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Capitolo 1: LO STADIO DELLO SPECCHIO E LA COSTITUZIONE DELL’IO
Il punto di partenza della teoria di Lacan consiste nella discriminazione strutturale
tra io e soggetto dell’inconscio, punto cardine della psicologia Post- Freudiana,
denominata Psicologia dell’Io. Secondo questa teoria occorre ritrovare la genesi
della formazione immaginaria dell’Io (moi) per evidenziare la sua dimensione
alienante rispetto al soggetto (je). L’inconscio Freudiano appariva quindi come un
nuovo soggetto contrapposto negativamente alla ragione. L’io dunque, non è il
soggetto ma una forma di alienazione immaginaria del soggetto. Infatti inteso in
questo modo, l’Io non sa nulla dei desideri del soggetto. Secondo Lacan l’inconscio
è una trascendenza interna che trascende il soggetto, proprio per questo motivo Io
e Soggetto sono separati. Intorno agli anni 30, Lacan sposta la sua attenzione sul
problema del narcisismo, teorizzando nel 1936 il cosiddetto stadio dello specchio.
Lo stadio dello specchio è il modo con cui Lacan ripensa la funzione strutturante
che Freud assegna al narcisismo e all’identificazione nella produzione del soggetto
umano. Secondo Freud il narcisismo può essere definito come il rapporto del
soggetto con la propria immagine ideale, quindi la funzione che l’immagine di sé
svolge nella formazione dell’Io. In Introduzione al Narcisismo, Freud evidenzia
come, la creazione dell’Io dipenda da due fattori: le cure della madre e l’immagine
del proprio corpo. Questi due fattori possono creare due tipologie di amore:
analitico, caratterizzato dalla funzione di sostegno esercitata dalla madre, e
narcisistico, caratterizzato dalla funzione idealizzante dell’oggetto che è amato solo
in funzione dell’immagine ideale di se. La formazione immaginaria dell’io ideale
(Idealich) è espressione di un narcisismo infantile, primario, fissato ad un’ immagine
esaltata di sé, questa teoria ha il merito di mostrare il carattere non autofondato ma
eterofondato dell’io, la sua origine eteronoma, il suo statuto derivato e secondario
oltre alla sua natura alienata, scissa, sdoppiata. Nella psicologia accademica e
nella filosofia razionalista l’io viene invece descritto come una forza positiva di
sintesi. Lacan usa la metafora della cipolla per definire l’Io: l’io è un oggetto fatto
come una cipolla, lo si potrebbe pelare e si troverebbero le identificazione
successive che lo hanno costituito. Quindi l’Io non è la sostanza del soggetto
perché l’io stesso non ha una sostanzialità propria ma si disfa in una molteplicità di
identificazioni. non c’è dunque un centro, un cuore della cipolla, ma solamente una
stratificazione di identificazioni successive . Infatti l’io non è il soggetto perché è
innanzitutto un oggetto. Kojève ha definito renaissance hegelienne
la Fenomenologia dello Spirito di Hegel, con particolare riferimento alla parte
dedicata allo studio dell’Autocoscienza, mettendo in risalto come per raggiungere la
sua soddisfazione, la natura “antropogena” del desiderio necessiti della mediazione
del desiderio dell’Altro. Perché il desiderio umano è ontologicamente
intersoggettivo in quanto non si può soddisfare se non attraverso il desiderio
dell’Altro. Secondo la fenomenologia husserliana e analitica esistenziale di
Heiddeger, bisogna combattere l’idea ingenua del soggetto come pura interiorità,
come sostanzialità chiusa in se stessa, incapsulata. a favore di un centro di gravità
del soggetto posto nell’ esteriorità che esso non può padroneggiare in alcun modo.
Nella La Trascendenza Dell’Ego Sartre definisce l’Ego come oggetto, poiché egli
vede la soggettività come un vuoto e definisce la coscienza come una spontaneità
individuata e impersonale, che è in grado di svuotare l’Ego. Il rapporto del bambino
con lo specchio assume per Lacan il carattere di un “crocevia strutturale” nella
costituzione della soggettività umana, la funzione dello specchio è quella di
produrre uno sdoppiamento nel soggetto per cui il soggetto può oggettivarsi
nell’immagine speculare, nell’altro da sé, al fino di potersi riconoscere in un’alterità
che lo identifica, in un’esteriorità che lo riflette. Affinché si costituisca l’essere
umano come tale deve avvenire l’incontro non di un soggetto con un oggetto ma di
un soggetto con un altro soggetto; più precisamente, l’incontro di un soggetto con
l’Altro, con il desiderio dell’Altro, con l’Altro non in quanto semplice manifestazione
degli appetiti ma in quanto luogo che può riconoscere la domanda di
riconoscimento del soggetto. Quindi non esiste un “io” che solo in un secondo
momento si esternalizza nell’immagine, ma, piuttosto, la formazione dell’io dipende
da un’immagine extracettiva, ovvero dall’esteriorità dell’immagine. Niente potrà
riassorbire lo scarto aperto dalla dissociazione tra soggetto e la sua
rappresentazione alienata nell’immagine, poiché l’essere umano non vede la sua
forma realizzata, totale, il miraggio di se stesso, se non fuori di se stesso.
