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All'inizio della canzone di gesta del si narra come Carlomagno abbia disposto nella cappella di Aquisgrana il
solenne incoronazione del figlio Ludovico (o Luigi) il Pio, alla presenza di tutta la nobiltà francese: prima di
procedere all'incoronazione, però, il vecchio imperatore subordina l'elevazione del figlio ad alcune condizioni:
egli non deve macchiarsi di peccato né di tradimento, né deve diseredare orfani. Guglielmo, che è divenuto una
sorta di protettore del giovane re, si reca in pellegrinaggio a Roma, ma trova la città assediata dai Saraceni, che
egli combatte e vince; mentre come premio per il suo valore sta per sposare la figlia del re Guaifier, viene in tutta
fretta richiamato in Francia a causa di una rivolta dei nobili contro Luigi (Carlomagno è ormai morto). Debellato
il nuovo usurpatore, Guglielmo e Luigi vanno insieme a Roma per l'incoronazione imperiale, ma sono attaccati da
un principe tedesco; Guglielmo lo vince e torna in Francia con Luigi, finalmente incoronato imperatore. Dei
personaggi del brano in oggetto, sono storici Carlomagno e suo figlio Luigi, la cui incoronazione avvenne prima
della morte del padre, nell’813, ad Aquisgrana. Arneis d’Orlèans, invece, non è un personaggio storico e lo stesso
vale per Guglielmo d’Orange; ma c’è un ciclo di 24 poemi di cui egli stesso o i suoi parenti sono protagonisti in
cui vi sono degli elementi che permettono l’identificazione dell’eroe con il conte Guglielmo di Tolosa: ambedue,
eroe epico e personaggio storico, hanno concluso la loro vita in un monastero che porta appunto il nome di San
Guglielmo del Deserto. Il Guglielmo storico, conte di Tolosa dal 790, fu realmente in rapporto con Luigi, cui
Carlomagno aveva assegnato appunto il regno di Aquitania, sicchè il conte Guglielmo dovette fungere da
protettore e guida del principe ancora fanciullo. Ma nell’813, al momento dell’incoronazione ad Aquisgrana,
Guglielmo di Tolosa era morto già da qualche mese e non presenziò dunque alla cerimonia. In confronto al Cid,
perciò, l’aderenza alla storia qui appare subito minore. Questi travisamenti della storia potrebbero essere dovuti al
lasso di tempo di circa 300 anni fra i fatti e la composizione della canzone.
Il problema acquista maggior rilievo se si nota che il discorso che Carlomagno fa dopo l’incoronazione del figlio e
che contiene un vero programma didattico del sovrano cristiano e feudale, dipende da una fonte storica precisa, la
Vita Hludowici di Thegan, dove si narra appunto la cerimonia dell’813, durante al quale Carlomagno avrebbe
realmente tenuto tale discorso. E’ chiaro dunque che il poeta sapeva benissimo come erano andati i fatti e, se
racconta di Arneis e di Guglielmo, la sua è una modifica voluta e cosciente. Uno dei fattori determinanti di questo
intervento, è la sensibilità verso un problema tipico del secolo 12°: quello della successione al trono di Francia.
Nei versi letti coesistono due principi diversi, quello elettivo e quello ereditario. Il primo, che era normale fra le
popolazioni germaniche, affiora quando, all’annuncio di Carlomagno che l’assemblea è riunita per decidere sulla
successione al trono, i presenti si preoccupano che su di loro possa regnare un sovrano straniero; ed è implicito
nell’ambizione di Arneis di sostituirsi a Luigi col consenso dei baroni (cfr v.120). Ma il principio ereditario è
palese nel desiderio di Carlo che gli succeda il figlio e soprattutto nel comportamento di Guglielmo che ritiene
assurda qualsiasi altra soluzione; perchè tutti sono convinti che le qualità, come anche i difetti, si tramandino col
sangue tanto che, quando Luigi non ha il coraggio di prendere la corona, Carlo pensa che non sia figlio suo, che
cioè la moglie lo abbia tradito con qualche buono a nulla (vv. 90-92).
Il simbolo della cerimonia di Aquisgrana è senza dubbio la corona d’oro posata sull’altare (vv. 63, 72, 78), ma le
parole di Carlo disegnano un ideale così alto del sovrano giusto, che non ci meraviglia che il giovane Luigi abbia
paura per il compito che lo attende. Si crea così una distanza enorme fra l’ideale e la realtà di colui che, malgrado
tutto, sarà re: un ragazzo incapace e timoroso, che si umilierà fino al punto di gettarsi ai piedi del suo salvatore
Guglielmo, con un gesto di sudditanza che irriterà l’eroe. L’ideale del sovrano si realizza in Carlomagno, ma il
vecchio imperatore resta ai margini della canzone, in cui il ruolo è invece impersonato da un re lontano
dall’ideale. Anche questo aspetto ha un legame con la realtà contemporanea: verso la metà del secolo 12°, la
monarchia francese ha vissuto una crisi assai grave: Luigi 7° aveva sposato nel 1137 Eleonora d'Aquitania, che gli
portò in dote quasi tutta la Francia sud-occidentale; ma il matrimonio naufragò e al ritorno dalla seconda crociata,
cui avevano partecipato entrambi i sovrani, esso fu sciolto; appena 3 settimane dopo (1152) Eleonora sposò
Enrico Plantageneto, duca di Normandia e conte d’Angiò, che due anni più tardi divenne re d’Inghilterra: circa
metà della Francia passava così nelle mani di un sovrano che, per quanto vassallo (per queste terre) del re di
Parigi, era più potente di lui e disponeva inoltre liberamente del suo regno insulare. La canzone narra questa
situazione e non è un caso che tutti gli usurpatori ed i ribelli, ad eccezione di Arneis, provengano dai territori che
erano allora del re d’Inghilterra e che in queste terre, Guglielmo debba condurre una lunga spedizione per
ristabilire l’ordine (vv. 1980-2222). Il problema ereditario non giunse mai nel secolo 12° al punto di rottura
mostrato dal poema e mai si pensò che un’eventuale elezione potesse avvenire fuori della famiglia reale, né Luigi
7° è stato nella realtà un re paragonabile per debolezza al Luigi della canzone. Il poema, quindi, evidenzia
problemi contemporanei, portandoli all'estremo.
