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Di primo acchito nulla sembrerebbe accomunare il bambino

e il filosofo. Il bimbo sa poche cose. Il filosofo, al contrario,

viene definito come la totalità del sapere. Il bambino non

ragiona quasi mai in modo logico, il filosofo invece

rappresenta l’essenza stessa del pensiero elaborato.

Bambini e filosofi sembrano abitare due cosmi separati.

Bambini si lasciano trascinare dagli affetti e sono facile

presa di sentimenti contrastanti, i filosofi seguono lo

sviluppo del pensiero. In quest’ottica si è soliti inserire il

bambino in una prospettiva in cui dominano l’animalità , il

corpo e gli istinti. Si suppone invece che il filosofo abbia

una forte attitudine a esercitare lo spirito e il dominio di sé.

Questa sorta di antinomia fra bambino e filosofo viene

riassunta come contrapposizione fra logos e infanzia. In

effetti il termine greco logos può essere assunto a seconda

dei casi nell’accettazione di parola o di ragione. Al

contrario la parola latina infans significa secondo

l’etimologia, colui che non parla. Se i filosofi e i bambini si

stupiscono, significa che anziché essere in opposizione

godono in realtà di un’autentica prossimità, di una sorta di

affinità. I filosofi non sono dunque in opposizione ai

bambini come uomini e animali o come spirito e corpo,

sono piuttosto adulti rimasti fanciulli. Se filosofi e bambini

davvero si assomigliano, se le loro somiglianze sono

profonde, allora non dovremmo aver timore di parlar

filosofico ai nostri figli e non dovremmo neppur aver

bisogno di consigli. L’errore consiste nel credere che

riflettere sia un’attività complicata. Si teme sia troppo

difficile. Ci si racconta di non avere una preparazione

adeguata. Trascinare dietro di sé un bambino sarebbe una

follia ma non si tratta infatti di fare filosofia, in senso

scolastico o didattico, si tratta solo di osare il dialogo

filosofico, che non significa parlare di filosofia. Bisogna

praticare il dialogo filosofico proprio come si pratica la

lingua materna. Bisogna usare parole conosciute, abituali.

La filosofia comincia non quando si hanno idee, ma quando

le si esamina, quando ci si impegna a considerarle nella loro

essenza reale, nel loro contenuto, nel loro significato.

Questo dialogo filosofico si realizza solo con qualcuno. Lo

scambio deve avvenire da entrambe le parti. Il parlare

filosofico è una conversazione affettiva. Terrestre le trame

del dialogo filosofico contemporaneamente con un

guadagno e una perdita. Il guadagno: l’amore reciproco,

l’intimità profonda. La perdita: di fronte ai vostri bambini

sarete restii a mostrarvi impreparati, sprovvisti di risposte

precise.

Non si tratta di stabilire momenti fissi. Non cercate di

rendere formale questo dialogo. Non cercate di incasellarlo

e dargli cadenze fisse. Le domande sorgeranno via via.

Anche un pizzico di improvvisazione sarà indispensabile. I

bambini prendono sempre molto sul serio quel che diciamo,

soprattutto quando hanno l’impressione che si tratti di

qualcosa di importante. Il parlar filosofico con i vostri figli

sarà utile fecondo ed efficace se saprete disfarvi di tutti i

timori, le costrizioni i tabù le sovrastrutture. A che età il

bambino può cominciare a sostenere questi dialoghi? Sono

convinto che non si può stabilire un’età fissa, i termini

impiegati, gli esempi scelti, i tempi di durata della

conversazione dovranno essere modulati sulla fascia d’età.

Si tratta anzitutto di instaurare con un piccolo essere dotato

di parola, una relazione pienamente umana che consisterà

nel dialogare insieme sul significato della realtà e del senso

del nostro stare nel mondo. Dovrete parlare con le loro

parole e con le vostre, mai con le parole dei filosofi.

Cercate dunque per quanto possibile di parlare come siete

abituati con parole che il vostro bambino possa

comprendere. L’obbiettivo non è un risultato ma un

itinerario. È essenziale mostrare ai bambini che esiste nel

vasto universo della riflessione una pluralità di punti di

vista, una molteplicità di approdi e di conclusioni. La meta

più importante da raggiungere in questo dialogare filosofico

sarà sperimentare con i vostri figli con loro e grazie a loro

che ci sono infinite possibilità di vedute nel pensiero

umano. Se condividerete con vostro figlio un cammino

aperto alla pluralità delle visioni, quello che gli insegnerete

sarà uno stile ben più importante di tante dotte citazioni o

dottrine. Sarà un’attitudine al pensare, un atteggiamento

rispettoso, che consiste nel non abbandonare ciò che si

crede vero aprendosi contemporaneamente alla molteplicità

di verità altre.

-Vivere e morire: siamo di fronte al più vasto degli

argomenti possibili. Chi è che vive? Chi è che non vive?

Chi è che muore? Chi non muore mai? Ecco una serie di

domande che permette di iniziare una prima passeggiata

filosofica. Lo stesso vale per il tema della morte. Ciò che

vogliamo trovare non è evidentemente la definizione del

termine ma l’idea. Cosa c’è in comune fra le piante che

vivono e muoiono, fra gli animali che vivono e muoiono?

Invecchiamo, deperiscono, si trasformano, diventano ogni

giorno più deboli sembrano ritirarsi per poi alla fine morire.

