Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
GAP.
I muscoli lisci possono essere divisi in due gruppi:
1. Il muscolo liscio unitario. E’ costituito da cellule collegate fra loro, tramite GAP
junctions, a formare degli strati sovrapposti. Il numero delle innervazioni che
raggiungono questo tipo di parete è abbastanza modesto e costituito da ingrossamenti
della fibra nervosa autonoma, che rilascia PdA sulle cellule superficiale; le cellule più
profonde ricevono stimoli da quelle superficiali, proprio grazie alle GAP junctions.
Un tipo parete cellulare di questo genere, quindi, lavora in modo coordinato, proprio
come le cellule cardiache. Questo tipo di muscolo può presentare anche attività
spontanea; in altre parole, può provocare PdA autonomi (PdA pacemaker), che si
originano sul muscolo stesso. Infine, questi muscoli sono molto sensibili allo
stiramento. Lo stiramento, infatti, provoca l’apertura di alcuni canali di membrana, i
quali fanno partire un PdA, anche senza aver ricevuto un segnale elettrico (molto
simile al muscolo cardiaco).
2. Il muscolo liscio multiunitario. Qui, le cellule sono molto lontane le une dalle altre e
non hanno collegamenti fra di loro. E’ necessario, dunque, che ogni cellula venga
raggiunta da una terminazione nervosa. In questo tipo di muscoli non si manifesta mai
sensibilità allo stiramento e non presenta attività volontaria (molto simile al muscolo
scheletrico).
Organizzazione dell’apparato contrattile e contrazione
Il sistema contrattile del muscolo liscio è costituito da filamenti spessi poco numerosi e da
filamenti sottili molto presenti, ancorati a corpi densi del citoplasma. Troviamo, inoltre,
alcuni filamenti intermedi (vimentina e desmina), che hanno lo scopo di collegare i corpi
densi fra loro. Si viene, dunque, a creare una sorta di rete che produrrà una contrazione del
tipo raggrinzimento: la cellula liscia si raggrinzisce e, da un aspetto allungato, assume un
aspetto globoso.
Per quanto riguarda l’interazione molecolare, anche qui il filamento spesso presenta le testa
di miosina che sporgono e che vanno a legarsi sui siti di legame sul filamento di actina e
determinano il movimento. La modalità con cui viene messa in relazione lo stimolo che
innesca la contrazione e la contrazione stessa è molto articolata.
E’ sufficiente una depolarizzazione della membrana (non necessariamente un PdA) per
determinare un aumento della concentrazione di calcio e provocare la contrazione. Vediamo
quali sono le varie modalità di depolarizzazione.
Alcune cellule muscolari lisce rispondono allo stiramento: una deformazione della membrana
cellulare che provoca l’apertura di alcuni canali meccano-dipendenti, i quali si fanno
attraversare da ioni positivi in ingresso, provocando una depolarizzazione.
Alcune cellule sono sensibili all’azione di neurotrasmettitori: presentano sulla membrana dei
recettori per alcuni neurotrasmettitori e, nel momento del legame, provocano delle
depolarizzazioni e, dunque, dei potenziali postsinaptici eccitatori, inducendo il rilascio del
calcio. Altre cellule ancora producono, invece, autonomamente dei PdA: hanno un potenziale
di membrana instabile, che va incontro costantemente a squilibri tali da provocare PdA
(scariche pacemaker).
Accoppiamento eccitazione-contrazione nel muscolo liscio
Alla depolarizzazione della membrana segue la variazione della concentrazione intracellulare
di calcio. Da dove viene il calcio per la contrazione? Viene, in parte, dal LEC: ci sono dei
canali voltaggio-dipendenti che fanno passare il calcio. All’aumento della concentrazione di
calcio, derivante dal LEC, segue la liberazione di calcio dal reticolo sarcoplasmatico.
Il calcio, a questo punto, si lega alla calmodulina e, successivamente, il complesso calcio-
calmodulina si lega, a sua volta, alla miosinachinasi sui filamenti spessi. Qui, la
miosinachinasi catalizza la fosforilazione delle teste della miosina, che si attivano e formano i
legami con l’actina, provocando lo scorrimento.
Differenza tra muscolo liscio e scheletrico: velocità, durata e forza di contrazione
La forza di contrazione, nel muscolo scheletrico, in quello cardiaco e in quello liscio,
raggiunge gli stessi livelli massimali. Quello che cambia è la durata delle contrazioni e la
velocità con cui il massimo della forza viene raggiunta.
Nel muscolo liscio, infatti, il raggiungimento della tensione massima è molto lento (questo
perché l’attività ATP-asica è più bassa che negli altri tipi di muscoli). Nel muscolo cardiaco,
abbiamo un caso intermedio. Infine, nel muscolo liscio, il raggiungimento della forza
massima è estremamente rapido. Il ciclo cardiaco
L’attività meccanica del cuore viene descritta nel cosiddetto ciclo cardiaco. Questo è basata
su due fasi principali: una sistole, che corrisponde alla fase di contrazione, e una diastole, che
invece corrisponde alla fase di rilasciamento. Le 2 fasi si alternano in modo regolare con un
tempo costante. Il ciclo cardiaco nel suo complesso dura circa 0,8s (0,3s per la sistole e 0,5s
per la diastole). La sistola atriale e la sistole ventricolare, però, non vengono
contemporaneamente: è necessario che le fasi di contrazione fra parte superiore del cuore e
parte inferiore avvengano in una sequenza alternata, scandita nel tempo.
Per descrivere queste fasi, possiamo analizzare una sola delle due parti del cuore (destra e
sinistra), tenendo sempre conto che ciò che avviene in una parte, avviene anche nell’altra
(ventricolo sx e dx e atrio sx e dx si contraggono, infatti, simultaneamente due a due).
