Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
ENSIBILITÀ
lo strumento ha una sensibilità del 100%, vuol dire che è in grado di identificare tutti i
soggetti malati. Se invece è 90%, ne rileva 90 su 100, i restanti dieci sono identificati
come falsi negativi.
La sensibilità si calcola come il rapporto tra
i veri positivi e il totale dei malati. Se i veri
positivi sono 100 e la sensibilità è del 90%,
il valore di falsi negativi sarà di 10%.
Se il test è molto sensibile significa che la quota di falsi negativi è piccola. Però il test
potrebbe segnalare come positivi degli animali che invece sono sani. Si introduce quindi
il concetto di : rappresenta la probabilità
SPECIFICITÀ
che ha il test diagnostico di identificare
correttamente come negativi i soggetti sani. È
espressa come rapporto tra i veri negativi e il totale
dei soggetti sani. Un test molto specifico identifica
pochi falsi positivi all’interno di una popolazione. In
quale condizione la presenza di falsi positivi può rappresentare il problema principale e
quindi è necessaria molta specificità? Ad esempio se l’animale è da abbattere, da vendere
o se tutto un allevamento risulta falso positivo, può produrre seri problemi economici.
Riassumendo: sensibilità e specificità sono caratteristiche intrinseche, proprie e
immutabili di ciascun test diagnostico che utilizzo. Significa che posso conoscere ad
esempio la sensibilità del test ELISA per la diagnosi sierologica di paratubercolosi nel
bovino (questo non vuol dire che tutti i test ELISA siano ugualmente sensibili e specifici).
26
- Sono caratteristiche misurabili e sono esprimibili in termini probabilistici o in
termini percentuali.
- Raramente entrambi uguale a 1 o al 100%. In alcuni rari casi uno dei due
parametri può arrivare al 100% ma in condizioni molto rare. Esempio: diagnosi di
morte. Può essere fatta valutando il rigor mortis. È un sintomo assolutamente
specifico ma non sensibile: questo perché nessun vivo lo presenta. Però il rigor
mortis non è presente né nei morti da poco tempo né in quelli morti da tanto
tempo. L’EEG piatto è assolutamente sensibile ma non specifico: tutti i morti
hanno EEG piatto ma a volte le persone in coma possono avere EEG piatto.
Quindi i test diagnostici servono per stabilire quanti e quali dei soggetti in esame hanno
la caratteristica che stiamo cercando e quanti e quali invece non ce l’hanno. Qualsiasi sia
l’esito, non devo considerarlo come reale, questo perché sono sempre presenti vari tipi di
errori. Dopo aver eseguito i test si distinguono infatti quattro categorie. Soggetti sani e
positivi, sani e negativi, malati e positivi e malati e negativi. Quindi non si sa mai con
assoluta certezza se l’animale è sano o malato.
I test diagnostici sono caratterizzati da due parametri, cioè sensibilità e specificità, che
sono interconnessi: maggiore e l’uno, minore è l’altro e viceversa, con un rapporto non di
diretta proporzionalità (cioè se perdo 2 punti di sensibilità non è detto che acquisisca 2
punti in specificità, ma posso acquisirne di più o di meno).
Cosa cambia utilizzare un test più sensibile o un test più specifico?
Esempio 1: test più sensibile e meno specifico. Infatti più un test è sensibile, meno è
specifico. Se è più sensibile accade che la quota di veri positivi identificati correttamente
dal test aumenta (oppure la quota di falsi negativi si riduce). La quantità di soggetti
falsamente positivi però tende ad aumentare (si riduce la quota di veri negativi). Quando
ho la possibilità di scegliere uno strumento diagnostico, devo farlo in relazione
all’obiettivo che bisogna compiere.
Esempio 2: test più specifico e meno sensibile. Se l’esito è positivo, si tratta di falsi
positivi mentre se il test è negativo si tratta di veri negativi.
Un test sensibile è meglio utilizzarlo quando la quota di popolazione malata è in
minoranza.
Un test specifico invece è meglio utilizzarlo quando in alcune condizioni il rapporto tra il
totale di positivi e i reali malati può scendere al di sotto dell’1%, e quindi il vero problema
sarà rappresentato dai falsi positivi.
Dalla prevalenza apparente è possibile risalire alle percentuali reali di animali sani e
malati, però non serve sapere solo quanti sono gli animali malati ma anche quali sono.
Come faccio a sapere quanto è preciso uno strumento diagnostico che deve essere
commercializzato?
Basta prendere una popolazione di animali che non hanno contratto una data malattia e
indurre la malattia in modo artificiale. In questo modo so quanti animali sono stati
infettati e quanti sono sani e posso verificare la percentuale di affidabilità dei test.
27
Prevalenza reale, prevalenza apparente
In relazione agli schemi, nel primo caso, in cui la specificità è maggiore, la prevalenza
reale è di 20% (cioè 200 su 1000) mentre quella apparente (ottenuta tramite test
diagnostici) è 22% cioè maggiore del reale. Nel secondo caso, in cui la sensibilità è
maggiore, la prevalenza reale è sempre del 20% mentre quella apparente risulta del 27%,
cioè sempre maggiore del valore reale. Nel secondo caso, la specificità è più bassa e
quindi si ha un incremento di falsi positivi che quindi aumentano la quota di positivi al
test diagnostico.
