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Che cosa trae rispettivamente da Weber e da Durkheim?
Come Weber, Parsons vuole comprendere l’agire degli individui, e come Durkheim, vuole
comprendere come l’azione si inserisca in un quadro sovraindividuale, che è la società.
Tuttavia, con il maturare del suo pensiero, si vedrà la prevalenza della prospettiva di Durkheim,
perché si concentrerà di più sull’idea di sistema, affascinato dalle scienze naturali e dall’economia
neoclassica (che si proponeva di ricercare l’equilibrio generale del sistema economico).
Parsons dice di richiamarsi a Weber soprattutto nella sua teoria dell’azione, ma in realtà si
richiama solo all’idealtipo di agire razionale rispetto allo scopo.
Inoltre, Weber si proponeva di interpretare l’agire, comprendendone il senso; Parsons di
descriverlo, scomponendolo nei suoi elementi costitutivi.
Come sviluppa la teoria dell’azione in “Struttura dell’azione sociale”?
Nell’opera del ‘37, la “Struttura dell’azione sociale”, Parsons individua nell’azione l’unità
elementare di cui la sociologia si occupa.
L’azione, o atto, richiede un attore (cioè colui che compie l’atto), un fine verso cui essa è orientata, e
una situazione, i cui sviluppi possono differire più o meno dal fine. La situazione è costituita da
condizioni non modificabili e da mezzi, modificabili o controllabili dall’attore.
Nella scelta delle diverse alternative, si ha un orientamento normativo, nel senso che ogni attore
agisce in base a un insieme di norme, cioè modelli di condotta espliciti o impliciti, di origine
sociale e solidali a una certa cultura, cioè a un certo insieme di valori e credenze.
L’atto è un processo nel tempo, quindi lo spazio non è rilevante.
La possibilità di errore dipende dall’incapacità di conseguire i fini o di scegliere i mezzi adeguati.
Questo schema è soggettivo, perché deve essere letto dal punto di vista dell’attore, e può essere
utilizzato sia a livello concreto, per una funzione descrittiva, sia a livello analitico, per separare gli
elementi normativi da quelli non normativi.
Cos’è il sistema?
Nell’opera del ‘51, “Il sistema sociale”, Parsons sviluppa la sua teoria del sistema.
Innanzitutto, egli definisce il sistema come un insieme interrelato di parti che interagisce con
l’ambiente e che è capace di autoregolarsi.
Nel sistema, ogni parte svolge una funzione necessaria alla riproduzione dell’intero sistema.
Cos’è lo schema AGIL?
Ogni sistema deve essere in grado di svolgere 4 funzioni che, secondo la terminologia inglese,
Parsons riassume nello schema “AGIL”: adattamento (adaptation) – definizione degli obiettivi
(goal attainment) – integrazione (integration) – conservazione dell’organizzazione (latent pattern
maintenance).
Un sistema deve adattarsi all’ambiente sia sociale che naturale, attraverso l’erogazione di risorse;
attraverso l’adattamento, esso deve poi definire i propri obiettivi e realizzarli, attraverso l’impiego
delle risorse;
esso deve poi integrare le proprie parti, attraverso la formulazione di norme comuni e coerenti;
attraverso la trasmissione di tali norme, un sistema deve infine conservare la propria
organizzazione.
Nel caso del sistema sociale, ognuna di queste 4 funzioni è svolta da un sottosistema specifico:
l’adattamento è compito del sottosistema economico;
la definizione degli obiettivi del sottosistema politico;
l’integrazione delle parti del sottosistema giuridico;
la conservazione dell’organizzazione è compito del sottosistema educativo.
Perché il sistema sociale è un sistema di ruoli?
Il sistema sociale mette dunque in relazione individui che agiscono. Questi individui hanno delle
personalità che li rendono adatti a ricoprire determinati ruoli.
I ruoli sono insiemi di comportamenti regolati da norme attraverso i quali l’individuo interagisce
con gli altri e viene orientato all’espletamento di una funzione. Spesso sono complementari tra loro.
Il sistema sociale è quindi un sistema di ruoli, perché solo esercitando il proprio ruolo l’individuo
può contribuire alla riproduzione del sistema.
Cos’è la socializzazione?
Il fatto che le azioni degli individui spesso corrispondano alle aspettative degli altri è una
conseguenza dell’interiorizzazione dei principi di una cultura comune, realizzabile attraverso la
socializzazione, ossia quel processo attraverso il quale l’individuo acquisisce valori e norme per poi
essere capace di ricoprire i ruoli richiesti dalle istituzioni, come una sorta di Super-Io freudiano.
Essa avviene soprattutto nella prima infanzia, grazie alla famiglia.
Com’è che la famiglia “moderna” viene descritta da Parsons?
Un tempo, la socializzazione non era l’unica funzione della famiglia. Essa svolgeva anche funzioni
assistenziali, religiose ed economiche, ma con l’evoluzione della società, le istituzioni si sono via via
specializzate e differenziate, moltiplicando i ruoli come risposta adattiva all’ambiente.
Parsons riteneva che la famiglia moderna fosse una famiglia “nucleare”, cioè composta solo dalla
coppia dei genitori e dai figli, isolando il resto della parentela.
