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Estratto del documento

In secondo luogo dovrebbero essere considerate assumibili nell’area di esenzione anche quelle figure di garanzia che,

benché diverse dall’ipoteca, abbiano tuttavia contribuito a far assumere all’operazione creditizia il carattere di

finanziamento fondiario, come accade per le garanzie integrative, che in base alla legislazione regolamentare di settore

consentono di qualificare come fondiari anche finanziamenti eccedenti la percentuale cauzionale dell’80% del valore

dell’immobile ipotecario.

Quanto ai pagamenti del finanziamento fondiario, è innanzitutto lecito domandarsi se l’esenzione valga solamente per i

pagamenti effettuati con denaro o con altri mezzi normali di pagamento, oppure debba ritenersi estesa anche ai

pagamenti effettuati con mezzi anormali, pur sempre rientranti nell’ambito di applicazione dell’esenzione.

In secondo luogo, è da osservare che mentre l’articolo 39 comma 4 del decreto legislativo 385/1993 riferisce l’esenzione

ai pagamenti effettuati dal debitore, l’articolo 67 comma 4 della legge fallimentare nulla precisa a tale proposito: onde

risulteranno esonerati da revocatoria anche i pagamenti dei terzi, ogniqualvolta non si ritengano inesistenti i presupposti

per assegnare loro la natura di atto a titolo gratuito.

Esecuzione dell’azione revocatoria delle operazioni di credito

fondiario e ristrutturazione di esposizioni bancarie pregresse.

La sottrazione delle operazioni di credito fondiario al rischio dell’azione revocatoria induce spesso le banche a

concedere tale genere di finanziamenti allo scopo di fornire al cliente le disponibilità finanziarie con le quali rientrare da

precedenti esposizioni.

Il cliente rimane sempre debitore della banca in conseguenza del finanziamento fondiario, ma le garanzie ed i pagamenti

connessi allo stesso sono sottratti al rischio della revocatoria.

Questa operazione è oggi intesa dalla giurisprudenza come il risultato di un’attività complessa, tesa a conseguire

l’estinzione di passività pregresse, e come tale suscettibile di essere assoggettata alla disciplina revocatoria dettata per

gli atti di carattere solutorio posti in essere con mezzi anormali: dunque alla disciplina dettata dall’articolo 67 comma 1

numero 2 della legge fallimentare.

Peraltro la norma che dovrebbe giustificare l’esercizio dell’azione revocatoria contro questo asserito pagamento con

mezzi anormali fa innegabilmente parte dell’articolo 67, alla cui applicazione le operazioni di credito fondiario risultano

sottratte.

Né rileva la circostanza, spesso sottolineata dalla giurisprudenza come sintomo dell’anomalia dell’operazione, che il

finanziamento fondiario connesso non entri nella disponibilità del cliente, perché utilizzato per l’estinzione di debiti

pregressi.

La salvezza delle leggi speciali che dispongono l’esenzione

dall’azione revocatoria.

L’ultima parte del comma 4 dell’articolo 67 della legge fallimentare fa salve le leggi speciali: il che significa la conferma

dell’applicabilità delle fattispecie di esenzione previste anche al di fuori della legge fallimentare, ove non incompatibili

dalla disciplina dello stesso articolo 67.

Tali fattispecie investono le più disparate situazioni:

• I prestiti concessi alle imprese artigiane.

• Le operazioni di credito agrario e di credito alle Opere Pubbliche garantite da ipoteche su immobili.

• Le operazioni di credito a medio termine alle piccole e medie imprese ed alle imprese artigiane.

• I pagamenti di talune imposte e dei contributi sociali obbligatori.

Esenzione dalla revocatoria dei pagamenti ricevuti dal

concessionario dei crediti d’impresa e delle operazioni di

cartolarizzazione.

La legge 21 febbraio 1991 numero 52 ha introdotto una nuova disciplina delle operazioni di cessione di crediti d’impresa,

più conosciute come operazioni di factoring.

Essa è normalmente annoverata tra gli esempi di esenzione dall’azione revocatoria fallimentare, anche se si dovrebbe

più precisamente parlare di azioni revocatorie speciali.

Per l’ipotesi del fallimento del debitore ceduto, viene in considerazione il problema della revocabilità dei pagamenti dallo

stesso effettuati per estinguere i crediti oggetto della cessione. La revocabilità è peraltro consentita nei confronti del

cedente, qualora il curatore provi che il cedente conosceva lo stato di insolvenza del debitore ceduto alla data del

pagamento al cessionario. È da presumersi che l’azione revocatoria fallimentare sia proponibile, in questa ipotesi, ai

sensi dell’articolo 67 comma 2 della legge fallimentare: ed in tal caso pare inevitabile concludere nel senso che anche il

cedente benefici della dimidiazione introdotta dalla riforma della legge fallimentare.

Il cedente ha tuttavia diritto di rivalersi di quanto pagato in conseguenza della descritta revocatoria sul cessionario,

nell’ipotesi in cui questi avesse rinunciato alla garanzia della solvenza del debitore.

Per l’ipotesi del fallimento del cedente, l’articolo 7 della legge 52/1991 afferma che l’efficacia della cessione verso i terzi

prevista dall’articolo 5 comma 1 non è opponibile al fallimento del cedente, se il curatore prova che il cessionario

conosceva lo stato di insolvenza del cedente quando ha eseguito il pagamento e sempre che il pagamento del

cessionario al cedente sia stato eseguito nell’anno anteriore alla sentenza dichiarativa di fallimento e prima della

scadenza del credito ceduto.

