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Alienazione del lavoro
Quindi, se prodotto del lavoro è l'alienazione, la produzione stessa deve essere alienazione attiva, alienazione dell'attività, l'attività della alienazione. [...] E ora, in che cosa consiste l'alienazione del lavoro? Consiste prima di tutto nel fatto che il lavoro è esterno all'operaio, cioè non appartiene al suo essere, e quindi nel suo lavoro egli non si afferma, ma si nega, si sente non soddisfatto, ma infelice, non sviluppa una libera energia fisica e spirituale, ma finisce il suo corpo e distrugge il suo spirito. Perciò l'operaio solo fuori del lavoro si sente presso di sé; e se si sente fuori di sé nel lavoro. È a casa propria se non lavora; e se lavora non è a casa propria. Il suo lavoro quindi non è volontario, ma costretto, è un lavoro forzato. Non è quindi il soddisfacimento di un bisogno, ma soltanto un mezzo per soddisfare bisogni estranei. La sua
estraneità si rivela chiaramente nel fatto che non appena viene meno la coazione fisica o qualsiasi altra coazione, il lavoro viene fuggito come la peste. Il lavoro esterno, il lavoro in cui l'uomo si aliena, è un lavoro di sacrificio di se stessi, di mortificazione. Infine l'esteriorità del lavoro per l'operaio appare nel fatto che il lavoro non è suo proprio, ma è di un altro. Non gli appartiene, ed egli, nel lavoro, non appartiene a se stesso, ma ad un altro. (..) Ora dobbiamo ancora ricavare dalle due determinazioni sin qui descritte una terza determinazione del lavoro estraniato. [...] Poiché il lavoro estraniato rende estranea all'uomo 1) la natura e 2) l'uomo stesso, la sua propria realtà, la sua propria funzione attiva, la sua attività vitale, esso rende estraneo all'uomo la specie, facendo della vita della specie un mezzo della vita individuale. In primo luogo il lavoro rende estranea la vita della specie.specie e la vita individuale, in secondo luogo fa di quest'ultima nella sua astrazione uno scopo della prima, ugualmente nella sua forma astratta ed estraniata. Infatti il lavoro, l'attività vitale, la vita produttiva stessa appaiono all'uomo in primo luogo soltanto come un mezzo per la soddisfazione di un bisogno, del bisogno di conservare l'esistenza fisica. Ma la vita produttiva è la vita della specie. E la vita che produce la vita. In una determinata attività vitale sta interamente il carattere di una specie, sta il suo carattere specifico; e l'attività libera e cosciente è il carattere dell'uomo. La vita stessa appare soltanto come mezzo di vita. [...][d. gli Soltanto nella trasformazione del mondo oggettivo l'uomo si mostra quindi realmente come un essere appartenente ad una specie. Questa produzione è la sua vita attiva come essere appartenente ad una specie. Mediante essa la natura appare come la suaopera e la sua realtà. L'oggetto del lavoro è quindi l'oggettivazione della vita dell'uomo come essere appartenente a una specie in quanto egli si raddoppia, non soltanto come nella coscienza, intellettualmente, ma anche attivamente, realmente, e si guarda quindi in un mondo da esso creato. Perciò il lavoro estraniato strappando all'uomo l'oggetto della sua produzione, gli strappa la sua vita di essere appartenente ad una specie, la sua oggettività reale specifica e muta il suo primato dinanzi agli animali nello svantaggio consistente nel fatto che il suo corpo inorganico, la natura, gli viene sottratta."
K. MARX, Manoscritti economico-filosofici del 1844, 71/9)
l'analisi del capitalismo
La merce come valore d'uso e valore di scambio
"A un primo sguardo la ricchezza borghese appare come una enorme raccolta di merci e la singola merce come sua esistenza elementare. Ma ogni merce si presenta sotto il duplice punto di vista"
Il valore d'uso e di valore di scambio. La merce è in primo luogo, nel linguaggio degli economisti inglesi, "qualsiasi cosa necessaria, utile o gradevole alla vita", oggetto di bisogni umani, mezzo di sussistenza nel senso più ampio della parola.
Questo esistere della merce come valore d'uso e la sua esistenza naturale tangibile coincidono. Il grano ad esempio è un valore d'uso particolare, differente dai valori d'uso cotone, vetro, carta ecc. Il valore d'uso ha valore solo per l'uso e si attua soltanto nel processo del consumo. Un medesimo valore d'uso può essere sfruttato in modo diverso. La somma delle sue possibili utilizzazioni si trova però racchiusa nel suo esistere quale oggetto dotato di determinate qualità. Questo valore d'uso, inoltre, è determinato non solo qualitativamente, bensì anche quantitativamente. Valori d'uso differenti hanno misure differenti secondo le loro
naturali peculiarità, ad esempio un moggio di grano, una libbra di carta, un braccio di tela ecc. Qualunque sia la forma della ricchezza, i valori d'uso costituiscono sempre il suo contenuto, che in un primo tempo è indifferente nei confronti di questa forma. Gustando del grano, non si sente chi l'ha coltivato, se un servo della gleba russo, un contadino particellare francese o un capitalista inglese. Meno, un quantitativo maggiore o minore di quel lavoro semplice, uniforme, astrattamente generale, il quale costituisce la sostanza del valore di scambio. Si tratta di vedere come misurare questi quantitativi. O piuttosto si tratta di vedere quale sia la esistenza quantitativa di quel lavoro stesso, poiché le differenze di grandezza delle merci come valori di scambio non sono che differenze di grandezza del lavoro in esse oggettivato. Allo stesso modo che il tempo è l'esistenza quantitativa del movimento, il tempo di lavoro è l'esistenza
La diversità della propria durata è l'unicadifferenza di cui sia suscettibile il lavoro, presupposta come data la sua qualità. [... ] Il tempo di lavoro è l'esistenza vivente del lavoro, indipendentemente dalla sua forma, dal suo contenuto, dalla sua individualità; ne è l'esistenza vivente come esistenza quantitativa, e insieme è la misura immanente di questa esistenza. Il tempo di lavoro oggettivato nei valori d'uso delle merci è la sostanza che fa dei valori d'uso valori di scambio e quindi merci, allo stesso modo che ne misura la determinata grandezza di valore. [... ] Come valori di scambio tutte le merci non sono che misure di tempo di lavoro coagulato.
