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CAPITOLO 2 – Lo sviluppo umano integrale
2.1 – Il soggetto dello sviluppo
Lo sviluppo umano integrale coinvolge tre dimensioni: la libertà, la relazionalità e la
trascendenza.
La comprensione di ciò che ci contraddistingue in quanto esseri umani è molto importante
per conoscere noi stessi e per gestire adeguatamente le organizzazioni lavorative. Basta
guardare dentro noi stessi e riflettere sulla nostra specificità rispetto al mondo vegetale e a
quello animale. Il kit di sopravvivenza del filosofo è a portata di tutti. La prima distinzione la
attuiamo quando di fronte a un essere umano riconosciamo di trovarci di fronte ad un
“qualcuno” e non ad un “qualcosa”. Rivendicare la diversità dell’essere umano non
significa rivendicare una superiorità, vuol dire invece che è proprio la specificità della
nostra natura umana ad affidarci il compito di vivere in modo conforme alla nostra dignità
umana, di rispettare la stessa dignità dei nostri simili e di custodire responsabilmente il
creato.
Questo compito non ricade sugli altri viventi. L’idea del compito da svolgere implica il
riferimento alla responsabilità, che è possibile solo in esseri razionali; per questo ci si
riferisce alla razionalità come all’elemento distintivo della natura umana, benché la
razionalità è sempre congiunta alle altre dimensioni costitutive dell’essere umano. La
nostra natura razionale ci permette di svolgere azioni tipicamente umane: ad esempio, il
ridere quale espressione del distanziamento da sé stessi e dai propri limiti, la promessa
quale capacità di proiettarsi nel futuro e di assumere una responsabilità; la creazione
artistica, il perdono, la fabbricazione di utensili tramite altri utensili o altri comportamenti.
L’uomo e la donna non dipendono in modo univoco dai propri impulsi innati ma se ne
servono per orientarsi consapevolmente verso un fine. L’esistenza umana può essere
compresa solo nella sua integralità. Possiamo sperimentare una certa tensione tra i vari
ambiti della vita, ma avvertiamo anche una profonda unità in noi. Nella psicologia positiva
di Martin Seligman viene evidenziato come l’individuo che coltiva le qualità morali o virtù
vede migliorare anche le capacità relazionali, la produttività e persino la salute.
L’evidenza empirica ha largamente dimostrato che non siamo focalizzati solo alla ricerca
del tornaconto personale (come viene sostenuto dal modello dell’”homo economicus”). In
noi è iscritto un orientamento verso un insieme di valori che guidano le nostre scelte al di
là della mera logica di massimizzazione del profitto personale. Nella percezione e
nell’esperienza di tali valori influiscono ovviamente la cultura e l’educazione.
2.2 - Sviluppo umano integrale
Il soggetto va quindi considerato nella sua integralità corporeo spirituale, ora
analizziamo . In tutte le culture è stato vigente un determinato ideale di perfezione umane,
indicato con espressioni: “una vita felicite, riuscita, degna” o altre simili. “Mens sana in
copore sano”, questa frase coniata da Decimo Giunio Giovenale è un esempio di come è
sempre stata presente la necessità di condurre un’esistenza in armonia con sé stessi e
con la natura, l’indispensabile equilibrio tra la dimensione corporea e quella della mente.
Questo anelito di perfezionamento viene messo in risalto dalla Caritas in veritate nella
quale Benedetto XVI scrive “La verità dello sviluppo consiste nela sua integralità: se non è
di tutto l’uomo e di ogni uomo, lo sviluppo non è vero sviluppo”
Lo sviluppo umano riguarda una complessa realtà in cui la dimensione fisica, psicologica e
spirituale coesistono e s’intrecciano indissolubilmente. L’unitarietà dell’essere umano è
costituita dal corpo, dalla mente e dallo spirito, queste dimensioni devono svilupparsi
armonicamente. Nel linguaggio comune alludiamo ad una persona coerente o “tutta d’un
pezzo”, un individuo in cui non emergono squilibri o contrasti tra i vari ambiti del suo agire
Affinché sia un vero sviluppo non può estromettere a priori nessun individuo. Perseguire lo
sviluppo umano integrale richiede il difficile lavoro di scavo interiore nel confronto con gli
altri, che porta alla configurazione della propria identità irrepetibile.
2.3 La prima dimensione dello sviluppo umano: Libertà
Senza libertà non ci può essere alcun sviluppo in senso umano. Nell’idea di libertà rintrano
la capacità di auto dominio e di autonomia (Io sono padrone delle mie azioni e il principio
del mio agire). Grazie a queste capacità la persona può raggiungere una vita pienamente
riuscita in modo autentico e irripetibile. Se guardiamo alle vicende storiche, scopriamo che
c’è sempre stata una tensione a livello individuale e sociale di spazi di libertà. Gli schiavvi
dell’antica Grecia aspiravano a quelle espressioni di libertà garantite solo ai “cittadini veri”
della polis e lo stesso accadeva nell’impero romano. Nelle società contemporanee le
minoranze più povere reclamano l’acquisizione di libertà fondamentali, che sono
conculcate dall’indigenza economica. Il lavoro diventa sovente una causa preponderante
di perdità della libertà anziché permettere di esercitarla e di accrescerla. Il successo
finanziario, l’ascesa nella gerarchia organizzativa, il prestigio sociale diventano dei drivers
comportamentali così forti da spingere le persone a svendere, spesso inconsapevolmente,
la propria libertà. Non ci riferiamo solamente alla cattiva gestione del tempo ma anche alla
forte limitazione di quella che potremmo chiamare “libertà interiore” (la capacità di essere
se stessi, di guardare oltre i limiti del proprio contesto). La libertà interiore non è affatto la
volubilità del capriccioso.
