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Estratto del documento

Prende brevemente in considerazione egli è stato l'occasione per il discepolo, ma allo stesso tempo

quest'ultimo è stato occasione per Socrate: senza di lui non sarebbe stato maestro. Nessuno dei due si potrà

mai pretendere creditore, ma c'è un rapporto di reciprocità; un rapporto di scambio è la base della concezione

socratica, il discepolo aiuta Socrate a comprendere se stesso e Socrate aiuta il discepolo a fare lo stesso.

Dio però non ha bisogno di nessun discepolo per comprendere se stesso: cosa lo muove a manifestarsi? Per

amore, che se è fondamento, deve essere anche fine, perché se no sarebbe una contraddizione che Dio

avesse un movente o uno scopo che non corrispondesse all'amore stesso.

costitutivamente infelice,

Ma questo amore è poiché lui, infinito, rivolge il suo amore ad un essere finito,

i due amanti non posso comprendersi. Tale dolore è di chi si trova nella posizione di

dunque

superiorità, perché lui solo comprende la situazione, la beatitudine di Dio diventa il suo dolore, nel

momento in cui ama il discepolo.

Es: la storia del re e della ragazza povera. rapporto di uguaglianza.

La preoccupazione di Dio è quella di riuscire a stabilire un Se questo è impossibile,

allora l'amore rimane infelice e anche l'insegnamento senza significato, visto che i due non possono

comprendersi.

Vi sono due vie che si possono intraprendere:

ELEVAZIONE: Dio vorrebbe elevare il discepolo fino a sé, glorificarlo e fare il modo che egli si

 dimentichi così dell'incomprensione. Il discepolo ne sarebbe ben felice, così come se il re ricoprisse la

ragazza di ricchezze, ella ne gioverebbe.

Tutto si risolverebbe però in una beatificazione, adorazione del Dio o del re, ma questi non vogliono essere

idolatrati per vanità o narcisismo, ma vogliono creare un rapporto vero e egualitario con la controparte.

La via per redere felice l'amore non è dunque questa: può rendere felice l'amore del discepolo o della ragazza,

ma non quello del maestro o del re, che non possono accontentarsi di inganni.

ABBASSAMENTO: Se l'unità non la si può raggiungere con un'elevazione, si tenti attraverso un

 abbassamento.

Se però neanche Socrate fece mai comunella con i suoi discepoli, come potrebbe farlo Dio? Per

procurare l'unità è necessario che il Dio diventi come il suo discepolo, mostrandosi nella figura di

servo (Lettera di Paolo ai Filippesi

[Fil 2, 5­7]: “Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù, il quale, pur essendo di

natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso,

assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò se

stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce. Per questo Dio l' ha esaltato e gli ha

dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome”).

Questa figura di servo, però, Gesù non la portava come un mantello (come quello con il quale il re cerca di

nascondere le sue vesti dorate), ma è Dio stesso che si fa uomo, che condivide tutto della condizione umana,

eccetto il peccato.

In questo sta la grandezza dell'Amore di Dio.

Alla fine del capitolo, Kierkegaard risponde alle tesi di Feuerbach, secondo cui l'uomo

abbia alienato se stesso nelle divinità, creando una proiezione infinita del suo essere infinito, mettendo in

dubbio dunque la veridicità della religione.

Per K l'uomo avrebbe di certo potuto creare un Dio e pensare l'uomo che si innalza a lui, ma non un Dio che si

abbassa attraverso l'incarnazione no.

Capitolo 3

Riprende la figura di Socrate: ha cercato di far chiarezza sul l'uomo e sul suo sapere, ma non è riuscito a far

chiarezza su se stesso e comprendersi: Socrate è un essere paradossale.

paradosso? è qualcosa su cui l'intelletto sbatte, perché cerca di

Cos'è il È la passione del pensiero,

capire ciò che non conosce.

La cosa sconosciuta a cui diamo un nome, il Dio. L'intelletto non vuole dimostrarla, poiché se non esiste è

indimostrabile e se iniziassi a dimostrarne l'esistenza allora significherebbe che metto in dubbio che esista, ma

il dubbio non è un presupposto.

Es. Napoleone

NB: nel caso di Dio, tra lui e i

Se gli atti non dimostrano l'esistenza di Napoleone, come invece è viceversa,

suoi atti c'è un rapporto assoluto: Dio non è un nome, ma un concetto e questo deriva dal

fatto che la sua essentia involvit existentiam.

Gli atti di Dio li può compiere solo lui. Come faccio da questi a trarne la dimostrazione della sua esistenza

Parto da atti considerati

però? idealmente.

Kierkegaard vuole dire che le prove dell'esistenza di Dio sono, solo una forzata messa tra parentesi

della stessa esistenza di Dio. Ma comunque il provare è il momento in cui decido di fare il salto,

mollare il pupazzetto che ritorna sempre in piedi e in quel momento cambia il mio rapporto con Dio =

fede (vd. Cap. 4)

[“Lo stolto ha detto nel suo cuore: «Non c'è DIO». Sono corrotti, fanno cose abominevoli; non c'è alcuno che

faccia il bene.” (Salmo 14:1)]

Perciò l'intelletto va costantemente ad urtare contro questa cosa sconosciuta, l'Ignoto, e non va oltre, poiché

riduce tutto alle sue categorie concettuali. La cosa sconosciuta è il confine al quale costantemente si giunge e

il differente.

che fa intuire Ma la differenza non si riesce a fissare e ciò confonde l'intelletto a tal punto che

non conosce più se stesso. Da ciò segue che se l'uomo vuole conoscere la verità attraverso la cosa

differenza,

sconosciuta (Dio), deve comprendere la cosa che viene a sapere da Dio: se questo è

assolutamente differente dall'uomo, allora l'uomo è assolutamente differente da Dio.

non­verità e peccato

Ma in che modo lo è? Lo è in quanto (rimane attaccato a questa sua situazione di non­

verità).