I due coniugi hanno ruoli differenziati, ma complementari, in quanto l’uno non può esistere senza
l’altro e in quanto si sostengono e si vincolano a vicenda attraverso l’imposizione di norme che
cooperano, fornendo l’esempio, alla socializzazione dei figli.
La moglie-madre svolge al contempo i ruoli di casalinga e di “leader espressiva”, in quanto
provvede ai bisogni materiali primari della famiglia e dirige la dimensione affettiva dei rapporti
familiari.
Il marito-padre ricopre invece i ruoli di bread-winner, cioè di colui che procura il denaro
necessario al sostentamento della famiglia, e di “leader strumentale”, cioè di colui che dirige i
rapporti della famiglia con l’ambiente esterno.
Perché questa teoria della famiglia fu una di quelle più criticate?
Questa descrizione della famiglia corrisponde allo schema ideale di una famiglia americana,
anglosassone, bianca e di ceto medio così come i suoi membri vorrebbero che fosse, soprattutto gli
uomini. Parsons ha infatti confuso l’ideale con la realtà empirica, dandogli valore di norma sociale.
Inoltre, anche in America oltre che nel resto del mondo, raramente il resto della parentela viene
isolata e questo modello subordina innegabilmente la donna all’uomo, negandole l’indipendenza
economica.
Cosa sono le variabili strutturali?
Le variabili strutturali sono forse la formulazione più importante di Parsons.
Esse sono scelte binarie riguardanti alcuni atteggiamenti culturali di fondo riscontrabili in ogni
sistema d’azione; parametri che servono quindi a distinguere società e culture diverse.
Esse sono cinque:
particolarismo-universalismo, riguardo l’interazione tra soggetti, cioè sull’esistenza di un
atteggiamento imparziale o meno;
ascrizione-acquisizione, riguardo la modalità di attribuzione dei ruoli, se essi siano attribuiti dalla
nascita o acquisiti nel tempo;
diffusione-specificità, riguardo il diverso grado di specializzazione dei ruoli;
affettività-neutralità, riguardo il significato dell’azione, che sia più affettivo o strumentale;
orientamento verso interessi collettivi-orientamento verso interessi privati, che è la variabile più
incerta, quella che Parsons ha sviluppato di meno.
Il principale uso che ne viene fatto è quello di distinguere le società tradizionali, in cui prevalevano
il particolarismo e l’ascrizione, da quelle moderne, in cui vincono l’universalismo e l’acquisizione.
In cosa consiste la sua teoria evolutiva?
Parsons riteneva che l’evoluzione della società fosse scandita da un susseguirsi di stadi, ossia di
modelli organizzativi che sono al contempo universali (perché riscontrabili in tutte le società) ed
evolutivi (perché ogni stadio è sempre migliore del precedente in termini di adattamento).
Egli distingue lo stadio dello sviluppo delle società primitive, i cui universali evolutivi furono il
linguaggio, la religione, la parentela e la tecnologia;
segue lo stadio della rivoluzione neolitica, che coincide con la nascita delle città e dell’agricoltura, i
cui universali evolutivi sono la stratificazione sociale e la legittimazione dell’assetto politico come
tale;
si arriva poi allo stadio della società moderna, i cui universali evolutivi sono la burocrazia (per
l’efficienza organizzativa), il mercato (per l’efficienza economica), le norme universalistiche (come
liberazione dalle tendenze ascrittive) e la democrazia, intesa come formazione di leadership elettive
a suffragio universale (per la creazione di un consenso diffuso.
Chi era Robert K. Merton?
Merton fu uno studioso a cui è comunemente associato un orientamento funzionalista.
Tuttavia, egli non condivide l’approccio di Parsons.
Quali sono le differenze tra Parsons e Merton?
Mentre Parsons si proponeva di creare una Grand theory universalistica, Merton proponeva delle
teorie di medio raggio, cioè teorie parziali poste a metà strada tra universalismo ed empirismo che
possono essere collegate tra loro. Un insieme di teorie di medio raggio appartenenti a un
determinato campo di studio è detto “paradigma”, e il paradigma liberal-marxista è quello che
ritiene più vicino alla realtà.
Parsons riteneva che il concetto di funzione fosse quello centrale per costruire un approccio
globale, una teoria onnicomprensiva della società; Merton, invece, lo relativizza, ritenendolo utile
alla ricerca come strumento di analisi “funzionale”.
Parsons riteneva che i singoli fossero funzionali al sistema complessivo. Di conseguenza, riteneva
che la società fosse in uno stato di coesione; Merton, invece, rigetta l’unità funzionale della società,
poiché crede che esistano conflitti tra elementi funzionali ed elementi disfunzionali, che producono
cambiamento.
Qual è la differenza tra funzioni manifeste e funzioni latenti?
Merton distingue per ogni fenomeno funzioni manifeste, cioè quelle apparenti, e funzioni latenti,
cioè quelle reali e nascoste alle prime impressioni.
Jedlowski propone l’esempio dell’acquisto di un’automobile. Spesso si provvede a un tale acquisto
per il bisogno di spostarsi più rapidamente, ma spesso si acquista un’automobile costosa per
elevare il proprio stat