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LA GUERRA CULTURALE MONDIALE
9. Kung Fu Panda: Cina, la nuova frontiera di Hollywood
Pare che la nuova frontiera di Hollywood sia l’Asia e in particolar modo Cina, Giappone
e India.
Sony Pictures ha aperto un ufficio a Pechino nel 1996 con l’obiettivo di favorire la
distribuzione die film della major nippo-americana nel paese. poi le ambizioni sono
cresciute e la major si è lanciata anche nella produzione.
Il potenziale dell’industria cinematografica cinese sembra a prima vista un pozzo
inesauribile. Da una decina d’anni in modo particolare si è assistito a una forte crescita
economica e anche il box office è in costante aumento ogni anno. Di contro la reale
produzione cinematografica cinese si attesta su un livello molto basso: circa 50 film
all’anno, molto meno di quelli dichiarati dalle fonti ufficiali.
L’ingresso in questo mercato per le major è un’operazione molto difficile il primo
ostacolo è la censura: il partito comunista cinese esercita un controllo ferreo su tutti i
mass media. La Rivoluzione Culturale ha ulteriormente accentuato questa censura e il
cinema è diventato semplicemente oggetto di propaganda.
Il cinema è considerato un settore strategico e quindi è tenuto ancor più sotto
controllo. Così ciò che è difficile per un produttore cinese è più complicato per uno
straniero per distribuire un film in Cina la major deve ottenere diversi via libera delle
autorità cinesi soprattutto degli uffici del servizio di censura. Il film deve essere
sottoposto a censura già sottotitolato.
Per alcune personalità cinesi del settore la censura è un sistema negativo, che serve
essenzialmente a salvaguardare lo scarso cinema nazionale e che viene applicato in
maniera arbitraria e insensata molto spesso. Per altri è un modo per salvaguardare il
proprio paese e i propri valori contro quelli americani che hanno la pretesa di essere
universali.
Dopo aver ottenuto l’autorizzazione un film deve superare lo scoglio della distribuzione
nelle sale. Tutti i cinema appartengono allo stato, la distribuzione è detenuta da China
Film, ufficio cinematografico anch’esso legato direttamente al ministero della
propaganda esso, attraverso un sistema di quote di riserva a favore della propria
cinematografia, autorizza solo la distribuzione di una ventina di film all’anno.
Tutti i film hollywoodiani che passano costituiscono comunque il 50% della
distribuzione e il sistema di diritti percentuali produce un paradosso: favorisce i film
mainstream per un ampio pubblico di massa. Questo fa capire il paradosso del
capitalismo autoritario di stato Cinese, chiamato economia socialista di mercato.
Le major americane si ripartiscono preventivamente la distribuzione dei film sottoposti
a censura, contro ogni regola della concorrenza di mercato, regole che invece cercano
di imporre alla Cina attraverso il Wto. Questi accordi illegali sono conosciuti dai cinesi
che però non fanno niente per cambiare la situazione in quanto i film americani
permettono un buon rientro economico.
Il sistema cinese si completa con la censura finanziaria e la pirateria. Quando un film è
autorizzato e distribuito il produttore straniero prende royalty sul 13% del botteghino,
una quota ridicolamente bassa. È ciò che è successo con Kung Fu Panda, prima
criticato dalle autorità cinesi, ma poi amato dal pubblico con l’ottenimento di un
grande successo. A fronte di questo grande successo la DreamWorks ha ottenuto solo
il 13%. Per quanto ridotta in termini di dollari, la quota di mercato degli americani in
Cina è in forte crescita, tenuto conto della progressione del botteghino cinese, che
raddoppia ogni tre anni.
La pirateria è talmente diffusa e così visibile che non si riesce a capire perché le
autorità cinesi non riescano a sanzionarla. Su questo fronte gli Stati Uniti hanno
attaccato la Cina di fronte al Wto per mancato rispetto delle leggi internazionali sul
copyright e per denunciare il lassismo sulla pirateria.
Vicino a Piazza Tienanmen, nel cuore della censura cinese
Barbara Robinson, presidente di Columbia Pictures Film Production Asia, di proprietà
Sony. La distribuzione dei film è gestita da Pechino, mentre a Hong Kong si trova il
settore di produzione del cinema e le reti audiovisive, lontano dal potere cinese e
quindi dalla censura.
Sony produce circa 4 film all’anno in lingua cinese per un pubblico cinese. Anche in
questo caso il mercato cinese non è particolarmente accogliente, nemmeno per i film
realizzati a livello locale. Il solo fatto che Sony sia straniera impedisce una normale
distribuzione dei suoi film.
I film sono sottoposti a delle quote percentuali sui diritti imposte dallo stato. Per
aggirare queste quote Sony ha cercato dei partenariati con società private di Pechino
abilitate a coprodurre film, ma anche in ciò ci si imbatte nella China Film Coproduction
Corporation che è il passaggio obbligato per ogni forma di coproduzione in Cina.
Le agenzie americane per talenti, come la Caa e la William Morris, lavorano anche in
Cina, cercando talenti locali. In Cine, le poche agenzie di management degli artisti
sono spesso legate agli studios e alle case discografiche, e ciò produce notevoli
conflitti d’interessi in cui le prime vittime sono gli artisti stessi. Questa è una delle
ragioni per cui i talenti cinesi tendono a legarsi a un’agenzia americana.
