vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
L’incidenza della dottrina sociale sulle attività di comunicazione dell’azienda
Il ricorso all’attività di comunicazione, in particolare della pubblicità, avviene nella seconda metà
dell’ottocento dopo la rivoluzione industriale.
In modo specifico, è l’impresa industriale di beni di largo consumo (alimenti, detersivi ecc) a
capire che la comunicazione rivolta a vasti pubblici è lo strumento per una rapida diffusione delle
produzioni attuate.
Negli stati uniti e in Europa, tra il 1890 e il 1920, inizia ad essere elaborata una tecnica di impiego della
pubblicità.
La crescita della comunicazione d’azienda è consentita e stimolata dall’avvento dei mezzi audio e
audiovisivi che si affermeranno come mass media negli anni dieci e venti del ‘900. Per la tv bisognerà
aspettare gli anni 40.
L’avvento e l’affermazione di questi mezzi non è sfuggita al Magistero che è più volte intervenuto
al riguardo con alcune encicliche che ponevano l’attenzione principalmente sui mezzi in questione, sulle
loro potenzialità e sul pubblico e non all’azienda o alla sua attività di comunicazione.
La crescita dell’attività di comunicazione pubblicitaria aveva condotto lo stesso settore a
intervenire a favore di un autoregolamentazione, cosa che avvenne nel 1937 con la Camera di commercio
internazionale e la sua proposta di una serie di codici etici nel campo della comunicazione.
L’incidenza della dottrina sociale accresce con il secondo dopo guerra ed avviene perché affronta
diversi problemi:
1. i mass media e i loro effetti
2. introduce l’espressione di “strumenti della comunicazione sociale”, non riferendosi
semplicisticamente ai mass media in sé, ma inserendovi un istanza etica (la missione di tali
strumenti non è massificare ma facilitare il processo di socializzazione dell’individuo)
3. propone il problema della responsabilità sociale della comunicazione d’azienda e della
comunicazione commerciale
4. formazione degli stessi operatori che producono la comunicazione;
5. propone iniziative di sensibilizzazione del pubblico nei confronti degli strumenti di
comunicazione sociale.
Nel frattempo i codici di autodisciplina proposti da camera di commercio internazionale e altri enti si era
diffusi e in Italia entra in vigore nel 1966 il “Codice della lealtà pubblicitaria”.
Gli interventi del Magistero vengono a incidere sulla società intrecciandosi con i suddetti codici,
intreccio che si verifica anche a difesa dei consumatori.
Una crescente rilevanza è andata assumendo in epoca recente l’ACU Associazione Consumatori
Utenti che ha promosso nel 1992 l’”Osservatorio della pubblicità e della comunicazione di massa” che ha
il compito di segnalare i casi di pubblicità ingannevole all’Istituto dell’autodisciplina pubblicitaria.
Contributi della disciplina offerti e/o utilizzati dalla dottrina sociale della Chiesa
L’istruzione pastorale “Communio et progressio” richiama esplicitamente la pubblicità e le sue
problematiche, ovvero la responsabilità sociale della comunicazione tramite i mass media e quella
d’azienda.
Richiama tre condizioni che sono:
1. tutela della libertà di scelta dell’acquirente: questa condizione richiama alla mente
l’ipotesi che la pubblicità e i suoi messaggi possano sempre condizionare l’individuo e
quindi il pubblico, che sarebbe caratterizzato dalla passività.
In questo caso la presunzione di responsabilità riguarda i riceventi meno provveduti come
bambini ed anziani.
2. pubblicità veritiera: la pubblicità è soggetta a disposizioni legislative, a codici di
autodisciplina, a regolamentazioni circa l’impiego dei vari mezzi.
3. individuazione priorità nella pubblicizzazione dei prodotti: questo aspetto non riguarda
solo e tanto la pubblicità quanto piuttosto la realtà produttiva che sta a monte della stessa.
Concetti propri della disciplina relativa alla comunicazione appaiono nell’enciclica “Centesimus annus”
di Giovanni Paolo II (1991):
- I pubblicitari spinti da motivi di mercato si sforzano di creare bisogni e modelli artificiali di
consumo
- Nei paesi sviluppati si fa eccessiva propaganda di valori utilitaristici a dispetto dei veri valori
dell’umana esistenza
In molti casi, l’analisi di messaggi pubblicitari, ha evidenziato il prevalere della componente persuasivo –
suggestiva su quella informativa, il che richiama il tema del livello di responsabilizzazione proposto dai
messaggi pubblicitari.
Tornando al tema della responsabilità sociale della pubblicità, essa sbaglia l’interpretazione del
rapporto da stabilire con il consumatore e in modo specifico, su un’inadeguata partecipazione alla
evoluzione dello stesso.
“Nuovi compiti e responsabilità attendono il comunicatore e per affrontarli sarà indispensabile
una sempre più perfezionata preparazione tecnica ed una crescente sensibilità e comprensione umana.
L’uomo infatti è, e deve rimanere, al centro di ogni fatto”.
1997 Etica nella pubblicità: conferme e indicazioni
Un appello ai pubblicitari
Nel febbraio 1997 viene pubblicato dal Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali un documento di
grande rilevanza: Etica nella Pubblicità.
