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INTERCAMBIAILITÀ
La sinonimia di due forme linguistiche consiste semplicemente nella loro intercambiabilità in tutti i
contesti senza che venga a cambiare il valore di verità?
Tesi: Non è del tutto vero!
ES. Non è sempre vero che i due sinonimi ‘scapolo’ e ‘uomo non sposato’ sono intercambiabili:
‘scapolo’ = ‘articolazione scapolo-omerale’; oppure, ‘scapolo’ ha meno di dieci lettere, è vera, ma
‘uomo non sposato’ ha meno di dieci lettere è falsa.
Obiezione: questi contro esempi trattano di occorrenze frammentarie all’interno di una parola.
Conclusione: la questione se l’intercambiabilità sia una condizione forte per la sinonimia, oppure
no rimane.
IL TIPO DI SINONIMIA DI CUI AVEVAMO BISOGNO
La sinonimia di cui avevamo bisogno era quella che consentiva di trasformare asserti analitici in
verità logiche, sostituendo sinonimo a sinonimo.
Presupponendo l’analiticità, potremmo dire che ‘scapolo’ e ‘uomo non sposato’ sono
cognitivamente sinonimi equivale a dire che:
(3) Tutti e soli gli scapoli sono uomini non sposati
È analitico.
Abbiamo, però, bisogno di un modo di render conto della sinonimia cognitiva che non presupponga
l’analiticità, se dobbiamo spiegare l’analiticità con l’aiuto della sinonimia cognitiva, come ci
eravamo proposti.
Tale intercambiabilità è una condizione sufficiente per la sinonimia cognitiva? Si, lo è:
(4) Necessariamente tutti e soli gli scapoli sono scapoli.
Allora, se ‘scapolo’ e ‘uomo non sposato’ sono intercambiabili salva veritate:
(5) Necessariamente tutti e soli gli scapoli sono uomini non sposati.
Dire che (5) è vero equivale a dire che (3) è analitico, e quindi che ‘scapolo’ e ‘uomo non sposato’
sono cognitivamente sinonimi.
Ora, l’intercambiabilità salva veritate è priva di significato fintanto che non è relativizzata a un
linguaggio la cui estensione sia specificata nei suoi aspetti rilevanti.
In un linguaggio che contiene soltanto predicati a un posto e predicati a più posti ogni volta che
due predicati hanno la medesima estensione, sono intercambiabili salva veritate.
Ma in un linguaggio estensionale l’intercambiabilità salva veritate non garantisce la sinonimia
cognitiva del tipo che desideriamo. Che ‘scapolo’ e ‘uomo non sposato’ siano intercambiabili salva
veritate in un linguaggio estensionale non fa altro che garantirci che (3) è vero: ma questo accordo
su cosa si basa? Non lo sappiamo.
Di certo, per la maggior parte degli scopi, l’identità di estensione è la migliore
approssimazione di sinonimia. Ma resta il fatto che l’identità di estensione non riesce a
rendere conto della sinonimia cognitiva del tipo che viene richiesto per spiegare
l’analiticità.
Cosi siamo costretti a riconoscere che l’intercambiabilità salva veritate, se interpretata in
riferimento a un linguaggio estensionale, non è una condizione sufficiente per la sinonimia
cognitiva.
Ora, il tentativo di spiegare prima la sinonimia cognitiva, allo scopo di derivare successivamente
l’analiticità è probabilmente l’approccio sbagliato: potremmo cercare di spiegare in qualche modo
l’analiticità senza appellarci alla sinonimia cognitiva.
REGOLE SEMANTICHE
l’asserto ‘Ogni cosa verde è estesa’ è analitico? Non lo sappiamo.
L’ indecisione si deve a una comprensione incompleta dei significati di ‘verde’ ed ‘esteso’? io non
credo.
La difficoltà di distinguere asserti analitici e sintetici nel linguaggio ordinario non si deve alla sua
vaghezza (e la distinzione non è più chiara quando abbiamo a che fare con un linguaggio artificiale preciso
.
con esplicite ‘regole semantiche’)
Nel caso dei linguaggi artificiali assumiamo delle regole semantiche.
