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LE RELAZIONI TRA PREVALENZA E INCIDENZA
Quindi complessivamente la prevalenza da sola non è sufficiente perché dà una idea della quantità di malattia in una
popolazione ma non dà alcun tipo di informazione sulla velocità e su come la malattia riesce a sviluppare, a evolvere
all’interno di una popolazione, quindi da solo come dato è parziale, deve essere in qualche modo accompagnato
dalla misura di incidenza che invece dice anche la velocità con cui la malattia sta avanzando nella popolazione che
poi è la misura che permette anche di valutare indirettamente l’efficacia degli interventi di contenimento e di
controllo del patogeno stesso; quindi in genere per una malattia a lunga durata, cioè se la malattia si modifica poco,
la prevalenza può anche essere utile come informazione, se dura molto una malattia allora vuol dire anche che le
modifiche all’interno di una popolazione sono lente e allora un unico rilevamento può essere anche sufficiente, se la
malattia è molto dinamica (soprattutto all’inizio deve avvenire) la sola prevalenza non è sufficiente e quindi è
necessario fare più rilevamenti, o si calcola l’incidenza oppure la prevalenza si deve tenere monitorata per più
momenti temporali, anche perché la prevalenza calcolata in serie temporale dà indirettamente anche un’idea
dell’incidenza, in genere il rapporto che lega la prevalenza e l’incidenza è dato da P= I x D, dove è direttamente
proporzionale all’incidenza (I) e anche alla durata della malattia (D). Se si ha un’incidenza elevata i nuovi casi che
susseguono vanno ad alimentare il grosso contenitore della prevalenza, se si ha anche un’incidenza non molto veloce
però una durata molto lunga, cioè il soggetto non guarisce subito, non si ha una risoluzione spontanea e rapida
oppure non va subito incontro a morte, allora si ha automaticamente anche qui un progressivo aumento della
prevalenza anche se poi di casi se ne sviluppano pochi nel tempo (ex. virus dell’immunodeficienza nell’uomo, dove
paradossalmente nei primi tempi c’era un’incidenza molto elevata perché il virus si diffondeva molto velocemente,
era una malattia scoperta da poco, non si conoscevano ancora le strategie di prevenzione e di controllo per cui era
fuori controllo la sua diffusione e a mano a mano l’incidenza andava ad alimentare una prevalenza che però si
smaltiva facilmente perché le persone morivano dopo pochissimo tempo dalla diagnosi, adesso invece è
esattamente il contrario, si ha un avanzamento apparentemente più lento del virus e nello stesso tempo però si ha
una possibilità di sopravvivenza più elevata, sono di meno i soggetti che vanno incontro a morte rapida in seguito
alla diagnosi, questo però paradossalmente va ad aggravare la prevalenza della malattia, quindi utilizzando solo lo
strumento della prevalenza, se si vanno a confrontare i periodi storici, sembrerebbe che questo di adesso sia
peggiore rispetto agli inizi, ma è esattamente il contrario, si è semplicemente aumentato la possibilità di
sopravvivenza delle persone, si è ridotta la velocità di diffusione del virus soprattutto per molte fasce di popolazione
e molte aree geografiche, non per altre, e di conseguenza si sta mantenendo in vita sempre di più una fetta di
popolazione infetta in alcune aree geografiche).
(Slide 31 - Lezione 3- Misure di frequenza) [Non la lo chiede, solo concettualmente; è una formala che permette di
calcolare, di stimare direttamente il valore dell’incidenza da misurazioni ripetute sulla prevalenza.]
L’USO DELLA PREVALENZA
(Slide 35 - Lezione 3- Misure di frequenza) La prevalenza si usa quando si deve fare uno studio iniziale di un problema
(ex. identificazione di problemi a scopo amministrativo) per avere giusto una conoscenza del problema ad esempio
sanitario, se si deve definire una priorità (ex. investire tante risorse finanziare per una malattia rara), se si devono
definire delle strategie di controllo a lungo termine delle malattie, se di devono valutare dei test di laboratorio, per
valutare l’efficacia e l’efficienza di un test di laboratorio non si può andare alla cieca ma bisogna lavorare su una
popolazione dove si sa esattamente quanti casi di malattia si hanno e anche quali sono perché su quello si va a
valutare se il test è in grado effettivamente di riconoscere, ecco perché spesso l’unica via o comunque quelle più
attendibili sono le strategie che prevedono infezioni sperimentali perché si infetta e si sa esattamente in quel
momento quanti individui infetti, quindi positivi, e su quelli si va a valutare la performance del test di laboratorio.
L’USO DEI VALORI DI INCIDENZA
L’incidenza serve per delle valutazioni future, quando si devono fare delle stime di efficacia di interventi, quindi si
devono fare delle previsioni delle attività e dell’efficacia delle attività su determinate popolazioni su uno specifico
periodo di tempo, mentre la densità di incidenza, quella super precisa che si calcola con un’unità di tempo precisa
serve per studiare soprattutto i piccoli gruppi e quindi nelle indagini epidemiologiche, quando si ha un focolaio, si
applica la densità di incidenza, se si ha un focolaio di malattia in un allevamento, in una provincia, in un territorio
ristretto con una popolazione ridotta si deve applicare la densità di incidenza perché permette effettivamente di
individuare con una certa sicurezza e con una certa probabilità qual è il fattore predisponente, il fattore di rischio o il
fattore scatenante quella malattia.