Si potrebbe proseguire questa riflessione osservando che ci

sono modi di vivere che si subiscono e altri che si scelgono.

Ad esempio non abbiamo scelto noi di essere maschio o

femmina, e neppure di nascere in francia o in giappone. E

poi bisogna distinguere la vita organica, biologica, quella

degli animali, delle piante e del nostro corpo da quella che

si potrebbe chiamare vita personale o spirituale.

-Amare e detestare: il verbo amare e il verbo detestare

possono essere usati in vari modi e con significati differenti

che i bambini utilizzano e comprendono senza difficoltà.

Questi due sentimenti si creano e si sviluppano sempre tra

persone. L’amore sembra nascere da una mancanza. È come

se noi cercassimo nell’altro una parte di noi stessi, la parte

di cui siamo stati privati e a cui vorremmo ricongiungerci.

Evitiamo di dire subito ai bambini “è male detestare

qualcuno o qualcosa! Non farlo mai! Amarsi gli uni gli

altri…solo questo conta”. Questo precetto è evidentemente

giusto, ma non bisogna mai minimizzare o trascurare i

sentimenti e le pulsioni che s’impadroniscono di noi. Se un

fanciullo detesta qualcuno potrà essere per ragioni

sbagliate, ma non potremmo escludere l’ipotesi che le

motivazioni siano fondate.

-Bello e brutto: c’è un’emotività del bello che permette di

percepire immediatamente un senso di ordine, di armonia e

il piacere che ne deriva. Al contrario il brutto non fa parte

del vocabolario dei bambini, è assai inferiore in loro la

percezione di quest’aspetto della realtà. Il motivo risiede

nel fatto che essi mettono insieme amore e bellezza. I

bambini sentono spontaneamente la bellezza, ma avranno

sempre difficoltà a definirla. Ci accorgeremo che una cosa

che troviamo bella nel nostro paese, potrebbe non essere

considerata tale in una altro luogo geografico. Su questo

punto sarà importante spiegare ai bambini che a tale

proposito c’è una miriade straordinaria di posizioni e di

pareri diversi. Sensibili alla bellezza del creato, i bambini

sono allo stesso modo portati a oscillare facilmente dalla

bellezza fisica alla bellezza del cuore o dell’intelligenza.

Non sarà sufficiente dire loro, “sai colui che non è bello

fisicamente, può tuttavia essere buono gentile e dunque

essere molto bello nel cuore e nella mente”. Ma sarà più

interessante aiutare i bambini a capire che si tratta della

stessa bellezza in forme diverse.

-Ragazzo ragazza: questa differenza è indubbiamente la più

semplice, la più evidente. Si vede dai vestiti, dalla

pettinatura, dal modo di comportarsi. I bambini sanno che

ci sono anche altre differenze, nel corpo, negli organi

sessuali. Questa evidente differenza è anche la più

intrigante e misteriosa. L’uguaglianza è fondamentale ed è

essenziale che i bambini imparino e comprendano fin da

piccolini che maschi e femmine sono alla pari e che non è

in alcun modo possibile che si instauri alcuna relazione di

possesso, di dominazione, di dipendenza, di gerarchia.

-Bene e male: il senso del bene e del male esiste in noi di

natura, oppure la coscienza morale si acquisisce ed è il

risultato dell’educazione? È perfettamente inutile entrare in

questa interminabile disputa nei discorsi con i bambini, a

loro non interessa, perché i piccoli hanno difficoltà a

concepire che il bene e il male sono relativi e che possono

essere messi in discussione. I bambini sentono nel cuore ciò

che bisogna fare o evitare di fare per agire bene. E sovente

lo dicono. È come se avessero ben presente ciò che è bene e

ciò che è male. Se ritengono di aver agito come si deve

mostrano una sorta di fierezza, se hanno fatto qualcosa di

male o pesano di averlo fatto allora provano una sorta di

rabbia. I bambini dimenticano che solo le azioni possono

essere considerate effettivamente buone o cattive. Sono

perfino stupiti nello scoprire che un pensiero malvagio non

è paragonabile alla gravitò dell’aver realmente compiuto un

atto malvagio. Il mondo dell’infanzia comprende quello che

è stato il fondamento della morale: non fare agli altri ciò

che non vorresti fosse fatto a te. È quella che viene

altriemtni detta la regola d’oro, che consiste nell’astenersi

dal danneggiare gli altri.

-Giusto e ingiusto: quando i bambini urlano “non e giusto!”

è sempre opportuno chiedere loro il perché e soprattutto

cosa sarebbe stato più giusto per loro. Ci si renderà conto

che spesso i bambini pensano che sia giusto trattare tutti

allo stesso modo. Nella loro mente il concetto di giustizia

funziona così. Ci sono casi in sui “è giusto” che tutti siano

trattati allo stesso modo e ci sono casi in cui è giusto, al

contrario, non trattare tutti allo stesso modo. Punire un

individuo gentile e obbediente sarà ingiusto. Ricompensare

colui che è malvagio o bugiardo, anche. In termini

filosofici, si parla di una giustizia commutativa (a ogni

bambino lo stesso trattamento) e di giustizia distributiva

(che ripartisce). In un caso è giusto un trattamento paritario

e

Dettagli
Publisher
A.A. 2013-2014
10 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PED/01 Pedagogia generale e sociale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Campedelli92 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Filosofia dell'educazione e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Verona o del prof Loro Daniele.