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IMPOSTAZIONE ESAME ESTETICA:
Arte-Parola-Amore: narratore-ascoltatore, osservare-percepire, dare-avere
In un clima di decadenza della Società, i tre autori tentano di individuarne le cause ed esprimono il
significato originale delle loro tematiche, complementari l’una con l’altra, riconducibili a tre argomenti
fondanti: Arte, Lingua, Amore.
1) Lev Tolstoj, “Che cos’è l’arte”: l’arte è un mezzo di godimento per pochi prescelti
Tolstoj: "Nella nostra società, l'arte ha raggiunto un tal grado di corruzione che non solo viene
considerata buona quando è deteriore, ma si è persino smarrita l'idea di che cosa sia arte."
L’inesattezza dell’idea di arte sta nel fatto che la si identifica il piacere come il suo fine. L’arte è uno
strumento di comunicazione dei sentimenti e si fonda sull'idoneità dell'uomo a provare le medesime
sensazioni di un altro uomo.
Causa: scissione dell’arte in sottoinsiemi di privilegiati volti a soddisfare il loro piacere (Cit: Non esiste
nulla di più vecchio e risaputo del piacere, il quale ha un suo limite imposto dalla natura; per contro il
progresso dell’umanità non ha limite ed esso si esprime per mezzo della coscienza religiosa. Pertanto
solo sulla base della coscienza religiosa, che indica il più alto grado di comprensione dell’esistenza
raggiunto dagli uomini, possono sorgere sentimenti nuovi).
Conseguenze dirette:
1) l’arte perse il contenuto religioso e profondo, nonché infinitamente multiforme che le era
peculiare
2) l’arte smarrì anche la bellezza formale e divenne manierata e oscura
3) essa cessò di essere spontanea, e divenne elaborata e involuta.
Conseguenze indirette:
1) la mandria abbruttita del popolo non capisce arte
2) opere incomprensibili a tutti tranne a chi le ha create (Cit: posso concludere soltanto che l’arte,
facendosi sempre più esclusiva, è diventata sempre più incomprensibile e che arriverà al punto
d’essere capita solo da una ristretta cerchia di eletti, il cui numero andrà sempre diminuendo.)
3) sostituzione opere d'arte con contraffazioni (Cit: Ciò che ci propinano come arte è soltanto roba
fabbricata, contraffazione ove il prestito, l’imitazione, la ricerca degli effetti e l’attrattiva surrogano la
propagazione di un sentimento.)
“La spiegazione di questo fenomeno è una sola: che l’arte della società in cui operano questi poeti è
soltanto un passatempo, e non un’attività vitale seria e importante, e di questa specie è la nostra arte”.
Da dove inizia l’arte: comincia quando l'uomo, nell'intento di trasmettere ad altri una sensazione da
noi provata, la resuscita in sé e l'esprime con certi segni esteriori. se gli uomini non possedessero
l'alta capacità di essere contagiati dall'arte, sarebbero forse ancora più selvaggi.
Ma come è possibile che la maggioranza abbia smarrito d’un tratto la capacità di comprendere la
grandezza della nostra arte?
L’arte come attività intellettuale: l’arte differisce dalle altre attività intellettuali, che richiedono una
preparazione e una determinata successione di cognizioni scientifiche, proprio in quanto essa agisce
sugli uomini indipendentemente dal loro grado di sviluppo culturale: l’impedimento alla comprensione
di sentimenti migliori e più elevati, come dice anche il Vangelo, non è costituito da un insufficiente
sviluppo culturale, ma al contrario da un falso sviluppo e da una falsa dottrina.
L’arte è una sensazione semplice: “Salvo poche eccezioni, pochissime persone hanno mai provato,
tranne nell’infanzia e nell’adolescenza, quando ancora non avevano ancora sentito alcuna
discussione sull’arte, quella semplice sensazione che è nota anche all’uomo più sprovveduto che è
vera arte”.
L’arte come mezzo di comunicazione: “L’arte, insieme alla parola, è uno degli strumenti di
relazione, e quindi di progresso, cioè di avanzata dell’umanità verso la perfezione”.
1) La parola offre agli uomini la possibilità di sapere tutto ciò che per esperienza o per riflessione
conoscevano le generazioni precedenti;
2) L’arte offre agli uomini di provare i sentimenti già provati da chi è vissuto prima.
Come distinguere arte da non arte: “Il segno che contraddistingue l’arte autentica da quella
contraffatta è uno: la comunicatività".
2) Henry Miller, “Il colosso di Marussi”: la lingua è una forma morta per esprimere pensieri
morti.
Il viaggio che H. Miller compie in Grecia appartiene ad una di quelle prove a cui molti scrittori si sono
sottoposti (Cit ““ ci sono molti modi di andare a zonzo, e il migliore, a mio avviso, è quello greco,
perchè è senza scopo, anarchico, pienamente e incongruamente umano”): è un viaggio alla ricerca di
se stesso in un intreccio tra l'autobiografia, le strutture narrative del romanzo tradizionale, la riflessione
filosofica, il saggio di critica sociale e le tecniche di scrittura automatica surrealiste.