1. Nella prima fase troviamo tutto il cuore in diastole: tutte le cellule sono prive di
stimolazione elettrica e sono, dunque, rilasciate. Le pareti si trovano nella situazione
di massima distendibilità possibile. Questa fase è anche detta diastole tardiva. Qui, i
ventricoli cominciano già a riempirsi
2. Abbiamo, ora, la sistole atriale. Gli atri si sono riempiti di sangue e la contrazione
atriale spinge una piccola quantità di sangue nei ventricoli.
3. Contrazione ventricolare isovolumica: la prima fase della contrazione ventricolare
determina la chiusura delle valvole atrio-ventricolari, ma non genera una pressione
sufficiente ad aprire le valvole semilunari (localizzate fra i ventricoli e le grosse
arterie). Questa fase viene chiamata isovolumica perché il volume, nonostante il
ventricolo si stia contraendo, resta costante.
4. Eiezione ventricolare: quando la pressione aumenta e supera la pressione delle
arterie, le valvole semilunari si aprono e il sangue viene eiettato.
5. Rilasciamento ventricolare isovolumico: nel momento in cui i ventricoli si rilasciano,
la pressione nei ventricoli diminuisce, il sangue refluisce verso i lembi delle valvole
semilunari e ne provoca la chiusura.
Quando descriviamo un ciclo cardiaco, lo possiamo fare anche dal punto di vista del
rapporto pressione-volume. Facendo riferimento al grafico a lato, mettiamo in relazione il
comportamento pressorio del ventricolo e le variazioni di volume del ventricolo. Questo
poligono che si delinea all’interno del grafico ripercorre le fasi del ciclo. In A siamo all’inizio
del ciclo cardiaco, dove il ventricolo sx possiede un volume di sangue di circa 65mL: è il
volume telesistolico, ossia quel volume di
sangue che rimane nel ventricolo alla fine
della contrazione, o sistole, ovvero all'inizio
del riempimento. Il volume del ventricolo
può aumentare fino a 135mL, quando il
sangue passa dall’atrio al ventricolo: siamo
nella fase diastolica (diastole tardiva). Nel
punto B abbiamo, quindi, il massimo
riempimento ventricolare: da A a B il
ventricolo si riempie e il volume della
camera ventricolare aumenta. A questo
punto, il ventricolo comincia a contrarsi:
abbiamo la sistole ventricolare, con una
prima fase di sistole ventricolare
isovolumica (rimane costante il volume, ma
aumenta la pressione), fino ad arrivare al
punto C. Adesso, si aprono le valvole
aortiche: la contrazione ventricolare
prosegue, la pressione aumenta e si
comincia ad espellere il sangue (eiezione
ventricolare), arrivando al punto D.
A questo puto, termina la sistole
ventricolare, il ventricolo si rilassa, cade
la pressione, ma resta costante il volume
(rilasciamento ventricolare isovolumico):
torniamo al punto A.
Il diagramma di Wiggers
Il diagramma di Wiggers riesce a mettere
in relazione le fasi del ciclo cardiaco,
l’andamento della pressione ventricolare e
atriale e il comportamento delle valvola
atrio-ventricolari e aortiche. Partiamo
dalla sistole atriale, ossia da quando
l’atrio si contrae e spinge il sangue verso i ventricoli. In questo caso, il volume subisce un
lieve aumento e, ovviamente, anche la pressione atriale aumenta lievemente e, subito dopo,
cale. Tuttavia, questo piccolo incremento di pressione è sufficiente per completare il
riempimento ventricolare. Quindi, alla fine della sistole atriale, il ventricolo ha raggiunto il
suo massimo valore di riempimento (65mL: volume telediastolico). A questo punto comincia
la sistole ventricolare: la pressione ventricolare aumenta, ma il volume non subisce variazioni
(siamo nella fase di contrazione ventricolare isovolumica). Ad un certo punto, però, la
pressione diviene molto elevata, tale da aprire le valvole aortiche e il sangue comincia ad
uscire: il volume decresce rapidamente (fase di eiezione ventricolare), raggiungendo un
volume minimo, che è il volume telesistolico (65mL). E’ in questa fase che viene raggiunto il
picco pressorio. Raggiunto il picco, la pressione comincia a scendere. Arrivati al volume
minimo, la pressione scende al di sotto di quella aortica e si ha la chiusura delle valvole
aortiche. Il ventricolo si rilascia: entriamo in diastole ventricolare; nella diastole ventricolare
precoce il volume non cambia e la pressione cala; ad un certo punto, però, si aprono le
valvole atrio-ventricolari, il sangue comincia a rifluire nel ventricolo e il volume aumenta
(diastole tardiva): il riempimento viene completato grazie alla fase successiva, ossia alla
sistole atriale.
La gittata sistolica e cardiaca
Per quantificare l’attività meccanica del cuore, dobbiamo andare a misurare i volumi di
sangue che il cuore riesce ad inviare in circolo nell’arco di un minuto (gittata cardiaca).
La gittata cardiaca è data dal prodotto della gittata sistolica per la frequenza cardiaca e si
esprime in mL/m.
La gittata sistolica, a sua volta, corrisponde alla quantità di sangue inviata in circolo ad ogni
ciclo cardiaco, ossia alla differenza fra volume telediastolico e volume telesistolico: è circa
70mL. Se moltiplichiamo questo volume per il numero di cicli in un minuto, troviamo la
frequenza cardiaca (circa 70bat/min). Quindi, la gittata cardiaca avrà un valore di circa
4900mL/m, ossia circa 5L/m. Facendo r