L’immagine che lo istituisce come io è già in se stessa l’immagine che lo separa da
sé, che lo divide irrimediabilmente. è un’immagine che determina sì il senso
dell’identità dell’io ma solamente producendone un’alienazione irreversibile. Quindi
l’io appare come una “organizzazione passionale” che punta a realizzare una
coincidenza impossibile con l’ideale e che, proprio per questa impossibilità, risulta
essere in una relazione di permanente rivalità con se stesso, con l’immagine
narcisistica di se stesso che l’inganno dello specchio alimenta. Lacan attribuisce al
gesto di Caino il valore di un paradigma: che cosa colpisce Caino se non la sua
immagine ideale, se non il proprio io ideale esteriorizzato nel fratello buono e più
amabile? L’altro, il simile, è oggetto di aggressività in quanto, oltre a rappresentare
l’io ideale del soggetto, è anche colui che possiede l’oggetto del desiderio del
soggetto. La Klein definisce questa “ gelosia struggente” come alienazione
primordiale. Il paranoico è colui che fissato allo stadio dello specchio, l’altro viene
spesso caratterizzato come modello e come rivale, vi è quindi una ambivalenza
aggressiva che struttura la relazione immaginaria con l’altro. Secondo Lacan il
soggetto è strutturalmente alienato, non soltanto nei casi di psicosi. Il soggetto si
rapporta con il mondo esterno e con gli altri in base alla sua immagine speculare.
L’immaginario appare come un mondo chiuso a due in cui il soggetto oscilla tra
l’idealizzazione dell’oggetto e il desiderio di distruggerlo. Il soggetto può confondere
il suo io con il desiderio dell’Altro.
Capitolo 2: L’INCONSCIO STRUTTURATO COME UN LINGUAGGIO E
L’ALIENAZIONE SIGNIFICANTE
Lacan ha una svolta nella sua teoria sull’io, passando dal potere dell’immagine a
quello del significante , le molteplici identificazioni dell’io subordinate all’ordine
simbolico dotato di proprie leggi, autonomo. L’alienazione del soggetto non può più
essere semplicemente pensata come una alienazione immaginaria dell’Io nell’altro
speculare ma deve essere vista anche a livello di un ordine simbolico che precede
l’alienazione della dimensione immaginaria e quindi della teoria dello specchio. In
Funzione del Campo Lacan afferma che l’alienazione del soggetto consiste
nell’essere intrappolato nell’immagine narcisistico - speculare dell’altro come altro
io. L’alienazione quindi non definisce più il rapporto del soggetto con la sua
immagine speculare ma quello con l’Altro come luogo dei significanti. Sempre in
Funzione del Campo Lacan contrappone alla dialettica speculare, l’immagine della
parola, che ha la funzione di fornire soddisfazione al soggetto. La soddisfazione
della parola per il soggetto oltre quella per la propria immagine un soggetto parla
perché la verità della sua parola sia riconosciuta dall’altro. La pratica della
psicoanalisi, viene considerata da Lacan, come una pratica della parola. Il dialogo
analitico, reso possibile dalla parola, si struttura dialetticamente. Lacan vede il
desiderio umano come desiderio di riconoscimento da parte dell’altro, che viene
visto come luogo della parola. In Il Discorso di Roma, Lacan ipotizza due tesi: 1)
la psicoanalisi ha come unico medium la parola del paziente, 2) non vi è parola
senza risposta, inteso in questo senso l’Altro, che è generalmente l’analista, è in
grado di riconoscere i desideri del soggetto. Correlato a questo concetto, sempre in
Funzione e Campo, Lacan inserisce il concetto di disalienazione inteso come
liberazione del soggetto, mediante la simbolizzazione, della sua falsa identità .
Lacan tende quindi ad equiparare la psicoanalisi alla dialettica come riconciliazione
del particolare soggettivo con l’universale del discorso simbolico. Lacan tenta di
superare la dicotomia del soggetto- oggetto, considerandoli come entità unica.
Successivamente, sempre in Funzione e Campo, Lacan ipotizza la tesi secondo
cui il linguaggio non è una proprietà dell’uomo, né una sua facoltà psicologica,
quanto piuttosto ciò che avvolge la vita umana. Lacan sostiene che non è l’uomo
ad imparare a parlare ma è il linguaggio che parla l’uomo, nel senso che l’essere
dell’uomo dipende strutturalmente dall’orizzonte del linguaggio. Lacan prende
spunto da alcuni autori che si sono occupati di linguaggio come ad esempio Levi -
Strauss e Jakobson, ma anche De Saussure, in particolare, la funzione soggettiva
della parola (parole) dipende dalle leggi del linguaggio (langue).Lacan esplicita
questo concetto mediante paragone con il gioco degli scacchi: la lingua è un
sistema che non è influenzato dai cambiamenti esterni. La “grammatica del gioco”
ne determina le condizioni. L’inconscio strutturato come un linguaggio è la tesi che
permette di pensare all’azione dell’inconscio come a un’ azione capace di produrre
significazioni, effetti di senso. In Corso di linguistica generale De Saussure opera
una distinzione tra significato e significante. Lacan inverte il rapporto tra significato
e significante: è il significante a subordinare il significato (S/s) , vi è una barra di
separazione come fa