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CONSEGUENZA, IN PRESENZA DI UNA COSTANTE PRESSIONE IDROSTATICA DEL CAPILLARE
GLOMERULARE, UNA MAGGIORE VELOCITA' DI FLUSSO EMATICO NEL GLOMERULO TENDE
AD AUMENTARE LA VFG E UNA MINORE VELOCITA' DI FLUSSO TENDE A DIMINUIRE LA VFG.
• Aumento/diminuzione della pressione idrostatica capillare → le modificazioni della
pressione idrostatica glomerulare, sono il principale sistema di regolazione fisiologica della
VFG. Aumenti della pressione idrostatica capilare fanno aumentare la VFG, mentre
diminuzioni della pressione idrostatica capillare fanno diminuire la VFG. La pressione
idrostatica capillare è determinata da 3 fattori, ognuno dei quali, è sotto un controllo
fisiologico. Questi fattori sono: la PRESSIONE ARTERIOSA; la RESISTENZA DELL'ARTERIOLA
AFFERENTE; la RESISTENZA DELL'ARTERIOLA EFFERENTE. Se aumentiamo la pressione
arteriosa sistemica, anche la pressione idrostatica capillare tende ad aumentare, e con essa
la VFG. L'aumento della resistenza dell'arteriola afferente, riduce la pressione idrostatica
capillare, e con essa la VGF. Viceversa, una vasodilatazione dell'arteriola afferente
deterimina un aumento della pressione idrostatica capillare, e quindi un aumento della
VFG. La vasocostrizione dell'arteriola efferente, aumenta la resistenza all'efflusso di sangue
dai capillari glomerulari. Ciò determina un aumento della pressione idrostatica capillare ed
un leggero aumento della VFG. È opportuno sottolineare che la vasocostrizione
dell'arteriola efferente, riduce anche il flusso ematico renale, con un conseguente aumento
della frazione di filtrazione e della pressione oncotica capillare. Perciò, se la vasocostrizione
è intensa, l'aumento della pressione oncotica glomerulare supera il valore della pressione
idrostatica glomerulare, con una conseguente diminuzione della VFG (effetto BIFASICO
della vasocostrizione).
Flusso ematico renale
In un uomo normale di 70 kg, il flusso ematico totale, attraverso entrambi i reni, riceve circa il 20%
della gittata cardiaca, pari a 1200 mL/min. Come per gli altri tessuti, il flusso sanguigno rifornisce i
reni di nutrienti e rimuove i prodotti di scarto. Se consideriamo però che i reni pesano solo lo 0,4%
del peso corporeo totale, è chiaro che essi ricevono più sangue di quanto ne hanno bisogno
realmente per soddisfare i loro bisogni metabolici. Il significato fisiologico di questo flusso
addizionale, è fornire plasma sufficiente per l'elevata VGF, necessaria per permettere un'accurata
regolazione del volume dei liquidi corporei. Lo stesso discorso, può essere fatto per il consumo di
ossigeno: i reni consumano ossigeno ad una velocità doppia rispetto a quella del cervello, ma allo
stesso modo, ricevono 7 volte la quantità di ossigeno che riceve il cervello. L'ossigeno che giunge ai
reni, dunque, supera molto le loro necessità metaboliche: una grossa frazione dell'ossigeno
consumato dai reni, è correlata all'elevata velocità di riassorbimento attivo del sodio, operato dai
tubuli renali.
Il flusso ematico renale, è determinato dal gradiente di pressione lungo i vasi renali (differenza di
pressione tra arteria e vena renale), diviso la resistenza vascolare renale totale. La pressione
nell'arteria renale è pari a circa 100 mmHg, mentre quella nella vena renale è pari a 3-4 mmHg. La
resistenza vascolare renale, è determinata da tre strutture, ovvero, le arterie interlobulari e le
arteriole afferenti ed efferenti, tutte sotto il controllo del sistema nervoso ortosimpatico. Anche se
i cambiamenti della pressione arteriosa hanno qualche influenza sul flusso ematico renale, i reni
hanno meccanismi efficaci di AUTOREGOLAZIONE per mantenere relativamente costante sia il
flusso ematico, sia la VFG, per intervalli pressori che vanno dagli 80 ai 170 mmHg.
• Autoregolazione del flusso ematico renale → in linea generale, i meccanismi intrinseci a
feedback dei reni, mantengono il flusso ematico renale e la VGF relativamente costanti,
nonostante marcate variazioni della pressione arteriosa (intervalli che vanno dagli 80 ai 170
mmHg). La relativa costanza del flusso ematico e della VFG è detta AUTOREGOLAZIONE.
Per svolgere la funzione di autoregolazione, i reni sfruttano il meccanismo a feedback che
lega le modificazioni della concentrazione di CLORURO DI SODIO a livello della MACULA
DENSA, al controllo della resistenza delle arteriole. Questo meccanismo a feedback aiuta a
mantenere relativamente costante la quantità di cloruro di sodio che arriva al tubulo distale
e a prevenire fluttuazioni casuali della sua escrezione. Questo meccanismo a feedback ha
due componenti che agiscono sinergicamente, per controllare la VFG: meccasismo a
feedback sull'arteriola afferente; meccanismo a feedback sull'arteriola efferente. Entrambi
questi meccanismi dipendono da una particolare struttura, che prende il nome di
COMPLESSO JUXTAGLOMERULARE. Questo complesso è formato dalle cellule della macula
densa, che si trovano nella porzione iniziale del tubulo distale, e dalle cellule
juxtaglomerulari che si trovano nella parete dell'arteriola afferente ed effernte. Le cellule
della macula densa, nella fattispecie, sono in grado di recepire le modificazioni
dell'ultrafiltrato che arriva nel tubulo distale. Se la pressione arteriosa diminuisce,
assistiamo anche ad una diminuzione della pressione idrostatica glomerulare, che
deterimina una abbassamento della VFG. Una diminuita VFG rallenta la velocità
dell'ultrafiltrato glomerulare, durante il transito nell'ansa di henle. Ciò determina un
aumento del riassorbimento di ioni sodio e cloro, riducendo così la concentrazione di
cloruro di sodio a livello della macula densa. La riduzione di concentrazione di cloruro di
sodio, genera un segnale, da parte della macula densa, che ha un duplice effetto: da una
parte diminuisce la resistenza al flusso sanguigno nelle arteriole afferenti, il che determina
un aumento della pressione idrostatica glomerulare; dall'altra aumenta la liberazione di
RENINA dalle cellule juxtaglomerulari delle arteriole afferenti ed efferenti. La renina, è un
enzima in gradi di aumentare la sintesti di ANGIOTENSINA I, che viene successivamente
convertita ad ANGIOTENSINA II. Questa in particolare, determina la vasocostrizione delle
arteriole efferenti, con un conseguente aumento della pressione idrostatica glomerulare.
