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Quindi modulando la sintesi, la captazione, tutte le fasi che fanno parte del ciclo delle monoamine,

dovremmo avere un effetto sul tono dell’umore. Quali sono le evidenze farmacologiche che sono state

messe in relazione alla depressione e quindi che hanno giustificato la teoria monoaminergica? Quali sono

gli effetti che sono in accordo con la teoria? Come possiamo aumentare i livelli di monoamine nello spazio

sinaptico? Bloccando l’accumulo vescicolare abbiamo una riduzione del tono dell’umore. Inibendo gli

enzimi di degradazione infatti i farmaci antidepressivi sono inibitori delle MAP chinasi. Questi

neurotrasmettitori possono essere infatti ricaptati e se blocchiamo la ricaptazione possiamo ottenere un

aumento della loro concentrazione. Alcuni farmaci che si chiamano antidepressivi triciclici bloccano la

ricaptazione della noradrenalina e della serotonina e migliorano l’umore. Inibitori delle MAO, bloccando la

degradazione, aumentano la quantità di noradrenalina e serotonina liberandole. La metil-tirosina, substrato

che inibisce la sintesi della noradrenalina, riduce l’umore così come la metil-DOPA e la reserpina e se

utilizziamo una terapia elettroconvulsiva aumentiamo la liberazione della noradrenalina con aumento del

tono dell’umore. Se aumentiamo le monoamine avremo un aumento del tono dell’umore se invece le

riduciamo avremo una diminuzione del tono dell’umore, però ci sono anche delle evidenze che non sono in

accordo con questa teoria per esempio l’amfetamina, che induce il rilascio di dopamina e che agisce sul

trasportatore che permette la ricaptazione della dopamina e della noradrenalina. Esiste una differenza tra

amfetamina e cocaina. La cocaina inibisce la captazione , bloccando completamente il trasportatore,

l’amfetamina utilizzano il trasportatore entra nelle cellule e riduce la quantità di neurotrasmettitori che si

localizzano nelle vescicole.

Per gli antagonisti dei recettori α e β che dovrebbero avere un effetto negativo non lo hanno. Lo stesso vale

per la levodopa che viene somministrata al posto della dopamina. Nel caso di pazienti affetti da Parkinson,

la somministrazione di levodopa che aumenta la sintesi di noradrenalina e di dopamina, non ha nessun

effetto sulla depressione, ovvero se somministriamo questo farmaco ad un paziente depresso non abbiamo

un miglioramento del tono dell’umore. Ovviamente in un paziente affetto da Parkinson se migliora il

movimento migliorerà anche l’umore ma non è legato allo stesso meccanismo. Per cui questa teoria che

risulta abbastanza semplice non spiega molti degli effetti. Tutto questo fa capire che la serotonina che è

coinvolta in questi processi poterebbe essere un neurotrasmettitore più importante in questa patologia. La

serotonina in pratica che è presente in tutti i distretti, talamo, striato, ippocampo, modularne la

concentrazione significa influenzare tutte le funzioni del sistema nervoso centrale, per questo possiamo

avere degli effetti così devastanti sia positivamente che negativamente.

Sintesi serotonina: si parte dall’amminoacido triptofano e si forma il 5-idrossitriptofano attraverso l’azione

delle idrossilasi e in seguito a decarbossilazione si forma la 5-idrossi-triptamina (5-HT). La serotonina viene

metabolizzata attraverso le MAO e delle aldeide deidrogenasi. Le tappe fondamentali sono quelle della

idrossilazione e la formazione dell’intermedio ed è importante da un punto di vista farmacologico perché si

inibisce la degradazione del neurotrasmettitore che è stato rilasciato in condizioni fisiologiche. La

serotonina è presente non solo a livello del SNC ma anche a livello del tratto gastrointestinale. Quindi

quando aumentiamo i livelli di serotonina potremmo avere anche degli effetti nei distretti periferici. Agisce

anche sull’aggregazione piastrinica attraverso il recettore 5-HT2. Può determinare la stimolazione delle

terminazioni sensoriali nocicettive e quindi avremo ad esempio una diversa soglia del dolore e quindi

potremo avere delle parestesie cioè alterazione della sensibilità periferica oppure inibizione o eccitazione

del SNC. Tutti i recettori della serotonina sono accoppiati alle proteine G quindi sono metabotropi tranne il

5-HT3 che è recettore canale ed è associato al cento del vomito, se quindi aumentiamo i livelli di

serotonina potremmo avere degli affetti, tra cui nausea e vomito proprio perché attiviamo questo tipo di

recettore. Per tutte le catecolamine, particolare per la serotonina, normalmente abbiamo una riduzione di

serotonina e attivazione di recettori, la serotonina viene ricaptata e poi degradata dalle MAO nel caso

invece della depressione si ha una riduzione della liberazione di serotonina quindi se noi blocchiamo ola

degradazione (bloccando le MAO) o bloccando la ricaptazione (tramite triciclici o inibitori selettivi), abbiamo

un aumento della quantità di serotonina e quindi questo aumento della disponibilità di serotonina andrà ad

attivare i recettori e avremo un effetto antidepressivo. In questa patologia l’azione antidepressiva viene

svolta sia da farmaci che agiscono a livello del sistema serotoninergico ma anche da farmaci che agiscono

sul sistema noradrenergico e dopaminergico. Se interveniamo sui meccanismi di rilascio o di sintesi della

serotonina o rilascio della noradrenalina abbiamo un aumento del tono dell’umore. Se vediamo i recettori

