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L'origine delle lasse nei componimenti epici

Il termine "lasse" deriva dal francese "laissier" e significa "ciò che si lascia". Nell'ambito dei componimenti epici, le lasse sono strofe di lunghezza irregolare in cui il canto si sviluppa liberamente. Spesso, all'interno di queste lasse, vengono ripresi concetti simili in due o tre strofe consecutive.

La struttura di base dei canti epici è quindi costituita da queste lasse, che possono avere una lunghezza variabile. Possiamo trovare lasse composte da un minimo di 3 versi fino ad un massimo di oltre 1000 versi.

I versi che compongono una lassa sono accomunati dalla stessa assonanza. Questo significa che i versi dei poemi epici presentano una forma di assonanza, che è un'antenata della rima. L'assonanza consiste in versi che terminano in modo simile, ma non perfettamente uguale.

Possono essere:

  • Assonanza di tipo vocalico, cioè vocali uguali ma consonanti diverse (es. 'PAzzO/materAssO')
  • Assonanza di tipo consonantico, cioè vocali diverse e consonanti uguali (es. 'steLLa/pupiLLa')

N.B. È un concetto molto diverso dalla rima, perché la rima è data dall'uguaglianza di lettere identiche dopo l'ultima vocale accentata (es. 'stENDE/prENDE').

Le lasse, inoltre, sono spesso ripetitive, cioè lo stesso concetto viene ripreso con parole diverse all'interno dello stesso poema. Questo tipo di struttura ha degli effetti perché:

  • Non c'è linearità nel racconto
  • Le lasse si ripetono e differiscono solo per l'assonanza, con minime variazioni di contenuto
  • Questa ripetizione produce un effetto di ritornello, cioè una sorta di simmetria nel componimento
  • Diventa quasi una sorta di linguaggio ipnotico, cioè un...

Linguaggio che ripete in maniera costante le stesse cose in lasse diverse

Tutto questo è accompagnato da un supporto musicale molto semplice, cioè melodie semplici e ripetitive

In questa struttura le frasi sono molto brevi e circoscritte al perimetro del verso, con prevalenza di paratassi e frasi brevi, limitate

Ci sono quindi pochissime subordinate e per nulla ipotassi

Per capire cosa intendiamo quando parliamo di un canto epico, e quindi parliamo della modalità con cui vengono fruiti questi canti, ascoltiamo un esempio tratto da YouTube. Si percepisce bene come ci sia una grande semplicità e questo stile molto ripetitivo.

Parliamo ora di metro, cioè il verso epico, indicato come verso epico per eccellenza, è il DECASILLABO. Questo è il metro prevalente nell'epoca francese a partire dalle origini e no intorno al 1180, con delle trasformazioni poi nel corso del tempo che lo porteranno ad avere il verso da decasillabo ad alessandrino (cioè dodecasillabo).

ma il decasillabo rimane il verso epico per eccellenza dei testi antichi. Questi decasillabi, però, hanno delle cesure, cioè una forte pausa all'interno di un verso, che possono essere di due tipi:

  • minori o di quarta, cioè con una composizione da 4 + 6 sillabe, con la cesura dopo la quarta sillaba
  • maggiori o di sesta, cioè con composizione da 6 + 4 sillabe, con la cesura dopo la sesta sillaba

Ad esempio nella chanson de Roland, ci sono 291 strofe (o lasse) che vengono costruite su 22 diverse assonanze in decasillabi a cesura minore.

Ma questo ovviamente vale per l'epica francese, perché nell'ambito dell'epica spagnola di cui ci occuperemo, la situazione è parecchio diversa. La misura dei versi è infatti più variabile, con versi che oscillano tra le 12 e le 16 sillabe, con un andamento meno definito.

