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LA BANCA ISLAMICA

La Shari’a vieta il ribà’, il ricevimento di un tasso di interesse prestabilito, poiché sulla base dei principi

islamici il rendimento di un investimento è giustificato solo se il capitale prende la forma di un’attività reale,

non monetaria, e se tale ritorno è a fronte dell’assunzione di un rischio imprenditoriale.

I depositanti di una banca islamica non sono quindi dei creditori verso la banca per le somme depositate

ma sono investitori della stessa banca. Esistono diverse forme di deposito ma le più utilizzate sono i conti

d’investimento. La remunerazione di tali depositi non è un tasso di interesse prefissato ma una

partecipazione ai guadagni della banca stessa. Il depositante è così esposto al rischio di vedere intaccato il

suo deposito in caso di perdite subite dalla banca, e la banca può trasferire il rischio della sua gestione ai

depositanti. Ciò pone dei problemi di corporate governance poiché il depositante non ha alcun controllo

sull’utilizzo dei soldi versati e il rischio di azzardo morale è molto elevato. La banca islamica dovrebbe

essere, quindi, molto sensibile al rischio di reputazione al fine di evitare la corsa agli sportelli.

In assenza di precise indicazioni per tutelare gli interessi dei titolari dei conti le autorità di regolazione

nazionale hanno assunto diverse posizioni. Ad esempio in Inghilterra, una volta verificata la perdita, al

depositante è concessa la facoltà di rinunciare alla protezione al fine di rispettare il suo credo religioso. La

presenza dello Shari’a board costituisce una questione delicata: il medesimo prodotto potrebbe essere

accettato dal board di una banca, ma rifiutato da un altro, e ciò mina la competitività delle banche

islamiche. La creazione in Malaysia di un’autorità Shari’atica centrale ha rappresentato un importante

passo in avanti nella ricerca della certezza del quadro normativo entro cui operare. In questi casi il ruolo

dello Shari’a board non sarà quello di emettere fatàwa (giudizi sulla validità o meno di un prodotto) ma di

supervisionare che l’attività avvenga nel rispetto delle regole comunemente accettate.

Un’altra peculiarità della banca islamica è che non si differenzia solo nell’attività di raccolta, ma anche in

quella di finanziamento. L’obiettivo della banca è valutare la redditività di un progetto, e non l’analisi delle

garanzie del soggetto finanziato.

Le principali forme contrattuali: i contratti di scambio

I contratti di scambio disciplinano il trasferimento della proprietà di un bene da un soggetto a un altro.

Poiché la legge islamica vieta l’attività di prestito a interesse, vengono utilizzati alcuni contratti di scambio

particolari per facilitare il finanziamento di una determinata transazione.

Il contratto muràbaha (figura 1) si configura come una doppia vendita con pagamento differito. Si tratta di

uno dei contratti maggiormente utilizzati dalle banche islamiche per operazioni di finanziamento alle

imprese (come l’acquisto di materie prime o semilavorati). Un soggetto (l’acquirente) intende acquistare un

determinato bene, e accorda con il venditore il prezzo e le caratteristiche (1). Poiché l’acquirente non ha la

somma necessaria per la compravendita, stipula un accordo con la banca, il muràbaha, al fine di ottenere

un finanziamento (2). L’acquirente comunica alla banca le condizioni individuate con il venditore e le parti

stabiliscono il guadagno della banca per il servizio offerto nella forma di margine di profitto, K. La banca

quindi acquista la proprietà del bene dal venditore pagando il prezzo stabilito (3) e trasferisce la proprietà

del bene all’acquirente (il cliente finanziato) al prezzo P+K stabilito nel contratto (4). Il pagamento di tale

somma può essere differito o dilazionato nel tempo.

Figura 1. Il contratto muràbaha

In questo modo la banca ha effettuato un’operazione di finanziamento a beneficio dell’acquirente senza

prestare una somma di denaro a interesse ma tramite una doppia vendita. Il passaggio di proprietà del

bene avviene al momento del pagamento del prezzo o dell’ultima rata.

Le principali forme contrattuali: i contratti di partecipazione

I contratti di partecipazione sono contratti di finanziamento in cui le parti coinvolte, apportando capitale

e/o lavoro in un progetto, partecipano ai guadagni e/o alle perdite. Questi contratti esprimono il principio

ispiratore della finanza islamica in base al quale non vi è rendimento senza assunzione di rischio. I due

contratti principali sono il mudàraba e il mushàraka.

Nel contratto mudàraba (figura 2) le parti coinvolte sono il mudàrib e il rabb al-mal. Il primo apporta al

progetto il lavoro e le competenze mentre il secondo il capitale. Entrambe le parti partecipano ai profitti

mentre le perdite gravano solo sul rabb al-mal. Questo avviene poichè nel caso il progetto non sia

profittevole il mudàrib ha già perso tempo, impegno, lavoro e competenze, e quindi viene considerato più

equo che le perdite finanziarie gravino solo su chi apporta il capitale.

Nel contratto mudàraba un soggetto mudàrib che intende sviluppare un nuovo progetto imprenditoriale

non ha le risorse necessarie e si rivolge alla banca islamica stipulando un contratto (1) per ottenere un

finanziamento. Quando la banca verifica che il progetto è conforme alle regole della Shari’a, le parti

stipulano il mudàraba, in cui il cliente conferisce il lavoro e la banca il capitale, specificando la quota di

partecipazione agli utili e l’ammontare della commissione che viene pagata al mudàrib come retribuzione

per lo svolgimento del lavoro giornalmente prestato.

