Anteprima
Vedrai una selezione di 12 pagine su 51
Appunti di Dialettologia sp. (lezioni complete) Pag. 1 Appunti di Dialettologia sp. (lezioni complete) Pag. 2
Anteprima di 12 pagg. su 51.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Appunti di Dialettologia sp. (lezioni complete) Pag. 6
Anteprima di 12 pagg. su 51.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Appunti di Dialettologia sp. (lezioni complete) Pag. 11
Anteprima di 12 pagg. su 51.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Appunti di Dialettologia sp. (lezioni complete) Pag. 16
Anteprima di 12 pagg. su 51.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Appunti di Dialettologia sp. (lezioni complete) Pag. 21
Anteprima di 12 pagg. su 51.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Appunti di Dialettologia sp. (lezioni complete) Pag. 26
Anteprima di 12 pagg. su 51.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Appunti di Dialettologia sp. (lezioni complete) Pag. 31
Anteprima di 12 pagg. su 51.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Appunti di Dialettologia sp. (lezioni complete) Pag. 36
Anteprima di 12 pagg. su 51.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Appunti di Dialettologia sp. (lezioni complete) Pag. 41
Anteprima di 12 pagg. su 51.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Appunti di Dialettologia sp. (lezioni complete) Pag. 46
Anteprima di 12 pagg. su 51.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Appunti di Dialettologia sp. (lezioni complete) Pag. 51
1 su 51
D/illustrazione/soddisfatti o rimborsati
Disdici quando
vuoi
Acquista con carta
o PayPal
Scarica i documenti
tutte le volte che vuoi
Estratto del documento

-TT- -T- -D-

RŬPTA(M) RŎTA(M) CAUDA(M)

[‘rota] [‘rɔda] [‘koa]

39

In termini di cronologia, il fenomeno più antico è la sonorizzazione. In alcuni casi la [d] originaria si

è dileguata. Lo scempiamento è stato innescato dalle occlusive proprio perché non c’erano più

occlusive sonore scempie e allora ciò ha reso possibile il passaggio di esse a scempie, che ha poi

portato a quello delle consonanti intense. Se vediamo i documenti antichi, le consonanti occlusive

vengono scritte come intense, mentre le occlusive come scempie.

Apocope delle vocali finali diverse da A

La [a] finale si conserva in tutti i dialetti, per esempio nel veneziano abbiamo [‘ɛ̯ una]

approssimante dorso palatale rilassata da LŪNA(M). Da VINU(M) abbiamo [vin] e da CANE(M)

abbiamo [kaŋ]. Il fenomeno è come a tutta l’area; ciò che segna importanti differenze è il contesto

in cui si produce: la vocale che cade e la consonante precedente ci sono dialetti che apocopano

sempre la vocale e altri che ne apocopano soltanto alcune.

Dialetti in cui le vocali finali diverse da [a] cadono regolarmente come nei dialetti lombardi ed

emiliani: CANE(M) diventa [ka] e da CAMPU(M) abbiamo [ka(ŋ)p]. È interessante che la

consonante diversa da [a] cada sempre, ciò ha ripercussioni morfologiche: la vocale finale dei

plurali cade, il che fa sì che non ci sia opposizione tra singolare e plurale nei maschili e nei

femminili abbiamo il singolare che presenta una marca fonologica [a] e il purale non la presenta (la

“teta”, i “tet”). Altri dialetti le conservano se hanno rilevanza morfologica, in piemontese abbiamo

“io parlo” che diventa [‘parlu]. I contesti sono condizionati morfologicamente, o in altri casi

possono essere motivati dal contesto fonologico, per cui abbiamo [‘mɛ̯ rlu] con conservazione della

vocale finale che si deve alla difficile pronuncia del gruppo -RL-.

Abbiamo anche dialetti meno apocopanti, in ambito galloitalico è importante l’area ligure: la gran

parte dei dialetti liguri, ad eccezione dei dialetti di transizione tra il tipo ligure, piemontese ed

emiliano, conoscono la conservazione della vocale finale, per cui abbiamo caduta soltanto dopo

nasale, in genovese abbiamo il [kaŋ] e il [viŋ], ma il [kampu].