Questo è un paradosso:

­L'uomo ha bisogno del Dio per venire a sapere che questi è differente e così viene a sapere che è

assolutamente differente da lui

­Ma se il Dio è assolutamente differente dall'uomo, questo non può ereditare tale differenza da Dio, perché

questo presuppone un'affinità con lui.

­Dunque egli mutua da se stesso ciò che lo rende differente: il peccato.

Vi sono più paradossi:

Intelletto: perché cerca sempre ciò che non comprende e non può dimostrare. L'intelletto non pensa il

 paradosso e non può neanche escogitarlo e se rivelato non lo comprende, ma avverte il proprio

tramonto.

Amore:

 Socrate e Alcibiade:

a) Socrate, che è un uomo brutto e paradossale, è

l'oggetto dell'amore del bellissimo Alcibiade, che dice che S si fa amare ma non ama.

Ama il prossimo tuo come te stesso:

b) amore come forma di egoismo, ma allo stesso tempo

anche criterio per amare gli altri.

Amore come mancanza:

c) nel momento in cui amo cerco l'altro perché ne avverto la

mancanza, è egoistico.

Il paradosso assoluto: Dio, eternità infinità, che nel momento irrompe nella storia facendosi finito ed

 entrando nel tempo.

La tesi dell'esistenza, Kant e Spinoza

Spinoza: riguardo il concetto di Dio, vuole trarre l'esistenza dal concetto attraverso il pensiero, come

determinazione dell'essenza.

“Tanto più una cosa è perfetta per sua natura, tanto più grande e necessaria è l'esistenza che essa

applica” “Tanto più grande e necessaria è l'esistenza che una cosa applica per sua natura,

ugualmente

tanto più è perfetta”

Quanta più perfezione, tanto più essere; Quanto più essere, tanta più perfezione.

NB: Per Spinoza però perfezione=esse, realitas => quella sopra è una tautologia che tradotta verrebbe

Quanto più essa è, tanto più essa è.

Si distingue essere fattuale da essere ideale: il primo è indifferente a questedistinzione, perché nel momento

in cui esiste partecipa allo stesso modo all'essere (l'essere di una mosca=essere del Dio); il secondo invece si

riferisce all'essenza, non all'essere. La più alta idealità appartiene al necessario, quindi il necessaro è, ma un

essere che è dell'essenza (Se Dio è possibile, è già per questo necessario, Leibniz).

Kant e Hegel: Kierkegaard a proposito della concezione dell'esistenza riprende Kant nel concetto di

accessorium (qualcosa se sopraggiunge) e Hegel nel concetto di prius (eterno); per Kant l'esistenza non è un

“predicato reale”; per Hegel la sintesi speculativa di esistenza e e concetto è “presupposto eterno”;

Kierkegaard dichiara di preferire la concezione kantiana e di partire sempre dall'esistenza e non di voler

pervenire a questa.

LO SCANDALO

La passione dell'intelletto è il paradosso e pertanto vuole il suo tramonto, ma quest'ultimo è voluto anche dal

paradosso stesso: si intendono nell'attimo della passione.

Se questi due urtano l'un con l'altro nella comune intesa è un urto felice, perché tendono alla stessa cosa; se il

paradosso e l'intelletto si incontrano comprendendo la loro diversità. (è fede)

Se l'urto è infelice lo è perché la collisione avviene denza intesa=scandalo e ogni scandalizzarsi nel suo

profondo è sofferente.

dallo scontro con il differente,

Lo scandalo risulta il limite esterno alla ragione, che si origina al di fuori di

essa.

Lo scandalo deriva il suo nome da , inciampare, subire un inciampo.

σκανδαλον

scandalizzarsi è passivo, è del paradosso è

Lo dunque quindi non è dell'intelletto ma stesso, giacché

criterio di se stesso e del falso.

index sui et falsi,

Pare che lo scandalizzarsi provenga da chi si scandalizza, ma in realtà proviene da ciò che gli si oppone e di

cui si scandalizza: il paradosso. se c'è il

Lo scandalizzarsi diventa realtà tramite il paradosso, dunque è centrale il momento su cui si impernia:

momento allora è posto il paradosso, perché è il momento nel quale l'uomo, che si conosceva, è incerto di

sé. L'idea che si fa realtà, diventando altro da sé.

Lo scandalizzarsi ha il merito di rende più evidente la differenza.

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Publisher
A.A. 2012-2013
13 pagine
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SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-FIL/06 Storia della filosofia

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher ale_heloise di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia della filosofia contemporanea e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Piemonte Orientale Amedeo Avogadro - Unipmn o del prof Tomasoni Francesco.