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– LETTERE MAIUSCOLE (A, B, C…)
– NUMERI ARABI (1, 2, 3…)
– LETTERE MINUSCOLE (a, b, c…)
Secondo le regole gli artt. 2425 e 2425 bis: L’aggregato A) e l’aggregato B) comprendono non solo i proventi e
i costi operativi ma anche altri proventi «accessori» (A 5): altri ricavi e proventi, con separata indicazione dei
contributi in conto esercizio) e altri costi (B 14): oneri diversi di gestione) di diversa provenienza. Ne deriva
che la differenza A - B non coincide con il “reddito della gestione operativa”. Nell’aggregato B) COSTI
DELLA PRODUZIONE, i costi sono classificati secondo la loro “natura”, in base, cioè, alla ragione economica
del costo. Nel Conto Economico non compaiono le “rimanenze finali” e le “rimanenze iniziali”, ma la loro
variazione. In particolare, nell’aggregato A) VALORE DELLA PRODUZIONE, è inclusa la variazione delle
rimanenze di prodotti in corso di lavorazione, di semilavorati e di prodotti finiti; mentre nell’aggregato B)
COSTI DELLA PRODUZIONE, compare la variazione dei beni che si trovano nello stesso stato in cui sono
stati acquistati, vale a dire delle materie prime e sussidiarie, dei beni di consumo e delle merci.
L’aggregato D) RETTIFICHE VALORE DI ATTIVITA’ FINANZIARIE si riferisce alle svalutazione e ai
successivi eventuali ripristini di valore di partecipazioni, titoli, attività finanziarie, ecc. Lo schema di conto
economico è basato sulla distinzione tra attività ordinaria e attività straordinaria (OIC 12). L’attività ordinaria è
formata dall’attività caratteristica (o tipica), dall’attività accessoria e dall’attività finanziaria. L’attività ordinaria
non va limitata all’attività caratteristica. Infatti, possono configurarsi attività accessorie svolte ordinariamente
dalla società per integrarne i redditi e/o perché connesse a vario titolo alla sua attività ordinaria.
- Con le classi A e B si confrontano i componenti positivi costituenti il valore della produzione con i costi
della produzione classificati per natura. Queste classi si riferiscono alla gestione caratteristica e alla
gestione accessoria. L’attività caratteristica è costituita dalle operazioni che si manifestano in via
continuativa per lo svolgimento della gestione. L’attività accessoria è costituita da operazioni che
generano proventi, oneri, plusvalenze e minusvalenze da cessione, anche di origine patrimoniale, che
fanno parte dell’attività ordinaria ma non rientrano nell’attività caratteristica e finanziaria (ad esempio
plusvalenze/minusvalenze da alienazione di beni strumentali impiegati nella normale attività).
- Le classi C e D sono relative ai componenti positivi e negativi e alle rettifiche di valore di natura
finanziaria. Questi due raggruppamenti si riferiscono alla gestione finanziaria. L’attività finanziaria è
costituita da operazioni che generano proventi, oneri, plusvalenze e minusvalenze da cessione,
svalutazioni e ripristini di valore tutti relativi a titoli, partecipazioni, conti bancari, crediti iscritti nelle
immobilizzazioni e finanziamenti di qualsiasi natura attivi e passivi e utili e perdite su cambi. (nel
bilancio abbreviato c’è solo la lettera C: proventi e oneri finanziari).
- La classe E si riferisce alla gestione straordinaria ossia ai proventi e oneri straordinari ovvero la cui
fonte è estranea all’attività ordinaria della società. Sono considerati straordinari i proventi e gli oneri che
derivano da eventi accidentali ed infrequenti o da operazioni infrequenti estranee all’attività ordinaria
della società. Restano conseguentemente esclusi, gli eventi che, pur accidentali e non ricorrenti nel loro
verificarsi o nel loro ammontare, sono connessi alla ordinaria attività della società.
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CAPITOLO 7: Bilancio in forma abbreviata
Le società, che non abbiano emesso titoli negoziati in mercati regolamentati, possono redigere il bilancio in
forma abbreviata quando per due esercizi consecutivi, non abbiano superato due dei seguenti limiti:
1) totale dell'attivo dello stato patrimoniale: 4.400.000 euro;
2) ricavi delle vendite e delle prestazioni: 8.800.000 euro;
3) dipendenti occupati in media durante l'esercizio: 50 unità .
Nel bilancio in forma abbreviata lo SP comprende solo le voci contrassegnate con lettere maiuscole e con
numeri romani, devono essere tuttavia detratti in forma esplicita gli ammortamenti e le valutazioni La voce E
del passivo può essere compresa nella voce D; determinate voci di conto economico possono essere tra loro
raggruppate e le informazioni della nota integrativa sono ridotte rispetto al bilancio ordinario.
