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FARE SOLO QUESTI CAPITOLI (VEDI QUALI CAPITOLI DAL TITOLO.)
LUOGO: la geografia è la scienza dei luoghi (de la blache), è difficile definire
il luogo, è uno spazio dai confini incerti, data la sua dimensione cognitiva e
affettiva, ed è legato alla soggettività individuale e collettiva, muta
continuamente e non si piega alle nostre categorie. Bisogna tenere sempre
contro il rapporto tra il luogo e l’esperienza che se ne fa. Ha intensa relazione
con lo spazio della nostra esistenza. Geografia umanista si concentra
sull’esperienza individuale di luoghi e paesaggi, mentre quella positivista no.
Il luogo è il prodotto e anche l’origine di alcuni processi culturali, sociali e
politici. Nonostante sia uno spazio impreciso e indefinito, il luogo è un’unità di
base per le analisi regionali. Sauer e de la blache interpretano i luoghi
attraverso la lettura del paesaggio, non danno una chiara concettualizzazione
del luogo. Mentre in seguito, yi-fu tuan negli anni 70 concettualizza
esplicitamente il luogo e lo colloca al centro della geografia, recupera la
dimensione culturale e affettiva dei luoghi,, in opposizione alla precedente
geografia quantitativa. Il luogo ha due componenti primarie: lo spirito che
conferisce sacralità e la personalità che lo rende unico. Ogni luogo è pieno di
sense of place, un attaccamento emotivo molto forte. Il luogo ha anche una
stabilità, cioè esiste indipendentemente da chi lo percepisce. Possono essere
simboli pubblici, quelli che hanno un significato che va oltre il tempo, oppure
fields of care, spazi per cui si prova affetto che possono essere riconosciuti
solo da chi li sente propri( emozione che deriva dalla topophilia)Il luogo per lui
è costituito da una complessa interazione tra esseri umani ,natura, spazio
materiale e tempo. Anche edward relph sviluppa ulteriormente questa idea di
luogo. Per lui gli esseri umani possono essere tali solamente in un luogo, è il
luogo che determina l’esperienza e la coscienza degli esseri umani. Edward
casey dirà che è il luogo a venire prima dello spazio. per lui luoghi e corpi si
costruiscono vicendevolmente , l’uno non esiste senza l’altro e viceversa.
David seamon studia la mobilità del corpo nello spazio come parte integrante
e costitutiva del luogo stesso. Metafora danza, gesti che diventano di routine
e quindi parte del luogo. Poi l’idea del luogo è stata sviluppata fino ad
arrivare a dire che è instabile e in continuo cambiamento , sia nel modo in cui
è vissuto, sia nella sua materialità. Per Allan Pred il luogo è uno spazio in
continuo divenire, mai completo, mai stabile. Successivamente l’approccio
fenomenologico della geografia umanistica viene criticato per la troppa
rigidità , poiché prende il luogo come qualcosa di profondo, immutabile ed
essenziale. Harvey pone accento sulla dimensione politica e sociale del
luogo. I luoghi sono sempre contestati e sono campi di battaglia. Sostiene
che le recenti pressioni sociali e di globalizzazione diano adito a luoghi
immaginari, in cui le persone cercano comunità e con i quali cercano di
mettersi al sicuro dalla globalizzazione. Massey afferma che il luogo è un
punto di intersezione tra le relazioni sociali, un processo in continuo
cambiamento. E non possono avere una sola identità., perché l’unicità di un
luogo è definita dalle sue interazioni. Ci sono non luoghi( marc augè, centri
comm, aeroporti, occupati da popolaz che non la abita, non è uno spazio
identitario, relazionale e storico[luogo antropologico]
PAESAGGIO: Denis cosgrove: il paesaggio è un modo di rappresentare lo
spazio e il territorio che nasce nell’italia rinascimentale, definisce il paesaggio
come un modo di vedere, in origine è una rappresentazione artistica e
letteraria del mondo visibile, è un concetto che ruota intorno alla vista e alla
visione, quindi spettatore e artista sono coloro che controllano il paesaggio. la
realtà veniva congelata in un momento determinato con la tecnica della
prospettiva e quello era il modo giusto e vero di vedere il mondo ed è un
modo di vedere prettamente borghese dal momento che il lavoro contadino
veniva oscurato. James duncan, ispirandosi alla semiotica, invece assimila il
paesaggio ad un testo e lo studia secondo le leggi della linguistica. È un’idea
più radicata all’esperienza quotidiana. Degli autori producono dei paesaggi e
danno loro una serie di significati specifici, mentre i lettori interpretano i
messaggi e i significati che risiedono nei segni che compongono i paesaggi. Il
paesaggio “parla” e racconta storie su chi lo ha costruito, chi lo abita e sulla
cultura che lo ha prodotto. Egli non si basa solo sulla superficie visibile di un
paesaggio, ma su tutti i testi e i documenti ad esso pertinenti, secondo un
criterio di intertestualità. ovviamente i significati impliciti in un paesaggio sono
molteplici (polisemia del linguaggio)e dipendono dalla condizione sociale di
chi legge e di chi scrive; esso è perciò un sistema di segni instabile.
