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L'aporia della volontà generale

Il tema dell'aporia della volontà generale di Rousseau può essere introdotto nel dialogo del

reggimento di Firenze di Guicciardini. L'obiettivo della geometria politico-giuridica di Rousseau è

quello di trovare un meccanismo che renda legittimi, ragionevoli e senza danni i legami che

altrimenti sarebbero assurdi, tirannici e gravidi di ogni abuso. Esso ritiene che tale risultato si possa

realizzare attraverso l'ordinamento delle relazioni intersoggettive sulla base della volontà che si

realizza quando si sono tenuti in conto tutti i voti espressi in assemblea. Rousseau deve affrontare il

problema della differenza tra la volontà di tutti e la volontà generale e afferma che la volontà

generale mira all'interesse comune mentre la volontà di tutti all'interesse privato, non essendo altro

che la somma di volontà particolari. Emerge l'idea di procedere alla somma algebrica delle volontà,

dal punto di vista tecnico il meccanismo della somma algebrica dei voti funziona per individuare la

volontà generale per cui la volontà generale viene manifestata dalla volontà della maggioranza ma

la volontà generale è tale non solo per il voto della maggioranza, ma anche per l'autocritica della

minoranza che, così facendo si rinserisce nella volontà generale. La volontà generale è generale non

per il numero dei voti che raccoglie ma in ragione del bene comune che persegue. Qui emerge

l'aporia. Se la volontà generale fosse il risultato della somma algebrica dei voti espressi in

assemblea, la volontà generale sarebbe il risultato del voto. Se la volontà generale è il criterio in

base al quale si vota in assemblea questa costituisce il presupposto logico per votare in assemblea.

Non è comprensibile come chi vota in assemblea non sia più l'uomo dello stato di natura ma un

soggetto che addirittura abbia un idea di volontà generale prima ancora che questa sia manifestata.

Emerge la necessità fatta presente da Guicciardini, di distinguere le spezie del governo con gli

ordini.

L'aporia della Grundnorm

Facciamo riferimento ad un passo particolarmente suggestivo di Kelsen dove egli riporta un suo

intervento ad un convegno in cui si domanda che cosa si nasconde dietro al diritto positivo <Chi

cerca ancora una risposta a questa domanda, troverà non la verità assoluta di una metafisica né la

giustizia assoluta di un diritto naturale. Chi alza quel velo senza chiudere gli occhi si vede fissare

dallo sguardo sbarrato della testa di Gorgone del potere>. Egli negava che i rapporti giuridici

potessero essere ridotti a rapporti fra individui, in cui gli uni comandano e gli altri obbediscono. Se

nella prospettiva kelseniana ogni forma di comando esige un potere, perché il comando senza il

potere è un comando privo di efficacia operativa, cosicché in una prospettiva dominata dalla

operatività come quella del geometra è tutto sommato poco proficuo che lo studioso di Kelsen si

ponga il problema di un comando dietro il quale non vi è il potere. La nostra analisi deve prendere

le mosse dalla Norma Fondamentale intesa quale premessa maggior e del sillogismo giuridico che

altro non è se non il processo attraverso il quel si qualifica come giuridico un certo comando:

Kelsen afferma che la Norma Fondamentale dà risposta a due diverse domande. La prima. Essa

consente di stabilire quel comando sia “qualificabile” come giuridico all'interno di un determinato

corpo sociale. Attraverso il metodo del sillogismo giuridico un comando è qualificabile come

giuridico se è in qualche misura coerente con la Norma fondamentale. Secondo Kelsen, non resta

che andare a verificare se quel cartello è stato installato da una persona competente a comandare il

divieto di circolazione per poi cercare la legge che individua chi abbia tale autorità. Seconda

domanda la norma fondamentale dovrebbe suggerire una risposta Grund vuol dire fondamento,

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suggerisce l'idea che con la norma fondamentale si accrediti il comando di una ragione per la quale

occorre obbedire a quella norma è limitata è limitata al fatto che quel comando è stato formalmente

qualificato come giuridico attraverso il ricorso al sillogismo giuridico. Il “senso del dovere”

pertanto si rivela quale condizione della comprensione, della assunzione della norma Fondamentale.

La condizione perché la Soll-Norm si trasformi in Soll-Satz è che chi qualifica questo comando in

maniera tale da trasformare la Soll-Norm in Soll-Satz possegga il senso categorico del dovere. La

qualificazione viene fatta da colui il quale obbedisce, non da colui che comanda. Da un lato viene

postulato che l'uomo è un soggetto privo di ogni senso del dovere, dall'altro occorre ammettere

l'esistenza di un senso categorico del dovere. Lungo questa linea, nel frattempo, si sono sviluppate

delle Scuole nel momento della crisi del positivismo giuridico. Tra gli studiosi scandinavi,

Hägerström, si pone il problema della volontà generale come a fonte della cogenza delle leggi.

Anche se l'immagine più bella è quella di un suo allievo, Olivecrona, il quale ci propone una

metafora splendida. Egli rappresenta il sistema dell'ordinamento delle relazioni intersoggettive

come il sistema dell'energia elettrica. Gli interruttori sono i singoli precetti, il segnale stradale;

dietro ad esso c'è tutta l'organizzazione di produzione ed esecuzione della legge. Se la centrale

elettrica è il Parlamento, la corrente corrisponde al “senso del dovere”.