3. Misure dell’epica
Arneis ha proposto a Carlomagno di affidargli la tutela provvisoria di suo figlio e per questo viene ucciso da
Guglielmo, ma costui per tutta la canzone sarà il protettore di Luigi, che su suggerimento di suo padre si è affidato
alla sua guardia (cfr. v.221-223). E' chiaro che Arneis appartiene alla più alta nobiltà francese, basta il fatto che
egli si siede accanto al re (v.99); a prima vista si potrebbe pensare che Guglielmo, assente alla cerimonia di
Aquisgrana (vv.113-114), sia di estrazione più modesta, ma se non possiede terre è soltanto perchè è ancora molto
giovane (il poeta lo chiama bacheler, che significa appunto giovane cavaliere): al v.148 Carlomagno gli si rivolge
con l'appellativo sire, che è il titolo riservato all'alta nobiltà, e il suo lignaggio è sempre presentato come nobile e
famoso; non c'è dubbio, insomma, che anch'egli sia uno dei magnati, proprio come il suo antagonista. Ma la
struttura rigidamente classista del mondo medievale sembra così severa che vale la pena chiedersi se, a parte la
contrapposizione fra Guglielmo ed Arneis, la chanson non sembri rispondere agli interessi o agli ideali di un ceto
particolare.
E' impossibile che la canzone, pur animata da un'ispirazione monarchica, provenga proprio dai circoli di corte che
difficilmente avrebbero apprezzato la figura di un sovrano così meschina come il Luigi del testo. Del resto, la
corte di Parigi acquisterà un peso letterario solo molto più tardi; per cui, la grande nobiltà, condannata in Arneis e
negli altri ribelli ma esaltata in Guglielmo, non aveva in realtà nessun interesse a propugnare quell'ideale di
monarchia forte che è il riferimento costante del poeta, per quanto egli sottolinei il dovere per il re di appoggiarsi
sui grandi vassalli; la piccola nobiltà non è per nulla favorita nella prospettiva della canzone. Una monarchia forte
potrebbe essere nell'interesse del popolo, ma esso ha parte solo marginale nella vicenda. I temi della canzone sono
quelli della monarchia, della lotta contro i nemici esterni, Saraceni o Cristiani, dei rapporti fra sovrano e vassalli;
ma tali temi eludono una precisa prospettiva classista. I temi interessano tutti, ma il poema non dà pienamente
ragione a nessuno: l'ideale monarchico è celebrato, ma la persona che nella chanson lo incarna (Luigi) è
spregevole; grande vassallo è Guglielmo ma anche Arneis; piccoli nobili sono con l'eroe ma anche fra i ribelli; il
popolo in genere è monarchico, ma i borghesi della stessa città sono dalla parte rivoltosi.
Gli ideali della canzone sono quelli comuni a tutte le classi e la condanna del poeta colpisce tutti i particolarismi:
la corona d'oro, simbolo del reame di Francia, è al centro della scena appunto perchè esprime la presa di coscienza
della collettività francese di essere un organismo unitario. Questo è l'elemento più caratteristico e significativo
della poesia epica, che è appunto poesia nazionale, poichè rappresenta la presa di coscienza che una collettività ha
su se stessa e i suoi interessi; ed è per questo che la poesia epica si realizza in momenti precisi della storia di una
nazione, cioè nel periodo della sua formazione. Ne consegue che fra opera e pubblico si instaura una rapporto
particolare, che è specifico dell'epica; infatti, se gli ideali ed i problemi della canzone di gesta sono quelli della
collettività in formazione, ciò vuol dire che il pubblico è interessato ad essi. La successione al trono di Francia
riguarda tutti i francesi del secolo 12° e così, la forza o la debolezza della monarchia e il suo comportamento verso
vassalli e nemici.
Il poeta epico tende a stabilire una solidarietà fra eroe, coro interno e coro esterno formato dal pubblico. Del resto
anche il narratore, sia esso poeta o semplicemente recitatore, si trova compromesso nel racconto perchè anch'egli
francese. Per i romantici l'autore epico scompare, si annulla dietro l'azione narrativa; in realtà il narratore non
interferisce nel racconto perchè si è schierato con il suo pubblico, con cui vive la vicenda come propria. Tale è la
ragione dell'oggettività epica e per questo, è indispensabile che la vicenda sia vera, o comunque sia vissuta come
vera, perchè altrimenti non avrebbe presa sugli ascoltatori: di essa il narratore si presenta solo come il testimone.
Per questo, è evidente che il differente giudizio sull'azione di Arneis e su quella di Guglielmo non dipende da una
prospettiva di classe e va invece giustificato sul piano morale; si tratta di un'etica feudale: l'uno viene meno ai suoi
doveri feudali, l'altro no. Arneis infatti