Il veneziano e il veneto centrale conservano la gran parte delle vocali finali: l’area di Padova,

Vincenza e Rovigo, conosce la caduta dopo nasale, ma la conserva negli altri contesti, come nel

caso degli infiniti. Il veneziano conosce la caduta dopo nasale, ma anche in altri contesti, dopo

laterale, per cui in veneziano abbiamo [‘kaŋ], [viŋ], ma abbiamo anche [sol] e [ma’ɲar]. Dall’area

liventina, della provincia settentrionale di Venezia e di parte della bassa trevigiana, abbiamo

caduta in alcuni contesti, ma non in altri, dove abbiamo “el mus”, “l’asino”, andando più a Nord,

nell’area feltrino-bellunese, le vocali cadono praticamente tutto. La presenza o l’assenza

dell’apocope è un interessante fattore di classificazione dei dialetti veneti.

Per quanto riguarda il veneziano, da una parte vediamo l’influenza della morfologia sulla

fonologia: la “e” e la “o” finale, vocali che cadono in veneziano, dovrebbero cadere sempre, ma la

“e” si mantiene se è marca morfologica. Nei dialetti lombardo-emiliani, invece, la fonologia

prevale sulla morfologia. Vediamo anche il diverso comportamento di [l] [m] [n] [r] secondo la loro

derivazione dal latino.

[ma’ɲar] < MANDUCĀRE

[sol] < SŌLE(M)

[viŋ] < VĪNU(M) 40

Abbiamo sempre delle consonanti scempie, ma quando avevamo consonanti intense la vocale si è

conservata, per cui

Le vocali finali precedute da consonanti scempie del latino sono cadute, quando invece erano

precedute da intense si sono conservate. Se ipotizziamo prima scempiamento dell’apocope, ciò

vuol dire che abbiamo avuto “anno” che è diventano “ano”, se l’ordine fosse stato questo, però,

oltre a “vin” avremmo dovuto avere “an”, dunque quando è avvenuta l’apocope le consonanti non

erano ancora scempie, ma intense. Dunque il fenomeno è posteriore all’apocope, che è databile

verso la fine dell’Alto Medioevo. In altre varietà, come il trevigiano, abbiamo caduta delle vocali

vicino a laterale intensa.

Assibilazione di C e G latine quando erano seguite da una vocale anteriore [e], [i].

L’assibilazione è frutto di un lungo processo. In latino C e G erano pronunciate come [k] e [g]. Si

conservano tuttora nel sardo logudorese, ma nelle altre zone sono passate ad affricate palatali.

Nei dialetti dell’Italia settentrionale abbiamo avuto esiti ulteriori: abbiamo avuto un avanzamento

dell’articolazione che da palatale è passata ad alveolare, cioè [ts] e [dz]. Questa articolazione oggi

è rara, ma non è del tutto sconosciuta, si ritrova in alcuni dialetti dell’Appennino emiliano, dove

abbiamo forme come [tservelo] per “cervello”, che non vede però un’assibilazione totale. In gran

parte dei dialetti l’esito è stato in fricativa sorda e sonora: in veneziano, per esempio, abbiamo

[‘seŋto] < CĔNTU(M), [ze’nɔtʃo] < GENŬC(Ŭ)LU(M). Esito recente, non antico. Nel dizionario del

Boerio vediamo la pronuncia di “cento” con la [s], dunque la pronuncia prima era di tipo affricato.

Per quel che riguarda il Veneto, interessante è ciò che succede in area non cittadina.

e,i > [ט] (è la fricativa interdentale sorda, cioè la theta greca) [ts]

e,i

G [ƻ] [d]

Considerazione per osservare come in [s] e [z] si siano conservati nessi consonantici diversi del

latino.

Abbiamo una [s] in Veneto che può derivare da sibilante iniziale, sibilante intensa intervocalica,

una c iniziale seguita da “e, i” e da un nesso di C+J e di T+J. “Santo” si dice [‘santo], mentre

“troppo” si dice [‘masa], “cento” si dice [‘seŋto], “faccia” si dice [‘fasa] e “piazza” si dice [‘pjasa].

Abbiamo una [z] che deriva da sibilante intensa intervocalica, da un gruppo di G + “e,i” latine, da

uno yod latino, da un nesso di D+J latino e da un nesso di S+J latino. “Casa” si dice [‘kaza], “dice” si

dice [‘diz̯

e], “peso” si dice [‘pɛzo] < PEJUS, “medio” si dice [mɛzo] < MEDIU(M) e “bacio” si dice

[‘bazo] < BASIU(M). 12/04/2017

- 26 aprile a fondamenta nove alle 12.15. arriveremo un’oretta dopo. Breve visita al museo e

dalle 14.30 arrivano le merlettaie. 16.44 o 17 vaporetto di ritorno.