Le parti conferiscono quanto stabilito dal progetto e iniziano l’attività (2). Se il progetto genera utili

verranno distribuiti tra il mudàrib e il rabb al-mal sulle quote di contratto. Se il progetto genera perdite

queste gravano solo sulla banca (4).

Figura 2. Il contratto mudàraba

In un contratto mushàraka (figura 3) invece le parti partecipano sia ai profitti che alle perdite del progetto

finanziato. A differenza del contratto mudàraba ogni partner conferisce una parte del capitale che può

assumere diverse forme: denaro, immobili, terreni, beni immateriali.

Un’impresa (partner I) intende sviluppare un progetto per la realizzazione del quale sono necessarie risorse

finanziarie aggiuntive rispetto a quelle a disposizione. L’impresa chiede alla banca islamica (partner II) di

partecipare a tale progetto stipulando un contratto mushàraka (1) e in base a tale schema contrattuale i

partner conferiscono capitale che può essere in quote uguali o differenti (2). In linea teorica ogni partner

può partecipare alla gestione ma di norma viene nominato un membro della partnership o un terzo esterno

per la conduzione dell’operatività giornaliera.

Nel contratto viene definita la percentuale di partecipazione ai profitti del progetto per entrambi i partner

mentre la partecipazione alle perdite è proporzionale all’ammontare di capitale conferito (3).

Figura 3. Il contratto mushàraka

I contratti di trasferimento dell’usufrutto: ijàra

Il contratto ijàra (figura 4) consente il trasferimento dell’usufrutto di un determinato bene. Due sono le

parti del contratto: un locatore, proprietario del bene oggetto del contratto, e un locatario, conduttore del

bene. Il locatario, a fronte dell’utilizzo del bene, paga un canone al locatore. Si tratta di una struttura simile

al leasing convenzionale. Un soggetto (locatario) intende acquistare un determinato bene. Egli stabilisce

con il venditore le caratteristiche del bene e il prezzo di vendita (1). Poiché l’acquirente non ha a

disposizione l’intera somma necessaria si rivolge a una banca islamica stipulando un ijàra (2) al fine di

ottenere un finanziamento. Le parti stabiliscono il canone, la durata e i rispettivi obblighi. La banca acquista

la proprietà del bene dal venditore alle condizioni stabilite con l’acquirente (3). La banca, locatore,

consegna il bene al cliente (4) a fronte del quale riceve periodicamente il canone (5). La proprietà del bene

rimane in capo alla banca. Al termine del contratto il locatario può riscattare la proprietà del bene (ijàra wa

iqtinà’) a fronte del pagamento del valore residuo (6): questa struttura prevede un contratto addizionale a

quello ijàra che include la promessa di trasferimento del bene.

Figura 4. Il contratto ijàra

I contratti muràbaha, ijàra, mushàraka e mudàraba rappresentano la maggior parte degli asset di una banca

islamica, come possiamo constatare dallo stato patrimoniale della Bahrain Islamic Bank (2011) dove

rappresentano circa il 48% del totale.

Situazione degli assets della Bahrain Islamic Bank al 31 Dicembre 2011

L’INDUSTRIA DEI SERVIZI FINANZIARI

Per lungo tempo la finanza islamica è rimasta confinata all’attività bancaria commerciale. Negli ultimi anni

ha iniziato progressivamente a utilizzare strumenti di mercato quali le “obbligazioni” e le azioni, la gestione

del risparmio, i fondi immobiliari.

Il divieto del ribà’ ha comportato, sin dall’inizio, la necessità di elaborare strumenti finanziari che potessero

sostituire le obbligazioni convenzionali. Lo sforzo nell’ideare un mercato dei capitali islamico da parte delle

autorità di regolazione dei paesi direttamente interessati è stato notevole e si sono diffusi diverse versioni

islamiche dei principali indici azionari mondiali. La costituzione di un tavolo di lavoro presso l’Isda

(International Swaps and Derivatives Association) al quale partecipano sia l’Aaoifi che l’Ifsb mostrano come

anche nel campo dei derivati, nonostante i divieti di ghàrar e maysìr, si stiano facendo progressi importanti.

Sukuk: l’obbligazione islamica

Il termine sukuk è il plurale della parola araba “sakk” che significa “certificato”. La presenza di un mercato

obbligazionario è molto importante in un’economia perché è un canale di trasmissione della politica

monetaria e consente di aumentare la trasparenza, la liquidità e la trasferibilità del rischio di interesse e di

credito.

Il divieto del ribà’ ha effetti non solo sull’attività bancaria di prestito ma anche sull’utilizzo degli strumenti

di mercato quali i titoli di stato o le obbligazioni societarie (corporate bonds). La finanza islamica ha

superato tale limite elaborando strumenti che, nel rispetto della Shari’a, riproducono gli stessi flussi di

cassa di un bond: il pagamento periodico

Dettagli
A.A. 2014-2015
20 pagine
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SSD Scienze economiche e statistiche SECS-P/07 Economia aziendale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Francesca.Botta di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Finanza islamica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Torino o del prof Bortolotti Bernardo.