Il documento si caratterizzava per:
1. la specificità del tema: la pubblicità all’interno delle comunicazioni sociali
2. la vastità dei problemi affrontati
3. approfondimenti di carattere terminologico e tecnico
Si aggiungeva inoltre, l’appello rivolto non solo ai professionisti della pubblicità ma anche a tutti gli
operatori del processo di produzione e diffusione delle pubblicità, perché offrissero un contributo prezioso
al progresso e al bene comune.
Nel testo il termine pubblicitari inteso come comunicatori ricorre più volte con diversi significati:
a) come operatori che selezionano tra i valori e gli atteggiamenti quelli che vanno promossi e
incoraggiati e quindi incidono sulla cultura
b) come operatori che gestendo le risorse economiche destinate alla pubblicità, influenzano il
contenuto dei media
c) come operatori in grado di creare bisogni per prodotti e servizi
inoltre il documento ricorda che i pubblicitari hanno il dovere di promuovere una visione autentica dello
sviluppo umano e che per fare ciò che è moralmente giusto bisogna essere pronti a sopportare perdite e
danni personali, piuttosto che fare ciò che è sbagliato.
In ogni caso sta agli stessi pubblicitari assicurare un esercizio eticamente corretto della loro
professione.
L’accezione di pubblicità
La dottrina italiana distingueva tra pubblicità e propaganda (pubblicità di carattere commerciale e
propaganda di carattere sociale, politico e religioso) ma dal ’70 il termine propaganda, essendo finanziato
dal settore pubblicitario cambia da propaganda progresso a pubblicità progresso.
La dottrina anglosassone invece con il termine advertising, include attività di comunicazione di
varia natura e non solo pubblicitaria commerciale.
Il Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociale, coinvolge infatti non solo gli operatori della
pubblicità commerciale ma anche le istituzioni politiche e i loro candidati.
Il concetto di pubblicità viene poi arricchito nel corso del documento da due fattispecie:
a) la pubblicità indiretta: quella che cerca di indurre la gente ad agire o ad acquistare senza che
essa sia pienamente consapevole e qui rientrano anche la pubblicità subliminale o quella che
presenta ambienti seducenti o modi di comportamento alla moda.
b) La pubblicità genericamente intesa e operante: premesso che la pubblicità è onnipresente,
persino coloro che non sono personalmente esposti si confrontano con una società, una cultura e
altre persone che sono soggette nel bene o nel male a messaggi e tecniche pubblicitarie di ogni
genere.
Gli effetti della pubblicità
Il documento si conclude con la considerazione che la pubblicità svolge si un ruolo positivo nello
sviluppo economico, nello scambio di informazioni tra individui e gruppi sociali, ma arreca anche gravi
danni alle persone e al bene comune.
Il documento ricorda anche che:
a) La pubblicità ha gli scopi di informare e persuadere
b) Come altre forme di espressione ha convenzioni e forme di stilizzazione proprie
c) La pubblicità è uno strumento: se ne può fare un uso retto o sbagliato
Se analizziamo la pubblicità dal punto di vista etico e le modalità dell’atto di comunicazione e quindi i
contenuti che vengono trasmessi appare chiaro che la comunicazione pubblicitaria per essere veramente
comunicazione dovrebbe comportare il potere dialogico fra gli interlocutori.
Siccome ciò non avviene, il documento sottolinea il pericolo che la comunicazione pubblicitaria
non si realizza tra due soggetti egualmente attivi e quindi il ricevente è caratterizzato da passività.
Il tema della passività a portato a elaborare un modello interpretativo che individua i pubblici
forti (soggetti provveduti nei confronti della pubblicità) e pubblici deboli (bambini e anziani).
Questo modello è molto interessante per interpretare correttamente il rapporto tra promotore della
comunicazione e il destinatario.
La minore sprovvedutezza della popolazione adulta italiana nei confronti della pubblicità appare
cmq anche da un indagine che rivela che l’80% della popolazione concorda sul fatto che la pubblicità
convinca ad acquistare prodotti di cui non si ha bisogno e il 55% concorda sull’opportunità di insegnare il
linguaggio della pubblicità e i suoi meccanismi nelle scuole.
Verso un modello ottimale di pubblicità
Dopo decenni di studi condotti sulla pubblicità si è arrivati a concludere che l’individuo non è così
facilmente influenzabile, e che la pubblicità per avere successo deve fare i conti con i bisogni
dell’individuo e le sue motivazioni quindi difficilmente la pubblicità crea nuovi bisogni o riesce a
provocare la domanda di beni.
Ambito degno di approfondimento è quello della pubblicità subliminale cioè quella che agirebbe
sub limine ovvero al di sotto della soglia di consapevolezza dell’individuo che si pensava potesse influire
direttamente sul comportamento del consumatore ma in realtà dopo studi, gli effetti di stimoli subliminali
sono trascurabili.
Tenendo conto delle indicazioni del documento del vaticano ai fini di un modello evolutivo della
pubblicità che possa potenziare gli effetti positivi prodotti della