La prevalenza reale ha andamento che dal massimo
tende a zero, mentre la prevalenza apparente è un
curva che dal massimo si porta parallela all’asse
dell’ascissa e quindi non tende a zero. Potendo valutare
l’efficacia della strategia solo in funzione della
prevalenza apparente, accade frequentemente,
soprattutto quando la percentuale di animali in una
popolazione è molto bassa, che la decrescita della prevalenza apparente anno dopo anno
sia poca cosa (pochi punti percentuali). All’inizio la prevalenza apparente cala
abbastanza notevolmente per cui gli effetti si apprezzano ma dopo un certo periodo non
si capisce più se quello ce si sta facendo è efficace o meno, proprio perché la prevalenza
apparente si stabilizza e non cala più. Questo avviene nonostante la prevalenza reale stia
calando, ma io non posso saperlo, per cui non so se gli interventi che sto facendo su una
popolazione stanno avendo effetto o meno, soprattutto quando ci si sta avvicinando
all’obiettivo. In conclusione le due curve (prevalenza reale e apparente) non
coincideranno mai.
Perché un animale sano reagisce come falso positivo ad un test sierologico?
- Motivi biologici
Contatti con organismi antigenicamente simili (cross reazioni): si può avere
o un animale sieropositivo perché è entrato a contatto con un antigene simile
a quello del patogeno ma che ovviamente non è dovuto all’agente eziologico.
È comunque una probabilità molto rara.
Immunità passiva: l’animale reagisce positivamente ma gli anticorpi non
o sono i suoi (trasmessi dalla madre se naturale o vaccino se artificiale). Se è
stato vaccinato da poco tempo, si troveranno gli anticorpi per quella
malattia, per cui il test sierologico va compiuto a distanza di tempo dal
28
vaccino. Per questo si consiglia di non eseguire test sierologici negli animali
sotto i 6 mesi di vita. Nel suino però l’immunità passiva per ad esempio il
parvovirus può arrivare anche oltre.
- Errori di misurazione
- Errori grossolani
Perché un animale malato reagisce come falso negativo?
- Inizio dell’infezione: la produzione di anticorpi inizia nella seconda settimana dopo
l’infezione e continua in modo esponenziale. Quindi al momento del test la
quantità di anticorpi è insufficiente a dare come positivo per malattia
quell’animale. Questo dipende dalla sensibilità del test: se il test identifica come
positivo un animale che ha un anticorpo per cl di sangue sarà più sensibile, se
invece il test identifica come positivo un animale che ha 10 anticorpi per cl, sarà
meno sensibile e potrebbe non identificare l’animale come positivo se è all’inizio
dell’infezione.
- Mancata produzione di anticorpi (immunotolleranza): microrganismi in grado di
infettare il feto. O lo uccide subito, o lo infetta e non lo uccide. In quest’ultimo
caso se l’infezione del feto coincide con il periodo in cui si sviluppa
l’immunocompetenza fetale (riconoscimento delle molecole self da quelle non self),
il sistema immunitario del feto riconosce come self il microrganismo patogeno. Il
risultato è che il feto nasce, può sopravvivere ma sarà sempre infetto senza
causare sintomi e eliminerà sempre l’agente eziologico e sarà sempre
sieronegativo proprio perché il patogeno è riconosciuto come self e gli anticorpi
non sono mai stati prodotti e quindi il test non potrà riconoscerli. In questi
soggetti non dovrò cercare gli anticorpi ma il virus o l’agente eziologico specifico!
- Terapie immunosoppressive (come corticosteroidi).
- Stati fisiologici o parafisiologici: parto, estro, fattori stressanti che attivano l’asse
ipotalamo ipofisi surrene e producono corticosteroidi che abbassano le difese
immunitarie.
- Errori di misurazione
Domanda: conoscendo il numero totale di soggetti (700), il numero reale di malati (300),
il numero dei sani (400), la sensibilità del test (0,95) e la Sp (0,70).
Domande :
Quanti soggetti malati è in grado di individuare il test?
Sensibilità = a/a+c 0.95 = a/300 a = 285
Malati Sani totale
test + 285 (VP) 120 (FP) 405
Specificità = b/b+d 0.70 = b/400 b = 120
test - 15 (FN) 280 (VP) 295
300 400 700
La probabilità che un soggetto positivo sia realmente malato?
Rapporto tra veri positivi e totale dei soggetti positivi. 285/405 = 70,4% valore
predittivo positivo o VP+
La probabilità che un soggetto negativo sia realmente sano?
29
Rapporto tra veri postivi e totale dei soggetti negativi. 280/295 = 95% valore
predittivo negativo o VP-.
Esistono altri fattori che possono condizionare i valori predittivi oltre a Se e Sp?
Si, il numero totale di individui malati in una popolazione. Infatti se il numero di malati è
uguale ad esempio al 100%, il valore predittivo positivo aumenterà. Più alta è la
prevalenza reale, più alto è il valore predittivo positivo, più si abbassa la prevalenza reale,
più la probabilità che un animale positivo a