Entrambe le componenti a feedback quindi, aumentando la pressione idrostatica
glomerulare, determinano un aumento della VFG, che può quindi tornare ai suoi livelli
fisiologici.
Un'altro meccanismo che contribuisce ala mantenimento di un flusso ematico renale e di
una VFG relativamente costante, è legato alla capacità dei singoli vasi di resistere alla
distensione causata da un aumento della pressione arteriosa. Questo fenomeno prende il
nome di MECCANISMO MIOGENO (o di Bayliss): studi sulla parete dei vasi, hanno
dimostrato che in tutto l'organismo, essi rispondono all'aumentata distensione delle pareti,
causata dall'aumento pressorio, con una contrazione della muscolatura liscia, che va ad
impedire l'eccessiva distensione del vaso, e allo stesso tempo, aumentando la resistenza
vascolare, aiuta a prevenire eccessivi aumenti del flusso ematico renale e della VFG.
Clearance renale
La cleareance è un parametro fondamentale nella fisiologia renale, che ci permette di capire
l'efficienza con cui i reni riescono a “ripulire” il sangue che ricevono. Per definizione, la
CLEAREANCE RENALE DI UNA SOSTANZA, E' IL VOLUME DI PLASMA CHE VIENE COMPLETAMENTE
DEPURATO DA ESSA NELL'UNITA' DI TEMPO:
Clearance della sostanza S = V /ΔT
plasma depurato dalla sostanza s
Questo concentto è in qualche modo astratto in quanto non esiste un singolo volume di plasma,
che sia stato completamente privato di una sostanza. Per illustrare il principio della clearance,
consideriamo il seguente esempio: se il plasma che passa attraverso i reni, contiene 1 mg di una
sostanza per ogni mL di plasma, e se il milligrammo di questa sostanza è anche escreto con le urine
ogni minuto, allora 1 mL/min di plasma, è depurato da questa sostanza (in sostanza la quantità di
sostanza eliminata dal plasma, la ritroviamo nella secrezione urinaria). Il termine clearance si
riferisce quindi al volume di plasma che deve passare nei reni, per fornire la quantità di sostanza
che viene escreta con l'urina nell'unità di tempo. In termini matematici:
C x P = U x V
s s s
In questa formula, C è la clearance della sostanza S; la P è la concentrazione plasmatica della
s s
sostanza S; la U è la concentrazione urinaria della sostanza S; V è la velocità del flusso urinario. Se
s
esprimiamo l'equazione in funzione della clearance, abbiamo:
C = (U x V)/P
s s s
Modificazioni operate dai tubuli sul filtrato glomerulare
Quando il filtrato glomerulare entra nei tubuli renali, esso fluisce in sequenza nei vari tratti del
sistema tubulare. Lungo questo percorso, alcune sostanze vengono selettivamente riassorbite dai
tubuli nel flusso sanguigno, mentre altre vengono secrete nel lume tubulare. Alla fine, l'urina che si
forma e tutte le sostanze in essa presenti, rappresentano la somma dei tre processi di base:
filtrazione glomerulare, riassorbimento tubulare, secrezione tubulare. La figura qui in basso,
mostra il bilancio finale di alcune sostanze, dopo aver subito i tre processi appena descritti.
Meccanismi generali del riassorbimento tubulare
Affinchè una sostanza sia riassorbita, deve essere traportata prima attraverso le membrane
dell'epitelio tubulare, nell'interstizio renale, e poi attraverso la parete dei capillari peritubulari, nel
sangue. Il riassorbimento di acqua e di soluti quindi, avviene in fasi successive. Il riassorbimento, in
linea generale, include sia trasport attivi, sia trasporti passivi, che possono esplicarsi sia attraverso
la membrana delle cellule (via transcellulare), sia attraverso gli spazi giunzionali tra le cellule (via
paracellulare). Una volta che le sostanze sono state riassorbite nell'interstisio renale, passano nel
sangue per ULTRAFILTRAZIONE: i capillari peritubulari infatti, si comportano come l'estremità
venosa dei capillari sistemici, dove esiste una pressione netta di riassorbimento, che muove i
liquidi e i soluti dall'interstizio, nel sangue.
• Il ruolo del trasporto attivo → attraverso il trasporto attivo, è possible trasportare un
soluto contro il suo gradiente elettrochimico, e richiede energia derivante dal metabolismo.
Un trasporto attivo, accoppiato direttamente con una fonte di energia, come ad esempio
l'idrolisi di ATP, viene chiamato TRASPORTO ATTIVO PRIMARIO. Un trasporto accoppiato
indirettamente ad una fonte di energia, come quello dovuto ad un gradiente ionico, viene
detto TRASPORTO ATT