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Senofonte nacque quando Atene era in piena guerra del
Peloponneso, ritrovandosi in una città militare. La sua giovane
generazione è quella che vive più di tutti il dramma della guerra e dei
colpi di stato. Anche se Senofonte fu simpatizzante oligarchico nella
sua gioventù, non si riconosce più quando la democrazia
moderata viene restaurata. Arriva così il momento per l’autore di
guardare al di fuori della propria polis e decide così di partecipare
alla spedizione di Ciro che voleva ottenere il trono persiano ai danni
del fratello Artaserse. Anche se non del tutto convinto (la spedizione gli
fu consigliata da un suo amico decisamente più trascinato dall’impresa)
Senofonte lascia Atene e non ritornerà mai più, combattendo prima
per Ciro e poi per gli spartani, nell’esercito peloponnesiaco, fatto
che gli costerà appunto l’esilio. [36]
Senofonte è dunque lo storico senza patria, che trova
nell’allontanamento dalla sua polis la ragione del suo scrivere. A
differenza degli attidografi (scrittori e cittadini ateniesi che
raccontavano cronache della propria città, senza doversi però
allontanare), saranno Senofonte e gli altri storiografi ad ottenere
maggior successo, proprio perché l’aver viaggiato li ha resi più obiettivi.
Senofonte diventò cittadino attorno agli anni della disfatta totale
ateniese. Non accettando questa situazione imposta dalle generazioni
precedenti, partecipa alla spedizione di Ciro e tratta questo
argomento nelle Anabasi. Nel corso di questa avventura il giovane
Senofonte ebbe particolare importanza, dal momento che indirizzò sulla
strada di casa il restante dell’esercito che era sopravvissuto alla
sfortunata spedizione. Infatti, dopo la morte dei comandanti, Senofonte
fu eletto guida (non sappiamo quanto fosse esclusivo questo
particolare) dei reduci, con lo scopo di trarli in salvo dalla penisola
anatolica. Il compito di Senofonte era quello di trovar loro una
sistemazione e lo fece quando giunsero sulle coste ioniche, stesso luogo
in cui era appena approdato l’esercito spartano. Folgorato
dall’efficienza e dalla potenza spartana, chiede di potersi unire
col suo manipolo all’esercito lacedemone, combattendo poi sotto
Agesilao. Costui divenne re sostituendo il cugino, ritenuto di essere
figliastro di Alcibiade (che era stato a Sparta quando il re Agide si
trovava a Decelea). Agesilao venne acclamato re anche se l’oracolo fu
critico per la sua zoppia. Essendo però stato scelto dall’esercito, e
dunque dagli spartiati, Agesilao era a tutti gli effetti un vero leader, per
il quale il popolo in armi spezzò la linea dinastica di successione.
Carismatico e sempre in prima linea, Agesilao comandò di persona
l’esercito in Asia Minore, accompagnato da Lisandro, suo consigliere.
L’incontro tra Senofonte ed Agesilao avvenne ad Efeso, dove il re
stabilì il proprio quartier militare che ammagliò Senofonte. Tuttavia
Agesilao venne richiamato in patria a causa di alcuni contrasti: gli
aristocratici spartani provavano una forte gelosia per la presa di
Agesilao sul popolo, così come sospettavano che in terra lontana egli
avrebbe potuto curare più del dovuto i propri interessi. Un altro motivo è
sicuramente rappresentato dall’oro che il Re aveva inviato in Grecia
(Atene, Corinto e Sparta stessa) affinché venissero manipolate le
decisioni dei governi: la Persia sperava che Agesilao fosse richiamato
così da dover abbandonare la campagna sul suolo anatolico.
Senofonte segue Agesilao nel ritorno in patria e combatte con lui
anche a Cheronea, dove gli ateniesi scoprono della militanza di
Senofonte tra le fila nemiche: decidono in questa occasione di
costringerlo all’esilio ventennale. Senofonte non sembra affatto risentire
della decisione, ma anzi si stabilisce addirittura a Sparta, fatto del
tutto eccezionale per uno xenos. Tuttavia risiede per poco tempo nella
città lacedemone, in concomitanza con il progressivo calare del feeling
con l’ambiente spartano. Quando i vertici politici di Sparta varieranno, a
[37]
Senofonte verrà imposto di trasferirsi fuori dai confini: gli spartani stessi
infatti gli doneranno un podere vicino ad Elis, dove Senofonte si darà
all’allevamento dei cavalli tanto amati. Durante il soggiorno nell’Elide,
Senofonte incomincia anche a comporre la sua opera storica,
almeno fino a che la regione non diventerà ostile a Sparta, fatto che lo
obbligherà a cambiare residenza. Nel 371, infatti, gli spartani vedranno
scipparsi l’egemonia da parte dei tebani, vittoriosi a Leuttra, che
innescheranno un processo che porterà alla rivolta di tutti quei popoli
(messeni, elidi) che Sparta aveva sempre sottomesso.
Espropriato dei suoi beni, Senofonte andrà a stabilirsi a Corinto,
dove presumibilmente morirà, anche se una tradizione secondaria
sostiene che l’autore troverà la morte nella natia Atene, poco tempo
dopo esservi rientrato. Di certo sappiamo che i suoi due figli, Grillo e
Diodoro, rientreranno ad Atene con piena cittadinanza (l’atinia fu
cancellata). Grillo addirittura comanderà l’esercito ateniese nella
battaglia di Mantinea, nel 362.
