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IL VERTICE (RE E MAGISTRATI)

Abbiamo immagini contraddittorie per ciò che riguarda il vertice. A livello eroico ciò non pone dubbio.

C’è un re. L’isola dei Feaci ha Alcinoo. Il vertice è un problema storiografico. Ovvero: per molti la

presenza di re nell’VIII secolo è solo un prodotto letterario. Nella realtà cioè non c’è, c’è solo in Iliade e

Odissea. Nella scena dello scudo, difatti, il re manca, ci sono solo i vecchi. In altri casi invece, proprio nel

vivo della narrazione, c’è (ma della narrazione). Anzi, è ispirato dagli dèi, è caro a Zeus. Semmai potrebbe

essere addirittura un ricordo della società micenea. Le città sono repubbliche di nobili, quindi. Quando

tuttavia Alcinoo dice di essere il tredicesimo tra altri basileis, questa è già una repubblica! Se ammettiamo

che per alcune polis ci fosse forma monarchica, la conclusione sarebbe la stessa, perché quel re sarebbe

esponente di una famiglia di rango pari ad altri nobili (sarebbe già un’atmosfera repubblicana). Sarebbero

monarchie leggere. Ciò che rende proprio il loro potere è una loro parziale sacralità, sono colori che

fanno principali sacrifici per la città, hanno legame diretto con gli dèi. magistrato

Fin dall’VIII secolo abbiamo indizi seri dell’invenzione del cosiddetto (latinismo)

repubblicano. Non intendiamo i magistrati in senso odierno, ma alla latina. Non sono affatto i giudici,

ma i governanti, coloro che hanno le ‘magistrature’. Oggi la magistratura è il vertice decisionale in campo

giudiziario, l’organo che traduce in atti reali nella tripartizione liberale dei tre poteri il potere giudiziario.

Interessante è capire come questa tripartizione si svolge all’interno del mondo greco (lo faremo in

seguito). Il magistrato repubblicano è, ad ogni modo, colui che governa. Il greco ha un termine meno

sofisticato per ‘governare’, cioè àrcho, “comando, do ordini”. È un vertice che ha diritto di dare ordini. La

novità dell’invenzione è che a metà dell’VIII secolo si decide di ‘abbattere’ i re, dimenticarli, si esauriscono

àrchon

le loro linee biologiche, vanno sostituiti (o non sono mai esistiti). Si inventa quindi l’ , il

comandante (arcontes in plurale, arconti). L’arconte è alla lettera il comandante. Perché si parla di

magistrato repubblicano? Perché è un membro dell’aristocrazia (senza eccezioni), tiene il potere (arché, in

latino imperium, che a Roma hanno davvero i re, poi i consoli ecc.). La esercita per un anno, proprio

calendarizzato. Come si diventa magistrati repubblicani? Tramite la votazione, l’elezione. Da chi? Non

lo sappiamo. Probabilmente da tutti i nobili. Anche l’elezione è quindi invenzione greca. Per come è

ridotto al minimo l’uso dell’assemblea in cui vanno anche i kakoi, si ha persino il sospetto che a votare i

magistrati siano tutti gli endemoi, quindi anche i non-nobili. Ma non è sicuro.

Arriviamo ad avere nel 754/3 (Sparta), 755/2 (Atene), 749/8 (Corinto), le prime figure di magistrato

nelle poleis greche. A Sparta dal 754 i due re continuano ad esserci, tuttavia qui, eccezionalmente, si dà

avvio a una magistratura di cinque magistrati, gli efori (sempre annuali). Ad Atene si chiama arconte, ed

è uno solo. A Corinto è il pritane (“il primo”). Il pritane di Corinto appartiene alla famiglia dei Bacchiadi,

sicuri di essere discendenti di Eracle, arrivati in Peloponneso con i Dori. Ripartitisi il potere lo permutano

da una monarchia gestita da una famiglia di nobili che abbandona la monarchia ma continua a gestire la

carica republiccana (prima erano Bacchiadi i re di Corinto, se sono esistiti).

La novità è importante perché traduce una praticissima filosofia politica. Ha un significato che non

bisogna trascurare: il dare potere a una persona destinato a perderlo alla fine di un anno implica che quel

potere non è della persona che viene eletta, ma è un trasferimento da una base che quel potere ce l’ha in

forma primaria. L’elezione non è che un meccanismo di trasferimento di potere da un elemento che ce

l’ha per natura e che provvisoriamente lo trasferisce a un delegato che lo eserciti per tutti per una durata

controllata e limitata (per poi tornare a chi spetta realmente). In questo meccanismo, in questa filosofia

della prassi elettorale, c’è l’embrione della democrazia.

In tutte le città greche che inventano i loro magistrati repubblicani non c’è nessuna rivoluzione, nessun

cambiamento in profondità. Le nobiltà sono sempre fatte di ricchi, guerrieri, proprietari ecc. Resta una

differenza fondamentale, che è un progresso: la forma repubblicana (magistrato eletto) ci dice che per

arrivare ai vertici (perché un nobile diventi àrchon) ci vuole un passaggio. Ci sono regole del gioco che

prima non c’erano. Si gioca meglio, si lotta di meno, non scorre sangue, di nuovo come dicevamo ieri è

un modo per limitare la violenza. È una regola per la gestione della lotta e del potere tra i nobili (che

cercano di primeggiare, di ottenere un potere desiderato e conteso, vedi discorso sull’agonismo). È un

modo per ottenere in modo migliore areté e timé, per dare chance di ottenere la ‘medaglia d’oro’ politica.

