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STORIA DELLA FOLLIA E STORIA DELLA RAGIONE MODERNA
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All’inizio dell’età moderna la definizione della razionalità e la concezione della follia, intrecciano
saldamente la loro storia.
La Follia diventa “ L’altro” dalla ragione, mentre la ragione stessa cercherà di costituirsi come il
fondamento del mondo, di quel mondo in cui anche la follia accade e di cui l’esser folle, per
definizione diviene la NEGAZIONE.
TRE MODELLI D’APPROCCIO ALLA FOLLIA DEL PENSIERO MODERNO
1- IL MODELLO “ MONISTICO-SCIENTIFICO”
Costituisce la base di partenza per la costituzione degli approcci successivi, è quello connesso con
la nascita della scienza moderna e la costruzione simbolica del “paradigma scientifico” basato sulla
separazione tra soggetto e oggetto e sull’applicazione di criteri metodici differenziati atti a garantire
tale separazione assieme alla trasmissione delle esperienze in compartimenti distinti.
La follia non ha nulla da dire, né l’esperienza dello psichiatra ha valore in quanto tale, ma solo
come copione di una pratica impersonale, anonima. All’esperienza il modello contrappone
l’esperimento come fonte di senso riproducibile e indefinitivamente ripetibile, da cui consegue la
sistemazione del sapere delle scienze, come la stessa psichiatria.
Il folle è l’OGGETTO la cosa su cui l’occhio preparato dell’analista, sospende ogni prospettiva
storica, culturale e individuale, si applica osservando, descrivendo e trattando la materia della follia.
Il folle cessa di essere se stesso e diventa solo il delirio di un CASO e che va intesa nel quadro di
una serie indefinitamente incrementabile, ciò che la psichiatria identifica con le categorie generali
della malattia. Lo psichiatra è il detentore di questo sapere categoriale da ci deriva il potere di
esclusione, separazione e trattamento del caso singolo , LA DIAGNOSI. Una follia definita
dall’isolamento sia rispetto allo sguardo che la indaga, sia nei confronti dello scenario storico,
sociale e individuale in cui accade.
2- APPROCCIO FENOMENOLOGICO-ERMENEUTICO
Ha come esponente Ludwig Binswanger.
Parte da una radicale revisione del modello “monistico-scientifico” se in precedenza la follia era
materia muta per l’occhio dell’analista, ora lo psichiatra ha il coraggio di dire: lasciamo parlare il
folle, ascoltiamolo. Tuttavia l’ascolto ha un carattere RIFLESSIVO, si tratta di guardare l’altro
come uno specchio in cui potersi vedere. Non interessa l’altro ma guardando l’altro egli cerca di
sviluppare la conoscenza del proprio punto di vista. Usa la follia per conoscere la normalità della
ragione. L’Altro è lo specchio dell’Io. Andare verso l’altro ha come scopo la ricomprensione della
normalità. La ragione riscopre la sua natura linguistica e quindi DIALOGICA.
Se nel primo approccio il folle non ha diritto di parola, in questo secondo approccio il folle parla
ma viene ascoltato solo per capire meglio la differenza tra normalità e follia, ovvero le sue parole
non significano di per se stesse, ma in funzione ancora strumentale, per ascoltarsi meglio.
3- APPROCCIO CRITICO-GENEALOGICO
Entra il crisi la predominanza del punto da cui parte il vettore del significato. Si assiste ad una
perdita del significato di colui che deteneva il polo strategico del vettore di significato.
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Nell’approccio ermeneutico-fenomenologico l’Io pensava di potersi conoscere nello specchio
dell’Altro, tuttavia si finiva per scoprire che l’Altro era solo funzionale alle pretese d’identità dell’
io-ragione e il folle non parlava con le sue parole ma queste erano solo un eco distorta delle parole
della normalità.
In questo paradigma si inaugura invece l’atteggiamento dell’ascolto.
Per poter ascoltare meglio a volte è necessario il SILENZIO. L’approccio critico-genealogico
accetta il silenzio del folle, ne riconosce la valenza strategica. Sia l’eco sia il silenzio dei due
approcci presumono il depotenziamento della parola, la sua presa di distanza rispetto al discorso del
sapere e del potere. Entrambi richiedono una SOSPENSIONE, vista come epochè non come
empasse, cioè un fallimento del discorso, ma come momento strategico nella produzione del senso.
L’approccio fenomenologico-ermeneutico ma soprattutto quello critico-gnoseologico condannano
l’aspetto violento dell’imposizione di significato che caratterizza il modello monistico-scientifico.
L’APPROCCIO “ DIALETTICO-RELAZIONALE”
IL SIGNIFICATO DELLA PAROLA DIALETTICA COME ORIGINARIETA’ DELLA
RELAZIONE
I tre modelli precedenti vengono superati dalla consapevolezza della NECESSITA’ della relazione.
Nei tre modelli esaminati, il nesso tra ragione e follia, tra identità e alterità, tra soggetto e oggetto,
del terapeuta e del paziente è sempre stato collegato a un’intenzione, a una volontà a una decisione.
