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P
price/earnings ratio:
Il più diffuso è il , chi acquista un’azione ha
E
il diritto ad incassare degli utili, è lecito pagare di più l’azione tanto
più sono elevati gli utili correnti.
Considerando un’azienda matura con tassi di crescita costati è
possibile calcolare il price/earnings sulla base degli utili futuri:
D D
1 1
−g
P r EPS payout ratio
0 e 1
= = =
−g −g
EPS EPS r r
1 1 e e payout ratio,
Se due aziende hanno il medesimo il medesimo tasso
di crescita g e il medesimo livello di rischio devono avere lo stesso
P/E.
Potremmo avere anche multipli dell’enterprise value, ossia del
valore dell’impresa:
FCF 1
V EBITDA
0 1
= −g
EBITDA r
1 wacc FCF
Questo multiplo sarà più elevato per imprese con un alto tasso di
crescita e basso fabbisogno di capitale.
comparables
Il metodo presenta ha il limite di non fornire
indicazioni chiare su come aggiustare la differenza tra i vari valori
aziendali.
Tuttavia presenta il vantaggio di avere un approccio semplice che si
basa sui prezzi di imprese realmente esistenti, anche se non è
sempre preciso.
Abnormal earnings:
Valore delle azioni = valore di bilancio del capitale proprio + valore
degli abnormal earnings stimati
Stima degli abnormal earnings per un periodo esplicito di previsione
(t): =¿ −(r ∗BV )
AE t t e t−1
AE= abnormal earnings
NI=utile netto
BV=valore di bilancio del capitale proprio
Re=costo del capitale
Quindi il valore dell’equity sarà la somma del valore attuale a
bilancio del capitale proprio, del valore attuale degli abnormal
earnings da t a T e del valore attuale del premio.
E
T −BV
AE V
∑
E t T t
=BV + +
V 0 0 (1+ ) (1+ )
r r
=1
t e t e t
Se il mercato fosse perfettamente concorrenziale dopo T non ci
sarebbero abnormal earnings, pertanto l’equity sarebbe:
T AE
∑
E t
=BV +
V 0 0 (1+ )
r
=1
t e t
Tuttavia l’imprese possiede alcune rendite potenzialmente infinite
(marchi, brevetti…), gli AE si ipotizzano uguali al loro valore in T,
inoltre gli AE crescono ad un tasso costante g dopo T, per tanto:
AE +1
T
T −g
AE r
∑
E t e
=BV + +
V 0 0 (1+ ) (1+r )
r
=1
t e t e t
In sintesi, nessuno tra i vari metodi (DDM, DCF, TPM, Abnormal,
comparables) permette di ottenere il vero valore di un’azione, gli
analisti solitamente utilizzano congiuntamente più metodi e se
ottengono risultati coerenti considerano valida la stima più
attendibile.
Un’ipotesi di mercato efficiente implica che le azioni avranno un
prezzo equo, sulla base dei flussi di cassa futuri, data l’informazione
a disposizione degli investitori. Quando tutti gli operatori
dispongono di un’assoluta omogeneità di informazioni sugli
strumenti finanziari il mercato è considerato perfetto, inoltre perché
il mercato sia considerato perfetto gli investitori devono conoscere
le intenzioni degli altri investitori e non devono essere in grado di
influenzare l’intero andamento del mercato con il proprio
intervento.
Tuttavia nella realtà è impossibile che si verifichino le condizioni,
poiché non vi è una distribuzione omogenea delle informazioni tra
gli investitori, inoltre non tutti sono in grado di accedere alla totalità
delle informazioni, si tratta della cosiddetta asimmetria delle
informazioni.
In particolare su un mercato si riscontrano due tipi di efficienza:
Efficienza valutativa: quando i prezzi degli strumenti finanziari
che in esso si formano corrispondono al valore effettivo del
bene intrinseco.
Efficienza informativa: quando i prezzi degli strumenti
finanziari si formano sulla base di informazioni su essi
disponibili. debole
Ci troviamo di fronte invece ad efficienza quando i prezzi e le
informazioni passate sugli strumenti finanziari non consentono
all’investitore di migliorare la propria capacità previsiva, in altre
parole l’efficienza è assicurata da prezzi che riflettono tutte le
informazioni. semi-forte
Abbiamo efficienza quando gli investitori formano le
proprie aspettative sui prezzi degli strumenti finanziari sulla base di
tutte le informazioni di dominio pubblico.
forte
Infine, abbiamo efficienza quando gli investitori formano le
proprie aspettative sui prezzi degli strumenti finanziari sulla base di
tutte le informazioni disponibili, anche quelle a disposizione di
coloro che conoscono la situazione economico finanziaria
dell’emittente.
Esistono poi analisi di mercato che studiano perché si muovono i
prezzi e quali fattori causano i movimenti e stabilisce la correttezza
del prezzo (Analisi essenziale) e che studiano come si muovono i
mercati allo scopo di studiarne la dinamica (Analisi tecnica).
-Rischio e rendimento:
Si può stimare il rendimento medio di un titolo sulla base dei dati
storici, tuttavia il rendimento medio è solo una stima del
rendimento atteso, è di conseguenza soggetto ad errori di stima.
errore standard
Si parla in questo caso di ossia una misura statistica
di quanto il nostro rendimento stimato potrà essere diverso rispetto
al rendimento effettivamente realizzato.
