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L’errore di fatto revocatorio è un errore/svista, un errore di percezione e, poiché nel momento
del giudizio della pronuncia della sentenza l’unico oggetto di percezione del giudice sono gli ATTI,
possiamo dire che è un errore nella lettura degli atti di causa che induce il giudice a supporre
l’esistenza di un fatto. E’ il travisamento di una circostanza che emerge pacificamente dagli atti di
causa.
L’errore di fatto revocatorio è vicino ad un altro tipo di errore: ERRORE MATERIALE.
L’errore materiale è oggetto della procedura di correzione degli errori materiali. L’errore materiale si
ha quando il giudice nella sentenza compie un’affermazione erronea per una svista, errore che
tradizionalmente viene definito come errore di ESPRESSIONE – lapsus, qualcosa di avvicinabile
all’errore ostativo del negozio di diritto privato (il giudice voleva dire una certa cosa e ne ha detta
un’altra e ciò si ricava dalla lettura di una sentenza).
La distinzione tra errore materiale ed errore di fatto revocatorio starebbe anche nel fatto che
per individuare l’errore di fatto è necessario il confronto tra la sentenza e gli atti di causa, l’errore
materiale emergerebbe dalla semplice lettura del provvedimento da correggere.
Il prof. Boccagna non condivide questa definizione perché non sta scritto da nessuna parte che
l’errore materiale deve risultare dalla lettura del provvedimento. Se ad esempio il giudice nella
sentenza invece di dire che la parte si chiama Salvatore Boccagna, se in tutto il processo viene
individuato come BoccagnO questo è un errore che non emerge né dalla lettura della sentenza né
dal confronto tra sentenza e atti del provvedimento però la sentenza è affetta da un errore
materiale. Se Salvatore perde la causa e l’attore vittorioso fa esecuzione contro di lui, Salvatore
dice che si chiama BoccagnA e quindi non è lui. L’attore dovrà andare a chiedere la correzione e
dovrà portare un atto extraprocessuale: le risultanze anagrafiche. Questo è un esempio di un
errore che si può scoprire solo sulla base delle risultanze anagrafiche, quella definizione
tradizionale è una definizione che non sta in piedi, è troppo angusta.
Il prof. sostiene che la distinzione tra errore di fatto ed errore materiale vada collocato sotto un
altro criterio e l’errore materiale è molto più vicino all’errore di fatto di quanto non ritenga l’opinione
dominante.
Per cogliere la differenza bisogna vedere come ha deciso il giudice.
5. CONTRARIETA’ A PRECEDENTE GIUDICATO
Se la sentenza è contraria ad altra precedente avente tra le parti autorità di cosa giudicata. Questo
vizio si presenta quando il giudice ha violato il giudicato precedente nella sua dimensione positivo-
conformativa.
La contrarietà al precedente giudicato, che può essere una contrarietà diretta laddove venga
violata l’efficacia negativa del giudicato (ne bis in idem) o indiretta laddove il giudicato venga
violato in occasione della decisione su un diritto dipendente, è deducibile con la REVOCAZIONE
ORDINARIA.
Il vizio si deduce con la revocazione ordinaria PURCHE’ il giudice del processo in cui quella
sentenza è stata resa non abbia pronunciato sulla relativa eccezione di giudicato: cioè affinchè sia
proponibile la revocazione il contrasto della sentenza con un precedente giudicato, non deve
essere emerso nel processo. Perché se invece è stata sollevata un’eccezione di precedente
giudicato la revocazione non è esperibile, il rimedio va individuato nel Ricorso per Cassazione. E’
importante questa limitazione.
Cosa significa che il giudice del secondo processo non deve aver pronunciato sulla eccezione di
giudicato?
L’ipotesi in cui il giudice non abbia pronunciato sull’eccezione di giudicato non riguarda il caso in
cui sia stata sollevata l’eccezione di giudicato e il giudice non abbia pronunciato: in questo caso
non c’è contrarietà a precedente giudicato ma un’omissione di pronuncia sulla eccezione di
giudicato che va dedotta sicuramente con Ricorso per Cassazione ai sensi del n.4.
Quindi il caso in cui il giudice non ha pronunciato sull’eccezione di giudicato sembrerebbe il caso
in cui l’eccezione di giudicato non sia stata proprio sollevata. Il giudice non ha pronunciato perché
l’eccezione non è stata proprio proposta.
Noi sappiamo che in materia di eccezioni la regola è rappresentata dalla eccezione rilevabile
d’ufficio, quando la legge non dice niente le eccezioni devono ritenersi rilevabili d’ufficio. Quindi se
il giudice poteva rilevare d’ufficio il precedente giudicato, e non l’ha fatto, la sentenza sarà viziata
da omissione di pronuncia deducibile con Ricorso per Cassazione. Anche in mancanza di
eccezione della parte noi faremo Ricorso per Cassazione e non revocazione tutte le volte che il
giudice era in grado di rilevare il precedente giudicato.
Quindi la revocazione ordinaria ai sensi del n. 5 art. 395 sarà proponibile soltanto quando il
giudice non era in grado di rilevare il precedente giudicato perché non emergeva dagli atti di
causa.
Questa espressione “purchè non abbia pronunciato sulla relativa eccezione” va intesa come
se dicesse “purchè il giudicato non risultasse dagli atti di causa”.
MOTIVI DI REVOCAZIONE STRAORDINARIA
VIZI OCCULTI
Che possono essere scoperti anche a distanza di tempo dalla pubblicazione della sentenza e
sono:
• DOLO DI UNA PARTE IN DANNO DELL’ALTRA, comportamento doloso.