Cresswell sostiene che il paesaggio non sia solo un oggetto dello sguardo,
ma può anche essere interpretato come un oggetto vissuto. Introduce il
paesaggio come pratica, cioè critica il predominio assegnato alla vista e la
trascuratezza nei confronti dell’esperienza corporea nello studio del
paesaggio, non bisogna quindi dimenticare che si tratta di uno spazio solido,
materiale, oltre che di una prospettiva o un testo.
GLOBALIZZAZIONE: ciò che comporta dei legami sempre più forti ed intensi
tra persone, prodotti e luoghi diversi ad una scala planetaria. Tramite internet,
tv, oggi possiamo conoscere quasi immediatamente cosa succede in altre
parti del mondo. Marshall McLuhan lo chiama villaggio globale, un mondo
che si è ristretto virtualmente fino ad arrivare ad essere un villaggio dove tutti
vivono a stretto contatto. John Allen sostiene che la scala globale assume
significati e geografie diversi a seconda del contesto storico e sociale,
dipende dal genere di connessione che vi è tra vari luoghi e persone. La
nostra idea della distanza è perciò cambiata rispetto al passato, l’idea di
spazio è stata “compressa”, e tende sempre a mutare, grazie allo sviluppo dei
mezzi di comunicazione e di trasporto. Egli ritiene ci siano tre tipi di
globalizzazione: economica: sui confini delle mappe i confini tra gli stati non
svaniscono, bensì cambia la loro rilevanza in termini di barriera economica
tra le multinazionali. da questo abbassamento di rilevanza ovviamente ne
traggono i maggiori benefici le banche e le compagnie assicurative, che si
trovano nelle aree dove è conveniente investire e commerciare. Culturale:
con la globalizzazione si diffondono modelli di consumo e di stili di vita simili
che vanno quindi ad erodere l’unicità dei vari luoghi e le culture tradizionali, e
le principali cause sarebbero la tv satellitare, l’uso dell’inglese come lingua
veicolare e lo strapotere degli USA, cosicché il mondo si standardizzi pian
piano. Ovviamente non esistono forze in grado di oscurare completamente la
storia e le tradizioni di un popolo, né si potrebbe mai pensare ad una
omologazione dell’intero pianeta, ciò a cui si assiste potrebbe essere
considerata come una mescolanza di aspetti di culture e stili di vita diversi
che vengono usati dalle aziende e messi sul mercato con strategie ad hoc.
Certo, non sono solo gli USA ad influenzare il mondo, basti pensare alla
proliferazione di ristoranti giapponesi, koreani o messicani, tradizioni delle
cosiddette “culture della diaspora”, che i migranti portano con sé in altri paesi.
E si può dire quindi che le differenze tendano quasi ad accentuarsi. Politica:
oggi la sicurezza nazionale è un problema transnazionale, eventi lontani
possono avere impatto immediato sulle vite di tutti, ne è un esempio
l’inquinamento globale, prodotto solamente da alcuni paesi, ma risentito da
tutti, e per questi problemi servono e sono nati organismi sovranazionali che
controllano problemi di portata globale. Una prospettiva geografica sulla
globalizzazione politica rivela come l’idea di intraprendere politiche comuni
per far fronte a problemi globali, riflette solamente una visione parziale del
mondo, e che ogni paese è colpito da questi processi globali in modo diverso,
e in modo diverso li interpreta.
GEOGRAFIE DEL CONSUMO: il consumo è visto come pratica che
contribuisce a dare espressione all’identità collettiva e individuale, esso è il
risultato di molteplici relazioni sociali Gli spazi del consumo e della
produzione sono sempre correlati, consumare prodotti e servizi fa parte del
nostro modo di relazionarci con gli altri. Gli oggetti che compriamo esprimono
la nostra identità. La maggior parte degli spazi pubblici oggi sono luoghi di
consumo, per questo la nostra si può definire società dei consumi. Oggi il
consumo viene quasi visto come un modo per essere cittadini, molti
spendono più di quello che possono permettersi infatti. Le abitudini di
consumo cambiano continuamente, e proprio il diffondersi di grandi centri
commerciali ha indotto vari geografi a studiare queste “città” costruite per lo
shopping, altri si sono dedicati all’analisi del consumo di media. La geografia
del consumo studia quindi anche il tempo libero, il turismo, il lavoro, le
tecnologie, lo spazio del commercio, le aree virtuali, la pubblicità, la città…
ricerche semiotiche sui paesaggi del consumo hanno evidenziato come
questi siano luoghi dell’illusione, dove la realtà è del tutto simulata.
Successivamente sono stati oggetto di studio etnografico gli spazi di
consumo alternativo come i mercatini dell’usato, o di seconda mano. I centri
commerciali oggi sono diventati un luogo di socializzazione dove le persone
vengono attratte in modo prestabilito a compiere determinati iter all’interno
dello spazio pubblico. Il consumo può essere inteso anche come un vero e
proprio modo di comunicare, le merci sono oggetti che comunicano perché
hanno associazioni simboliche, e le pubblicità giocano sulle associazioni tra
gli oggetti e il consumatore. Il consumo offre dei segni interpretabili
sull’identità del consumatore, o sull’identità che esso vorrebbe avere.
Comprando un oggetto acquistiamo oltre ad esso anche la sua immagine che
si riflette su di noi, cosa valida anche per gli ambienti che frequentiamo.
Geografie di un pollo arrosto americano: questo esperimento svolto da Watts
nel 1999, dimostra come un bene di consumo come il pollo, possa essere un
fa