Quando ci occupiamo di epica, ci occupiamo di un genere che ha molti impegnato gli studiosi per quanto riguarda le

alle origini dell'epica romanza. Fino alla metà del secolo scorso, infatti, sull'epica romanza c'è stata una forte discussione, senza ancora una conclusione definitiva. Questo avviene perché c'è un problema di base a cui sono state date diverse risposte, e questo problema è che i fatti narrati nelle chanson de geste precedono di circa 3 secoli le testimonianze manoscritte conservate. Cioè c'è uno spazio di 300 anni circa dei fatti storici che legano il mito alla realtà, e ad esempio la chanson de Roland è dedicata alla sconfitta della retroguardia di Carlo Magno, guidata da Orlando, avvenuta realmente il 15 agosto del 778, data in cui l'esercito di Carlo Magno che sta attraversando i Pirenei viene attaccato e vengono uccisi i più importanti cavalieri che facevano parte della corte di Carlo Magno, fatto documentato negli annali storici compilati molto spesso dai monaci. La chanson de Roland, che racconta quest'episodio, risaleperò all'XI secolo con uno scarto temporale di circa 3 secoli in cui non abbiamo testimonianze che ci raccontino questo fatto o che testimonino che questo fatto sia raccontato prima di arrivare al poema epico. Questo è il problema anche e ha portato ad interrogarsi sul perché di questo silenzio, sul fatto se ci fossero dei testi andati perduti o se ci fosse stata una fase dell'oralità molto lunga prima di arrivare al poema scritto. Questo problema ha portato alla creazione di due correnti di pensiero diverse: - quella del TRADIZIONALISMO o EVOLUZIONISMO - quella dell'INDIVIDUALISMO o CREAZIONISMO Per capire cosa è stato detto nel corso dei secoli partiamo da Gaston PARIS, il primo che applicò ad un testo romanzo il metodo lachmaniano, che si era occupato proprio del problema delle origini dei principali testi romanzi. Per quanto riguarda l'epica elabora una teoria detta delle CANTILENE, cioè secondo lui icantiepici sono nati a ridosso dei fatti storici che raccontano, ma sono nati sotto forma di cantilene create dagli stessi guerrieri che avevano partecipato a quelle imprese che quindi per primi iniziano a cantare questi canti di guerra e che poi queste cantilene siano state trasmesse di padre in figlio in forma orale, no ai poemi epici così come noi li conosciamo. A questa teoria di Paris si oppone quella di Pio RAJNA, che nel 1984 pubblica un testo focalizzato sul problema, in cui ribalta completamente l'idea di Paris, dicendo che l'epica era un prodotto aristocratico che nacque in forma scritta, escludendo di fatto la forma orale. Lui pensava che fosse l'aristocrazia germanica che per prima produsse questi testi, ma questa questione della matrice tedesca diventa un problema anche politico, perché divenne problema di propaganda di parti contrapposte, visto che siamo in un periodo di conflitto fra la Prussia e la Francia. Sposare la tesi di Rajna voleva dire

Collocare la produzione epica francese in una situazione di dipendenza culturale dalla cultura germanica, mentre pensare ad un'origine autoctona voleva dire rivendicare una totale indipendenza culturale della Francia. Joseph BEDIER allievo di Paris, invece, assume posizioni indipendenti sotto vari aspetti. Era nito il romanticismo, era in un'epoca positivista, e quindi elabora una sua teoria sulle origini dell'epoca. Bedièr dice che i poemi epici possano essere compresi e analizzati soltanto tenendo conto delle circostanze storiche in cui sono state scritte, quindi se i poemi sono dell'XI e XII secolo noi dobbiamo analizzarli secondo gli elementi culturali di quel periodo lì, quindi tenendo a mente il problema delle crociate. Bedièr osserva anche che questi poemi epici, talvolta non proprio precisi nel raccontare gli avvenimenti, sono invece molto precisi per quanto riguarda la poesia, con riferimenti precisi a città, località e toponimi.