Anche dal punto di vista di case di produzione cinesi e locali, come la Huayi Brothers
Pictures, l’intera industria cinematografica è sotto controllo poiché è considerato un
settore strategico dall’ufficio della propaganda. Il controllo per definizione si esercita
sulla trama.
Si possono assumere dei rischi controllati nel campo della produzione locale? Universal
e i fratelli Weinstein si sono mossi su questa strada, aprendo l’ufficio asiatico di
Weinstein Company a Hong Kong. La cosa funziona per l’acquisizione di diritti
internazionali di film cinesi, ma lo stesso non si può dire nell’investimento in
produzioni locali.
Il furto del multisala Warner
Inizialmente Warner era molto ottimista relativamente al mercato cinese, poi le cose si
sono rivelate complicate, così come era successo a Sony, Universal, Columbia.
La cosa più pericolosa è stata la strategia di Warner per la distribuzione nella Cina
continentale nel 1994, quando la Cina stava entrando nel Wto, Warner ha investito
direttamente sui multisala , raggiungendo un accordo con China Film. Il contratto era
vantaggioso per gli Stati Uniti, ma sono stati sottovalutati i cinesi: innanzitutto è stato
permesso alla Warner di costruire i propri multisala, ma non di proiettarvi
necessariamente i propri film perché anche queste sale sarebbero state sottoposte alla
censura. Poi le percentuali sono state modificate da 70% USA e 30% Cina, a 51% USA
e 49% Cina e infine 49% USA e 51% Cina.
Dopo tutto ciò a Hollywood si è deciso di ritirarsi dal mercato completamente. La Cina
venne anche attaccata dagli USA davanti alla Wto per aver ostacolato il mercato
internazionale.
Hong Kong, la Hollywood asiatica
Il mercato cinematografico cinese vuole diventare internazionale e partire alla
conquista dei mercati culturali occidentali. Hong Kong è il porto dal quale la cultura
cinese può partire alla conquista del mondo.
Nonostante quanto dicano gli alti dirigenti del settore, per il momento il cinema cinese
e di Hong Kong fa fatica a raggiungere un pubblico non asiatico e a superare i
cosiddetti mercati cinesi tradizionali come Taiwan, Macao, Singapore e i paesi del
Sud-est asiatico.
Peter Lam, presidente di eSun, uno dei soggetti chiave dell’industria cinematografica
in Asia. È presente nel settore cinematografico, discografico, detiene un’agenzia di
management, di artisti e un settore di produzione di commedie musicali. Hong Kong è
la capitale asiatica dell’intrattenimento, è la Hollywood asiatica.
Le ambizioni della Cina e di Hong Kong sul fronte della produzione dei contenuti sono
enormi: sono una questione di orgoglio, di nazionalismo culturale tanto quanto una
questione economica.
Come Murdoch ha perso milioni in Cina e trovato moglie
Rupert Murdoch è il creatore del gruppo Star in Asia.
Star tv riunisce sessanta emittenti televisive in sette lingue che a partire da Hong
Kong trasmettono in tutta l’Asia. Star, che ha sede a Hong Kong, rappresenta per
Murdoch, patron globalizzato della multinazionale News Corp, il corrispondente
asiatico del gruppo Sky in Inghilterra e di Fox negli Stati Uniti.
L’avventura cinese di Murdoch inizia negli anni novanta con l’obiettivo di possedere
un’emittente televisiva in Cina. Murdoch punta su Star, le cui iniziali significano
Satellite Television for the Asia Region. Il gruppo è stato creato a Hong Kong nel 1991 e
ha cinque canali in inglese.
Murdoch per rimanere in piedi in un mercato così difficile intesse rapporti con il
governo comunista cinese e mantiene un pragmatismo assoluto quando ci sono in
gioco gli affari, anche a scapito delle sue idee politiche. È più attento ai dollari che alle
idee. Questa sua filosofia e le sue decisioni suscitano levate di scudi in Inghilterra.
Murdoch però rischia grosso e lo stesso ministro cinese si occupa personalmente del
suo caso. Di fronte ai colossali messi finanziari del magnate, i cinesi replicano a loro
modo con armi pesanti: viene creata una legge che proibisce le parabole per captare
televisioni satellitari su tutto il territorio cinese, privilegiando il via cavo e non il
satellitare; viene aperto all’ufficio della Propaganda un fascicolo Murdoch e di seguire i
suoi movimenti e i progetti a Hong Kong e in Cina.
Le cose procedono piuttosto bene e Murdoch intesse molti rapporti con la famiglia di
Deng Xiaoping, ma quando questo viene allontanato dal partito e gli succede Jiang
Zemin, le cose cambiano. Murdoch passa al contrattacco in tre fasi:
1. Rende Star tv una rete internazionale, non riuscendo a raggiungere i cinesi sul
continente si rivolge agli asiatici di tutto il mondo. Apre uffici in diverse zone
dell’Asia e oltre.
2. Lancia Channel V all’interno dell’offerta di Star, creando in Asia l’equivalente di
Mtv.
3. Crea il gruppo Phoenix che trasmette via satellite tre canali in mandarino verso
la Cina, frutto della joint-venture tra Murdoch e l’uomo d’affari cinese Liu
Changle. Ottiene subito un grande successo perché propone dei format nuovi
sulla scia di quelli di Fox, rispetto agli stereotipati programmi delle tv private.
Il governo cinese si preoccupa anche di questa trovata, limita il segnale solo per gli
hotel a più di tre stelle, le ambasciate e gli edifici govern