Libertà interiore in ambito lavorativo significa manifestare la propria libertà nella scelta
consapevole di cooperare e contribuire alla creazione di un servizio che è un bene per la
società civile e quindi anche per me.
La libertà nel contesto lavorativo vuol dire trovare la possibilità e la capacità di svolgere la
propria attività al di fuori del tradizionale paradigma “top down” secondo il quale i libelli più
alti impongono ai sottoposti un modello rigido ed inumano di esecuzione. Il superamento di
questo schema è un bene non solo per il singolo ma anche per l’organizzazione stessa. Il
tema della libertà individuale richiama inoltre il principio della sussidiarietà, (disponibilità
delle sfere più alte di un’organizzazione sociale di sostenere lo sviluppo e la libertà di
quelle istituzioni più piccole che si trovano negli strati più bassi. Un’organizzazione che si
sviluppa nel rispetto del principio di sussidiarietà promuove le iniziative dei piccoli gruppi di
lavoro. Sebbene l’esercizio della libertà individuale necessiti del supporto del top
menagement, lo sviluppo della stessa libertà richiede l’impegno è la fatica del singolo,
soprattutto quando certe scelte sono contro corrente ed impopolari. Il valore della libertà
implica il dovere di opporsi alle ingiustizie commesse. La libertà interiore porta quindi a
contrastare la piaga delle frodi dei colletti bianchi. Più in generale libertà significa trovare il
coraggio e la forza il oltrepassare il conformismo. Crescere nella libertà porta singoli e
gruppi a trasformarsi in imprenditori sociali o istituzionali. Crescere nella libertà richiede
un difficile lavoro di meditazione tra la propria coscienza e le necessità peculiari
talvolta assillanti. 2.4 – La seconda dimensione: relazionalità
Non c’è sviluppo umano che non coinvolga la relazionalità, perché la relazione con il
mondo, con i propri simili e con l’Assoluto rappresenta una necessità intrinseca, ontologica
o costitutiva della persona. L’idea di sviluppo umano integrale è opposta alle varie forme di
auto appagamento che nascono da egocentrismo o narcisismo.
Il lavoro è basato sulla relazionalità, non serve solo a sfamarsi, ma anche a donare e
donarsi. Svilupparsi nella dimensione della relazionalità significa invece accogliere e
considerare l’altro in quanto tale, nella sua intrinseca dignità, consapevoli che solo in
questo modo ci si può perfezionare umanamente e moralmente. Ciò implica affrancarsi da
quegli atteggiamenti che portano a strumentalizzare in vari modi il prossimo. Oggi si
stanno riscoprendo le virtù sociali, quelle qualità morali che aiutano a vivere rapporti
umani, verso i quali siamo spontaneamente orientati. Tra le virtù sociali vi è la giustizia,
un termine corroso dall’uso quotidiano. La giustizia è prima di tutto una virtù, ovvero una
disposizione interiore che guida l’agire morale dell’individuo, aiutandolo a compiere
liberamente e con gioia il bene; non si tratta, di dare a ognuno la stessa parte (come
affermavano i Pitagorici). Giustizia si riferisci al dovere e alla capacità di trovare un
appropriato equilibrio nel dare e nel distribuire: Ad ognuno ciò che merita.
Tra il difetto per eccesso e quello per difetto (nel distribuire) troviamo la giustizia.
Svilupparsi e crescere in una relazione di giustizia non è certamente facile; il
perseguimento della giustizia richiede il saper inquadrare il proprio contesto. Senza il
corretto atteggiamento personale non ci sono infatti le premesse per garantire la giustizia.
Crescere nella giustizia significa guardare l’altro riconoscendone anche le qualità e
potenzialità. Solo così si può superare la logica della strumentalizzazione del prossimo. La
virtù della giustizia richiede una revisione del tradizionale rapporto tra consumatore cliente
ed impresa.
Consideriamo un’altra importante virtù sociale, la veracità, collegata strettamente alla
giustizia giacchè tutte le qualità morali sono intessute in una trama dalla quale non
possono essere avulse. Nell’ambito delle relazioni lavorative l’assenza di veracità
lascerebbe il posto alla mentalità arrivistica.
La terza dimensione: trascendenza
“trans” (oltre) – “scandere”: “Salire al di là”. Indica la capacità o la condizione di oltrepassamento di
una situazione data o dei propri limiti. Questa tensione al super