con una precisione notevole dal punto di vista geografico, con citazioni a luoghi che erano grandi vie di comunicazione come le vie di pellegrinaggio, percorse non solo da pellegrini che andavano verso Roma, Gerusalemme e Santiago de Compostella, ma anche dai commercianti. Quindi Bedièr dice: 'In principio era la strada, disseminata di santuari. Prima della chanson de geste, la leggenda, leggenda locale, leggenda di chiesa'. Deduce quindi che questi poemi epici siano nati in questi luoghi di pellegrinaggio attraverso la collaborazione tra giullari e monaci, luoghi di sosta dove spesso c'erano monasteri che accoglievano viandanti e pellegrini, e che dal contatto tra i monaci che conoscevano la storia e i giullari che esercitavano la professione di cantori, nascono le chanson de geste. Arriviamo quindi alla metà del secolo scorso, quando al monastero di San Millàn de la Cogolla a Rioja, viene ritrovato questo manoscritto chiamato NOTAEMILIANENSE. Questomonastero si trova nel nord della Spagna, nella regione della Rioja, regione proprio attraversata dal cammino per Santiago di Compostella. È una nota di sole 16 righe, quindi molto breve, in latino, che è stata trascritta in una porzione vuota di una pagina di un manoscritto di tutt'altro contenuto. In questo foglio 245 verso è stata scritta questa breve nota, datata XI secolo tra il 1065 e il 1075 (negli stessi anni del manoscritto più antico della chanson de Roland datato 1074) e viene scoperto da Damaso de Alonso che la pubblica nel 1974.

Lezione 9 (9/03/2022)

Prof.ssa Ramello

Ripartiamo dalla nota Emilianense, quella nota scritta in latino, anche se molto trasandato e non quello degli scrittori della classicità, e anzi probabilmente frutto dell'esercizio di un monaco che aveva sentito queste storie.

Sembra un testo apparentemente poco significativo ma in realtà ci dà delle indicazioni molto importanti. Il testo

anno 778 re Carlo venne a Saragozza. A quella epoca aveva 12 nipoti, ciascuno dei quali comandeva tremila cavalieri muniti di corazza, e i loro nomi erano Rolando, Bertrando, Oggieri, dalla spada corta, Guglielmo dal naso curvo, Olivieri e il vescovo monsignore Turpino. Ognuno di loro serviva il re per un mese all'anno con il primo seguito. Accadde che il re si fermò a Saragozza assieme al suo esercito; poco dopo gli fu consigliato dai suoi di accettare molti doni affinché l'esercito non morisse di fame e potesse ritornare a casa, e così fu fatto. In seguito il re decise che, per garantire la salvezza degli uomini dell'esercito, Rolando, valoroso guerriero, venisse con i suoi nella retroguardia. Ma quando l'esercito superò il passo di Cisera, a Roncisvalle Orlando fu ucciso dai Saraceni. Nella prima parte abbiamo una parte descrittiva che ci dice che nell'anno 778 re Carlo venne a Saragozza. A quella epoca aveva 12 nipoti, ciascuno dei quali comandeva tremila cavalieri muniti di corazza, e i loro nomi erano Rolando, Bertrando, Oggieri, dalla spada corta, Guglielmo dal naso curvo, Olivieri e il vescovo monsignore Turpino. Ognuno di loro serviva il re per un mese all'anno con il primo seguito. Accadde che il re si fermò a Saragozza assieme al suo esercito; poco dopo gli fu consigliato dai suoi di accettare molti doni affinché l'esercito non morisse di fame e potesse ritornare a casa, e così fu fatto. In seguito il re decise che, per garantire la salvezza degli uomini dell'esercito, Rolando, valoroso guerriero, venisse con i suoi nella retroguardia. Ma quando l'esercito superò il passo di Cisera, a Roncisvalle Orlando fu ucciso dai Saraceni.
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A.A. 2021-2022
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SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/09 Filologia e linguistica romanza

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Matty_Car33 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Filologia dei testi romanzi e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Torino o del prof Meliga Walter.