L’arco cronologico della sua opera maggiore, le Ellenika, ricoprono il
periodo di tempo che va dal colpo di stato del 411 sino alla
suddetta battaglia di Mantinea, del 362. Dopo di questa data, a
discrezione dell’autore, non ci sarà più nulla da raccontare in quanto
nessuno potrà dirsi saldamente egemone dei greci, dal momento che a
regnare sarà solo più la taraké (=confusione). Sa per certo che Filippo
II si stava affermando su questo mondo caotico.
Allievo di Socrate, raccontò la vita del maestro ma la sua
testimonianza fu considerata meno importante di quella dell’altro allievo
per eccellenza, Platone. Questo fatto fu sempre patito da Senofonte, e
fu dovuto alla più facile accessibilità degli scritti platonici.
Senofonte cercò di ritrarre il maestro sotto un profilo diverso da
quello giudiziario. Come Platone, partecipa anch’egli al processo del
maestro, anche se riporta parole ben diverse da quelle dell’altro
discepolo. Dal tema trarrà l’Apologia di Socrate, contraltare all’opera
di Platone, che sarà impostata sul modello dialogico. Senza mai
incontrarsi personalmente, sia Senofonte che Platone pubblicheranno
opere simili su Socrate, ma l’Apologia è molto discordante su come si
difese il maestro in tribunale.
Anche l’opera detta i Memorabili è dedicata al maestro Socrate, atta
ad esaltare i valori umani e benevoli della dottrina socratica. Il
Simposio, allo stesso modo, parla sempre del maestro, in particolare di
alcuni suoi dialoghi.
Tra le opere storiografiche più importanti invece si collocano le già citate
Anabasi e Ellenika. Considerate come opere monografiche ad interesse
personale, lo resero il primo autore ad essere pubblicato: le sue
opere, tuttavia, non saranno lette pubblicamente perché si tratta di uno
scrittore clandestino, fatto che certamente contribuì alla diffusione
delle sue opere, specie i libretti sulla cavalleria, sull’economia
cittadino-domestica e sul ruolo della donna (denotando una visione
[38]
tipicamente spartana), così come i profili biografici (l’encomio funebre
Agesilao, la Ciropedia e il Ierone) e la Costituzione di Sparta (dov’è
critico con la Sparta dei suoi tempi).
Come scrive la storia Senofonte? L’autore presenta una nuova
caratteristica rispetto a Tucidide: l’esigenza di scrivere e di
interrogarsi su chi sia il destinatario dell’opera. Tucidide, infatti,
scriveva agli ateniesi, ammonendoli perché essi avevano perso la
guerra. Ma Senofonte a chi poteva scrivere? All’autore non interessava
l’audience cittadina di Atene, bensì avrebbe preferito scrivere per gli
spartani, ma costoro erano decisamente poco avvezzi alla letteratura
(secondo Isocrate leggevano poco e solo ciò che ritenevano glorioso per
sé stessi). Il problema del destinatario si poteva anche intendere
nell’altro senso, nel quale Senofonte scriveva per un audience che
comunque doveva essere in grado di recepire i suoi strumenti linguistici.
Qualsiasi intellettuale dell’epoca si era formato nelle alte scuole
ateniesi, con un’istruzione fondamentalmente basata sulla retorica. Un
autore storiografico doveva così porsi nei confronti di un interlocutore
che sapesse recepire tutti gli strumenti di persuasione che era solita
utilizzare la retorica. Non va escluso il fatto che l’opera potesse essere
comunque destinata anche a chi non aveva una formazione alta.
Senofonte, affrontando l’arco dal 410 al 362, scrive sempre dei fatti che
sono accaduti, sfruttando spesso l’espediente delle interrogative
retoriche (strumento tipico della formazione socratica), tramite le quali
fa capire all’interlocutore quale sia la risposta esatta. Senofonte tende a
giocare con il suo interlocutore: pretende sempre di aver ragione, ma
allo stesso modo lascia che sia il lettore stesso a capirlo mentre legge la
sua opera.
Senofonte parla in prima e terza persona. Il primo caso è sfruttato
quando vuole spiegare cosa sta accadendo, mentre il secondo viene
utilizzato quando vuol fare trapassare il suo pensiero tramite i
personaggi.
Sovente racconta di fatti dove vuole chiaramente non far capire che
l’autore è pure protagonista dei fatti. Durante la narrazione più
volte gli si manifesta il problema di raccontare due fatti
cronologicamente sovrapposti, ma cerca pur sempre di far risultare più
facile la lettura agli occhi dell’interlocutore.
Il suo metodo storiografico è molto diverso da quello tucidideo,
certamente più affidabile. Senofonte è infatti troppo di parte (non
parla mai, ad esempio, di Pelopida ed Epaminonda, così come di Tebe).
Altra caratteristica saliente è che i fatti narrati sono quelli ai quali il
Senofonte protagonista è presente.
Nei libri I e II delle Ellenika, Senofonte affronta il periodo dei due colpi
di stato e del conseguente ripristino della democrazia, in quanto
si trova ancora ad Atene. [39]
Il libro III la narrazione passa direttamente ad Efeso, dove Senofonte è
presente con Agesilao. Della spedizione di Ciro accenna solo l’esistenza,
prendendo questa decisione in quanto un tale Temistogene di Siracusa
ne avrebbe già parlato (in verità è uno pseudonimo dello stesso
Senofonte, che affronta la vicenda della spedizione già nelle Anabasi,
ma non vuole autocitarsi). Come disse Plutarco, Senofo