ampollare, il cui asse è trasversale rispetto a

quello del canale. Uno strato gelatinoso, la cupola ampollare, riveste la superficie della cresta. La

cresta ampollare è un epitelio sensoriale formato da cellule cigliate a forma di pera (I tipo) o

cilindriche (II tipo), che si interpongo

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A.A. 2012-2013
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SSD Scienze biologiche BIO/09 Fisiologia

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Paraz92 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Fisiologia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano o del prof Gussoni Maristella.