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CAPITOLO 8: Nota Integrativa, criteri e metodi di valutazione
La nota integrativa deve indicare i criteri applicati nella valutazione delle immobilizzazioni e i loro movimenti,
specificando per ciascuna voce il costo, gli ammortamenti (oltre alle rivalutazioni e svalutazioni). Le
immobilizzazioni materiali e immateriali possono essere rivalutate solo nei casi in cui leggi speciali lo
richiedano o lo consentano, non sono quindi ammesse rivalutazioni discrezionali o volontarie. L’accresciuto
valore di un bene derivante dall’inflazione non è considerato di per sé una ragione sufficiente per la sua
rivalutazione, né costituisce un «caso eccezionale» di deroga al divieto di rivalutazione ( ai sensi del quarto
comma dell’art. 2423). La rivalutazione di un’immobilizzazione, se prevista da una legge speciale, non
modifica la stimata residua vita utile che prescinde dal valore economico del bene. Invece, il valore annuo degli
ammortamenti varierà in rapporto all’incremento di valore subito dal bene per effetto della rivalutazione , fermo
restando le aliquote. Il «valore rivalutato» è in genere determinato sulla base dei valori correnti di mercato del
bene stimato da un perito incaricato dall’impresa) L’effetto netto della rivalutazione non costituisce un ricavo,
ma è accreditato tra le riserve di patrimonio netto, alla voce «Riserva di rivalutazione».
Per «criteri di valutazione» si intendono le regole di valutazione adottate ai fini della rappresentazione
delle voci di bilancio in relazione agli obiettivi allo stesso assegnati.
Per «metodi di valutazione» si intendono le modalità con cui il criterio di valutazione è applicato e
quindi con cui viene in concreto determinato.
I «principi contabili» disciplinano criteri, metodi e procedure di rilevazione, valutazione, classificazione
ed esposizione dei valori in bilancio (vedi anche OIC n. 29)
[Es. In base a quanto indicato all’art. 2426, comma 9, le rimanenze sono valutate in base al criterio del minore
tra costo di acquisto o di produzione e valore di realizzazione desumibile dall’andamento del mercato. Il
comma 10 specifica che il costo di acquisto delle rimanenze può essere calcolato con tre metodi alternativi:
LIFO, FIFO e costo medio ponderato]
L’art. 2426 cc è strutturato in diversi punti relativi alla disciplina dei criteri di valutazione delle voci di bilancio:
Le immobilizzazioni costituiscono – a norma dell’art. 2424 bis – gli elementi patrimoniali destinati ad essere
utilizzati durevolmente. Sono attività (beni, diritti, crediti, partecipazioni, oneri pluriennali, ecc.) che l’impresa
intende utilizzare durevolmente nell’esercizio ordinario della propria attività. Normalmente non sono
beni/cespiti/diritti destinati alla vendita. Vengono impiegati nel processo produttivo e costituiscono parte
dell’organizzazione permanente dell’impresa. Eventuali beni/cespiti che la società prevede di cedere entro
l’esercizio successivo non devono, pertanto, essere classificati nella voce in esame.
L’aggregato B comprende tre classificazioni: 14
– I) immobilizzazioni immateriali (OIC n. 24 e OIC n. 9)
– II) immobilizzazioni materiali (OIC n. 16 e OIC n. 9)
– III) immobilizzazioni finanziarie (OIC n. 17 e OIC n. 21)
Le immobilizzazioni (materiali e immateriali) sono beni (cespiti o diritti) o costi che hanno una utilità
pluriennale e manifestano i benefici economici nel corso di più esercizi durante i quali concorrono alla
formazione del risultato economico e della situazione patrimoniale. Il valore netto contabile di
un’immobilizzazione (materiale o immateriale) è il valore al quale il bene o il costo pluriennale è iscritto in
bilancio al netto di ammortamenti e svalutazioni L’ammortamento è la ripartizione del costo di
un’immobilizzazione (materiale o immateriale) nel periodo della sua stimata vita utile con un metodo
sistematico e razionale. Il valore iniziale da ammortizzare è la differenza tra il costo (di acquisto o di
produzione) dell’immobilizzazione (materiale o immateriale) e il valore residuo al termine del periodo di vita
utile. Il valore residuo di un bene è il suo valore realizzabile al termine del periodo di vita utile. La vita utile è il
periodo di tempo durante il quale l’impresa prevede di poter utilizzare l’immobilizzazione. La svalutazione è la
riduzione del valore contabile di un’immobilizzazione per adeguarla al valore recuperabile. Il valore
recuperabile è il maggiore tra valore d’uso e il fair value, al netto dei costi di vendita (OIC 9)
Se il presumibile valore residuo al termine del periodo di vita utile risulta uguale o superiore al costo, allora il
bene non viene ammortizzato. Il valore residuo viene stimato al momento della redazione del «piano di
ammortamento» in base ai prezzi realizzabili sul mercato attraverso la cessione di beni similari. Non tutte le
immobilizzazioni sono soggette ad ammortamento in quanto questo deve essere effettuato solo per i beni aventi
“vita limitata”; le immobilizzazioni idonee evono perciò essere ammortizzate:
SISTEMATICAMENTE IN OGNI ESERCIZIO: si segue un piano di ammortamento prestabilito al
momento di entrata in funzione del bene che stabilisca i criteri di ammortamento e le aliquote da
applicare indipendentemente dal risultato economico perseguito. Il piano di ammortamento può
prevedere: quote costanti, crescenti o decrescenti, il Codice Civile non indica una preferenza, ma solo
l’esigenza di stabilire il criterio a priori. Il piano di ammortamento deve essere periodicamente rivisto
per verificare se sono intervenuti cambiamenti tali da richiedere una modifica delle stime.
RESIDUA POSSIBILITÀ DI UTILIZZAZIONE: l’espressione indica che nella definizione del piano di
ammortamento è necessario tener conto della vita utile del bene, ovvero il periodo in cui si prevede il
cespite sarà utile all’impresa. E&rsquo