σ singolirendimenti
errore standard stima rendimento= √ numero osservazioni
Per convincere un investitore razionale ad accettare un
investimento rischioso occorre premiarlo con un rendimento
maggiore. Ma quanto maggiore?
Esiste una relazione positiva tra volatilità e rendimento, tuttavia
non è stabile, esistono titoli che presentano un’elevata volatilità ed
un basso rendimento; tutte le azioni tendono ad avere un rischio più
elevato e rendimenti inferiori rispetto ai portafogli di grandi
dimensioni; perché?
I rischi non sono tutti uguali:
Rischio comune: rischio perfettamente correlato che interessa
tutti i titoli.
Rischio indipendente: rischio non correlato che interessa un
particolare titolo.
Diversificazione: copertura dei rischi indipendenti in un
portafoglio di grandi dimensioni.
Rischio specifico e sistematico: un rischio è specifico quando
riguardante una singola impresa, è diversificabile quindi più rischi
specifici tendono a compensarsi tra loro; il rischio sistematico
invece riguarda il mercato e colpisce allo stesso modo tutte le azioni
di conseguenza non è diversificabile.
Le imprese nella realtà sono interessate ad entrambi i rischi, quindi
in un portafoglio di azioni potremo combinare diversi rischi specifici
fino a compensarli tra loro e ridurre il rischio complessivo del
portafoglio al solo rischio sistematico.
Il premio spettante all’investitore per un rischio specifico è nullo,
poiché egli può compensare “gratuitamente” questo rischio
combinando più rischi specifici, quindi, il premio per il rischio di un
titolo è determinato dal suo rischio sistematico; questo comporta
che la volatilità di una singola azione (dipendente da entrambi i
rischi) non è molto utile per determinare il premio di un singolo
titolo, va bene solo per i grandi portafogli. Occorre trovare un’altra
misura per il solo rischio sistematico.
Portafoglio efficiente: per determinare quanto il rendimento di
un’azione sia sensibile al rischio sistematico, si può osservare il
cambiamento medio del rendimento per ogni 1% di cambiamento
nel rischio sistematico (rendimento di un portafoglio che subisce
fluttuazioni per il solo rischio sistematico).
Bisogna quindi trovare questo portafoglio, ossia il portafoglio che
contiene solo il rischio sistematico.
Portafoglio di mercato, ossia che contiene tutte le possibili azioni sul
mercato, esempio FTSEMIB, si presume che sia sufficientemente
grande per essere diversificato e quindi soggetto al solo rischio
sistematico.
Il β rappresenta la sensibilità di un titolo al rischio sistematico, ossia
la variazione percentuale attesa del rendimento in eccesso di un
titolo per l’1% di variazione percentuale del rendimento in eccesso
del portafoglio di mercato, il β differisce dalla volatilità in quanto
misura solo il rischio sistematico.
Il β di un titolo è in relazione alla sensibilità di fatturato e flussi di
cassa alle condizioni globali dell’economia; le azioni di settori ciclici
sono tendenzialmente più sensibili ai rischi sistematici e presentano
β maggiori rispetto alle azioni di settori meno sensibili.
+
costo del capitale=tasso risk free premioal rischio
Se si riesce a stimare il β (sensibilità al rischio sistematico) di un
titolo allora è possibile stimare anche il suo premio al rischio.
Naturalmente per ciascun investitore il premio al rischio dipende dal
suo grado di avversione al rischio, il quale è stimabile in via
indiretta: se è possibile osservare il premio al rischio richiesto dagli
investitori per il rischio sistematico, allora è possibile stimare il loro
grado di avversione al rischio.
Il premio al rischio di mercato è quindi la ricompensa che spetta agli
investitori che detengono il portafoglio di mercato (quello con β pari
a 1). [ ] −r
premioal rischio dimercato=E R mk f
Così come il tasso di interesse riflette la pazienza degli investitori e
determina il valore temporale del denaro, il premio al rischio riflette
la tolleranza al rischio degli stessi investitori e determina il prezzo di
mercato del rischio.
Se un investimento ha β=2 il suo rischio sarà doppio, per tanto agli
investitori spetterà un premio al rischio doppio.
Beta e il costo del capitale: un investitore che detiene un generico
titolo “I” deve essere ricompensato con il valore temporale del
denaro, poiché rinuncia a spendere oggi per spendere domani; deve
essere ricompensato anche con il premio al rischio.
Il rendimento atteso di tale titolo (ossia costo capitale per l’impresa
“I”) sarà:
=tasso +
r r β∗premioal rischio
I f
[ ]
( )
=r + −r
r β∗ E R
I f mk f
( )
cov R , R
I mk
=
β I 2
σ Rmk
Portafoglio ottimale e capm: un portafoglio è un insieme di
investimenti, ciascuno con un suo peso. Il rendimento di un
portafoglio è pari alla media ponderata
n
∑
=x + + +…+ =
R R x R x R x R x R
p 1 1 2 2 3 3 n n i i
i=1
Xi= peso dei singoli investimenti.
Ri=singol