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CONTENUTI DEI DETTAMI DELLA RAGIONE E USCITA DALLO STATO DI NATURA
Il testo de Cive è volto ad illustrare la legge di natura come sistema di proposizioni razionali, "teoremi" su quello che gli uomini devono fare per conseguire la pace. Dalla prima legge naturale Hobbes fa derivare necessariamente che "il diritto a tutto non deve essere conservato, ma che certi diritti devono essere trasferiti o abbandonati", proprio perché lo "ius in omnia" conduce, come già mostrato, ad una guerra costante e permanente, almeno finché due uomini restino in vita.
L'enunciazione dei dettami della ragione naturale subisce leggere variazioni da un'opera all'altra; ciononostante le due leggi fondamentali per lo sviluppo della teoria hobbesiana restano inalterate. La prima è relativa all'associazione degli individui a scopo di pace o di difesa, la seconda è invece relativa all'osservanza dei.
patti.La contraddizione dello stato di natura, per cui vi sono leggi valide ma non efficaci, non si può risolvere restando all'interno di esso.Per questo all'orizzonte della teoria politica del filosofo appare in lontananza lo Stato, inteso come quel potere tanto irresistibile da spingere chi non è intenzionato a rispettare le leggi naturali, a desistere da tale convinzione e a cambiare atteggiamento. La salvezza dell'uomo va cercata dunque non nello stato di natura, ma nella società civile.
Le cause della guerra universale sono tre: le passioni e in particolare la falsa stima di sé, il diritto a tutto e la difficoltà a premunirsi in pochi e con poche difese dai nemici. La legge naturale per il suo carattere astrattamente razionale non può rimuovere le prime due cause. Il timore reciproco invece, la paura della morte, spingono gli uomini ad evitare i rischi di una lotta condotta con le loro sole forze e senza rispettare la legge naturale.
e ad unirsi nella guerra; "così accade che, per paura reciproca, pensiamo che si debba uscire da tale stato, cercare dei soci, affinché se si deve affrontare la guerra, non sia contro tutti né senza aiuti". [17] IL PATTO La dicotomia stato di natura-società civile ha una caratteristica fondamentale che risiede nella modalità con cui l'uomo passa da uno all'altro, per cui a buon diritto il giusnaturalismo moderno è stato definito una filosofia politica "contrattualistica". Che infatti l'uomo abbandoni lo stato di natura e passi allo stato mediante un patto d'unione, è accettato all'unanimità da tutti i filosofi giusnaturalisti. Il patto diviene il rapporto sociale fondamentale, la condizione imprescindibile per la sopravvivenza umana, e proprio per questo ha delle caratteristiche del tutto particolari: "L'azione di due o più persone che si trasferiscono reciprocamente"I loro diritti si chiama contratto. Ma in ogni contratto, o le due parti compiono subito quanto pattuito, senza che l'unodebba concedere credito all'altro, o l'uno lo compie, e concede credito all'altro, o nessuno deidue lo compie. Quando entrambi compiono subito la prestazione, il contratto si estingue non appena gli è dato adempimento. Quando invece o uno o entrambi danno credito all'altro, colui al quale si fa credito promette di compiere la prestazione in seguito, e una simile promessa si chiama patto".[18]
Lo scopo principale di questo accordo è di abbattere la causa dell'insicurezza, del timore reciproco che a sua volta nasce dalla mancanza di un potere comune. Per cui il contratto preliminare, essenziale per Hobbes, ha lo scopo di istituire un potere comune.
Dal contrattualismo tradizionale al "pactum unionis" Hobbes supera il limite dualistico del contrattualismo tradizionale, riducendo i due patti da esso previsti,
“pactum societatis” e “pactum subiectionis”, ad uno solo, che forma un unico soggetto di diritto pubblico, e cioè il sovrano o un consiglio. Il primo è l’obbligo di obbedire a tutto quello che il detentore del potere comune comanderà; il secondo è un patto di associazione tra individui che si impegnano reciprocamente a sottomettersi a un terzo non contraente. Il primo patto trasforma una “moltitudo”, cioè un insieme di individui che non hanno niente in comune, se non il fatto di essere uomini, in un “populus”, ovvero in un gruppo dotato di una volontà di maggioranza; il secondo ha come contraenti il “populus” e il sovrano. Hobbes nota che finché un gruppo di individui resta soltanto una moltitudo, legata più al consenso momentaneo di fronte a un nemico comune, lo stato di guerra vigerà anche al suo interno: “se consentono in una singola azione, per la speranza
di leggi e di norme che garantiscano la sicurezza e la pace tra i membri. Questo accordo deve essere sancito da un'autorità sovrana che abbia il potere di far rispettare le leggi e di punire chi le viola. Solo così si può garantire la stabilità e la prosperità della società. Inoltre, Hobbes sostiene che l'uomo è per natura egoista e tende a cercare il proprio interesse personale. Questo porta inevitabilmente a conflitti e divisioni tra gli individui. Per evitare questo, è necessario un governo forte che possa controllare e regolare i comportamenti degli individui. In conclusione, secondo Hobbes, la società si fonda sull'accordo reciproco tra gli individui per garantire la sicurezza e la pace. Questo accordo deve essere sancito da un'autorità sovrana che abbia il potere di far rispettare le leggi e di punire chi le viola. Solo così si può garantire la stabilità e la prosperità della società.Preliminare di sicurezza e che dia la possibilità di stipulare in tranquillità gli accordi ad esso successivi; infatti "soltanto questo accordo preliminare fa uscire l'uomo dallo stato di natura e fonda lo Stato".[21] E l'accordo preliminare, che starà alla base della società civile per il filosofo inglese, non conserva esattamente le caratteristiche né del "pactum subiectionis" né del "pactum societatis", ma le unisce originalmente nel cosiddetto nuovo "pactum unionis" di cui enuncia la formula nel Leviatano: "io autorizzo e cedo il mio diritto di governare me stesso a quest'uomo o a questa assemblea di uomini, a questa condizione: che anche tu ceda il tuo diritto a lui e autorizzi le sue azioni allo stesso modo." Ciascun individuo si obbliga per patto, nei confronti[22] di tutti gli altri, a sottomettere la sua volontà a quella di uno stesso individuo, di uno stesso consiglio,
in modo che la volontà di costui sia tenuta per volontà di tutti e di ciascuno.