L'aporia dell'individualismo

L'aporia è compressione (contraddizione) ma anche slancio. Concentriamo ora l'attenzione sul

“punto di resistenza” sul quale si “scaricano” tutte le contraddizioni. Nell'ambito degli studi

giuridico-politici, l'essere umano è stato convenzionalmente delineato come “unico” che non

incontra mai un altro soggetto unico, ma sempre “qualche cosa che è altro” da lui, la qual cosa gli si

presenta subito come un limite, quando l'unico si accorge dell'esistenza di “qualche cosa d'altro”,

cade nell'infelicità e desidera rimuovere l'altro. Mediante assoggettamento al potere dell'”unico”

stesso. Interviene allora quel concetto che è il processo del “riconoscimento”. Si può affermare che

il superamento dell'alterità attraverso il “riconoscimento” non è diverso rispetto all'operazione di

assoggettamento delle cose del mondo, anche se questa si attua attraverso il dominio materiale,

mentre quello tramite il dominio per riconoscimento. Per l'io la cosa in sé non esiste, proprio perché

l'io ragiona a partire dalla convinzione di essere unico. Il risultato della nostra indagine ci pare

anche confermato dalla disamina del processo del riconoscimento attraverso la dialettica della

signoria e della servitù di Hegel. Tutte le relazioni tra i singoli soggetti, secondo Hegel, possono

essere rappresentati attraverso la relazione di signoria e servitù. È Hegel stesso ad accorgersi che

lungo questa direzione il signore, per essere tale, ha bisogno dei servi. Interviene un nuovo

elemento all'interno della relazione, vale a dire la cosa che è prodotta e consumata da e nella

relazione stesa. Rispetto alla cosa prodotta, il servo è il produttore, il signore è il consumatore, non

solo il signore è serva del servo e il servo è servo del signore, ma signore e servo sono entrambi

servi della cosa. Noi siamo servi di quello che consumiamo nel mondo attuale il potere appartiene a

coloro i quali ti spingono a consumare. È l'assunzione convenzionale dell'io che impedisce la

penetrabilità del mondo, la conoscibilità di ciò che è altro da sé. È necessario assumere un

atteggiamento di totale apertura alle domande che il mondo concretamente ci pone, guardare al

mondo con un approccio filosofico. Il termine filosofia è una parole composta da filìa = amore e

sophìa = sapere, indica quindi l'amore per il sapere.

Parte V

Una digressione sul tema della giustizia

Per rivendicare ciò che ci spetta occorre avere di fronte un altro che è necessari però

preliminarmente riconoscere come diverso. La diversità può essere predicata solo in relazione a

qualche cosa che sia anche comune. Il riconoscimento dell'alterità porta pertanto alla diversità il cui

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concetto impone il riconoscimento del comune. Ed è proprio qui che emerge il relativismo. Non è

possibile dire su quale fondamento si radichi la pretesa del suo di ciascuno e quindi il dovere di

giustizia, qualora non si abbia una concezione della natura personale dell'uomo. C'è un luogo dove

il problema della giustizia viene sperimentato e risolto, quello del giudizio. Il giudice che si trova

proprio al centro di tale processo perché è chiamato a dirimere una lite, che è la lacerazione della

relazione ed è chiamato a ricomporla. Il giudice è inevitabilmente chiamato a dare “a ciascuno il

suo” secondo la verità che emerge dalla controversia. Questo processo si presenta in un duplice

aspetto: la formula commutativo-contrattuale o distributivo-politica. Il formula commutativa

prevede che il suo di ciascuno può essere ritrovato solo nella concreta relazione tra le parti. La

giustizia commutativa calcola la posizione delle parti in termini di dare ed avere. In ogni caso la

giustizia commutativa non basta perché né necessario attivare il dinamismo della giustizia anche

nella sua forma distributiva o come diciamo noi politica: intelligenza del bene in comune e

intelligenza in comune del bene. Il giudice ha bisogno non solo del legislatore che attraverso la

giustizia distributiva tende al bene comune, ma anche dell'avvocato che attraverso la giustizia

commutativa tende all'interesse privato. Il giudice deve realizzare la complementarietà delle due

forme di giustizia. Conclusione: l'abito della giustizia è relativo.

Lo svelamento delle filosofie simulate: l'utopia e l'ideologia

La filosofia, quindi, sta tra la sapienza e l'ignoranza, è la consapevolezza di non sapere ed è tuttavia

un desiderio ardente di sapere che cresce tanto quanto più si ha la consapevolezza di non sapere. La

filosofia è un habitus, in una successiva accezione, si può effettivamente affermare che la filosofia è

veramente uno stato, un carattere, un temperamento. Ulpiano se è vero che ciò che caratterizza il

giurista è l'affectio filosofic

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A.A. 2013-2014
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SSD Scienze giuridiche IUS/20 Filosofia del diritto

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher thechosen1 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Filosofia del diritto e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università telematica internazionale UNINETTUNO di Roma o del prof Castellano Danilo.