Ogni anno si rigioca. Gruppi di aristocratici che sono anche numerosi hanno in questo principio

dell’elettività annuale una forte garanzia di poter vincere prima o poi. In questo senso la forma non è un

puro involucro o una maschera, ma è una realtà istituzionale ed è un’invenzione essenziale anche perché

può essere trasferita ad altri tipi di regime, dove comunque si cerca di incanalare la violenza, organizzarla,

limitarla. La parola fa da sovrano: discorsi di candidati concorrenti. Vince chi parla meglio. [Chi vince

può essere rieletto? Non lo sappiamo. Forse in alcune città sì, forse in alcune no]. Se ci si pensa l’elezione

del magistrato soddisfa sia l’uguaglianza che la disuguaglianza: tutti hanno la stessa chance di vincere, ma

qualcuno vince. [Non sappiamo come si svolge l’elezione. Conosciamo invece bene il modo in cui si vota

al senato romano, che è assai confusionario e rumoroso, ci si sposta a destra e sinistra per votare].

LA DIMENSIONE FAMIGLIARE

La Grecia è un luogo dove si pratica l’individualismo. Già lo abbiamo visto a livello agonistico e a livello

generale di areté e timé. E la dimensione famigliare? Come sono fatte le famiglie nobili? Hanno un nome

ghénos òikos

che è (e anche , “casa” e “nucleo famigliare”). Ogni greco ha una casa che è sinonimo di

famiglia. Un nobile non dice ha semplicemente un oikos, ma anche ghenos, una “stirpe”. Da qui le gentes

della storia romana, gruppi di nascita. Ciò lo vediamo nella concretezza di Atene, Sparta… Le famiglie di

nobili si immaginano un passato di antenati prestigiosi che danno preciso e rango nobiliare. Osservando

meglio vediamo che il senso di far parte di una stirpe è lo stesso delle società moderne, discendenza da

un unico nonno o nonni che sono fratelli, che sono solitamente vivi quando vive la persona che ha il

punto di vista. Un individuo, suo padre, suo nonno e i loro discendenti. Zii, cugini ecc. Quello è il nucleo

famigliare. I greci danno nomi alle proprie famiglie che richiamano antenati (se nobili) con la forma che

in greco finisce con il plurale –dai che in italiano diventa –di. Nelaidai che diventano Neleidi, discendenti

di Neleo ecc. Si può risalire fino al dio o all’eroe, ma la percezione è quella di una famiglia del mondo

romano o del mondo nostro. Gli antropologi, seguendo la legge che non si possa ricostruire genealogie

oltre i cento anni, sostengono che le genealogie greche erano inventate. Ma è un principio opinabile…

Cosa certa è che i greci tenevano molto a ricostruire queste genealogie e la percezione di famiglia era

molto ‘moderna’, coincideva con la casa, era strettamente biologica. Aristotele stesso parla di oikia, della

casa in quanto famiglia. Un’eccezione è Corinto. I Bacchiadi a Corinto sono una famiglia fatta da 200

oikoi. Strabone lo sapeva, almeno prima di cadere vittima dei tiranni. È un ghenos discendente da un

bacchiade discendente di Eracle (Eraclidi). Una famiglia fatta di 200 case tuttavia non è una vera

famiglia… È un clan. I Bacchiadi in quanto clan non sembrano rappresentare la regola: sono troppo

grandi. Li unisce proprio l’idea di essere Eraclidi. Basta che l’albero genealogico da lì si dirami ed ecco

emergere le 200 case-famiglie. Sono più nobili di altri nobili, rispetto ad altre famiglie che sono nobili

dorici. Questi hanno sangue acheo, il sangue dei re di sparta, dei guerrieri ecc. Conosciamo altre

formazioni umane del tutto somiglianti ai Bacchiadi. Sono le gentes romane, le genti (anche gli Etruschi ce

l’hanno, in realtà quasi tutte le popolazioni mediterranee, da cui il concetto di ‘gentilizio’, tutto ciò che

attiene ai comportamenti delle gentes, grandi colossali gruppi di famiglie che si fingono famiglie senza

esserlo realmente). La famiglia è qui metafora politico-sociale, è simbolo. Non è che dentro genti e

Bacchiadi non ci fossero parentele, ci sono certamente autentiche famiglie con parentela di sangue, ma

non tutte e 200. Certamente si conoscono, sono un gruppo, ma è indimostrabile che fossero tutti

discendenti di un gruppo biologico. Questi gruppi traducono ampi poteri su territorio e risorse, gestione

monopolizzata proprio grazie al credersi unica famiglia. La gens iulia pensano di discendere da Venere

addirittura, ma vengono nientemeno che dall’Asia. E così famiglie romane pensano di discendere da dèi

romani. Nobili si nasce, ma nella storia si vedrà che lo si può anche diventare e smettere di esserlo. Il

concetto è di essere nobili assieme ad altri.

IX polis

Le fratrìe, le tribù e l’ingegneria politica, ripensare l’età buia e la di VIII secolo

LE FRATRIE

Fratrìa . Con ciò si intendono le ripartizioni che coinvolgono, ad es. nell’Atene democratica, l’intera

cittadinanza, in altri casi associazioni che riuniscono famiglie esclusivamente aristocratiche. Chi non ha

fratria è un kakos, un cittadino di serie B. Le fratrie sono associazioni legate principalmente a culti, gruppi

di famiglio che venerano lo stesso dio o gli stessi dèi più di altri. Hanno una festa annuale di ritrovo e una

delle funzioni prevalente è che nella fratria si

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A.A. 2017-2018
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SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ANT/02 Storia greca

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher alssndrmnt di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia greca e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Padova o del prof Raviola Flavio.