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Estratto del documento

PDGF, CSF, VEGF;

Formano i componenti molecolari della membrana basale.

Se il capillare è il luogo dove il plasma si mette in equilibrio con il liquido

extracellulare occorre studiare i modi e le vie attraverso cui avvengono questi

scambi:

Attraverso le cellule endoteliali;

• Lungo la membrana delle cellule endoteliali: una molecola liposolubile

si scioglie nel doppio strato lipidico della cellula endoteliale e siccome

questo è fluido questa molecola può percorrere la membrana facendo il

giro ed uscendo dall'altra parte;

Attraverso gli spazi giunzionali fra cellule endoteliali;

Nel caso della transcitosi la molecola transitante viene inglobata all'interno di

una vescicola costituita da membrana: questa non viene a contatto con il

citosol della cellula, rimane a tutti gli effetti nello spazio extracellulare.

Le piccole molecole tipo l'ossigeno, l'azoto e la CO2 passano attraverso le

cellule endoteliali: le piccole molecole passano bene attraverso le membrane,

l'O2 transita molto bene perché essendo una molecola non polare si scioglie

bene nella componente lipidica (il CO2 pur essendo polare, è abbastanza

piccolo e riesce a passare). Le medie molecole lipofile si sciolgono all'interno

della membrana e per diffusione laterale vengono rilasciate dall'altra parte

(acidi grassi, vitamine liposolubili). Ioni e piccole molecole idrofile passano

attraverso gli spazi giunzionali tra cellula e cellula. Piccole proteine (poche

migliaia di Dalton, gli ormoni proteici come l'insulina, il glucagone, …)

possono passare attraverso giunzioni larghe.

Quali sono i meccanismi, le forze che spingono la molecola attraverso una di

queste via ad uscire dal plasma e raggiunge il liquido extracellulare?

Transcitosi;

• Diffusione: passaggio di singole molecole secondo gradiente di

concentrazione. In presenza di una membrana semipermeabile, le

molecole si muovono secondo gradiente di concentrazione e il flusso di

molecole è proporzionale alla differenza di concentrazione (prima legge

di Fick);

Filtrazione: passaggio in massa di acqua secondo gradiente di

pressione che trascina i soluti. Il passaggio dal plasma al liquido cellulare

dell'acqua trascina con se tutto ciò che c'è disciolto al suo interno. Le vie

di passaggio sono le stesse a quelle della diffusione semplice: queste

molecole però non si muovono secondo gradiente di concentrazione ma

secondo il flusso di acqua. La filtrazione avviene grazie ad una forza che

spinge, una pressione: precisamente si deve considerare la pressione

idrostatica e la pressione oncotica (pressione osmotica dovuta alle

proteine: tutte le proteine vengono mantenute all'interno del plasma,

tranne quelle trasportate per transcitosi). Una pressione oncotica

impedisce all'acqua di fuoriuscire dal vaso (25-26 mmHg). Si ha poi una

pressione idrostatica (35-38 mmHg): all'inizio del capillare la pressione

idrostatica tende a spingere l'acqua al di fuori del capillare, alla fine del

capillare dal pressione idrostatica è ridotta a 20 mmHg. Nella prima parte

del capillare la pressione idrostatica tende a far uscire l'acqua dal

capillare, alla fine la maggiore pressione oncotica favorisce il suo rientro.

Il liquido extracellulare viene quindi ricambiato continuamente.

La linfa è un liquido che viene continuamente generato e sostanzialmente è

liquido interstiziale (extracellulare). Questo liquido scorre in un sistema di tubi

a circolazione unidirezionale: inizia a fondo cieco in capillari che originano in

mezzo ad altri tessuti. Questi capillari convergono nei vasi linfatici (vengono

chiamate vene linfatiche) che convergono a loro volta in vasi sempre più

grossi fino a confluire in due vasi terminali che sono il dotto linfatico e la

grande vena linfatica (dx e sx del mediastino) che sboccano alla confluenza

tra la vena succlavia e la giugulare, nella parte subito sopra il termine della

circolazione venosa (sopra il piano di indifferenza idrostatica, un punto in cui

la pressione è inferiore allo zero).

Il liquido extracellulare entra all'interno del capillare linfatico attraverso gli

spazi intercellulari dell'endotelio: ogni giorno vengono riversati nei vasi

linfatici circa 2 litri di liquido extracellulare. Lungo i vasi linfatici sono interposti

degli organelli chiamati linfonodi. I vasi linfatici riforniscono di linfa la faccia

complessa del linfonodo: la stessa uscirà dall'ilo presente nella faccia

concava. Scorrendo all'interno del linfonodo, la linfa si arricchisce delle

molecole prodotte dal linfonodo (una classe di linfociti). I vasi linfatici sono

importanti soprattutto nelle gambe, dov'è più difficile il ritorno venoso (c'è una

doppia via per il ritorno, sanguigna e linfatica). Per la circolazione linfatica

manca una pompa vera e propria come il sangue lo è per la circolazione

sanguigna. Il primo parametro da considerare è il punto a bassissima

pressione del punto di sbocco della via linfatica: basta una piccola pressione

per condurre la linfa verso questo punto, data la bassa pressione. Nel

capillare linfatico ci sono delle microvalvole, date da una particolare

disposizione delle cellule epiteliali che sono giustapposte: la porzione che

sporge nel vaso permette l'ingresso del liquido all'interno e ne impedisce la

fuoriuscita fintanto che la pressione al suo interno è minore di quella presente

nel vaso sanguigno. Sono inoltre presenti delle valvole vere e proprie ad

impedire il reflusso secondo gravità e per le contrazioni muscolari.