(K. MARX, Per la critica dell'economia politica, trad. it. E. Cantimori Mezzomonti, Ed. Riuniti, Roma 1969, 9-12)
il plusvalore
Supponiamo ora che la produzione della quantità media di oggetti correnti necessari alla
vita di unoperaio richieda sei ore di lavoro medio. Supponiamo inoltre che sei ore di lavoro medio siano incorporate in una quantità d'oro uguale a tre scellini. In questo caso tre scellini sarebbero il prezzo o l'espressione monetaria del valore giornaliero della forza-lavoro di quell'uomo. Se egli lavorasse sei ore al giorno, produrrebbe ogni giorno un valore sufficiente per comperare la quantità media degli oggetti di cui ha bisogno quotidianamente, cioè per conservarsi come operaio. Ma il nostro uomo è un operaio salariato. Perciò deve vendere la sua forza-lavoro a un capitalista. Se la vende a tre scellini al giorno, o diciotto scellini la settimana, la vende secondo il suo valore. Supponiamo che egli sia un filatore. Se egli lavora sei ore al giorno, egli aggiunge al cotone un valore di tre scellini al giorno. Questo valore che egli aggiunge giornalmente al cotone costituirebbe un equivalente esatto del salario, o del prezzo, che egli.valore di un oggetto e il suo utilizzo. Per comprendere meglio, immaginiamo che un capitalista acquisti la forza-lavoro di un operaio per un determinato periodo di tempo. Il valore di questa forza-lavoro è determinato dalla quantità di lavoro necessaria per mantenerla o riprodurla. Tuttavia, l'utilizzo di questa forza-lavoro non ha limiti se non le energie vitali e la forza fisica dell'operaio. Quando il capitalista acquista la forza-lavoro dell'operaio, ha il diritto di consumarla o utilizzarla come qualsiasi altra merce acquistata. Questo avviene facendo lavorare l'operaio, proprio come si utilizza una macchina mettendola in movimento. È importante sottolineare che il valore giornaliero o settimanale della forza-lavoro è completamente diverso dall'esercizio giornaliero o settimanale di essa. Questi sono due concetti completamente separati, proprio come il valore di un oggetto e il suo utilizzo.foraggio di cui un cavallo ha bisogno e il tempo per cui esso può portare il cavaliere. La quantità di lavoro da cui è limitato il valore della forza-lavoro dell'operaio, non costituisce in nessun caso un limite per la quantità di lavoro che la sua forza-lavoro può eseguire. Prendiamo l'esempio del nostro filatore. Abbiamo visto che, per rinnovare giornalmente la sua forza-lavoro, egli deve produrre un valore giornaliero di tre scellini, al che egli perviene lavorando sei ore al giorno. Ma ciò non lo rende incapace di lavorare dieci o dodici o più ore al giorno. Pagando il valore giornaliero o settimanale della forza-lavoro del filatore, il capitalista ha acquistato il diritto di usare questa forza-lavoro per tutto il giorno o per tutta la settimana. Perciò, egli lo farà lavorare, supponiamo, dodici ore al giorno. Oltre le sei ore che gli sono necessarie per produrre l'equivalente del suo salario, cioè del
valore della sua forza-lavoro, il filatore dovrà dunque lavorare altre sei ore, che io chiamerò le ore di sopralavoro, e questo sopralavoro si incorporerà in un plusvalore e in un sopraprodotto. Se per esempio il nostro filatore, con un lavoro giornaliero di sei ore, ha aggiunto al cotone un valore di tre scellini, un valore che rappresenta un equivalente esatto del suo salario, in dodici ore egli aggiungerà al cotone un valore di sei scellini e produrrà una corrispondente maggiore quantità di filo. Poiché egli ha venduto la sua forza-lavoro al capitalista, l'intero valore, cioè il prodotto da lui creato, appartiene al capitalista, che è, per un tempo determinato, il padrone della sua forza-lavoro. Il capitalista dunque anticipando tre scellini, otterrà un valore di sei scellini, perché, anticipando un valore in cui sono cristallizzate sei ore di lavoro, egli ottiene, invece, un valore in cui sono cristallizzate
Dodici ore di lavoro. Denaro come denaro e denaro come capitale si distinguono in un primo momento soltanto attraverso la loro differente forma di circolazione. La forma immediata della circolazione delle merci è M-D-M: trasformazione di merce in denaro.