• N.6 - Se la sentenza sia effetto del DOLO DEL GIUDICE accertato con sentenza passata in
giudicato.
Il rimedio contro l’errore del giudice è rappresentato dalla trafila delle impugnazioni
ordinarie, quindi dobbiamo essere sicuri del dolo del giudice non basta l’affermazione della
parte. A dire che c’è il dolo del giudice è un giudicato che accerta, appunto, il dolo del
giudice.
• N. 2 e 3 – Se si è giudicato in base a prove riconosciute o dichiarate false dopo la
sentenza, o che la parte soccombente ignorava essere state riconosciute o dichiarate tali
prima della sentenza.
RICONOSCIUTE: dalla parte che si è giovata di queste prove.
DICHIARATE FALSE: sulla base di un atto pubblico avverso il quale è stata esperita una
querela di falso.
Questa ipotesi di revocazione per FALSITA’ DELLE PROVE è’ proponibile in tutti i casi in
cui la sentenza abbia giudicato in base a prove riconosciute o dichiarate false tranne in un
caso.
C’è una ECCEZIONE: FALSO GIURAMENTO. In tal caso non si può fare revocazione
straordinaria ma si può chiedere risarcimento del danno.
• N.3 – Se dopo la sentenza sono stati ritrovati uno o più documenti decisivi che la parte non
aveva potuto produrre in giudizio per causa di forza maggiore o per fatto dell’avversario.
Dopo la sentenza esce fuori un documento favorevole alla parte soccombente, che la parte
non aveva potuto utilizzare perché era in possesso dell’avversario, che non lo aveva tirato
fuori. Se poi questo documento esce fuori in un momento successivo è possibile la
revocazione.
Questa ipotesi del documento in possesso dell’avversario ci ricorda l’ORDINE DI
ESIBIZIONE.
Problema: rapporto tra questa ipotesi e l’ordine di esibizione.
L’orientamento prevalente ritiene che ci sia un’ONERE DELLA PARTE DI CHIEDERE
L’ESIBIZIONE. Sarà la parte soccombente a dover chiedere all’avversario l’ordine di
esibizione, se non lo fa non potrà chiedere revocazione ai sensi del numero 3 perché c’era
lo strumento per chiedere il documento ma non lo ha fatto.
Noi abbiamo richiamato la distinzione tra impugnazioni sostitutive e impugnazioni rescindenti. A
proposito della revocazione si discute sulla STRUTTURA: l’opinione prevalente è che si tratti di
un’impugnazione rescindente come il ricorso per cassazione. Cioè che vi sia una prima fase in cui
il giudice è chiamato a giudicare sull’esistenza dei motivi di revocazione, laddove il giudice accerti
l’esistenza di una delle circostanze ai sensi dell’art. 395 si apre una seconda fase davanti ALLO
STESSO GIUDICE. Le due fasi si svolgono quindi davanti allo stesso giudice.
Vi è poi un’altra opinione minoritaria ma molto autorevole, secondo cui la revocazione sarebbe
un’impugnazione sostitutiva come l’appello e i motivi di revocazione sarebbero dei requisiti di
ammissibilità di questo nuovo giudizio sulla fondatezza della domanda. La pronuncia impugnata
resterebbe in piedi per tutto il corso del giudizio di revocazione fino alla nuova pronuncia di merito.
LA REVOCAZIONE DELLE DECISIONI DELLA CASSAZIONE
L’art. 391 bis. È stato introdotto con la riforma del 1990 per tener conto della sentenza della Corte
Costituzionale che aveva ammesso la revocabilità per errore di fatto delle sentenze rese dalla
Cassazione in relazione ai ricorsi basati sull’art. 360 n. 4.
La novella ha sancito che tutte le sentenze della Cassazione possono essere revocate per errore
di fatto. Va poi concordato che il decreto lgs. 40/2006 da un lato ha ritoccato la disposizione
appena citata, rendendo suscettibili di revocazione anche alcuni tipi di ordinanze; dall’altro lato ha
introdotto, con l’art. 391 ter, la possibilità di ottenere revocazione delle decisioni della Cassazione
anche per i vizi ai nn. 1, 2, 3, 6 dell’art. 395.
In merito alla prima novità, sia la dottrina che la giurisprudenza affermavano già da tempo che
anche le ordinanze pronunciate dalla Cassazione dovessero ritenersi comprese nel novero dell’art.
391 bis.
Il d. lgs. N. 40/2006 ha esteso la revocazione per ERRORE DI FATTO anche alle ordinanze
pronunciate ai sensi dell’art. 375, 1° co., n. 4 e 5 cioè ordinanze che pronunciano sul regolamento
di giurisdizione o di competenza, e a quelle che accolgono o rigettano il ricorso principale o
incidentale per manifesta fondatezza o infondatezza.
Quanto alle altre modifiche apportate dalla riforma del 2006, la decisione sulla revocazione per
errore di fatto dovrà assumere la forma di ORDINANZA solo nel caso in cui venga dichiarato
inammissibile il ricorso per revocazione.
La revocazione per ERRORE DI FATTO di una sentenza della Cassazione va proposta entro 60
giorni dalla notificazione della sentenza o 1 anno dalla pubblicazione.
L’atto sarà un RICORSO ex art. 365 con i requisiti dell’art. 366.
L’ultimo comma dell’art. 391 bis esclude che la proposizione della revocazione consenta di sortire
provvedimenti di sospensione. La PRIMA PREVISIONE