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COERENZA
Se il problema della completezza era un problema di mancanza di norme (cd.
lacune), il problema a cui rimanda la questione della coerenza è il problema
simmetrico e contrario sollevato da un’eventuale eccedenza di norme
(presenza di almeno due norme che disciplinano la stessa materia).
Pag. 242 libro Nino “contraddizioni tra norme” è il problema che si verifica
quando due o più norme si riferiscono allo stesso casso ed hanno il medesimo
ambito di applicabilità. Nino aggiunge che sono norme che possiamo
considerare appartenenti allo stesso ordinamento. Queste due o più norme
prospettano però per la materia di cui si occupano soluzioni
opposte/logicamente incompatibili.
Il problema della coerenza rinvia alla questione se si diano o meno nel diritto
situazioni di questo tipo, cioè situazioni per la quali per la stessa materia vi
siano più norme che la prendano in considerazione ma dettino regole opposte.
Il problema della coerenza è quindi quello che ci porta a ragionare se
nell’ordinamento vi siano o meno antinomie.
Riguardo al tema delle incompatibilità tra norme Alf Ross (giusrealista) ha
proposto una distinzione tra 3 classi di incompatibilità tra norme costruite
avendo riguardo agli ambiti di applicazione, riprese poi anche da Nino:
Incompatibilità totale/totale
- : gli ambiti di applicabilità sono
perfettamente coincidenti.
Es: mettiamo che l’ambito di applicabilità sia il fumare in luogo
pubblico “è permesso fumare” da una parte “e vietato fumare”
dall’altra;
[rappresentazione: due cerchi che coincidono]
Incompatibilità totale/parziale
- : ambito di applicabilità delle due
norme non è coincidente; l’incompatibilità si manifesta solo in parte.
Es: mettiamo che una norma prescriva che l’importazione di veicoli è
soggetta al pagamento di diritti doganali ma una diversa norma prescrive
che l’importazione di trattori è esente dal pagamento di diritti doganali;
[rappresentazione: cerchio grande all’interno del quale è inserito un
cerchio più piccolo] 75
Parziale/parziale
- : due norme sono confliggenti per una parte limitata
delle due diverse disposizioni.
Es: una norma prescrive che l’importazione di veicoli è soggetta al
pagamento; un’altra norma prescrive che le macchine agricole sono
esenti dal pagamento di diritti doganali. I trattori ricadono nell’area di
conflitto tra le due norme.
Sono classificazioni costruite andando a vedere l’ambito di applicazione e
le categorie in gioco.
[rappresentazione: cerchi che si intersecano].
I sostenitori della completezza sostengono anche la coerenza e comunque
ritengono che le eventuali antinomie siano superabili mediante appositi criteri
che consentono di individuare la norma destinata a prevalere.
Si è consolidata l’idea che siano utilizzabili e disponibili i cd. criteri per la
soluzione delle antinomie. L’elaborazione dei criteri vede un grosso apporto
di tipo dottrinale più che una specificazione sul piano normativo. I criteri sono:
Lex superior derogat inferiori
1) : prevale la norma posta sul livello
gerarchico superiore;
Es: laddove di verifichi un’antinomia tra una norma di livello legislativo
ed una di livello costituzionale, prevarrà la norma costituzionale.
Lex posterior derogat priori
2) : prevale la norma emanata in data
posteriore/ prevale la norma più recente;
Lex specialis derogat generali
3) : prevale la disciplina speciale su quella
generale. Speciale è una norma che ha un ambito di applicazione più
ristretto e più specificamente orientato ad una certa materia.
Molto si è detto sul perché di questi criteri. Il criterio 1) si lega strettamente a
quello rappresentato dal diritto in cui attraverso norme con certe
caratteristiche si fissano dei limiti rispetto alle norme di grado inferiore al fine
di offrire una serie di garanzie. I criteri 2) e 3) fanno tutt’uno con l’idea della
dinamicità del diritto. Un ordinamento caratterizzato da quella capacità di
introdurre norme che a mano a mano rispondano a esigenze maturate nella
società e dovute alla trasformazione della realtà.
Se si adottasse la regola che nel caso di un conflitto tra norme, sulla norma
emanata dopo, prevale sempre e comunque la norma emanata prima,
negheremmo quel requisiti della dinamicità del diritto.
Kelsen prende in considerazione solo il conflitto tra norme poste su gradi
diversi e asserisce la tesi che tali conflitti non incrinano l’unità
dell’ordinamento. Kelsen sostiene questo sulla base del fatto che la norma di
grado inferiore in contrasto con quella di grado superiore resta valida finché
non viene posto in essere il meccanismo previsto dall’ordinamento stesso per
sindacare la norma confliggente ed eventualmente espellerla dall’ordinamento.
Le antinomie trovano sempre una soluzione?
76
Non è sempre possibile trovare una soluzione ad un caso di antinomia.
In alcuni casi, infatti, nessun criterio può trovare applicazione (es. nel caso in
cui l’antinomia riguardi norme che si collocano sullo stesso livello normativo).