Al momento della scrittura, la seconda guerra mondiale stava sconvolgendo la maggior parte del
continente europeo, ma la Grecia non era né un campo di battaglia, né un importante partecipante,
riempiendola di espatriati e infondendo in essi un senso di sicurezza. In questo contesto Miller,
imbarcatosi da Marsiglia alla volta di Corfù, per raggiungere l’amico Lawrence Durrell, arriva a vederla
come un'oasi, Da Cnosso a Delfi, da Atene a Tebe, visitando gli antichi siti di Cnosso e Micene e
considerandoli come aree che rimarranno intatte per lungo tempo dopo la fine della guerra.
La Grecia e Epidauro in particolare “è come la strada per la creazione. Si smette di cercare. Si tace,
zittiti dal silenzio di misteriosi inizi”. Esso è semplicemente “un simbolo del luogo: il vero luogo è nel
cuore, nel cuore di ognuno, pur che egli si fermi a cercarlo…Il saggio non ha bisogno di mettersi in
viaggio; è lo sciocco che cerca vasi d’oro ai piedi dell’arcobaleno”.
“E la Grecia cos’ha per piacerle tanto?” domandò uno.
Sorrisi. “La luce e la povertà”, dissi.
“Lei è un romantico”.
“Sì, sono tanto pazzo da credere che l’uomo più felice del mondo è quello che ha meno bisogni. E
credo anche che se si ha una luce come quella che avete qui ogni bruttura è annullata. Da quando
sono venuto nel vostro paese so che la luce è santa: la Grecia per me è una terra santa”.
“Ma ha visto come è povera la gente, che vita infelice fa?”.
“Ho visto un’infelicità peggiore in America, la povertà da sola non rende infelici”.
Il viaggio greco si basa innanzitutto sul sapere ascoltare le persone lì incontrate e in particolar modo
Katsìmbalis, un uomo dal fisico taurino, ma agile come un leopardo e timido come una colomba, rude
e insieme delicato, che, narratore di viaggi immaginari, conduce Miller a risalire alla fonte di tutto ciò
che noi definiamo con il termine <<discorso>>: “Se dalla creta si può modellare un medium così
astratto quale le parole, cosa ci impedisce di lasciare a volontà il nostro corpo e di prendere dimora su
altri pianeti o nello spazio interplanetario?”.
“I suoi non erano solo discorsi, ma linguaggio, linguaggio animale e mangereccio. Parlava sempre
sullo sfondo di un paesaggio, come il protagonista di un mondo perduto…Più di una volta, mentre
Katsìmbalis parlava, colsi sul viso di un ascoltatore quell’espressione che mi diceva che i fili invisibili
erano stati collegati, che veniva comunicato qualcosa di là dal linguaggio, di là dalla personalità,
qualcosa di magico che riconosciamo in sogno e grazie a cui il volto del dormiente si rilassa e si
espande con un rigoglio che di rado vediamo nella vita di veglia”.
Ma la lingua nel corso del tempo ha perso il suo significato originare: “Cnosso era terrestre nel senso
migliore del termine. La civiltà che incarnava andò in pezzi millecinquecento anni prima della venuta
del Salvatore, dopo aver dato al mondo occidentale un contributo finora senza pari: l’alfabeto. Oggi
dall’alfabeto è svanita la magia; è una forma morta per esprimere pensieri morti”.
L’immaginazione, guidata dal mezzo iniziale che è la parola, non è altro che lo strumento che ci porta
alla pace, rinuncia ad ogni tipo di appiglio. “Tutto ciò a cui ci aggrappiamo, anche se è speranza o
fede, può essere la malattia che ci uccide. La resa è assoluta: se ti aggrappi anche a un bruscolo,
nutri il germe che ti divorerà. Quanto allo strapparsi a Dio, Dio ci ha abbandonato da un pezzo
affinché comprendessimo la gioia di raggiungere una condizione divina grazie a i nostri sforzi”.
Mentre stava camminando attraverso un villaggio e sentiva giornali radio della guerra realizza la follia
del mondo industriale portando morte dove ci dovrebbe essere la celebrazione; alla tomba di
Agamennone tocca l'idea di diventare un nomade spirituale , libera del " uova di anime in coltura”.
“I congegni meccanici non hanno nulla a che fare con la vera natura dell’uomo; sono solo trappole che
la morte ha innescato per lui”.
La pace trascende l’intelletto, l’uomo trova gioia, che è l’unico impulso di vita: “l’uomo ha bisogno di
pace per vivere. Sconfiggere il vicino non dà pace (“l’uomo uccide per paura”), così come curare il
cancro non reca salute. La gioia del vivere viene grazie alla pace, che non è statica ma dinamica.
Nessuno può dire che cosa è la gioia finché non ha sperimentato la pace. E senza gioia non c’è vita”.
“La pace non è il controllo della guerra, Così come la morte non è contrario della vita. La povertà del
linguaggio, vale a dire la povertà dell'immaginazione dell'uomo con la povertà della sua vita interiore,
ha creato un'ambivalenza assolutamente falsa. Parlo beninteso della pace di intelletto. La pace del
cuore è positiva, invincibile, non impone condizioni, non esige protezione. È e basta.”
“Non importa se ci chiamiamo giapponesi, tuchi, russi, francesi, tedeschi o americani, ovunque
andiamo, noi portiamo veleno e distruzione.”
Presso l'anfiteatro di Epidauro si rende conto che ciò che l'umanità è veramente in bisogno di &egr