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Bildungstheorie contro legittima lettura
Non bisogna però dimenticare che L’istituzione scolastica ha la missione di produrre dei lettori
conformi e di imporre, in nome della competenza professorale, non soltanto la lista delle letture
obbligatorie ma le stesse modalità di lettura. L’autorità dell’insegnante reintroduce qui l’ottica del
potere; tale potere investe però non tanto il contenuto semantico o ideologico diretto delle letture
quanto invece, per esclusione, la lista dei testi da leggere e delle questioni che devono essere
poste in maniera pertinente riguardo a essi . L’attività del professore intercede dunque tra lo
studente e la teoria francese; ma non corrisponde tanto al semplice modello della propaganda,
quanto piuttosto al modello della «funzione di agenda che indica non cosa o come pensare, ma su
cosa (e in questo caso a partire da cosa) pensare. È questa funzione a decretare l’importanza
prioritaria dell’una o dell’altra corrente teorica, a determinare le fonti e i testi chiave e a svolgere
così fra il testo e il giovane lettore lo stesso ruolo di proscrittore simbolico, o di gate-keeper, svolto
dall’opinionista presso gli elettori indecisi. Gli esperti e gli intermediari della teoria francese sono
sempre e soprattutto i professori. Negli Stati Uniti la parentesi universitaria è un periodo che sta a
una certa distanza dall’etica dominante del lavoro, è un periodo di esplorazioni formative, ludiche o
trasgressive, è l’unico periodo della vita propizio alle infatuazioni gratuite, senza immediato
riscontro; e perciò si presta alla funzione esistenziale della teoria francese, alla funzione di
soggettivazione, di reincanto, persino di emancipazione, rispetto alle costrizioni imposte dalla
provenienza o dall’ambiente. La funzione liberatoria, più classica,della lettura consente di disfarsi
dei legami dell’infanzia e della giovinezza, non soltanto grazie alle tematiche esplicite ma proprio in
virtù dello slancio impresso dei gesti di rottura o di trasgressione compiuti, in maniera astratta,
direttamente sulla pagina da Foucault o da Derrida.
Crescita del mondo e privatizzazione dei saperi
Contro il metadiscorso degli esperti ufficiali in teoria francese, occorre soprattutto costruirsi, da soli
o con altri, una biobibliografia, un rapporto singolare tra testi e mondo vissuto; occorre distillare un
enigma teorico dalla propria prigione di carta ed esprimerne le connotazioni in tutte le pieghe
dell’esistenza. La teoria crea dunque un racconto da cui attingere usi e pratiche per
addomesticare il mondo. In altri casi può spingere verso altre dimensioni (esperienza associativa o
convinzione ecologista) e, contro i ribelli più radicali di ieri, può indurre a fare una scelta più
personale e più impegnata, quella di una «vocazione» e non di una egoistica «carriera», di un
mestiere le cui motivazioni provengano dalla passione e non semplicemente dal lucro. Ricœur
mostrava che alcuni enunciati riescono a sprigionare «sulle rovine del senso letterale» un «potere
più radicale di referenza ad aspetti del nostro essere- nel-mondo che non possono essere detti in
maniera diretta». In questa prospettiva, la nozione di metaforizzazione non designa più soltanto
una funzione del linguaggio, nel senso in cui il «bunker» di Virilio o l’«intensità» di Deleuze
fungerebbero per lo studente da semplici metafore di una situazione esistenziale fuori testo, ma
riveste invece una portata ontologica; così che il mondo dello studente o dell’attivista impregnati di
referenza teorica, il mondo che li circonda, diventa anch’esso «l’insieme delle referenze spalancate
da tutti i diversi testi descrittivi o poetici [che essi hanno] letto, interpretato e amato»; non è più un
«ambiente» (Umwelt) di segni ma un «mondo» (Welt) di significazioni, che non rimanda al
«vedere-come» della sola percezione metaforica, ma rimanda all’«essere-come» di una piena
partecipazione al mondo così costituito. In altre parole, il fatto che alcuni lettori americani si
ritrovino, o ritrovino il loro mondo, nelle teorie della «simulazione» baudrillardiana o
dell’«assoggettamento» foucaultiano, non è più sintomo di distorsione esistenziale o di
riappropriazione ingenua del testo francese – le quali presupporrebbero ancora una differenza di
natura tra il testo e il mondo ma è, sintomo della reciproca compenetrazione dei due piani. Si
potrebbe anche dire che in questo tipo di rapporto con i testi c’è ingenuità, e una forma di
letteralità, ma questo va a vantaggio della loro funzione esistenziale, del loro potenziale empatico.
La teoria francese, aggirando il discorso argomentativo convenzionale e riaffermando in
continuazione i motivi della dispersione e del soggetto molteplice, favorisce anche presso i suoi
lettori «senza pubblicazioni» un atteggiamento di abbandono, un divenire-impercettibile o persino
un oblio di sé.