In altri casi invece può essere applicato più di un criterio e, a seconda del
criterio a cui si attribuisce prevalenza, si profila una diversa soluzione per il
conflitto tra norme, cioè può verificarsi quella che si chiama antinomia di
secondo grado. Si tratta di un’eccedenza che riguarda i criteri stessi:
- Criterio gerarchico e criterio cronologico
- Criterio cronologico e criterio di specialità
- Criterio gerarchico e criterio di specialità
Si considera il criterio gerarchico come un criterio forte che prevale sul criterio
cronologico. Questo criterio quando entra in conflitto con il criterio di specialità
viene considerato come un criterio semi-forte.
Il criterio cronologico consiste nel fatto che c’è una disciplina successiva che
entra in conflitto con una disciplina antecedente ma di carattere speciale
rispetto alla disciplina successiva. In questo caso vi sono diversi orientamenti
interpretativi che punto più sull’uno o sull’altro aspetto. Qui il conflitto tra i
criteri per la risoluzione delle antinomie non ha una soluzione che si presenti
come automatica o meccanica.
La coerenza non è suscettibile di essere considerata come un criterio di
validità, bensì, come un criterio di giustizia, cioè il criterio di un diritto che
risponda il più possibile in maniera adeguata ad esigenze e ad aspettative
condivise. È un criterio che il legislatore dovrebbe aver presente nel momento
in cui si trova di fronte alla normazione di una materia (cit. Bobbio).
Completezza problema delle lacune
Coerenza problema delle antinomie
Sono questioni che rimandano alla centrale tematica dell’interpretazione.
La questione di vedere se ci sia o meno una norma sotto la quale può essere
ricondotta una certa fattispecie riguarda soggetti in prima linea nell’attività
interpretativa.
In questa chiave è molto importante l’incipit del capitolo 6° par. 40 di Kelsen
dedicato al problema delle lacune.
TEORIA DELL’INTERPRETAZIONE
Kelsen, capitolo 6°, di interpretazione ci dà una definizione nel par. 32:
“l’interpretazione è un procedimento spirituale che accompagna il processo di
produzione del diritto nel nuovo sviluppo da un grado superiore a uno inferiore
regolato da quello superiore”. 77
Kelsen ci sta proponendo una definizione di interpretazione strettamente
agganciata alla struttura dell’ordinamento. Kelsen ha sempre presente la
struttura ordinamentale. Ci dice che l’interpretazione è un procedimento
spirituale/intellettuale che è il necessario accompagnamento della costruzione
del diritto ad ogni livello. Ci sta proponendo una caratterizzazione
dell’interpretazione molto ampia che estende la categoria dei soggetti investiti
dell’interpretazione.
Se pensiamo ad un soggetto per eccellenza investito di questo ruolo ci viene in
mente il giudice. Kelsen però ci dice che questo è solo uno degli interpreti.
Questa definizione sembra però lasciar fuori l’interpretazione scientifica o
dottrinale, volta alla conoscenza e alla costruzione dottrinale e sistematica del
diritto.
Kelsen ha luogo di ritornare sulla questione del rapporto tra le norme collocate
tra i diversi gradi dell’ordinamento. A questo proposito, nel par. 33, ci dice
come funzioni la norma di grado superiore rispetto a quella di grado inferiore.
Questa specificazione consiste nell’affermare che nella norma di grado
superiore si trovano sì indicazioni circa le forme appropriate per la produzione
della norma inferiore (è come se l norma di grado superiore ci desse uno
schema all’interno del quale ci si muove per produrre, applicare e interpretare
la norma di grado superiore regola l’atto con
la norma di grado inferiore) ma “
cui viene prodotta la norma di grado inferiore ma questa determinazione non è
mai completa. La norma di grado superiore non può vincolare in tutti i sensi
l’atto per mezzo del quale viene eseguita”.
Lo schema è un qualcosa in cui troviamo indicazioni che però non sono
complete. Concetto che completa nei par. successivi, vedendo la cosa dall’altra
parte con i margini di indeterminazione che rimangono proprio perché il livello
di grado superiore opera come uno schema.
Kelsen poi, ai par. 34-35, parla di indeterminatezza del grado inferiore che
distingue in due categorie. Questi due tipi di indeterminatezza li qualifica
come:
- Intenzionale: si verifica quando è lo stesso organo che pone la norma
più elevata che si avvede che è opportuno che rispetto ad una certa
materia tutta una serie di elementi vengano affidati agli interventi
regolatori di livello inferiore dell’organo investito dell’applicazione. Kelsen
dice che c’è come una sorta di delega data all’altro organo per
completare il processo regolatorio.
- Non intenzionale: Kelsen fa un’incursione nella dimensione linguistica.
“l’indeterminatezza dell’atto giuridico può essere…”. Qui Kelsen sta
portando l’attenzione su quei problemi relativi all’apertura dei significati
nel caso del linguaggio giuridico e di continuità con il linguaggio
ordinario. Porta l’attenzione su caratteristiche del linguaggio giuridico che
quandanche il legislatore non volesse lasciare quei margini di apertura,
nella fase dell’interpretazione