La legge 30 aprile 1999 numero 130 ha introdotto nel nostro ordinamento la disciplina delle operazioni di

cartolarizzazione, grazie alle quali:

• L’imprenditore titolare di una massa di crediti verso i propri clienti ne fa cessione ad una società appositamente

costituita.

• La società cessionaria emette obbligazioni che colloca sul mercato, conseguendo in tal modo quanto

necessario a pagare il prezzo dei crediti ceduti.

• Il valore ed il rendimento delle obbligazioni sono determinati dal valore e dalla riscossione dei crediti ceduti.

In questo contesto, l’articolo 4 comma 3 della legge afferma che ai pagamenti effettuati dai debitori ceduti alla società

cessionaria non si applica l’articolo 67 del regio decreto 16 marzo 1942 numero 267.

La disposizione è simile a quella dettata dall’articolo 6 della legge 52/1991 per le operazioni di factoring: ma non

prevede, contrariamente a quest’ultima, la proponibilità della revocatoria nei confronti del cedente.

La disciplina revocatoria delle garanzie finanziarie.

Il decreto legislativo 21 maggio 2004 numero 170, che ha dato attuazione nel nostro Paese alla Direttiva 2002/47/CR in

materia di contratti di garanzia finanziaria, è intervenuto sulla disciplina di alcune figure contrattuali tipiche ed atipiche,

modificandone la disciplina sotto numerosi profili, compreso quello della revocabilità delle garanzie finanziarie.

A questo proposito, si registrano:

• L’equiparazione al pegno del contratto di cessione di credito e dei contratti di trasferimento della proprietà di

attività finanziarie.

• L’affermazione dell’irrilevanza della sostituzione della garanzia rispetto alla data di costituzione della stessa.

• L’irrilevanza dell’integrazione della garanzia rispetto alla data della stessa.

La revocatoria dei pagamenti avvenuti tramite intermediari

specializzati.

L’articolo 70 della legge fallimentare disciplina gli effetti della revocazione, ed in particolare:

• Indirizza la revocatoria dei pagamenti effettuati tramite intermediari specializzati, procedure di compensazione

multilaterale o società fiduciarie, nei confronti del destinatario della prestazione.

• Limita la revocatoria degli atti estintivi di posizioni passive derivanti dai rapporti di conto corrente bancario o

comunque rapporti continuativi o reiterativi alla sola differenza tra l’ammontare massimo raggiunto dalle sue

pretese e l’ammontare residuo delle stesse.

• Afferma il diritto del soggetto convenuto in revocatoria di insinuarsi al passivo fallimentare per un rapporto

corrispondente a quanto restituito al fallimento.

La norma attribuisce rilievo, in materia di assoggettabilità a revocatoria di un pagamento effettuato nelle situazioni

descritte, all’individuazione del beneficiario effettivo di esso, piuttosto che al soggetto per il tramite del quale il

pagamento è pervenuto all’accipiens.

La ratio della norma risiede nella constatazione che se può essere accettabile l’idea che il pagamento effettuato dal

fallito possa essere revocato comunque in danno dell’accipiens, anche qualora l’effettivo destinatario dello stesso fosse

ed in concreto sia stato un terzo, allorché il fenomeno si presenti in modo occasionale, contingente, e comunque non

professionale; il contrario è a dirsi per le situazioni nelle quali l’attività di interposizione nei pagamenti costituisca l’attività

professionale dell’intermediario – accipiens.

A tale proposta occorre aggiungere che laddove l’articolo 70 comma 1 della legge fallimentare dispone l’esenzione da

revocatoria per i pagamenti inerenti le attività poste in essere dalle società fiduciarie, presenta un contenuto

particolarmente oscuro, stante anche il traballante modo di esprimersi del legislatore: nonché la confusione concettuale

tradita dalla Relazione.

La revocatoria degli atti estintivi di rapporti continuativi o

reiterati.

L’articolo 70 comma 3 della legge fallimentare afferma che qualora l’azione revocatoria abbia ad oggetto atti estintivi di

posizioni passive derivanti da rapporti continuativi o reiterati, la somma che il convenuto può essere condannato a

pagare è rappresentata dalla differenza tra l’ammontare massimo raggiunto dalle sue pretese nel corso del periodo

sospetto e l’ammontare finale delle stesse alla data della sentenza dichiarativa di fallimento.

La norma sembra aver voluto recepire l’orientamento interpretativo secondo il quale, in materia di revocatoria delle

rimesse in conto corrente, le rimesse aventi carattere solutorio non avrebbero dovuto essere revocate tutte quante, ma

solo se, e nei limiti in cui, nell’ambito del periodo anteriore al fallimento per il quale fosse stata provocata la conoscenza

dello stato di insolvenza del correntista da parte dell’azienda di credito, l’ammontare massimo dell’esposizione registrata

dal conto corrente si fosse azzerato o ridotto prima della sentenza dichiarativa di fallimento.

L’articolo 70 comma 3 della legge fallimentare si esprime peraltro in termini generali, così da poter trovare applicazione

sia nei confronti di soggetti diversi dalle banche, sia, quanto alle banche, con riguardo ad operazioni bancarie anche

diverse dalle rimesse su conto corrente.

Dettagli
A.A. 2015-2016
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SSD Scienze giuridiche IUS/04 Diritto commerciale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher francesca ghione di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto fallimentare e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Torino o del prof Bonfante Guido.