Capitolo 10: Pratiche artistiche
Le fondamenta tradizionali dell’arte, sono state incrinate in maniera più concreta e più irrimediabile
proprio negli Stati Uniti, e da un mezzo secolo a questa parte. Negli Stati Uniti infatti, attraverso le
metamorfosi e le nuove promiscuità sociali (e commerciali), l’eterea sfera di un’arte concepita
come ambito proprio del creatore è stata sostituita dal decisivo concetto di mondi dell’arte (art
worlds), formulato dal filosofo Arthur Danto e successivamente teorizzato dal sociologo Howard
Beckerì. I diversi mondi dell’arte vengono definiti come «rete consolidata di catene di
cooperazione tra soggetti» dal creatore al gallerista e al critico, le opere diventano «il prodotto
collettivo dell’attività di tutti coloro che cooperano» alla rete. Gli autori francesi sono stati
accomunati dal fatto di proporre, in maniere diverse, una articolazione inedita tra pratica e discorso
dell’arte, dal fatto di assumere la propria convergenza storica contro la loro vecchia gerarchia
dialettica.
Tra l’opera e il mercato
Secondo le formulazioni ideologiche dei grandi critici d’arte dell’epoca, l’espressionismo astratto
sarebbe nato contro le avanguardie artistiche e teoriche europee e sostenuto dal progetto di
un’indipendenza dai modelli del Vecchio Continente Alcune decise convergenze tematiche legano
inoltre, ad alcuni anni di distanza, i due progetti, come l’elogio del ritmo e dell’energia, come il
lavoro sulle strutture acentriche (secondo la famosa espressione di Jackson Pollock: «i miei quadri
non hanno centro»), come la «nuova planarità» introdotta, secondo Clement Greenberg, da Mark
Rothko con le sue tinte piatte monocromatiche o, più direttamente,come la complicità artistica di un
Rauschenberg e di un Jasper Johns con John Cage e Merce Cunningham, la cui complicità
«teorica» con Deleuze e Foucault è già stata menzionata.Ma gli anni sessanta sovvertiranno
questo panorama artistico americano togliendo un poco per volta dalla scena i differenti «vitalismi»
del dopoguerra a vantaggio di un ambito ancora mal definito, quello della pop art, il cui stesso
nome, insieme con alcuni princìpi (il recupero dei rifiuti urbani, il trattamento ironico della merce), è
importato dall’Inghilterra e la cui onda di fondo renderà ben presto obsoleta la figura moderna (o
modernista) dell’artista solitario, autonomo, tragico, sia che questi fosse fuori del mondo oppure
contro il mondo.Contro l’idea di una funzione superiore dell’arte e la sua sottomissione alla ragione
critica, il nuovo precetto implicito è quello di un rilancio generalizzato, tanto nei confronti del mondo
commerciale quanto relativamente alle provocazioni contro culturali. La confusione dei ruoli
raggiunge il culmine negli ambienti controculturali, dove ciascuno è di volta in volta artista,
gallerista, critico o anche impresario, e dove ci si riunisce ritualmente alle numerose mostre di
gruppo. In questo contesto la teoria francese svolgerà un ruolo fondamentale nella definizione di
artista:l’artista è colui maneggia un discorso performativo sul mondo, mentre il critico o il teorico
assumerebbero quasi le vesti di un artista concettuale, autore di eventi di linguaggio e di
happening testuali.
L’equivoco simulazionista
La teoria francese favorisce la nascita della corrente chiamata neoespressionista, dove il termine
designa un insieme di artisti che, a partire dagli anni settanta e senza coordinarsi in un movimento,
reintroducono sulle scene artistiche tedesche e italiane un’arte figurativa, narrativa e transitiva
arricchita dal ricorso al video e alla fotografia, nonché un certo tono di ironia politica, come le foto
industriali di Bernd e Hilla Becker,A New York nasce il movimento Neoconcettualista che colloca
definitivamente la teoria francese al cuore del mondo americano dell’arte, essi si muovono in
direzione della pop art piuttosto che della pittura figurativa, della musica New Wave (e di un gruppo
come Talking Heads) piuttosto che del movimento punk, e di Roland Barthes o di William
Burroughs piuttosto che della Scuola di Francoforte.Inoltre uniscono le nuove tecnologie (video,
foto, audio) con i materiali dell’arte concettuale esistenti e sono convinti che l’ultima forma di
sovversione artistica possibile consista nel dipingere in tutte le sue forme la propria complicità con
il «sistema», nello spingere sino al limite gli eccessi del capitale per esibirne meglio la natura: «La
pubblicità è la realtà, la sola realtà» ripete in tal senso Richard Prince. Caratteristica importante è
la ricerca di una tecnica e di una teoria di critica sociale dei segni, privilegiano soprattutto una
visione cosiddetta non umanista di tutte le linee geometriche urbane destinate al controllo dei corpi
(i tracciati delle strade, le zone amministrative, le bretelle autostradali ecc.), il che ricade sotto il
termine di «nuova geometria» (Neo-Geo). Si tratta di inscrivere sulla tela «la geometria morbida
delle autostrade interstatali, dei computer e del divertimento elettronico» tipico di quello «stadio di
sviluppo del capitale» spiega Peter Halley. In quel periodo Baudrillard si trova al culmine della sua
gloria newyorkese, le traduzioni dei suoi libri vengono ristampate più volte all’anno ed è stato
nominato ex officio nel comitato di redazione di Art Forum. Viene soprattutto menzionato in
continuazione dal New York Times e dal Village Voice, che moltiplicano gli articoli sull’«iperreale» e
su