Il nuovo contratto hobbesiano riguarda, in effetti, il trasferimento al sovrano del diritto di usare delle forze di ciascuno, e questo, a sua volta, non è altro che l'abbandono del diritto di resistenza nei confronti del sovrano: "in ogni stato si dice che l'uomo o il consiglio alla cui volontà i singoli (come si è detto) hanno sottomesso la loro, si dice che ha la potestà suprema volontà, o il potere supremo, o il dominio. Questa potestà e il diritto consiste nel fatto che ciascuno dei cittadini ha trasferito ogni sua forza e potere a quell'uomo o consiglio. Avere fatto questo [...] non è altro che avere abbandonato il proprio diritto di resistenza".
Stando così la situazione, tale sovrano avrà evidentemente nelle sue mani il potere per far rispettare le leggi naturali e dunque per impedire al singolo.
di esercitare il proprio potere a danno degli altri.SUDDITI E SOVRANO
Ora la sottomissione di tutti alla volontà di un solo individuo, implica che le varie volontà particolari siano confluite nella volontà sovrana, così che una decisione del sovrano non potrà mai trovarsi in contrasto con la volontà di un suddito, in quanto significherebbe che la volontà del suddito è in contrasto con se stessa. Da ciò se ne ricava l'importante considerazione per cui il sovrano, poiché è l'unico ad esercitare il proprio diritto su tutto, risulta essere l'unica persona a permanere nello stato di natura, e quindi ad essere sottomesso alla legge naturale, ma non più a quella civile, da esso promulgata; va pertanto obbedito senza discussione alcuna, salvo per i casi in cui questo attenti alla vita del suddito; infatti nessuno si può impegnare a farsi uccidere o ferire, poiché il fine che persegue
che lo spinge a sottomettersi, è propriol'autoconservazione.Il diritto del sovrano non è altro che il suo stesso diritto naturale reso efficace dalla rinuncia ditutti gli altri al proprio, e dunque il rapporto fra suddito e sovrano risulta fondamentalmentenegativo, e si traduce nella semplice non resistenza.In una situazione di siffatta specie diventa allora palese la grande rivoluzione teorica operatada Hobbes, nell'ambito della filosofia politica; i poli reali della vita sociale diventano il comandoe l'obbedienza, e vanno a sostituire i rapporti reciproci fra i cittadini, che anzi devonopresupporli per essere possibili. Non è più l'organismo gerarchico della comunità o un ordinecomunque dato, a determinare al proprio interno i rapporti di comando legittimo, bensì alcontrario, è un rapporto di comando, legittimato mediante un consenso generale, a costruirel'unica base della convivenza di unamoltitudine. L'unica legge a cui è sottoposto il sovrano è quella di natura, cioè ai dettami della ragione che si riducono ad "un solo detto: la salute del popolo è la legge suprema", infatti continua Hobbes, "poiché i poteri sono stati costituiti in vista della pace, e la pace è ricercata per la salute, chi ha il potere, se lo usa altrimenti che per la salute del popolo, agisce contro le ragioni della pace, cioè contro la legge naturale". [24] Tuttavia è doverosa una precisazione; qualora il sovrano trascuri tale norma, non esisterebbero comunque dei pretesti validi per deporlo; i sudditi sono infatti ugualmente tenuti a sottostare a lui, pur conservando stoicamente la loro libertà di coscienza. Un'analisi di questo tipo mostra come l'ideologia a cui aderisca il filosofo inglese, sia profondamente conservatrice e controrivoluzionaria; il potere sovrano dà stabilità.dunque tutto ciò che mira al suo abolimento deve essere messo in condizione di desistere dal farlo, in quanto appunto intaccherebbe tale stabilità