All’interno della logica comune ai tre modelli il nesso ci è apparso un terzo per cui la relazione
appare come una terzietà che viene dopo la presentazione dei poli – più che di una relazione si
parla di una DECISIONE RELAZIONALE.
Nel approccio monistico-scientifico l’interesse per l’oggetto della follia è fornito dalla decisione di
ANDARE VERSO io decido di dare senso, a partire dalle griglie significative della ragione
scientifica, a determinati oggetti e quindi la datità dell’oggetto non è strettamente collegata a colui
che guarda, ma è la conseguenza di un’operazione VOLUTA.
Nell’approccio fenomenologico-ermeneutico si decide di avvicinarsi all’altro come atto di umanità
e insieme di curiosità per cui vado a esplorare il diverso per rinfrancare la normalità della terra
incognita cioè per sentirsi meglio.
Nel terzo approccio critico-genealogico c’è una decisione originaria che è quella di sospendere in
modo assolutamente radicale la configurazione dei saperi e dei poteri della disciplina che ordina e
governa il campo epistemologico. Sospendere l’imposizione è sempre frutto di una decisione. E’
ancora sotto il dominio della volontà della relazione affinchè si dia lo spazio costruibile per l’evento
di una nuova relazione. Anche questo evento quindi dipende dalla volontà.
la relazione, nei tre modelli che abbiamo attraversato è sempre qualcosa di prodotto, di voluto
ossia un risultato.
Diversamente accade per la dialettica intesa come teoria del senso, cioè come logica della realtà e
insieme del significato.
Per dialettica si intende: - il divincolarsi delle cose l’una dall’altra – nel vincolo cosi concepito si
realizza tanto l’identità quanto la differenza – la necessità del divincolarsi è tale da impegnare anche
se stessa, da costringersi cioè a divincolarsi da se stessa e dentro se stessa.
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Il metodo dialettico parte dalla relazione come originaria. Non c’è come nei modelli precedenti
un’intenzione, una volontà che produce una relazione. La relazione dialettica è già, in quanto il suo
avvento è la manifestazione di quell’essere che comprende la storia all’interno del quale accadono
le storie personali, cioè le biografie dei singoli. Nella storia dell’essere la ragione e la follia sono
congiunte.
LA DIALETTICA E LA DRAMMATURGIA DELLA POSSIBILITA’
La dialettica prima di diventare un modo di articolare la struttura razionale del discorso, è il riflesso
della funzione costitutiva del linguaggio mitico che è quella di non escludere, ma di includere il
nonsenso del mondo nel senso, producendo POSSIBILITA’. Ogni evento della vita presenta un
fascio indeterminato di possibilità. Tutte queste possibilità sono collegate tra loro da una relazione e
la relazione è originaria. La dialettica è la nozione della pluralità, di un momento di riflessione che
riguarda molteplici possibilità che si realizzano in modo indefinito istante dopo istante.
L’indefinitezza significa che si possono aggiungere sempre ulteriori possibilità che non possono
essere in contraddizione tra di loro.
Nel XVI l’intera disciplina della logica potrà essere chiamata dialettica. La dialettica diventerà la
disciplina del ragionare, dell’argomentare,. La dialettica che va recuperata nella prospettiva
dell’approccio dialettico-relazionale è quella che ha il suo radicamento nell’idea di una gamma
indefinita del possibile.
La forma con cui il possibile diventa reale è la causalità. La causalità è il volto con cui il non senso
fa irruzione nel senso.
La follia può essere intesa in relazione alla possibilità solo nei termini della sua assolutizzazione. La
follia è l’assoluto delle possibilità che si ribalta nel suo opposto.
L’approccio dialettico-relazionale alla follia suggerisce che il senso della realtà non deve essere
inteso come esclusivo ma che possibilità e realtà hanno un’implicazione di reciprocità inevitabile.
Solo se c’è la possibilità qualcosa come l’esperienza del reale può accadere. Perché si possa
ricostruire il senso della realtà bisogna trovarsi al limite, dove affiora il senso della possibilità.
il principio della cura è proprio questo, un rapporto inclusivo basato sulla messa in comune del
senso generato dalla relazione di possibilità.
La follia come patologia è nonsenso che si affaccia al bordo del senso.
La dialettica è congiunzione nel senso in cui si congiungono X e non X e per cui poi è possibile la
predicazione della contraddizione dell’uno nell’altro, ossia che X è nonX.
CAPITOLO III FONDAMENTI OPERAZIONALI DELLA CURA
DIALETTICA DELL’IDENTITA’
Il tema dell’identità prende spicco nella prassi di qualsiasi intervento di salute mentale che sarà reso
possibile e legittimo solo da precise attribuzioni e distribuzioni di identità.
Identità e realtà sono categorie unite da un legame di stretta famigliarità, appoggiandosi l’una
all’altra.
Identità qualificazione di una persona, di un luogo, di una cosa, per cui essa è tale e non altra. In
psicologia si intende l’identità personale cioè il senso del proprio essere, si realizza come coscienza
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di essere una parte della realtà, un’entità sempre identica a se stessa perché diversa dalle infinite
altre.
Noi siamo convinti di stare nella realtà quando ci sentiamo coi piedi ben saldi sul terren