Giovanni Abete ci parlerà della raccolta e dell’interpretazione del dato in dialettologia. Argomento

principale è la fonetica dei dialetti meridionali. Ha scritto molto sulla dittongazione spontanea. Ha

analizzato il dialetto di Pozzuoli. Ha stampo strutturale più fattori di sociolinguistica.

41

Raccolta e interpretazione sono aspetti legati. Popper dice che non esistono metodi di raccolta che

siano totalmente innocenti. La scelta del metodo è importante. I dati devono essere

contestualizzati rispetto alla situazione. Dobbiamo cercare di avvicinarci alla realtà anche se non la

raggiungeremo mai. Spesso dobbiamo essere in grado di utilizzare più metodi. Parlerà di come

farsi accettare dalla comunità. Parlerà di come tirare fuori il parlato spontaneo in dialetto. Parlerà

di raccolta finalizzata a etnosaperi ed esempi di come restituire alla comunità parte del lavoro del

linguista.

Come si entra nella comunità

L’obiettivo della ricerca era la dittongazione spontanea a Pozzuoli. I dittonghi sono un fenomeno

estremamente sensibile al contesto. Dopo Pozzuoli va a Torre Annunziata, dove dittongano sei

vocali su sette in tutti i contesti, ma è un centro sovraffollato con problemi di criminalità. Questi

sono dialetti stigmatizzati perché sono visti come una forma di napoletano degenerato e non

accettavano l’idea che studiasse il dialetto. Abete si è finto interessato alle tradizioni e alla cultura

invece che ai dialetti. Alla fine riuscì a farsi accettare. Spesso è utile andare a delle persone stimate

dalla comunità, come il sindaco, il parroco, oppure di presentarsi come amici di amici. Bisogna

essere realmente interessati. Con le telecamere non si aprono. Labov scrive che per ottenere i dati

più interessanti dobbiamo osservare le persone quando non sono osservate. Come osservatori

modifichiamo la situazione comunicativa. Berruto dice che la situazione comunicativa sono le

circostanze in cui avviene un evento di comunicazione linguistica. Sono fondamentali l’argomento

trattato, il grado di formalità della situazione e gli interlocutori e il loro grado sociale. Gli stessi

interventi delle persone modificano la situazione comunicativa. Labov studiava la pronuncia di R in

alcuni contesti e si inventò un modo per costringere a dire “tre” piano in inglese e li registrava.

Qualunque tecnica allontana dalla veridicità dell’intervista comunque. C’è l’osservatore non

partecipante, con telecamere nascoste, ma non si usa più. L’osservazione partecipante si usa poco

perché il ricercatore deve diventare parte della comunità e ci vogliono mesi. La conversazione

libera e la conversazione guidata sono i più usati. Nella libera si lascia che le persone siano libere di

parlare e l’intervistatore interviene solo per tenere viva la conversazione. In quella guidata

l’intervistatore cerca di dirigere la conversazione verso degli argomenti per far venire fuori delle

parole che possono servire. L’intervista standardizzata non si usa perché è di tipo giornalistico con

domande e risposte. Poi ci sono i questionari. A volte c’è scissione tra parlato spontanee e risposte

a domande dirette. L’intervista libera deve essere realizzata in un contesto famigliare per

l’intervistato. Bisognerebbe intervistare più di una persona. L’intervistatore dovrebbe usare un

dialetto simile a quello dell’intervistato. L’intervistatore interviene attivamente nell’intervista, non

solo con interventi fatici. Gli argomenti sono prestabiliti ma bisogna essere malleabili a portare il

discorso anche dove vuole l’intervistato. I questionari possono essere liste di parole che si

chiedono di tradurre o parole inserite in cornici frasali. Ci sono questionari sociolinguistici,

domande sulle opinioni che hanno le persone relativamente all’uso del dialetto e dell’italiano.

www.soundcomparisons.com è uno studio a cui ha part

Dettagli
Publisher
A.A. 2016-2017
51 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-LIN/01 Glottologia e linguistica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Erichto di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Dialettologia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi Ca' Foscari di Venezia o del prof Baglioni Daniele.