MORTALITÀ E LETALITÀ
L’indice di mortalità è l’analogo dell’incidenza con l’unica distinzione che la definizione del caso è riferito al soggetto
deceduto, non al soggetto infetto, clinicamente positivo e quindi in genere quando si parla di mortalità nei 99,9%
dei casi si parla di mortalità cumulativa (non tasso di mortalità !) cioè si prendono in considerazione in una
determinata finestra temporale quanti soggetti sono morti per quella malattia rispetto a quelli esposti al rischio di
morire all’inizio del periodo perché altrimenti il vero tasso di mortalità dovrebbe essere individuo per individuo il
tempo in cui sono rimasti esposti al rischio di morire. Si riferisce a tutta la popolazione e dipende dalle condizioni,
andamenti epidemiologiche (ex. vaccini, mentre la medicina va a modificare la letalità per alcune specie) in cui si
manifesta la malattia
Spesso si parla di tasso di morte che è la mortalità complessiva dovuta alle malattie, non ad una specifica malattia
ma alle malattie, non necessariamente di natura infettiva, patologie in genere.
La letalità, altra informazione importante da avere quando si studia una malattia in una popolazione, dà un’idea
della pericolosità della malattia, quindi dà un’idea dell’esito dell’infezione, di quanto rispetto al totale degli infetti
quanti finiscono col morire, quindi dà un’idea della possibilità di salvarsi oppure no da una malattia, esistono
infezioni la cui letalità è del 100% come la rabbia (nell’andamento del virus della rabbia in natura non c’è possibilità
di evoluzione dell’infezione in cronicizzazione, convalescenza, guarigione clinica, guarigione eziologica, va a colpire i
centri nervosi della respirazione e della circolazione, non esiste altro comportamento del patogeno, è solo quello;
invece la mortalità è diversa, non è del 100% perché altrimenti vorrebbe dire che se entra in una popolazione, la
stermina, ma ha una mortalità a seconda della popolazione, della specie di riferimento del 50%, 40%), altre invece in
cui la letalità è decisamente inferiore, anche sotto l’1%. Quindi la letalità è intrinseca all’agente.
Lezione 2- Concetti Generali
Con i concetti di prevalenza e di incidenza è possibile comprendere gli andamenti di malattia (domanda che può
essere fatta all’esame).
L’andamento endemico è riferito a una malattia che è normalmente presente in una popolazione e questo
“normalmente presente” si traduce in termini di misuratori di frequenza con valori di prevalenza più o meno
costanti nel tempo o solo con lievi fluttuazione e con i valori di incidenza, vuol dire che una malattia che si sa è
presente, è possibile prevederne l’andamento, la frequenza, più o meno si sanno quali sono i valori di incidenza e
prevalenza di quella malattia all’interno della popolazione quindi con endemico si associa sempre il termine
prevedibile, cioè si riesce a prevedere le modalità e quantità di malattia che si può verificare in una determinata
popolazione, si hanno poche sorprese a differenze della malattia epidemica.
L’epidemia è il picco di incidenza che in genere è in eccesso rispetto a quanto ci si aspetta, quindi si possono avere
malattie completamente epidemiche tout court e sono le malattie esotiche, cioè se vengono da fuori nel momento
in cui entrano in una popolazione non possono che essere considerate epidemiche, però anche all’interno di una
popolazione e all’interno di una malattia endemica si può anche parlare di puntate epidemiche (ex. nel caso
dell’influenza che ha un andamento stagionale perché compare prevalentemente in alcuni periodi dell’anno, anche
se ultimamente anche questi andamenti stagionali si fanno un pochino labili e poi pur essendo stagionale è una
malattia endemica nella popolazione perché ogni anno la si aspetta, è anche vero però che nel momento della
stagionalità si hanno le puntate epidemiche che ogni anno possono essere più meno prevedibili e possono anche
essere più o meno elevate, preoccupanti, emergenziali; se invece si considera il tipo di virus si potrebbe anche
parlare di malattia epidemica e basta, però se si fa riferimento a quel particolare virus).
La pandemia è quando si verificano delle puntate epidemiche che coinvolgono tutta la popolazione o in determinato
continente o in una determinata area, come in alcuni momenti storici l’influenza del ceppo asiatico nel 1918.
Le malattie sporadiche si verificano sporadicamente cioè raramente ma soprattutto senza alcuna regolarità, non si
ha alcuna possibilità di prevedere quanti casi si verificheranno, quando si verificheranno, dove, è un evento fuori
controllo che non si può in alcun modo stimare o prevedere perché è l’agente eziologico che ha queste
caratteristiche di essere del tutto svincolato da qualsiasi possibilità di individuazione se non quando c&r