Le arterie pulsano (pressione pulsatile) e dilatano la loro parete: questa

distensione del vaso sanguigno determina la compressione del vaso linfatico

adiacente, quindi lo spostamento della linfa presente al suo interno. Lo stesso

discorso vale per la contrazione del muscolo scheletrico e la deformazione

data dal movimento passivo (massaggio). Ulteriore elemento è dato dalla

differenza di pressione nella cavità toracica rispetto a quella addominale. I

principali linfonodi sono localizzati sotto le ascelle, nel pube (punti di

congiunzione dei segmenti corporei), nell'intestino, intorno alle vie aeree, nel

basso collo e negli organi linfoidi (tonsille).

La respirazione polmonare ha tre funzioni vitali: il trasferimento di

ossigeno dall'aria atmosferica a tutte le singole cellule, il trasferimento

della CO2 prodotta dalle cellule all'aria atmosferica, la regolazione e il

mantenimento del pH extracellulare (quello intracellulare è regolato dalla

cellula stessa). Tra le altre funzioni si annoverano la partecipazione alla

termoregolazione (termodispersione, il mantenimento della temperatura

del nucleo termico dato dalla testa e dal tronco), la contribuzione alla

funzione cardiovascolare, la partecipazione al bilancio idrico (con

l'espirazione) e la fonazione.

Le fasi della respirazione sono gli atti respiratori, formati da una

inspirazione ed una espirazione, assunzione ed eliminazione di una parte

di aria dagli alveoli polmonari. L'aria che io inspiro ad ogni atto respiratorio

si va a mescolare con l'aria rimasta negli alveoli dalle inspirazioni

precedenti: l'aria che si rinnova, a riposo, rappresenta solo il 20%. La

terza fase comprende lo scambio dei gas respiratori. La quarta prevede il

trasporto dell'ossigeno dai capillari alveolari ai capillari tissutali dove viene

ceduto. Per ultimo, la diffusione dell'ossigeno alla cellula.

L'ossigeno serve in diverse situazioni ma la gran parte dell'ossigeno

occorre al mitocondrio (all'interno della membrana mitocondriale) della

cellula come accettore ultimo di elettroni nella catena di trasporto degli

elettroni che si combina con l'idrogeno per formare acqua. La CO2 viene

formata nei processi di decarbossilazione ossidativa (la CO2 è il massimo

stato di ossidazione del carbonio).

Dal punto di vista emodinamico, la pressione nel circolo polmonare è

molto bassa. La pressione media nell'arteria polmonare è intorno ai 15

mmHg, diminuisce nelle arteriole (la diminuzione è meno ripida rispetto a

quella nel grande circolo perché le resistenze nel circolo polmonare sono

molto minori e la pulsione nelle arteriole si mantiene nella circolazione

polmonare). Nei capillari polmonari si ha come pressione media 6-7

mmHg (9 cm di acqua), in condizione di riposo, in diminuzione dall'inizio

alla fine del capillare, oscillanti dato l'andamento pulsatorio: non si

considera la componente gravitaria della pressione. Spostandoci verso la

base del polmone (è un organo lungo) la pressione nei capillari aumenta,

verso l'apice invece la pressione nei capillari polmonari diventa 0, ovvero

uguale alla pressione atmosferica, se non negativa. All'apice del polmone

c'è una piccola zona in cui i capillari della circolazione polmonare sono

chiusi proprio per questo motivo: collassano per differenza di pressione. In

una zona del polmone i capillari polmonare sono chiusi nel momento di

pressione minima e si aprono nel momento in cui la pressione pulsatoria

si alza. Vedere lo spazio morto fisiologico nel box accanto.

L'espansione fisiologica del polmone verso la superficie interna della

gabbia toracica è dovuta alla differenza di pressione tra quella negli alveoli

polmonari (pressione atmosferica) e quella intrapleurica (negativa, minore

di quella atmosferica). Durante l'inspirazione, i muscoli dilatano e

ingrandiscono la gabbia toracica, portandosi dietro la pleura parietale

attaccata alla gabbia toracica. Dilatandosi, lo spazio intrapleurico aumenta

e la pressione diminuisce, determinando un'ulteriore espansione del

polmone.

Le forze che determinano l'effettivo volume del polmone sono:

Pressione transmurale;

• Elasticità del tessuto polmonare: il tessuto connettivo che

circonda i bronchi, i vasi e gli alveoli, ha una componente elastica

molto rappresentata. Nel momento in cui stendo questo tessuto, una

forza elastica tende a riportarlo nello stato iniziale (energia potenziale

elastica). L'elasticità del polmone tende a far assumere al polmone

una dimensione minore di quella che vediamo all'interno della gabbia

toracica: in qualunque momento dell'atto respiratorio, il polmone

tende a collassare grazie alla sua elasticità;

Tensione superficiale all'interfaccia acqua-aria alveolare: la

tensione superficiale è la forza per unità di lunghezza che tende a

ridurre al minimo la superficie di un'interfaccia tra fluidi, o tra fluido e

solido (in questo caso acqua aria). Questa è dovuta al fatto che le

molecole d'acqua superficiali, a differenza di tutte le altre che sono

tirate in tutte le direzioni (risultante nulla), hanno mol

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A.A. 2015-2016
112 pagine
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SSD Scienze biologiche BIO/09 Fisiologia

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Zell15 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Fisiologia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi "Carlo Bo" di Urbino o del prof Cuppini Riccardo.