coinvolti sono recettori diversi per4chè è importante aumentare i livelli ma anche aumentare l’attivazione di

una serie di recettori. I recettori che dobbiamo considerare sono: nel caso della serotonina i recettori 5-HT;

nel caso della noradrenalina gli α1 (SNP), α2 (SNC), β. Quindi attivando questi diversi tipi di recettori

possiamo avere una risposta antidepressiva. Il primo problema nella teoria monoaminergica fu appunto

questo: perchè attivando una serie di recettori diversi si può avere lo stesso effetto? Probabilmente perché

non è tanto importante il recettore che viene attivato ma è importante tutta la cascata che v iene attivata a

valle di questo legame tra farmaco e recettore. Se infatti vediamo l’attivazione del recettore 5-HT4 o 5-HT2,

determina un aumento del calcio attraverso varie linee e poi un’attivazione trasduzionale che porta ad una

serie di risposte che sono legate all’aumento dell’espressione genica. In pratica i recettori β e α1 hanno un

tipo di risposta che è simile a quella dei recettori 5-HT quindi la risposta è di tipo stimolatorio. Il fatto che

non è importante solo il tipo di recettore attivato ma anche la cascata attivata potrebbe spiegare il fatto che

due neurotrasmettitori possono avere lo stesso effetto e che possono provocare l’effetto ritardato dei

farmaci antidepressivi, cioè l’effetto che dovremmo avere se fosse soltanto legato al recettore, dovremmo

avere un effetto molto rapido. Blocchiamo gli up-take di serotonina e attiviamo gli up-take di noradrenalina,

questo dovrebbe avere un effetto immediato e aumentando i livelli di serotonina dovremmo avere dopo

pochissimi minuti un effetto antidepressivo. In realtà secondo la teoria monoaminergica, diciamo che

aumentando i livelli di monoamine abbiamo un effetto antidepressivo che dovrebbe essere rapidissimo ma

con i farmaci antidepressivi c’è un certo ritardo, probabilmente perché sono importanti altri eventi.

Sicuramente è importante avere un aumento della serotonina e adrenalina ma non è sufficiente a

determinare un effetto antidepressivo. I farmaci antidepressivi sono utili perché aumentano in maniera

acuta le monoamine, quindi l’evento iniziale è legato all’aumento delle monoamine. L’effetto terapeutico che

è legato alla terapia cronica è legato sicuramente ad altri eventi. Per capire se questi farmaci sono attivi,

sarà importante valutare la manifestazione degli effetti collaterali.

Se per esempio prendiamo un paziente con depressione conclamata e viene gli viene somministrata la

fluoxetina (prozac), questo farmaco blocca la ricaptazione in maniera selettiva ed è un farmaco che è stato

negli USA veniva largamente utilizzato un po’ per tutto. Bastavano 20 mg di fluoxetina per avere degli effetti

antidepressivi, ma cosa succede? Il paziente depresso assume questo farmaco per un certo periodo di

tempo ma è sempre più depresso ed ha anche delle manie suicide e pensa di voler sospendere questa

terapia perché pensa di non avere nessun vantaggio. Il medico gli fa una serie di domande e gli chiede: ha

avuto altri disturbi? Il paziente risponde che non riesce più ad addormentarsi, ha nausea, vomito ed una

serie di disturbi. Il medico dice di continuare, xkè probabilmente dopo un po’ di tempo il farmaco farà

effetto. Quali sono le indicazioni che il farmaco sta funzionando in modo lento? La manifestazione di altri

sintomi fa capire che il farmaco in qualche modo sta agendo. In base alla teoria monoaminergica gli effetti

sinaptici dovrebbero comparire abbastanza presto. Il paziente dovrebbe avere aumenti di serotonina,

noradrenaline. Il paziente dice di avere nausea, vomito. In realtà proprio la manifestazione degli effetti

collaterali ci fa capire che abbiamo un aumento degli effetti di serotonina, e poichè agisce sul centro del

vomito e su vari centri di controllo sia vegetative che cognitive, ci fa capire che proprio l’aumento di

serotonina a fare tutto questo. Se aspettiamo un certo tempo possiamo veder poi gli effetti terapeutici

perché abbiamo utilizzato questo farmaco per avere un aumento del tono dell’umore e infatti i la maggior

parte dei pazienti che utilizzano questo tipo di terapia e non l’abbandonano. Questo determina dopo 3/4

settimane i primi effetti e a quel punto non abbandonano più la terapia e si crea una sorta di dipendenza. È

proprio la presenza di questi effetti collaterali a dirci che questa teoria monoaminergica non è in grado di

spiegare questi effetti terapeutici ritardati. Per spiegarli dobbiamo pensare a ciò che succede al di là

dell’aumento della serotonina e della noradrenalina e quindi si è cominciato a pensare a questa nuova

teoria. Si è visto che è la somministrazione cronica che determina un effetto antidepressivo e quindi si ha

un’attivazione del recettore, attivazione di effettori che portano ad un aumento di vie di trasduzione che

possono portare a degli effetti anche riguardo l’espressione genica. Probabilmente la parte importante è

quella che avviene a livello intracellulare e intranucleare. Per avere quindi la serie di eventi neurotrofici

adattativi che possono portare un effetto antidepressivo, occorre più tempo. È sicuramente importante

l’attivazione di questi recettori, l’aumento di serotonina è importante però è importante analizzare tutti

questi altri aspetti. Tut

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A.A. 2014-2015
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SSD Scienze biologiche BIO/14 Farmacologia

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher lallafra di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Basi farmacologiche della terapia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi del Sannio o del prof Canzoniero Lorella.