Supponiamo vi sia un linguaggio artificiale L0 le cui regole semantiche hanno esplicitamente la
forma di una specificazione di tutti gli asserti analitici di L0:
Noi capiamo a quali espressioni le regole attribuiscono analiticità, ma non capiamo che cosa le
regole attribuiscano a tali espressioni: dobbiamo comprendere il termine generale relativo ‘analitico
per’.
E in base a questo possiamo definire l’analiticità in modo derivato così: un asserto è analitico se
(non soltanto è vero ma) è vero sulla base della regola semantica.
Eppure ci stiamo appellando a un’espressione non spiegata, ‘regola semantica’.
REGOLA SEMANTICA
Si può paragonare la nozione di ‘regola semantica’ a quella di ‘postulato’ (principio riconosciuto
valido senza prove ne dimostrazione allo scopo di costruire una teoria).
Ma la parola ‘postulato’ ha un significato solo relativamente a un atto di indagine, così la nozione di
regola semantica è dotata di significato, se concepita in uno spirito ugualmente relativo (relativo a
un particolare tentativo di spiegazione a persone poco pratiche di quali siano le condizioni sufficienti di verità
. Ma da questo punto di vista, se ‘analitico’
degli asserti di qualche linguaggio naturale o artificiale L)
significa ‘vero sulla base delle regole semantiche’, nessuna verità di L è analitica a esclusione di
un’altra.
Un confine tra asseti analitici e sintetici semplicemente non è stato tracciato.
LA TEORIA VERIFICAZIONISTA E IL RIDUZIONISMO
La teoria verificazionista del significato:
- il significato di un asserto è il metodo per confermalo o confutarlo empiricamente. Un
asserto analitico rappresenta il caso limite che è confermato qualunque cosa succeda.
- Gli asserti sono sinonimi se e solo se sono uguali quanto al loro metodo di conferma o
confutazione empirica.
Da questo concetto di sinonimia di asserti potremmo:
- spiegare che due forme linguistiche qualsiasi sono sinonime quando la sostituzione di una
forma a un’occorrenza dell’altra in qualsiasi asserto genera un asserto sinonimo.
- definire l’analiticità in termini di sinonimia e di verità logica .
(come nel paragrafo 1)
- definire l’analiticità più semplicemente nei termini della sola sinonimia degli asserti insieme
alla verità logica: Un asserto, infatti, può essere descritto come analitico semplicemente quando è
.
sinonimo di un asserto logicamente vero
Cosa sono questi metodi che devono essere confrontati per rintracciare l’identità? Quale è la
natura della relazione tra un asserto e le esperienze che contribuiscono alla sua conferma o la
screditano?
- La visione più ingenua di questa relazione è quella di un resoconto diretto. E’ questo il
riduzionismo radicale. Si ritiene che ogni asserto dotato di significato sia traducibile in un
asserto sull’esperienza immediata .
(vero o falso che sia)
Locke e Hume ritenevano che ogni idea dovesse o trovare la propria origine direttamente
nell’esperienza sensibile oppure essere composta da idee generate in questo modo.
Ragionevolmente, possiamo considerare come unità significanti gli interi asserti.
Il riduzionismo radicale, così pensato con gli asserti come unità significanti, si pone
l’obiettivo di specificare un linguaggio di dati di senso e di mostrare come tradurre in esso il
resto del discorso dotato di significato, asserto per asserto.
- Carnap è stato il primo empirista che ha intrapreso la strada per eseguire la riduzione. Egli
non sembrava però accorgersi che il suo trattamento degli oggetti fisici non riusciva a
conseguire la riduzione.
Sembra che successivamente Carnap se ne sia reso conto. E Infatti abbandonò tutte le
nozioni di traducibilità di asserti sul mondo fisico in asserti sull’esperienza immediata (il
.
riduzionismo nella sua forma più radicale scomparve così dalla sua filosofia)
- cmq il dogma del riduzionismo ha continuato ad influenzare il pensiero degli empiristi, in
una forma più attenuata. Resiste l’idea che ad ogni asserto corrisponda un unico campo di
possibili eventi sensoriali, in modo tale che la presenza di qualunque di essi aumenterebbe
la probabilità che l’asserto sia vero; e che ciascun asserto, preso isolatamente dagli altri,
possa ammettere una conferma o una confutazione.
- il mio suggerimento va in direzione contraria: le nostre asserzioni sul mondo esterno
affrontano il tribunale dell’esperienza sensibile non individualmente ma solo come un ente
collettivo.